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Primi caldi di fine primavera affacciati alla vista dello Stretto di Messina. E' il caso della E464.136 in spinta di un regionale Melito Porto Salvo-Rosarno.

 

Reggio Calabria Aeroporto

24/04/2018

Foto Andrea De Berti

IL CORAGGIO DI VIVERE

 

Foto 32: airone bianco, isola di Holbox, Cancun, Mexico.

Foto del febbraio 2009

 

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RICERCA INTERIORE seconda parte

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Il dubbio mi assale, sarò compreso?

O piuttosto sarò deriso?

 

A voi la risposta, una cosa è certa.

E' così che esprimo l'affetto nei vostri confronti.

Dunque, è per questo che scrivo, che fotografo.

E' una necessità ponderata negli anni, un metodo forse bizzarro.

per non lasciarsi perdere.

E' per aggrapparsi alla speranza.

 

Un'altra grande passione è viaggiare,

un espediente fantastico per cercare energie nuove,

alle quali attingere per andare avanti,

per vivere dignitosamente o più semplicemente,

per stare col mondo, con gli altri.

 

Viaggiare per poter sovvertire la routine di sempre, rimettermi in gioco.

Mi piace vivere nuove esperienze,

conoscere persone diverse, altre usanze, altre abitudini e, sempre,

comprendere assimilare nuovi concetti,

altri punti di vista.

E' un bagaglio utile, ti fa crescere,

portandoti inevitabilmente ad amare le cose, le persone, insomma tutto.

E' così che trovo la forza per aprirmi al mondo,

anche se spesso mi fa paura.

In poche parole, è un modo inconsueto di ricaricare le pile.

 

Viaggiare per poi tornare a casa felice di aver potuto aggiungere un nuovo tassello al bagaglio di conoscenza che mi ha spinto così lontano.

E' in sostanza una ricerca interiore,

finalizzata a star bene con me stesso,

per trovare la forza di sopportare il peso della vita d'oggi,

nella quale ormai, non mi sento più a mio agio.

 

Perplesso mi dico:

" forse, sono un piccolo uomo testardo,

ma non riesco a capire i ritmi frenetici nei quali,

siamo purtroppo obbligati a vivere."

 

TROPPO DI TUTTO NIENTE NEL CUORE.

 

Vorrei volare alto come aliante silenzioso,

sentire il vento accarezzarmi la pelle

e lontano da ipocrisie e falsità, sfiorare le vette innevate.

 

Un volo dentro me, oltre il corpo,

poi tutto svanisce in un sonno profondo.

 

Scusate, per oggi non ho più la forza di lottare.

domani statene certi la ritroverò, e sarà come RINASCERE.

    

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© Il

xxxx testo è di esclusiva proprietà dell'autore, Stefano Paradossi, che ne detiene i diritti e ne vieta qualsiasi utilizzo da parte di terzi. La foto fa parte dell'Archivio Fotografico della famiglia Paradossi.

 

© The text is of exclusive property of the author, Stefano Paradossi, who owns the rights and prohibits any use by third parties. The image is part of the Photo Archive of the Paradossi family.

Is fassonis vengono realizzati con fascioni di canne, che crescono in abbondanza sulle sponde dello stagno di Santa Giusta. L'uso tradizionale di queste barche, che vanno spinte con grande perizia con una lunga pertica da parte del barcaiolo che deve rimanere in piedi, era legato alla pesca (soprattutto del muggine), ma naturalmente fungevano anche da comodo mezzo di trasporto sulla laguna. Oggi vengono invece impiegate solo per la regata.

Pilota Z1A, vetture Z ed E.401.021 in spinta, compongono l'IC 1502 (588) di Trenitalia da Roma Termini a Trieste Centrale in transito presso Castel San Pietro Terme (BO), deviato via Orte - Foligno - Pesaro per lavori sulla linea Bologna - Firenze.

 

Pilot Z1A, carriages Z and E.401.021 in push, make up the IC 1502 (588) of Trenitalia from Roma Termini to Trieste Centrale in transit at Castel San Pietro Terme (BO), diverted through Orte - Foligno - Pesaro for works on the Bologna - Firenze line.

7 carrozze a doppio piano "Vivalto" spinte dalla E.464.277 di Trenitalia compongono il Rv 2245 in servizio da Venezia Santa Lucia a Bologna Centrale, qui in transito presso Monselice (PD).

 

7 double-deck coaches "Vivalto" pushed by E.464.277 of Trenitalia make up the Rv 2245 in service from Venezia Santa Lucia to Bologna Centrale, here in transit at Monselice (PD).

IL CORAGGIO DI VIVERE

 

Foto 41: ritratto di un vecchio pescatore, l'Avana , Cuba.

Foto del febbraio 2007

 

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IL VECCHIO ED IL MARE

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Certo il lungo mare di L'Avana, il Malecòn,

è una fucina di personaggi veramente particolari.

 

Ricordate il suonatore di trombone?

Un meraviglioso connubio, tra uomo e mare.

 

Cullato da nenie lascive.

Ma, prima di lasciarci alle spalle la capitale,

vi voglio raccontare l'intensa e commovente storia di Aleandro.

 

Lo trovai seduto su una panchina corrosa dai morsi dell'oceano, quasi assopito o piuttosto "rapito."

Lo sguardo all'orizzonte.

 

Oggi nulla di buono, il mare ruggisce come un leone ferito.

Nessun peschereccio osa l'uscita,

verrebbe stropicciato come si fa con una cartaccia da buttare.

 

Aleandro piange, lo fa in silenzio come sempre.

 

Nella notte in mare s'ode solo il fischio del vento.

Ululare alla luna.

Sei solo, troppo solo.

 

E pensare che ai suoi tempi non ci pensava proprio al pericolo,

usciva a pescare con qualunque tempo,

a casa una famiglia da sfamare.

 

Anche quella volta salpò.

Da qualche anno,

con al fianco il più grande dei cinque figli.

Un ragazzone grande e grosso,

nero come un tizzo di carbone, forte, impavido, dolcissimo.

 

Appena al largo, si capì subito che il peschereccio,

questa volta non ce l'avrebbe fatta.

A nulla valse, tutta l'esperienza di una vita.

Un'onda devastante, lo strappò dal timone,

gettandolo in mare.

Con lui annegavano tutti i sogni.

