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Transita nei pressi di San Romano in spinta al REG Pontremoli/Firenze SMN.

San Romano 13/01/2016

Nella cittadina slovena di Krsko, la 642.186 di SZ sta smistando un treno di carri all'interno dei vari raccordati che confluiscono nel piccolo scalo merci. Le varie manovre, che hanno impegnato un paio di ore, si sono svolte in varie modalità tra cui quella "a spinta" e costituiscono l'ossatura stessa del traffico diffuso interno, modalità che in Italia è stata largamente rasa al suolo favorendo (direttamente o indirettamente) il trasporto su gomma.

 

Krsko [Slovenia]

22/08/2018

Dopo il primo viaggio di un convoglio IC con una E401 a Ventimiglia con a bordo dei tecnici di RFI per i test sotto catenaria francese la nuova monocabina di Trenitalia fa ritorno in Liguria per due giorni di test tra Genova Brignole e Arquata Scrivia.

Nello specifico vediamo l'unità 039 in spinta a nove carrozze Z in nuova livrea transitare a Genova Quinto al Mare mentre incrocia un regionale con Vivalto

La E 185-594 di Crossrail transita sul Kanderbrücke, posto all'uscita della stazione di Frutigen (CH), mentre effettua la spinta ad un intermodale per Milano Smistamento.

Ci sono due uomini sulla vetta del gigante dolomitico che sfiora le nuvole. Nessuno, se non loro stessi, sa cosa li abbia spinti a rischiare la vita loro e forse quella d'altri, per raggiungere quella meta. Conquistatori dell'inutile, così li si potrebbe definire, eppure il loro gesto, per quanto non condivisibile, ha un sottile sapore di libertà e di sfida e certo potrà arricchirli spiritualmente. L'importante è che riescano a tornare giù conservando intatta la motivazione che li ha spinti a sfidare la verticalità ..... ..

In questo periodo le 656 VI Serie sono passate alla divisione Cargo per poter espletare, ahimè, i loro ultimi servizi.

Per testare le loro funzionalità vengono affidate per un primo periodo alle spinte sui treni ILVA da Sestri Ponente per Novi San Bovo.

Qui vediamo l'unità 603 in coda a questo merci in ingresso ad Arquata Scrivia.

QUARTIERE GALLARATESE, MILANO

 

Progetto fotografico di Roberto Venegoni e Silvia Lagostina

  

Passeggiamo nello spazio urbano per interrogarci, a

quarant'anni di distanza, su questa costruzione, come continui ad accogliere i propri residenti e se sia riuscita ad indovinare il futuro della periferia urbana.

Quando si entra in uno spazio abitativo che ha tutte le caratteristiche per essere ritenuto un casermone non si sa mai che aspettarsi.

Nell'immaginario collettivo, solitamente, un insieme di palazzi facente parte di un solo complesso evoca degrado e marginalità.

Certo, il complesso “Monte Amiata” è stato progettato da Carlo Aymonino e Aldo Rossi, ma questo non è per forza garanzia di una buona abitabilità.

D'altra parte molti complessi di edilizia popolare progettati da grandi architetti versano ora in uno stato di degrado impressionante.

Al Monte Amiata invece la prima cosa che salta all'occhio è l'estrema pulizia, l'ordine la meticolosa conservazione degli spazi, che vanno di pari passo con le atmosfere di tranquillità e ordine che evoca il luogo.

Come se la bellezza e la funzionalità delle strutture portassero gli abitanti a mantenere dignitosi gli spazi e le esigenze abitative delle persone fossero talmente soddisfatte da indurli a rispettare il luogo.

Viaggiarne all'interno risulta immediatamente facile, grazie ad una serie di architetture in grado di guidare le persone in maniera intuitiva.

Lunghi corridoi che non si può evitare di percorrere, in realtà si è spinti a farlo per trovare ciò che serve: ascensori o scale, sbocchi sui giardini, garage, le porte delle singole abitazioni, spazi comuni.

L’indagine fotografica tenta di valutare se “il monte Amiata” sia riuscito, oltre ad accogliere degnamente i propri residenti, ad indovinare il futuro della periferia urbana.

  

Una flessione per il comandante! Una per il corpo Marines! Avanti, coraggio, tira su! Be', quella per il Corpo dei Marines non l'hai fatta... tu devi farcela, Palla! Spingi! Spingi, Palla, spingi! Una bella spinta, Palla, andiamo, un po' di forza! Tu cerchi di fregarmi, Palla di Lardo! (Full Metal Jacket)

Dopo circa un'anno torno a fotografare dal classico punto foto di Rigoroso (Ca' Bianca) sulla linea Succursale dei Giovi visto che c'è stato un repulisti della vegetazione che aveva ormai invaso la scarpata e quindi precluso l'accessibilità e la visibilità della linea...