 

D'un tratto, allo stremo delle forze,

si sentì afferrare e quasi sollevare fuori dall'acqua,

seguirono bracciate sempre più corte e faticose.

 

Ricorda solo di essere stato spinto sulla bocca aperta del portello di poppa.

Con un'ultima disperata "manata d'amore."

 

Lo ritrovarono al mattino,

spiaggiato tra i resti della barca incastrata tra gli scogli.

 

Da quella notte, ogni volta che il mare è in tempesta,

viene a sedersi su questa panchina.

 

Piangendo in silenzio.

 

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© Il testo è di esclusiva proprietà dell'autore, Stefano Paradossi, che ne detiene i diritti e ne vieta qualsiasi utilizzo da parte di terzi. La foto fa parte dell'Archivio Fotografico della famiglia Paradossi.

 

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Foto 1: Veduta da una grande finestra. Parigi, Aeroporto Charles De Gaulle

 

Foto del 2009

 

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IN VOLO TRA I SOGNI

 

Premessa

 

Benvenuti di nuovo nel salottino verde.

Finalmente il letargo è finito, torno a raccontare.

Mi sembra doveroso fare qualche precisazione iniziale,

questo per rendere la lettura più chiara possibile.

 

E’ il mio ultimo viaggio,

proprio per questo provo una grande emozione a parlarne.

 

Il filo conduttore, di sicuro un sentimento che sempre ho abbracciato e che voi,

In tutti questi anni, conoscete bene.

 

L’amicizia.

 

Il contesto geografico è la splendida penisola dello Yucatan,

in Messico.

Siamo nell’anno 2009 e la vita scorre lieta.

Mai avrei pensato in seguito,

di dover abbandonare quasi del tutto il mio hobby preferito,

viaggiare.

Ed ancor di più, scriverlo in periodo di pandemia,

privato di uno dei valori a cui tengo di più.

 

La libertà.

 

Questo progetto è l’estensione di un foto-libro che regalai agli amici venuti con me.

Per questo lo troverete, talvolta, un po’ troppo intimistico.

Ma l’amicizia che ho provato con loro è la stessa che ho per voi.

 

La scrittura originale, rivisitata ed ampliata, nasce da un sogno,

sotto la spinta emotiva di un film del grande regista James Cameron: “Avatar.”

Per questo,

ambiento alcune scene come fossimo astronauti in viaggio nel cosmo.

 

Ed ecco il titolo:

“IN VOLO TRA I SOGNI”

 

Nel 1° capitolo, “l’origine”,

sono inserite alcune note storico geografiche.

Niente di che, solo una breve introduzione,

scaturita da quel che sono venuto a sapere durante il viaggio.

Manco a dirlo, una chiaccherata fra vecchi amici.

 

Partiremo per questa nostra emozionante avventura,

lo faremo insieme,

vi prego salite a bordo, non ve ne pentirete.

 

Grazie, buona visione.

 

Stefano, il capitano dell'astronave, VOI il mio equipaggio.

  

La Taurus SŽ 541-013 coadiuvata in spinta dalla gemella 105 sta affrontando la rampa che porta dal livello del mare di Capodistria ai 500 metri di Divaccia al comando di un treno cisterne carico.

In alto a destra è possibile intravedere il Mare Adriatico con alcune navi alla fonda davanti al porto sloveno.

L'unità 013 da anni veste la livrea pubblicitaria dedicata alla bevanda austriaca Almdudler.

..di spinta al Reg. 10176 Alessandria - Novara

La Sicilia un tempo era un fondale marino sollevatosi per effetto della spinta della placca africana contro quella europea/asiatica.

L'effetto che oggi vediamo nell'entroterra siciliano è la presenza di alcune rocce (solfati di calcio come il gesso, zolfo, carbonati) e minerali (salgemma) che ne testimoniano l'origine. Nell'immagine una schiera di rocce (probabilmente solfati) delimitano il paesaggio tra dolci colline e vette aguzze.

IL CORAGGIO DI VIVERE

 

Foto 54: Piazza dei Miracoli, Pisa:

ritratto ambientato delle 7 spose.

Foto anno 2008

 

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FESTA DELLE 7 SPOSE

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Lentamente le cose stavano tornando alla normalità,

mentre l'autore del gesto criminale aveva perso la libertà,

e di sicuro,

anche l'amore di una donna che certo non meritava per niente.

 

Eravamo commossi per quello che gli amici avevano fatto.

 

La primavera era sbocciata, quasi senza volerlo arrivammo ad elaborare un modo originale per ringraziare tutta la comunità

che si era stretta attorno a noi.

Ed anche perché no

dare una bella spinta promozionale all'attività.

L'idea ci venne dopo aver visto un vecchio film musicale:

"7 spose per 7 fratelli" che molti conosceranno di sicuro.

 

Nel nostro caso, eravamo interessati solo alle 7 spose.

Fu un evento meraviglioso.

Qualcuno, incontrandoci, ce ne parla ancora.

 

Pian piano le idee fioccavano a decine.

Antonella era la più prolifica.

Voglio qualcosa di unico.

Mi buttai nella mischia creando dal nulla un'ambiente di grande fascino.

I locali a fianco del negozio erano diventati un set fotografico,

in stile country.

Non mancava niente,

buffet e musica soft per accogliere le persone.

Qua e la, ciuffi di ginestre colorava ogni angolo.

Ma il clou dell'evento erano le 7 magnifiche spose,

di cui una in abito rosso.

Per sfilare scegliemmo il palcoscenico più ambito.

Il prato verde smeraldo di Piazza dei Miracoli.

Per poi proseguire con una carovana di carrozze con cavallo, arrivando fino in Piazza dei Cavalieri.

Quel tardo pomeriggio fu memorabile.

Praticamente diventò una festa di quartiere.

Con spettatori, centinaia di ignari turisti plaudenti.

 

La rivincita sul male si era materializzata.

E gli occhi questa volta, piansero di gioia.

   

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© Il testo è di esclusiva proprietà dell'autore, Stefano Paradossi, che ne detiene i diritti e ne vieta qualsiasi utilizzo da parte di terzi. La foto fa parte dell'Archivio Fotografico della famiglia Paradossi.

 

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NON SO A VOI MA A ME PIACE TANTISSIMO!!

 

"Non è una freccia che corre, ma una mano che si tende sulle strade e sulle autostrade per aiutare gli altri". Lo ha detto il capo della Polizia Alessandro Pansa, parlando della nuova Lamborghini Huracan donata alla Polizia di Stato"

 

La Huracan è spinta da un V10 aspirato da 5.2 litri e 610 Cv che le permette di superare i 325 Km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi, grazie anche alla trazione integrale. Viste le prestazioni velocistiche, il lampeggiante sul tetto ha un profilo aerodinamico, consentito dall'utilizzo di luci piatte a LED blu e bianchi, mentre quattro sirene sono integrate nella parte anteriore e posteriore della carrozzeria. La Huracan è colorata con la livrea di ordinanza bianco-blu ed è dotata dell'equipaggiamento standard di tutte le 'pantere', al quale si aggiunge il sistema video Provida posizionato al centro dell'abitacolo. Con una videocamera installata vicino allo specchietto retrovisore e un computer collocato dietro ai sedili può rilevare la velocità istantanea di altri veicoli, trasmettendo le immagini in tempo reale alla banca dati della Polizia. Inoltre, la Huracan Polizia è attrezzata per il pronto intervento sanitario, con il bagagliaio anteriore che ospita una speciale attrezzatura frigobox per il trasporto urgente di organi per trapianti e un defibrillatore.

Skogarfoss ed i guardiani della cascata. Una mia amica di flickr, si divertiva a trovare figure umane e visi negli scatti. In questa foto ne ho trovati tre: la caccia è aperta:-))))

Dall'immagine nei commenti si può capire meglio la maestosità della cascata, facendo il confronto con le persone che si sono spinte fin quasi sotto il getto d'acqua.

Le nuvole spinte dalla Bora lasciano trasparire i profili del Golfo del Quarnero con l'Isola di Cherso e il Monte Maggiore.

BUON NATALE A TUTTI!!!

...con gli occhi rossi per lo sforzo ecco l' E401.021 in coda in spinta all' IC 504 Genova P.P. - Torino P.N., in totale livrea ICsun, ormai al culmine della salita della linea Succursale dei Giovi, in vista di Arquata Scrivia, in una bella mattinata dal sapore invernale

Paura e timore

La paura e il timore sono da sempre alleati e compagni di viaggio in ogni angolo di strada. Che sia una via civica o un percorso virtuale, un sentiero di montagna, un itinerario vacanziero, una prassi collaudata o un seppur minimo tragitto mentale, loro non si fanno mai aspettare. Si portano appresso una combriccola di giannizzeri che si chiamano Panico, Terrore, Fobia, Orrore e Ansia. In ogni dove, vicino o lontano che sia, ad ogni altitudine e profondità, sono solerti a fare il loro bieco gioco. Può succedere che nell’intimo di un animo sensibile, sfrigoli il leggero timore di aver ferito qualcuno con una parola inappropriata, detta per leggerezza, o per pesantezza di circostanza. Per contro, capiterà al rozzo bracconiere, spavaldo e intrepido uccisore di leoni ed elefanti, prima o poi di farsi assalire dalla paura di rimanere senza munizioni o senza acqua nella savana, o giustamente essere scoperto e denunciato. Dal bimbo che ancora inconsapevole di aver timore, nel momento di muovere i suoi primi passi per non cadere, si affida e si tiene alla mano della mamma, e al genitore stesso che a sua volta lo guida per paura che si faccia male, o che si impressioni per il buio. E pur anche all’anziano che non è più sicuro di poter vivere dei suoi ricordi, perché si sta avvicinando la malattia, o all’atletico scalatore che in parete vede arrivare un repentino e imprevisto cambiamento della situazione meteo. Per un motivo o per un altro, qualcuno prima, altri dopo, ma tutti gli esseri umani di ogni età e fascia sociale, di qualsiasi etnia e colore, di ogni tempo e luogo, sono stati e sono accomunati dalla prova di questa emozione primaria, che ti arriva alla gola spinta dalla fantasia o ti fa tremare le ginocchia da un ricordo, ragionata da una sensazione previdente, o frustata sulla spina dorsale da un pericolo imminente, sentita da un aumento repentino di adrenalina, oppure avvertita da una fredda sudorazione. A volte voluta e cercata nella giostra del luna park o sullo schermo di un cinema, in altri contesti, subita senza proprio volerlo in una manovra azzardata, magari ad alta velocità in autostrada, ti prende e ti avvolge spesso quando meno te l’aspetti, come in una scena di un film. Ci sono anche casi in cui la paura e il terrore sono attesi in modo quasi rassegnato, come per le spose bambine e in altri riti tribali, ma anche nella civiltà occidentale ci sono distorsioni nell’atteggiamento umano, quando la fobia di rimanere senza dose giornaliera fa muovere passi sbagliati, o quando l’eccessiva ambizione procura il timore di restare indietro e porta a preferire la prevaricazione ai danni del prossimo. Nel medesimo istante, in luoghi anche remoti e lontani tra loro, queste emozioni primordiali prendono il sopravvento su chissà quante persone, differenti ed eterogenee, per motivi tanto diversi tra loro, da sovrapporsi, intrecciarsi e fondersi in dinamiche tanto complicate e con variegate sfumature e livelli, da non farci, spesso, rendere conto che non siamo che polvere nei confronti del Creato, della Natura, della Casa Comune. In questi ultimi mesi, la situazione contingente ci ha fatto e ci fa confrontare con la paura, quella non voluta, non cercata, non rischiata come ad un semaforo rosso, quella impensabile, imprevedibile, che si avvicina piano, in modo inaspettato, altalenante e con intensità variabile, resa più o meno palpabile dalle altre quotidiane e frenetiche attività, ma procurata da un pericolo effettivo, reale e pratico. Ecco, questa è una dimensione nuova per molte generazioni. La paura per un virus sconosciuto che pure è composta da molteplici sfumature della stessa motivazione, diviene una emozione primaria globale, quasi a darci un segnale, un insegnamento. Un timore che non riconosce muri o barriere, capace di scavalcare stati o paesi, oceani o confini, ma che ci accomuna, magari con caratteri differenti, alle altre genti, e ci rende simili a chi prima sembrava così diverso, per religione colore o costume. Un pericolo prima più remoto ora così assai vicino da toccare i propri cari, le persone che conosci, che hai incontrato giusto qualche giorno fa. Una tale insidia che non ti trova pronto, che non ti aspetti, che ti fa stare male, che ti rende inerme perché consapevole di poter fare nulla o poco, anzi troppo poco, che ti fa soffrire di una sofferenza crescente, che ti fa vedere e sentire anche la fatica e la paura degli altri. Di chi è ammalato a casa e di cui sei in apprensione, di chi fa i turni all’ospedale rischiando di persona, senza peraltro minimamente pensare di ovviare in alcun modo la situazione. In questi grigi giorni il pensiero va a quanti soffrono, per la malattia, per la perdita dei loro cari, per la solitudine che la situazione impone, per quanti si prodigano per il loro prossimo in azioni che sanno di eroico o di moderna santità. A loro va riconosciuto il merito di far rinascere quel sentimento che unico può contrastare la paura, il timore e i loro scagnozzi, e cioè la Speranza. Ennio Borgato.