Purtroppo il meteo non mi ha molto aiutato, visto che davano sole pieno con qualche nuvoletta e invece erano nuvole piene e sole quasi inesistente...così i primi passaggi sono risultati difficoltosi rendendo gli scatti affetti da micromosso e hanno cominciato a migliorare col passare del tempo, ma noi ce ne freghiamo altamente e visto che per qualche oretta mi sono sorbito le prime frescure di stagione (3 gradi) gli scatti li posto tutti...dopo neanche tre minuti ecco arrivare finalmente la preda mancata al passaggio del TEC di Fuorimuro...G2000.36 di Alpha Trains in service a Fuorimuro in ritorno verso Genova, dopo aver coadiuvato in spinta la 191.103 di LocoItalia/Inrail, espletando la LIS 55209 Arquata Scrivia - Sampierdarena Smistamento

Il pesante ''Cerali Express'' in tripla di E436 sta rapidamente percorrendo la Val Di Susa con i suoi diciotto carri tramoggia provenienti dalla Francia e diretti a Busca (CN).

 

In testa al convoglio c'è la E436 332 insieme ad una gemella subito dietro di lei e in coda un altra E436 in spinta al pesante convoglio.

 

Nella foto lo possiamo vedere mentre transita nella stazione di Bruzolo (TO).

Stranamente ecco una composizione non mista della DTR Piemonte. Regionale 10340 Alessandria-Novara in un pomeriggio di Maggio effettuato da 6 carrozze MDVC

spinte da una E464.

Ciao a tutti.

Io e Freddy volevamo ringraziare col cuore tutti coloro (59!!!) che hanno partecipato a questo Primo Raduno Nazionale Flickriano dandoci così la possibilità di conoscere dal vivo tante BELLE PERSONE e di passare tutti insieme due splendide giornate ed una stupenda serata visitando la nostra cara (e per noi bella) Livorno.

Speriamo veramente che la stessa sensazione sia condivisa da tutti i partecipanti.

Un particolare GRAZIE va a coloro che hanno anche fatto investimenti di tipo economico e fisico per raggiungerci anche da molto lontano.

Infine volevamo anche ringraziare quelli che non sono potuti venire ma ci hanno comunque dato una "spinta" nell'organizzazione di questo "evento" sperando vivamente che questo si possa ripetere e che quindi possano partecipare anche loro al futuro (speriamo) Secondo Raduno Nazionale Flickriano .

 

Ancora GRAZIE e veramente di cuore.

 

Gigi e Freddy

 

www.corrieredilivorno.it/italian/articoli/view.asp?id=375...

 

Ed è anche su Explore #93 del 14 Giugno 2009!! Siete/Siamo grandi!!!

Dopo aver accompagnato i carri trasporto cereali, la D445.1018, non appena giunta alla stazione di Busca effettua il "salto" per portarsi dall'altro lato del convoglio.

Entro pochi minuti inizierà la manovra di spinta all'interno dello stabilimento Sedamyl.

 

Busca (CN)

20/02/2018

Foto Andrea De Berti

In transito presso la frazione di Salmenega D445.1085 è in spinta a un regionale Padova-Belluno

Transita ad Altdorf in spinta allo storico da Esrtfeld.

Altdorf 07/03/2015

My Other Version 1

 

Non sono decisamente un campione in questo genere di scatti, ma ci sto provando!!

Lei era parecchio sfocata, quindi ho spinto un po' sul dettaglio, comunque i colori sono assolutamente originali :-)

La media valle del Reno ha conosciuto, come molte altre regioni tedesche, la progressiva privatizzazione dei traffici locali e vicinali con l'avvento prima della Mittelrheinbahn sulla sponda occidentale fra Mainz e Koblenz e quindi della VIAS su quella orientale.

Ciò nonostante le DB conservano ancora un servizio pendolare per la fascie di maggiore affluenza e la stagione turistica affidato ai celebri "sandwich" costituiti da tre/quattro vetture a due piani inquadrate fra una coppia di Br143. Nella foto la Br143.568 corre verso Coblenza in spinta ad un treno ripreso presso Oberwesel. (5/8/14)

Alghero visto da sud con le onde che si infrangono sugli scogli spinte dalla forza del maestrale.

Incrocio dei due storici tram Trieste-Opicina.Qui siamo in un tratto del percorso piuttosto ripido che richiede l'aggancio di due carrelli che servono a dare spinta al mezzo in salita (lo si vede agganciato sul retro) e frenare il mezzo in discesa (in questo caso agganciato sul davanti).

Transita nei pressi di Calitri Pescopagano in spinta allo storico Benevento/Rocchetta Sant'Antonio.

Calitri Pescopagano 26/05/2018

Leonardo da Vinci progettò la "vite aerea" o elicottero, il bresciano Francesco Lana de Terzi fu un anticipatore della moderna scienza aeronautica ma senza la spinta del fluido magico erogato a piene mani da Arnaldo da Brescia, l'elicottero non potrebbe restare appeso alle nuvole. 😃

Il condominio ha deciso la ridipintura della vecchia scala di villa Lignola. l'ho ripresa dopo l' intervento ma molto del fascino e andato via e non sono stato più spinto a riprenderla mi sono come disamorato.