Caimano navetta spinge da S.Stefano Magra questo invio per Pistoia.

 

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Il via-vai di merci sulla Divaca-Koper in Slovenia è notevole, anche di domenica non ci si annoia mai.

Nell'ultima calda estate un merci in salita verso Divaca è spinto dalla 541.016 delle ferrovie Slovene in livrea "Einstein".

 

Crnotice [Slovenia]

20/08/2017

Foto Andrea De Berti

Per gentile concessione della Tenuta Colombara ho potuto visitare i locali dove inizio secolo era un fermento di lavoratori dediti alla coltivazione del riso.

All’interno della tenuta sono ancora presenti locali come l’officina meccanica per la riparazione degli attrezzi, qui è visibile un trapano a colonna che veniva avviato mettendo in rotazione, con una spinta, la grande ruota superiore che fungeva da volano. mentre con la manovella si continuava mantenere la rotazione.

 

E voltare pagina a volte non si può.

Se ti hanno rubato il fuoco, negli occhi di chi ti sta di fronte e tenta disperatamente di farsi vedere da te perché si è innamorato, non vedrai mai più l'amore.

La vita cambia, ti compri un compasso e ti descrivi un cerchio intorno, e dentro quel cerchio tu sei il raggio ed il diametro e di notte, quando hai freddo e sei senza amore ti abbracci là dentro da sola e ti trasformi in un bozzolo, in un bozzolo che non diverrà mai più farfalla e che finirà la sua vita da bozzolo.

Un giorno, spinta dalla curiosità, andai a vedere una mostra di farfalle. Il ragazzo che mi faceva da Cicerone entrò con me in una voliera: il mio sguardo era su quei bozzoli. Volevo vederli trasformarsi in farfalle, volevo capire come avveniva la trasformazione. Volevo imparare dai bachi a ritornare farfalla. Volevo disperatamente tornare a volare.

E con i miei grandi occhi neri, quasi sproporzionati sul mio piccolo viso, io ci provavo. Se ci ho provato, eccome se ci ho provato. Qualche volta ho persino aperto le ali, mi sentivo felice, ero entusiasta. Durava pochi istanti: il tempo di un caffè, il tempo di una canzone, il tempo di una decina di messaggi, il tempo di una illusione.

Non c'era più tempo per amore nella mia vita.

(seconda parte - 1021 caratteri)

In transito in spinta all'invio storico da S.Stefano Magra a Sarzana. In testa la E656.590.

Ringrazio per la compagnia Giacomo Casabianca.

Arcola 10/05/2014

Questo treno merci carico di container sta salendo la rampa dei primi chilometri della linea di Koper con l'aiuto della 193 279 in spinta, ripreso alla curva di Zanigrad.

(...) "...Mangiabarche è una località, anzi un’aspra e argillosa scogliera a strapiombo sul mare, non lontana dal comune di Calasetta. Di fronte, utile per individuarla, un faro che mira ad evitare il fenomeno mangiabarche, cioè che le imbarcazioni finiscano contro le rocce affioranti dall'acqua. Un luogo estremamente selvaggio e affascinante, da ammirare soprattutto in inverno, quando il mare in burrasca che si abbatte sugli scogli e sul faro evoca i romantici paesaggi nordici così ben raccontati nei quadri di C.D. Friedrich. "Vidi un grande scoglio, circondato da altri più piccoli, dei quali emergevano dall’acqua solo le punte. Aguzze e pericolose. Le onde spinte dal maestrale si schiantavano contro le rocce, arrivando a bagnare con i loro spruzzi il faro che si ergeva nel punto più alto. L’origine del nome era evidente: sembrava la dentatura di una mostro marino".

www.sardegnaturismo.it/index.php?c=36& s=6235&t=1&...

 

Fornace "a tino": torre a forma tronco-conica su basamento quadrilatero, costruita in pietrame locale misto e calce, in muratura di notevole spessore rastremata verso l’alto, interessata per tutto il suo sviluppo verticale nel paramento murario esterno da una serie di pali in legno equidistanti che avevano la funzione di distribuire le spinte laterali e di assorbire le dilatazioni termiche, con una serie di cerchiature in ferro in modo da costituire una fasciatura perimetrale circolare, per garantire la stabilità del manufatto. La struttura era rivestita internamente in mattoni refrattari. La sommità era collegata al terreno a monte tramite una passerella, per caricare il materiale. Attorno al basamento si sviluppavano le strutture di supporto alla produzione (depositi di combustibile e di esplosivi, ricovero attrezzi, magazzini per il prodotto finito, etc.), porticate, con coperture in legno e laterizio sostenute da pilastri in pietrame, e molo per attracco dei barconi. Fonte: www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/SWCL1-0...

Le sembra improvvisamente di non essere più a letto, ma in un parco: un parco implausibilmente verdeggiante, verde più del verde, una visione platonica di un parco, nello stesso tempo familiare e depositario di un segreto, che sembra sottintendere, come fanno tutti i parchi, che mentre l'anziana signora con lo scialle sonnecchia sulla panca, qualcosa di vivo e di antico, qualcosa che non è nè buono nè cattivo, che semplicemente gioisce in modo permanente, unisce tutto un mondo verde fatto di fattorie e prati, di foreste e parchi. Virginia si muove per il parco quasi senza camminare; galleggia attraverso di esso, leggera come una piuma di sola percezione, senza corpo. Il parco le si apre davanti con le sue distese di gigli e peonie, i suoi sentieri di ghiaia costeggiati da rose color crema, una fanciulla di pietra, i cui contorni sono stati smussati dal tempo, svetta sul bordo di uno specchio d'acqua chiara e riflette guardando nell'acqua.

Virginia si muove per il parco come spinta da un cuscino d'aria; sta cominciando a capire che un altro parco è nascosto sotto questo, un parco del mondo sotterraneo,

più meraviglioso e terribile di questo: è la radice da cui crescono questi prati e questi alberi. E' la vera idea del parco ed è semplice quanto bella.

In occasione della Sagra delle Castagne a Marradi (dal 4 al 25 ottobre 2015) e come ogni anno, Adriavapore ha organizzato un treno storico a vapore da Rimini con arrivo nella bella cittadina dell'Appennino Tosco-Emiliano. Il treno di oggi ha visto al traino la pimpante 640.121 con 5 vetture centoporte e la D443.2002 in spinta.

Eccola in arrivo a destinazione con atmosfera e colori tipici dell'autunno.

 

Marradi-Palazzuolo sul Senio (FI)

11/10/2015

Foto di Andrea De Berti

24 aprile. Per non dimenticare

 

Anche quest’anno, il 24 aprile, noi, Italiani di origine armena ed Armeni in Italia, uniti in un’unica voce con le organizzazioni che ci rappresentano, facciamo memoria del Genocidio subito dagli Armeni nel 1915 ad opera dell’Impero ottomano.

 

In un contesto internazionale quale quello attuale, così segnato da instabilità ed incertezza, ci rivolgiamo ai cittadini, ai media e alle Istituzioni sentendo il dovere di un impegno che si rinnova: non solo nel rievocare la tragedia che ha travolto il destino del popolo armeno 107 anni fa ma anche nel richiamare le urgenze e le sfide che quel ricordo, ancora da troppi ignorato, impone oggi sul presente.

 

È prima di tutto una sfida di conoscenza, per non fermarsi a un uso retorico della memoria. Occorre invece approfondire le complessità del passato per comprendere che l’annientamento di un popolo e della sua identità è un dramma che ci riguarda davvero tutti e, al contempo, ci porta a riscoprire la ricchezza che la cultura armena è ancora in grado di offrire.

 

È una sfida di coraggio, per leggere le conflittualità del presente ed affrontarle senza timori, avendo ben in mente la drammatica lezione del passato, coscienti che la posta in gioco è il nostro futuro, con i suoi valori di integrazione e difesa della propria identità. Per noi, che siamo orgogliosamente anche cittadini italiani, essi sono la vera eredità che proviene da chi ci ha preceduto e possono diventare un patrimonio da condividere con la nazione in cui abbiamo scelto di vivere.

 

È un impegno contro le spinte alla sopraffazione e alla rimozione della memoria dei fatti, che ancora oggi affiorano e minacciano l’esistenza stessa della nazione armena, soprattutto dopo l’aggressione militare dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh di un anno e mezzo fa, l’assordante silenzio della comunità internazionale che ne è seguito, i criminali tentativi di cancellare ogni traccia di cultura armena nelle zone occupate, e le recenti, gravi violazioni del cessate il fuoco ai danni degli armeni, approfittando del drammatico conflitto in corso in Ucraina.

 

È la vera lezione della Memoria, quella che dal passato ci apre gli occhi sul presente, ci aiuta ad essere responsabili del nostro futuro, e, soprattutto, vigili sui pericoli cui i singoli e le comunità sono esposti quando non sono riconosciuti i loro diritti fondamentali.

 

Ecco, allora, il nostro compito di cittadini europei: non restare schiacciati sotto il peso delle nostre paure, indifferenze, apatie e disillusioni ma diventare riferimenti credibili e concreti per prevenire nuovi odi e combattere con le armi della conoscenza e della verità i persistenti tentativi di rimozione e di manipolazione della Storia.

Transita nei pressi di Coltano in spinta all'IC 518 Roma Termini/Ventimiglia.

Coltano 12/06/2021

Doppia trazione simmetrica di E.464.431 (in testa) ed E.464.252 (in spinta) per l'IC 609 di Trenitalia da Milano Centrale a Lecce, in transito tra i campi di Castel San Pietro Terme (BO).

 

Double symmetrical traction of E.464.431 (in head) and E.464.252 (in push) for the IC 609 of Trenitalia from Milano Centrale to Lecce, in transits through the fields of Castel San Pietro Terme (BO).

La E633-203 traina l'unico treno merci della giornata che transita sulla linea Novi-Tortona. Si tratta di una terminalizzazione di un trasporto combinato proveniente da Genova Voltri. Il treno, arrivato a Rivalta Scrivia, viene preso in carico dalla manovra di Serfer che nel mentre ha spinto fuori i carri per il ritorno a Genova e attende l'arrivo d questo treno per manovrarlo all'interno dello scalo intermodale.

 

Rivalta Scrivia, 3/6/2016

Foto: Flavio Tecco

IL POSIZIONAMENTO DEL CESTO.

  

La mongolfiera non è altro che un aeromobile che utilizza una miscela di aria calda (più leggera di quella circostante) e gas propano per ottenere una spinta verso l’alto e sollevarsi da terra. Inizialmente il pallone viene gonfiato d’aria mediante un ventilatore, aria che poi viene sostituita dai prodotti della combustione.

  

CANON EOS 600D con ob. SIGMA 10-20 f./4-5,6 EX DC HSM

Il convoglio dei vuoti per trasporto argilla diretto a Ravenna e proveniente da Dinazzano transita nei pressi della fermata di San Tomaso della Fossa (linea Reggio Emilia-Guastalla), con la D220.029 in testa (non inquadrata) e la D220.028 in spinta.

 

The empty train for clay transport performed by FER (Ferrovie Emilia Romagna) which goes from Dinazzano to Ravenna with a symmetric double traction of D220 passes on the FER railway line Reggio Emilia-Guastalla at San Tomaso della Fossa, with the D220.028 at the end.

In uscita dalla stazione di Grizzana (BO), il convoglio composto dalla Pilota UIC-X, vetture a media distanza e spinto dalla E.464.214 effettua il R 6585 da Bologna Centrale a Prato Centrale in una afosa giornata di fine agosto.