La fratazzatura ha modificato lo scorrimento della luce sulle pareti rendendo la post produzione molto faticosa.

Posto la fotografia e aspetto di vedere se riesce ad avere il successo che ha sempre avuto.

 

(Grazie alla cortesia di Bev)

Lignola scale painted

The condo has decided the repainting of old villa scale Lignola. I recovered from the surgery but much of the charm and gone away and I haven't been more motivated to resume I like disamorato.

The fratazzatura has changed through the light onto the walls making very laborious post-production.

Place the photo and wait to see if he can get the success it has always had.

La D445.1006 di Fondazione FS Italiane è incaricata, assieme alla Gr640.121 in spinta, di questo invio di carrozze storiche da Firenze Castello a Pistoia, dove recupereranno due Centoporte verdi. Si noti in prima posizione la presenza della Carrozza Centoporte pilota a 3 assi.

 

Calenzano 06/05/2017

www.trainsphotosm.altervista.org

© Michael Carli- mike97tigre

E in coda ecco l' E464.616 di TI in spinta al convoglio

Been seeing these popping up around the neighborhood. Upon googling, they are considered noxious weed...still very pretty.

Is fassonis vengono realizzati con fascioni di canne, che crescono in abbondanza sulle sponde dello stagno di Santa Giusta.

L'uso tradizionale di queste barche, che vanno spinte con grande perizia con una lunga pertica da parte del barcaiolo che deve rimanere in piedi, era legato alla pesca(soprattutto del muggine), ma naturalmente fungevano anche da comodo mezzo di trasporto sulla laguna.

Oggi vengono invece impiegate solo per la regata.

è iniziato tutto semplicemente per caso,spinta dalla mia grande passione per quest'arte splendida...ora mi ritrovo qui con voi a festeggiare le mie prime 1000 visite e non mi sembra vero!

grazie infinite a tutti

 

© neraphotographer

Am heutigen Sonntag, den 14 Juli 2024 endet die diesjährige Fußball-Europameisterschaft 2024 mit dem Endspiel zwischen Spanien und England im Berliner Olympiastadion. Während der gesamten EM waren zwischen Dortmund und Köln zusätzliche, sogenannte EM24 RE’s, unterwegs. Zwei Umläufe hat die Centralbahn mit Gebrauchtzug 111ern und Dostos betrieben, zwei Umläufe DB Regio mit 425ern und ein Umlauf war in den Händen von TRI. Die Umläufe von der Centralbahn waren für viele bestimmt die interessantesten Züge, denn war doch über zwei Wochen die Touristik 111 074 mit dem passenden Touristik-Doppelstockzug auf dieser Linie unterwegs. Ich hatte diesen Umläufen bereits zu Beginn meine Aufwartung gemacht und konnte neben der rot/beigen 111 212-7 auch die gelb/kieselgraue 111 095-6 aufnehmen.

 

Und da die Fußball-Europameisterschaft, wie beschrieben, am heutigen 14 Juli 2024 zu Ende gehen wird, wollte ich dem Umlauf von TRI mit n-Wagen noch auflauern. Dieser Umlauf war während der EM entweder mit der Press 185 061-5 (alias 482 031-2) oder der Press 145 060-0 (alias 145 103-8) bespannt. Die 145 060-0 war für mich die interessantere Maschine von beiden, denn aktuell trägt die Maschine eine Werbung für die Preßnitztalbahn Museumsbahn von Steinbach nach Jöhstadt. Zum Glück machte mich mein guter Freund Tobi heute Morgen nach dem Frühstück darauf Aufmerksam, denn sonst hätte ich wahrscheinlich nicht mitbekommen, dass die 145 060-0 heute nochmal auf dem Umlauf ist und Lokvoraus in Richtung Köln fährt. Also ging es am späten Mittag zusammen mit meiner Freundin nach Düsseldorf Derendorf, genauer gesagt auf die Brücke Jülicher Straße. Nach kurzem Blick auf die Abfahrttafel für Duisburg Hbf war klar, dass der Zug 7-8 Minuten Verspätung hatte. Zum Glück, denn zur ungefähren Durchfahrtzeit des Zuges zog ein Wolkenrand vor die Sonne und verdunkelte die Szenerie. Um 14:33 Uhr klickte dann der Auslöser und die Press 145 060-0 „Preßnitztalbahn“ konnte mit ihren TRI n-Wagen auf dem Weg von Dortmund Hbf nach Köln Hbf kurz vor dem nächsten Halt in Düsseldorf Hbf als EM RE52827 abgelichtet werden. Auch zur tatsächlichen Durchfahrtzeit wurde es nochmal spannend, denn eine Wolke zog nur knapp an der Sonne vorbei aber ermöglichte ein Sonnenfoto, wie ihr in diesem Beitrag sehen könnt. Damit endet das Kapital EM RE’s im Jahr 2024 in Nordrhein-Westfalen für mich.

Convoglio di carrozze Vivalto per la E.464.698 di Trenitalia nella nuova livrea impegnata in spinta al Rv 2921 da Piacenza a Pesaro, qui in arrivo a Castel San Pietro Terme (BO).

 

Convoy of carriages Vivalto for the E.464.698 of Trenitalia in the new livery engaged in push the Rv 2921 from Piacenza to Pesaro, here in arrive at Castel San Pietro Terme (BO).

"Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò mai mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell'altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte.

– Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli –. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla piú che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto piú profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiú il suo senso del tempo che si muove, né la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male, della moralità e della redenzione. Cristo è sceso nell'inferno sotterraneo del moralismo ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nell'eternità. Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli."

   

La chiesa di San Francesco al Prato è una chiesa sconsacrata risalente al XIII secolo, oggi adibita ad auditorio. Sorge a Perugia, nell'omonima piazza, accanto al rinascimentale oratorio di san Bernardino, facente parte del complesso monastico di San Francesco.

Ad unica navata, che conserva l'originaria struttura, è rimasta per anni scoperchiata per il crollo delle volte, a causa di movimenti franosi della collina: i monumenti e le cappelle sono andati perduti, la facciata policroma, invece, è stata ripristinata nel suo splendore nel 1926 dall'architetto Pietro Angelini.

Negli anni trenta e sessanta del Novecento il tempio sconsacrato è stato internamente demolito: solo l'inizio del Duemila ha visto l'avvio di un radicale restauro che lo trasformerà in auditorium su progetto originario di Bruno Signorini. La chiesa, tra le prime in Italia costruite dopo la morte di san Francesco, ha avuto, nel corso dei secoli, una significativa rilevanza politico-sociale-artistica nelle vicende della città di Perugia. Nonostante i gravi pericoli strutturali, le grandi famiglie perugine la elessero a luogo privilegiato di sepoltura dei propri membri, unitamente a capitani, giuristi e letterati che avevano illustrato, con la loro attività, il centro umbro: questa decisione fu presa soprattutto dopo che vi fu tumulato il beato Egidio (1190-1262), il terzo "compagno" che seguì la regola del Santo di Assisi.

Da testimonianze emerse in seguito agli ultimi lavori di scavi (iniziati nel 2001) finalizzati alla costruzione del nuovo auditorio, si è scoperto che la chiesa di S. Francesco al prato sorge sopra l'antica chiesa di S. Susanna documentata nei sec. XII e XIII. Le due chiese erano impostate una sopra all'altra come le due basiliche di S. Francesco in Assisi. Quella più antica di S. Susanna fungeva da ampia cripta; sotto, in corrispondenza dell'abside, era un antico sacello. Qui si suppone sia stato rinvenuto il sarcofago con le storie di Giona del 360 d.C. quello che attualmente funge da altare nell'oratorio di in S. Bernardino. Il sarcofago venne utilizzato dai Francescani per custodire le spoglie del Beato Egidio, compagno di S. Francesco e collocato nella cripta in funzione di altare. La cripta, come quella della basilica inferiore di San Francesco in Assisi, era meta di continui pellegrinaggi, tanto che, per scongiurare il furto delle spoglie, nella metà del XIV sec. fu chiusa e utilizzata come sepolcreto occultandone il passaggio. L'interno della cripta era ricco di opere d'arte, sia in affresco che su tavola che testimoniano la sua grande importanza che ebbe in passato. Alcune superstiti sono conservate nella Galleria Nazionale dell'Umbria e nell'attiguo Oratorio di San Bernardino.

San Francesco al Prato è a pianta a croce latina, con un'unica navata, come tutte le chiese francescane riprende il modulo assisiate; è suddivisa in tre campate, originariamente con volte a crociera ad ogiva in laterizio, poggianti su pilastri con capitelli a cono rovesciato. Eleganti bifore si aprono sulle pareti laterali che si replicavano anche nell'abside pentagonale andata distrutta. La facciata policroma di gusto cosmatesco, fu ripristinata nel 1926 dall'architetto Pietro Angelini. È delimitata da due contrafforti laterali di stile romanico. Il campanile originario posto sul lato sinistro, era di forme cilindriche con torre campanaria poligonale con cuspide. L'interno della navata era ricoperto di affreschi (XIII-XIV) come la chiesa-madre di Assisi, lo confermano le tracce di colore segnalate negli anni venti del 1900. Un frammento di affresco color ambra (XIII- XIV) è rimasto ancora oggi, nella parte alta a sinistra della navata; fino al 2001 vi si riusciva decifrare un giglio che testimonia l'appartenenza al casato angioino del francescano S. Ludovico d'Angiò o di Tolosa. Il santo francescano che è anche uno dei patroni di Perugia, a lui era dedicata la cappella divenuta poi dei Baldeschi. Tuttora si conserva la statua di legno dipinta attribuita al senese Domenico di Nicolò dei Cori - XV sec. (posta attualmente in sicurezza)