 

In exit by the station of Grizzana (BO), the convoy composed by the UIC-X Pilot, medium distance coaches and pushed by E.464.214 performs the R 6585 from Bologna Central to Prato Central in a hot day in late August.

PISA... la storia: IL RE CACCIATORE

 

Foto n° 18:

Parco di San Rossore, le Cascine Nuove

 

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Per i Pisani, altra cosa fu il primo Re d'Italia,

Vittorio Emanuele II.

Lo scenario è sempre il solito,

la splendida tenuta di San Rossore.

 

Instauratosi a regnare,

sfrattò immediatamente da tutto il parco ciascun cittadino.

 

Qui c'è mio... disse il primo re d'Italia.

Si ricorda ancora l'amaro sarcasmo affiorante tra i sudditi.

 

" Cominciamo bene" fu il commento sulla bocca di tutti.

Figuratevi le colorite parole che seguirono dopo il primo smarrimento.

Non è questo il modo di fare proprio il nostro paradiso terrestre.

Questa era l'opinione della gente...

Senza nessuna distinzione sociale.

 

A onor del vero, per bilanciare il mal torto,

fece costruire un maestoso viale alberato,

che correva parallelo sul fianco sinistro dell'Arno,

al quale fu dato in seguito il nome del poeta D'annunzio.

Istituì inoltre un servizio fluviale per e da Pisa,

dando una spinta importante al sorgere dell'agglomerato urbano di Marina di Pisa, e non solo...

 

Mi dispiace chiudere la cavalcata di Pisa nei secoli in questo modo.

Ma ho imparato che la storia non la si può cambiare,

e sopra tutto, la si deve accettare traendone insegnamento.

 

La maratona che racconta la storia di Pisa è giunta al termine.

E' stato un lungo illuminante cammino, difficile è dir poco.

L'ho voluto raccontare da dentro, di pancia,

cercando di dare una chiave di lettura inusuale.

 

Probabilmente ho scritto delle castronerie madornali.

Ma sempre prendendomi le responsabilità che mi spingevano ad essere coinvolto,

e più imparziale possibile allo stesso tempo.

 

E' un piccolo ed emozionante contributo.

E' bello sentirsi parte in causa,

in tutto quello che ho raccontato in modo semplice e senz'altro riduttivo.

 

Di certo, è stato un grande tentativo di capire da dove vengo...

Ne avevo bisogno.

Credo... al di la dei risultati che conseguirò con questo impegnativo ultimo lavoro.

 

Per il momento grazie di aver seguito con così tanta attenzione.

L'inizio era un TEST importante.

 

Stefano Paradossi... non lo storico,

ma semplicemente un cittadino innamorato del luogo dov'è nato.

  

A presto... CON GLI OCCHI DEL CUORE...

 

Il racconto continua, entrano in scena i miei familiari,

anche questa è storia.

  

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© La foto e il testo sono di esclusiva proprietà dell'autore, Stefano Paradossi, che ne detiene i diritti e ne vieta qualsiasi utilizzo da parte di terzi.

 

© The photo and the text are of exclusive property of the author, Stefano Paradossi, who owns the rights and prohibits any use by third parties.

Dopo aver assicurato la spinta ai carri ripresi in foto, la DE520.09 di Nord Cargo si prepara a partire da Trofarello in direzione di Fossano con i carri per lo stabilimento della Michelin.

La locomotiva di testa, una delle primissime E483 italiane, è invece tornata isolata ad Alessandria Smistamento.

 

Trofarello (TO)

15/11/2008

Nella configurazione della geografia e dei rilievi che caratterizzano la superficie del Pianeta, agiscono forze ciclopiche. Spinte formidabili, che trasformano la rigica crosta terrestre in materiale plastico ..... ..

In spinta ad uno dei tanti IC Lecce - Milano E414.148 - Faenza (RA)

Centrale, vediamo la E414.148 in livrea Intercity Sun transitare nei pressi di Faenza (RA) in una terso e freddo pomeriggio invernale lungo la Ferrovia Adriatica

 

Faenza (RA) - 26.02.2022

© Michael Carli

218 in spinta ad un regionale per Monaco Centrale, fotografata tra Hopferau e Schraden.

una delle tante spinte giornaliere che percorrevano la rampa nord del Gottardo è di scena con questa merci Hupac in salita per l'Italia.titolare della spinta la piccola "ribollita"di casa SBB cargo

Treno Storico di ritorno da Conza verso Rocchetta S.Antonio, qui ripreso tra Monteverde ed Aquilonia.

D345.1142 in spinta, D343.1030 in testa (tra gli alberi)

...così come in cielo anche in terra non splende pienamente il sole estivo...nel cielo nuvolette dispettose ogni tanto disturbano la luce intensa e diretta del mezzogiorno mentre in terra l'omogeneità della livrea ICsun nella composizione dell' InterCity Torino P.N. - Salerno è rotta dai colori xmpr dell' E402B.124 posta in coda al treno, in spinta, mentre percorre la linea lenta dei Giovi nei pressi di Pietrabissara

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I TRENI DELLA MORTE

(da it.wikipedia.org/wiki/Treni_della_morte)

 

I treni della morte erano i trasporti ferroviari gestiti dal sistema ferroviario nazionale Deutsche Reichsbahn sotto il controllo della Germania nazista e dei suoi alleati, con l'obiettivo della deportazione forzata degli ebrei, così come delle altre vittime dell'Olocausto, nei campi di concentramento, di lavoro o di sterminio nazisti.

 

PRIMA DELLA GUERRA

La prima deportazione di massa degli ebrei dalla Germania nazista, la Polenaktion, avvenne nell'ottobre 1938. Fu lo sgombero forzato degli ebrei tedeschi con cittadinanza polacca durante gli eventi della Notte dei cristalli. Circa 30.000 ebrei furono radunati e inviati via ferrovia nei campi profughi.

 

IL RUOLO DELLE FERROVIE NELLA SOLUZIONE FINALE

Durante le varie fasi dell'Olocausto i treni furono impiegati in vari modi. In un primo momento erano usati per concentrare le popolazioni ebraiche nei ghetti e spesso per trasportarle nei campi di lavoro forzato e nei campi di concentramento tedeschi a scopo di sfruttamento economico.

Alla fine del 1941 circa 3,5 milioni di ebrei polacchi erano stati segregati e ghettizzati dalle SS in una massiccia campagna di deportazione che prevedeva l'uso di treni merci.