Più volte la chiesa nel corso dei secoli ha avuto problemi di staticità , ripetutamente si sono succeduti interventi di consolidazione, ristrutturazioni e drenaggio del sottosuolo. Le cause risalgono sia a movimenti franosi della zona, ricca di falde acquifere, sia a terremoti. Nel finire del XIV sec. si pensava di porre rimedio con le aggiunte dei corpi di fabbrica laterali per contenerne le spinte. Così sorsero le cappelle gentilizzie: Baldeschi e degli Oddi dei Montesperelli e dei Michelotti; di queste rimangono le prime due addossate ai bracci del transetto: Baldeschi nel destro e d'Oddi nel sinistro. Vi si accedeva dalla navata attraverso degli archi ogivali contornati da decorazioni geometriche colorate con marmi e terrecotte invetriate di cui rimangono dei brani. Per lo stesso motivo nel 1465 fu addossata arbitrariamente alla facciata la cappella del Gonfalone, che custodiva il celebre Gonfalone del Bonfigli (1475) raffigurante la facciata di San Francesco al Prato con la veduta della città di Perugia. Attualmente collocato nell'Oratorio di San Bernardino.

I problemi statici si ripresentarono nuovamente, nel XVIII sec. per cui si rese necessario un nuovo intervento, che venne affidato all'architetto perugino Pietro Carattoli. Purtroppo egli fece dei radicali rifacimenti ed ammodernamenti che modificarono l'impianto originario anche contro il volere dei perugini stessi, mentre si sarebbe potuto restaurare senza alterarlo sostanzialmente. Il lavoro consistette nell'abbassamento delle pareti laterali e nel rivestimento interno, la cosiddetta "camicia", avente proprie fondamenta costruite con materiali di riempimento impiantate nella cripta sottostante. La nuova struttura concepita per consolidare quella originaria, invece risultò molto invasiva: occultò e danneggiò gli affreschi trecenteschi delle pareti e gli altari rinascimentali. Nel piano sottostante le fondamenta della "camicia" invasero lo spazio della cripta. Il campanile soggetto a continue vibrazioni, venne ritenuto concausa dei problemi statici, perciò fu costruito uno nuovo fuori della chiesa, nel lato destro (1748). La nuova chiesa, nel il suo interno, assunse lo stile tardo barocco come la vicina chiesa di San Filippo Neri. L'abside e i pennacchi della cupola furono affrescati da Francesco Appiani di Ancona tra il 1780-81, che andarono distrutti per la deplorevole incuria. Altre decorazioni pittoriche furono eseguite da Girolamo Perugini. Le decorazioni plastiche iniziate da Carlo Murena (1780-93) furono terminate da un gruppo di artisti di Lugano. L'operato di Carattoli se pur concepito nel tentativo disperato di salvare la struttura, appesantì il suolo accelerando il processo di cedimento. Alla fine del XIX anche a causa del passaggio al Demanio e dei vari cambi di destinazione d'uso, San Francesco al Prato, la chiesa per la quale il Comune di Perugia nel corso dei secoli aveva investito le maggiori risorse, era in completo degrado.

Rimase in stato di abbandono per moltissimi anni, ad ogni minaccia di crollo le amministrazioni che si sono succedute si limitarono ad inviare le squadre di operai per demolire le volte pericolanti, anche se come sosteneva Ottorino Guerrieri "si era già nell'era del cemento e sarebbe bastato qualche catena di ferro e delle colate di impasto liquido per rimetterla in sesto". La chiesa divenne così come San Galgano in Toscana, meta di artisti romantici, alla ricerca di emozioni davanti ai monumenti in rovina.

In occasione del VII centenario della morte di San Francesco (1926) fu posto il problema della rinascita del tempio, lo Stato riconobbe S. Francesco al Prato monumento nazionale ma accordò il sussidio per la sola facciata. Le amministrazioni locali avrebbero dovuto occuparsi delle altre opere.

Per il suo ripristino si scontravano due opzioni: mantenere la veste settecentesca o tornare alle origini. Il XX secolo, figlio del positivismo, aborriva il gusto tardo barocco, quindi prevalse la teoria del "Restauro stilistico", enunciata dal francese Eugène Viollet-le Duc (XIX) secondo la quale bisognava riportare l'edificio alla condizione originaria distruggendo tutti gli interventi di stili posteriori. Nonostante molti come O. Guerrieri fossero contrari alle demolizioni, ritenendole un nuovo arbitrio i lavori di ripristino iniziarono e furono affidati alla direzione del restauratore Pietro Angelini, si decise così di tornare al primitivo impianto gotico. Già dal 1918 fu demolito il portico settecentesco a ridosso dell'abside. Fu demolita la cappella del Gonfalone che occultava la bellissima facciata cosmatesca Dopo esami geologici la facciata fu ricostruita nel 1926 da P. Angelini esattamente come era all'origine, recuperando i materiali originali, seguendo come traccia il citato gonfalone del Bonfigli. Si completò anche il rivestimento del timpano che era rimasto nei secoli incompiuto. Nel 1921-28 fu restaurata la cappella d'Oddi da Ugo Tarchi; fu consolidata perché pericolante e fu dotata di ingresso dalla piazza, qui fu ricollocato per alcuni anni il Gonfalone del Benedetto Bonfiglie la cappella prese anche il nome del Gonfalone. Nel 1962 fu iniziata l'opera di "scamiciamento" della sovrastruttura carattoliana. Nel 1968 a seguito del crollo del tetto, le pareti laterali furono rialzate alla loro altezza originaria. Il tetto fu rifatto con capriate metalliche (sostituite poi con quelle attuali in legno durante l'ultimo restauro iniziato nel 2001). Nel 1971 è stata ristrutturata la Cappella Baldeschi nel braccio destro del transetto. La cappella si era salvata dalle demolizioni del XX sec. perché non aveva subito la ristrutturazione settecentesca. Qui furono collocate le spoglie del grande giurista Bartolo di Sassoferrato (1314-1357) poste in un sarcofago romano. Nel 1982 l'architetto perugino Bruno Signorini ha presentato il primo progetto per il nuovo l'Auditorio cittadino. A questo altri in corso di attuazione hanno succeduto. il progetto del nuovo auditorio di Signorini prevedeva la copertura vetrata dell'abside con il mantenimento della scenografia naturale data dal cielo nella stanza absidale. Gli eventi sismici del 1997 e le costruzioni edilizie nell'area adiacente, hanno inferto nuovi danni a tutto il complesso che l'hanno reso in parte inagibile. Nel 2001 sono ripresi quindi i lavori. La vetrata che secondo il progetto originario doveva coprire le parti a cielo aperto è stata realizzata solo nel catino absidale, mentre la copertura dell'abside e del transetto è stata completata con strutture metalliche. All'esterno vista dalla piazza si presenta con un aspetto omogeneo di una chiesa gotica, mentre l'interno appare un rudere consolidato con tracce strutturali o decorative delle varie epoche trascorse. Il ‘900 ha lasciato il cordolo di cemento lungo le pareti laterali dovute al rialzo del tetto, che lo ha riportato alla quota originaria gotica; per finire di questo secolo è la grande vetrata e la copertura metallica.

FIRENZE Campo Marte 9 Novembre 2005

 

Transita a FIRENZE Campo Marte la E.646.079 in spinta di coda al REG ROMA T.ni/FIRENZE SMN

 

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lnx.645-040.net/sito/modules/xcgal/albums/userpics/10001/...

Variazione di tema!

 

La E652 119 in livrea mir,miracolosamente pulita traina questo convoglio che non si vede spesso su questa linea,infatti si tratta dello “sperry” proveniente da Torino e diretto a Ivrea.

 

In spinta la E652 092 in livrea xmpr,anche lei pulita!

 

Il convoglio transita nella stazione di Rodallo con leggero ritardo.

Mai come in questa foto mi sono accorta di quanto mi servi un grandangolo spinto!!! :D Non è venuta come la volevo ma è il massimo che son riuscita...

Transita nei pressi di Rocchetta in spinta allo storico da Lioni a Rocchetta Sant'Antonio.

Trainato dalla E.414.148 e spinto dall'unità 146, il Frecciabianca 9817 di Trenitalia da Lecce a Venezia Santa Lucia transita veloce presso Polesella (RO).

 

Driven by E.414.148 and pushed by the 146 unit, the Frecciabianca 9817 of Trenitalia from Lecce to Venezia Santa Lucia transit quickly at Polesella (RO).

Transita sul viadotto di GENOVA Rivarolo l'ES 9781---->TORINO P.N./ROMA T.ni affidato in spinta di coda alla E.402b.180 livrea FRECCIABIANCA

  

Guardala in FULL FRAME:

  

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Poi circa venti minuti dopo, con un po' più di luce a disposizione, ecco passare un'altro bel convoglio privato pure lui in dts. Questa volta si tratta di Fuorimuro con il classico Ventimiglia - Castelguelfo, un misto di carri cisterne e casse mobili, trazionato in doppia trazione simmetrica con l' E191.102 di LocoItalia/Inrail in testa e l' E191.002 di Fuorimuro in coda in spinta mentre corrono tra i campi dell'alessandrino in una bella mattinata estiva

Un amico del Cai mi riprende mentre cerco di fotografare un nido di gabbiano sporgendomi sull 'orlo di una scogliera. Vicino c'era un gruppo di ragazzini, probabilmente una scolaresca. Un bambino sembra allargare le braccia e gridare , quasi fosse spaventato. .