Durante la conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942, fu messa a punto la "Soluzione finale della questione ebraica": un eufemismo riferito al piano nazista di annientare il popolo ebraico.

Per attuare la "soluzione finale", i nazisti fecero della propria Deutsche Reichsbahn un elemento indispensabile della macchina di sterminio di massa, scrisse lo storico Raul Hilberg. Sebbene i treni dei prigionieri portassero via prezioso spazio sui binari, consentirono il trasporto di grandi masse e abbreviarono i tempi previsti per lo sterminio. La struttura del vagone dei carri bestiame era completamente chiusa e senza finestre. L'uso delle ferrovie permise ai nazisti di tenere in piedi le bugie sul "programma di reinsediamento" e, allo stesso tempo, di costruire e gestire impianti di gassificazione più efficienti che richiedevano una supervisione limitata.

I nazisti spacciarono la soluzione finale per il reinsediamento di massa nei territori orientali. Alle vittime veniva detto che erano destinate ai campi di lavoro nel Reichskommissariat Ukraine. In realtà, dal 1942 in poi per la maggior parte degli ebrei le deportazioni significarono sostanzialmente solo la morte a Bełżec, Chełmno, Sobibór, Majdanek, Treblinka o Auschwitz-Birkenau.

Le camere a gas di Auschwitz II Birkenau entrarono in funzione a marzo del 1942.

Le deportazioni di questa portata richiedevano il coordinamento di numerosi ministeri e organizzazioni statali, tra cui la Direzione generale per la sicurezza del Reich (RSHA), il Ministero dei trasporti del Reich e il Ministero degli esteri del Reich.

 

IL VIAGGIO E L’ARRIVO

I primi treni con ebrei tedeschi espulsi dai ghetti della Polonia occupata iniziarono a partire dalla Germania centrale il 16 ottobre 1941. Chiamati Sonderzüge (treni speciali), avevano una bassa priorità per il movimento e passavano sulla linea principale solo dopo tutti gli altri trasporti; di conseguenza il tempo di trasporto inevitabilmente si protraeva oltre al previsto. Vagoni per merci o bestiame; quest'ultimo tipo poteva contenere fino a 150 deportati, anche se il regolamento delle SS ne prevedeva 50. Non veniva fornito né cibo né acqua, i vagoni merci erano dotati solo di una latrina a secchio; una piccola finestra con le sbarre permetteva una ventilazione irregolare, per cui spesso avvenivano morti per soffocamento.

A volte i tedeschi non avevano abbastanza vagoni al completo per inviare ai campi un carico di ebrei significativo, quindi le vittime passavano la notte rinchiuse nelle carrozze nei piazzali di sosta. Anche i treni dell'Olocausto davano precedenza ai treni militari; mediamente un trasporto richiedeva circa quattro giorni. Il trasporto più lungo della guerra, da Corfù, durò 18 giorni. Quando il treno arrivò al campo e le porte furono aperte, erano già tutti morti.

Nell'URSS occupata dai tedeschi, nel campo di sterminio di Malyj Trostenec, le vittime venivano fucilate nei boschi. A Chelmno le uccisioni avvenivano nei furgoni: i gas di scarico del furgone venivano immessi nei compartimenti sigillati nella parte posteriore del veicolo; questi mezzi furono usati anche a Trostenec. Nessuno di questi due campi aveva collegamenti ferroviari internazionali. I treni si fermavano rispettivamente al vicino ghetto di Łódź e al ghetto di Minsk. Da lì i prigionieri si trasportavano sui camion.

La partecipazione delle Ferrovie dello Stato tedesche (la Deutsche Reichsbahn ) fu determinante per l'efficace attuazione della soluzione finale. La DRB veniva pagata per trasportare da migliaia di località europee gli ebrei e le altre vittime dell'Olocausto destinati alle morte nei campi di concentramento nazisti.

 

OPERAZIONI IN EUROPA

Dal Belgio, la destinazione principale dei convogli era il campo di concentramento di Auschwitz. Un numero minore fu inviato a Buchenwald e Ravensbrück, così come al campo di concentramento di Vittel in Francia. In tutto dal Belgio furono deportati 25.437 ebrei, di cui solo 1.207 sopravvissero alla guerra. L'unico episodio della seconda guerra mondiale in cui un treno dell'Olocausto fu fermato dalla Resistenza accadde il 19 aprile 1943, quando il trasporto n. 20 lasciò Mechelen con a bordo 1.631 ebrei, diretto ad Auschwitz. Poco dopo la partenza il macchinista fermò il treno al semaforo rosso di emergenza, imitato in realtà dai belgi. Dopo un breve scontro a fuoco tra le guardie e i tre membri della Resistenza, muniti di una sola pistola, il treno ripartì. Delle 233 persone che tentarono di scappare 26 furono uccise sul posto, 89 catturate, 118 riuscirono a fuggire.

Dalla Francia, sotto il governo di Vichy la compagnia ferroviaria nazionale francese SNCF svolse la sua parte nella soluzione finale. In totale il governo di Vichy deportò nei campi di concentramento e di sterminio costruiti dai tedeschi più di 76.000 ebrei, senza cibo né acqua (invano invocato dalla Croce Rossa), così come migliaia di altri cosiddetti indesiderabili, in virtù di un accordo con il governo tedesco. Sopravvisse meno del 3 per cento. Secondo Serge Klarsfeld, presidente dell'organizzazione Association des fils et filles des déportés juifs de France SNFC fu costretta dalle autorità tedesche e di Vichy a cooperare nel fornire il trasporto per gli ebrei francesi al confine e non ne trasse alcun profitto. Nel dicembre 2014 la società accettò di risarcire con 60 milioni di dollari i sopravvissuti all'Olocausto francesi residenti negli Stati Uniti, circa 100000 $ per sopravvissuto.

Al 23 giugno 1943 furono deportati dalla Francia 50.000 ebrei, un ritmo che i tedeschi consideravano troppo lento. L'ultimo treno partì da Drancy il 31 luglio 1944 con oltre 300 bambini a bordo.

La Grecia, dopo l'invasione rimase divisa tra le zone di occupazione italiana, bulgara e tedesca fino al settembre 1943. La maggior parte degli ebrei greci viveva a Salonicco, governata dalla Germania, dove fu allestito un campo di raccolta per gli ebrei provenienti da Atene e dalle isole. Da lì 45.000-50.000 ebrei furono inviati ad Auschwitz-Birkenau tra marzo e agosto 1943. C'erano anche 13.000 ebrei greci nella zona italiana e 4.000 ebrei in quella bulgara. Nel settembre 1943 la zona italiana fu rilevata dal Terzo Reich. Complessivamente, prima della fine della guerra furono deportati dalle SS sui treni dell'Olocausto ad Auschwitz, Majdanek, Dachau e nei sottocampi di Mauthausen circa 60.000-65.000 ebrei greci, compreso oltre il 90% della popolazione prebellica di Salonicco che consisteva in 50.000 ebrei. Di questi 5.000 furono deportati dalla Tracia e dalla Macedonia a Treblinka, dove furono uccisi con il gas all'arrivo.

In Italia, secondo l’opinione popolare, Benito Mussolini resistette alla deportazione degli ebrei italiani in Germania perché la comunità ebraica italiana di 47.000 persone rappresentava gli ebrei più integrati d'Europa. Prima dello scoppio della guerra circa un terzo dei maschi ebrei era membro del Partito Fascista, più di 10.000 ebrei nascondevano la propria identità. L'Olocausto in Italia iniziò nel settembre 1943 dopo l'invasione tedesca in seguito all'armistizio di Cassibile. Nel febbraio 1944 i tedeschi spedirono 8.000 ebrei ad Auschwitz-Birkenau sebbene più della metà delle vittime arrestate e deportate dal centro e dal nord Italia fossero state radunate dalla polizia italiana e non dai nazisti. Sempre tra il settembre 1943 e l'aprile 1944 almeno 23.000 soldati italiani furono deportati per lavorare come schiavi nell'industria bellica tedesca, mentre oltre 10.000 partigiani furono catturati e deportati a Birkenau. Nel 1944 c'erano oltre mezzo milione di italiani che lavoravano a beneficio della macchina da guerra tedesca.

E così anche dalla Norvegia, dai Paesi Bassi, dalla Polonia, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Svizzera e Ungheria, Belgio, Boemia e Moravia.

 

CONSEGUENZE

Con l'avanzata dell'esercito sovietico nell'Europa occupata dai tedeschi e lo sbarco degli alleati in Normandia nel giugno 1944, il numero di treni e di persone trasportate iniziò a variare notevolmente.

Nel novembre 1944, chiuso Birkenau, i treni della morte cessarono. Mentre gli eserciti sovietici e alleati arrivavano alle spinte finali, i nazisti trasportarono i sopravvissuti dei campi di concentramento negli altri campi situati all'interno del Terzo Reich o nelle aree di confine, dove credevano di poter negoziare il rilascio dei prigionieri di guerra tedeschi catturati scambiandoli con gli ebrei o con i nati al di fuori dei territori occupati dai tedeschi. Molti dei detenuti furono trasportati attraverso le famigerate marce della morte; nell'aprile 1945, tra gli altri trasporti, tre treni partirono da Bergen-Belsen diretti a Theresienstadt; furono tutti liberati.

L'ultimo treno registrato è quello utilizzato per il trasporto delle donne della Flossenbürg March nel marzo 1945, dove per tre giorni i superstiti rimanenti furono stipati nei vagoni bestiame in attesa di proseguire. Solo 200 delle 1000 donne partite sopravvissero all'intero viaggio fino a Bergen-Belsen.

 

COMMEMORAZIONI

In tutta Europa ci sono numerose commemorazioni nazionali del trasporto di massa degli ebrei durante la "soluzione finale". Allo stesso tempo perdurano alcune controversie circa la storia dei sistemi ferroviari utilizzati dai nazisti.

 

In Francia, nel 1992 SNCF ha commissionato un rapporto sul suo coinvolgimento nella seconda guerra mondiale. Secondo lo storico Michael Marrus, la corte di Bordeaux "dichiarò che la compagnia ferroviaria aveva agito sotto l'autorità del governo di Vichy e dell'occupazione tedesca" e come tale non poteva essere ritenuta responsabile in modo indipendente. Nel suo saggio del 2011 Marrus scrive che la società si è comunque assunta la responsabilità delle proprie azioni e ha espresso la volontà di aprire gli archivi rivelando il coinvolgimento nel trasporto delle vittime dell'Olocausto, suscitando interesse da parte dei poteri giuridico e legislativo. Tra il 2002 e il 2004 la SNCF ha contribuito a finanziare una mostra sulla deportazione di bambini ebrei organizzata dal cacciatore di nazisti Serge Klarsfeld. Nel 2011 SNCF ha contribuito alla costruzione di una stazione ferroviaria fuori Parigi per la Shoah Foundation, per la creazione di un memoriale in onore delle vittime dell'Olocausto.

 

In Germania è stata più dura. I parlamentari di tutti i partiti del parlamento nazionale tedesco hanno invitato la DB AG a ravvedersi. Il ministro federale dei trasporti Wolfgang Tiefensee ha proposto una mostra dell'artista Jan Philipp Reemtsma sul ruolo delle ferrovie nella deportazione di 11.000 bambini ebrei destinati a morire nei campi di concentramento e di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale. L'amministratore delegato della compagnia ferroviaria ha ribadito il rifiuto. Il 23 gennaio 2008 è stato raggiunto un compromesso: hanno istituito la propria mostra fissa. Come hanno sottolineato i giornali nazionali, la mostra "non conteneva quasi nulla sui colpevoli". Le carriere postbelliche dei responsabili delle ferrovie rimasero "totalmente oscurate". Dal 2009 l'associazione della società civile Train of Commemoration, che con le sue donazioni ha finanziato la mostra presentata in 130 stazioni tedesche con 445.000 visitatori, chiede un risarcimento cumulativo per i sopravvissuti a queste deportazioni in treno. I proprietari della ferrovia, il ministro dei trasporti e il ministro delle finanze respingono la richiesta.

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La foto che ho pubblicato è un'opera d’arte di Jannis Kounellis si trova nella metro “Dante” di Napoli, è senza titolo ma tratta il tema del viaggio. L’artista non me ne voglia ma mi ha sollecitata a pensare al “treno dei deportati” al loro ultimo viaggio verso la morte

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