In effetti, a pensarci, avrei potuto perdere l'equilibrio, con lo zaino sulle spalle.

Oppure una piccola spinta, un delitto perfetto, alla Hitchcock, senza prove...

 

Isola di Palmaria, Portovenere

Liguria

È una foto dell' aprile 2018

“Più l’amore è intenso, più è esclusivo, più esige l’individuale e l’unico. E’ così per le grandi passioni che scoprono l’assoluto in una donna di cui, a ben guardare, si può a malapena salvare l’esistenza biologica. Dall’esterno, l’amore è talmente assurdo che non può essere apprezzato se non per la sua assurdità. Per questo motivo non si può giudicarlo, ma solo stupirsene.

Tra milioni di donne sceglierne una, limitarmi a una? Bisognerebbe che questa fosse sempre

un’ altra, capace di una trasfigurazione tale da apparirmi sempre nuova e sorprendente.

Quanti sono a provare una passione grande al punto di vedere a ogni piè sospinto luci e attrattive rinnovate?

La donna è una creatura con scarse possibilità, incapace di far fronte alle esigenze di un uomo torturato, per il quale l’amore è solo una forma di realizzazione. Occorre una passione che rasenti l’istupidimento per poter amare una sola donna. Ma quando si sente che tutti gli aspetti della vita sono manchevoli, quando si trova soddisfazione solo in ciò che è deviato e paradossale, che cosa si può trovare in una sola donna? Cambiandone molte, anche senza avere sorprese psicologiche, non si può non rimanere affascinati dal gioco delle fisionomie, dalla diversità dell’espressione, e non appassionarsi a indagare un mistero psicologico che tuttavia non si svelerà mai.

La sensibilità femminile è troppo superficiale e troppo ricettiva per possedere le risorse inesauribili di un mistero. Il fascino assurdo dell’amore sta nel trovare il mistero in un solo essere, nello scoprire – o piuttosto nell’ inventare – un infinito in un’esistenza di sconcertante finitudine.

Coloro che sono incapaci di amare amano più donne. […]

Gli uomini che hanno spinto la loro interiorità all’estremo, che disperano del senso della vita e si tormentano indicibilmente, sono fatalmente dei dongiovanni […].

Essere un uomo di grandi solitudini significa amare tutte le donne. E amare tutte le donne è come non amarne nessuna”.

 

E. M. Cioran - Al culmine della disperazione

 

Doppia trazione simmetrica targata Adria Transport con in testa la Taurus 1216 921 e in spinta la Vectron 193 822 "Katja" per questo omogeneo convoglio di cisterne Millet cariche di olio combustibile proveniente dal porto di Capodistria.

Ci troviamo in Slovenia sulla linea Divača-Koper a binario unico con una doppia trazione simmetrica di Taurus3 019 davanti e dietro in spinta la 011 con un vuoti carbone del mattino,di treni cosi in Slovenia ce ne sono molti e non solo con questo tipo di carri.In compagnia di Carletto e altri due amici tedeschi conosciuti il giorno stesso per venire a fotografare l'Autoslaap che si è susseguito a questo merci in una giornata mitica con un super meteo B

Un malconcio e grafitato Archimede transita sul ponte di Sori diretto a Torino; in spinta la E402 101, unica macchina prototipo del secondo gruppo di E402.

Purtroppo il destino di questo treno è incerto in quanto stando alle parole del responsabile del servizio diagnostico di RFI verranno acquistati cinque nuovi treni che andranno a sostituire l'attuale flotta di convogli atti a questo genere di servizio

QUARTIERE GALLARATESE, MILANO

 

Progetto fotografico di Roberto Venegoni e Silvia Lagostina

  

Passeggiamo nello spazio urbano per interrogarci, a

quarant'anni di distanza, su questa costruzione, come continui ad accogliere i propri residenti e se sia riuscita ad indovinare il futuro della periferia urbana.

Quando si entra in uno spazio abitativo che ha tutte le caratteristiche per essere ritenuto un casermone non si sa mai che aspettarsi.

Nell'immaginario collettivo, solitamente, un insieme di palazzi facente parte di un solo complesso evoca degrado e marginalità.

Certo, il complesso “Monte Amiata” è stato progettato da Carlo Aymonino e Aldo Rossi, ma questo non è per forza garanzia di una buona abitabilità.

D'altra parte molti complessi di edilizia popolare progettati da grandi architetti versano ora in uno stato di degrado impressionante.

Al Monte Amiata invece la prima cosa che salta all'occhio è l'estrema pulizia, l'ordine la meticolosa conservazione degli spazi, che vanno di pari passo con le atmosfere di tranquillità e ordine che evoca il luogo.

Come se la bellezza e la funzionalità delle strutture portassero gli abitanti a mantenere dignitosi gli spazi e le esigenze abitative delle persone fossero talmente soddisfatte da indurli a rispettare il luogo.

Viaggiarne all'interno risulta immediatamente facile, grazie ad una serie di architetture in grado di guidare le persone in maniera intuitiva.

Lunghi corridoi che non si può evitare di percorrere, in realtà si è spinti a farlo per trovare ciò che serve: ascensori o scale, sbocchi sui giardini, garage, le porte delle singole abitazioni, spazi comuni.

L’indagine fotografica tenta di valutare se “il monte Amiata” sia riuscito, oltre ad accogliere degnamente i propri residenti, ad indovinare il futuro della periferia urbana.

 

Il profilo del Duomo che, anche da lontano, si staglia sulla città e lo rende l’icona più riconoscibile di Milano, è caratterizzato dalle sue centotrentacinque guglie.

 

La guglia è elemento tipico dell’architettura gotica, particolarmente di quella ecclesiastica per l’immediata e suggestiva carica di spiritualità che trasmette grazie al suo slanciarsi verso il cielo.

Fu ideata, non tanto come abbellimento, quanto come elemento partecipe della struttura statica dell’organismo architettonico; infatti, con il suo peso assialmente insistente sui contrafforti perimetrali, essa grava su di questi al disopra dell’innesto degli archi delle volte a crociera, contribuendo a contenerne le spinte orizzontali tendenti a divaricare le strutture d’appoggio.

 

Le guglie sono ricche di ornati e di statuaria d’ogni misura (vi si contano più di milleottocento statue), di nicchie e di trafori, che le rivestono di un particolare effetto plastico, accresciuto dalla mutevole vibrazione luce-ombra. La maggior parte delle guglie sono alte 17 m.; ve ne sono di meno slanciate e sui quattro piloni del tiburio si elevano altrettanti alti “gugliotti”.

Inverno 2010: la 740.293 coadiuvata dalla E626.231 (in spinta) traina le sue 12 vetture su per la linea internazionale del Brennero.

Mentre transita da Serravalle con il suo storico Verona-Trento di AVTS la vediamo fumare copiosamente... effetto del gran freddo.

 

Serravalle all'Adige (TN)

08/10/2010

Foto Andrea De Berti

Simbologia

In origine è documentata un'incastellatura trasportata a spalla, presto seguita da un carro su ruote. Nell'uso profano è descritto l'utilizzo di più carri accompagnati da numerosi apparati allegorici espressione del trionfo, campo artistico ove si sbizzarrivano e cimentavano i più talentuosi artisti cittadini, personaggi del calibro di Martino Montanini, Andrea Calamech, Polidoro Caldara da Caravaggio.

 

Lo sviluppo in altezza, la folta presenza di figuranti (fino a 150), la pesante struttura conico - piramidale, per mancanza di adeguate strutture meccaniche impose ben presto l'utilizzo di pattini lignei, poi metallici, la trazione per spinta e il trascinamento anteriore effettuato per mezzo di funi.

 

I fusti argentati e sagomati a mo' di nuvole, elevati verso l'alto su più livelli mediante le mensole a raffigurazione dei cieli concentrici attorno all'Empireo, visione teologica medievale secondo la concezione tolemaica. Sulla piattaforma del cippo tutt'intorno alla Vergine Maria rappresentata sul letto di morte, i dodici apostoli disposti a semicerchio, mentre l'anima candida e pura di Maria pronta a salire al cielo è simboleggiata dalla bambina posta in cima alla piramide.

 

Lungo lo sviluppo verso le figure sommitali le raffigurazioni allegoriche del moto dei corpi celesti come rappresentazione dei livelli dei cieli, ultimo viaggio celeste dell'Alma Maria. Sole, Luna, l'emisfero celeste trapunto di stelle, pianeti, astri, costellazioni, lo zodiaco, putti, le intelligenze motrici, le intelligenze teologiche, le intelligenze filosofiche e le intelligenze morali, le quattro Virtù Cardinali distinguono i cieli. Ogni livello è accompagnato da schiere celesti e gerarchie angeliche: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli, Angeli. Nove schiere di intelligenze angeliche a rappresentazione dei nove cieli concentrici.

In arrivo a Empoli la 464.377 in nuova livrea DPR, in spinta a questa composizione di Medie Distanze con il LA SPEZIA C.LE-FIRENZE S.M.N.

(EMPOLI 12-02-2019)

Per cambiare un po' inquadratura, e fotografare in luce il pesante treno di cereali dalla Francia per Torino e successivamente Busca, ho pensato di andare 2km oltre il celebre curvone che compare in molte mie foto. Grazie alla spinta in coda, il treno è fotografabile in luce pur essendo pomeriggio.

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