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Nicolaes van Verendael, also known by the spelling van Veerendael (Antwerp, 1640 - Antwerp, 1691) - still life with tulips, convolvulus, rose and other flowers un a glass vase on a ledge (1660-90) oil on canvas - SDMA San Diego Museum of Art
Specialista di composizioni floreali, divenne membro della gilda di San Luca di Anversa nel 1656/1657. Si ispirò a Daniel Seghers e occasionalmente collaborò con altri artisti, come Jan de Heem.
A specialist in floral compositions, he became a member of the guild of St. Luke of Antwerp in 1656/1657. He was inspired by Daniel Seghers and occasionally collaborated with other artists, such as Jan de Heem.
The city in the country
The Kanaal Site of an old malting complex along the Albert Canal in Wijnegem near Antwerp Belgium is found to be the ideal setting for new living concepts. The former industrial context, with its cavernous and labyrinthine spaces, proves to be a surprisingly apt situation for apartments and lofts that are all different from each other and commercial space for the firm of Axel Vervoordt, a renowned design and antique dealer. They are situated in the former silo's of 10 storeys high by Seghers and Beel architects. Cube apartments by Bogdan and Van Broeck Architects; the remodelled former warehouses by Coussée and Goris Architects.
Southern Pacific's Hillsboro Roustabout is at Seghers, Oregon, enroute to a Stimson Lumber mill near Hagg Lake. This view was recorded from the Oregon Highway 47 overpass. The train is curving off the old West Side Branch alignment, entering right of way that was originally a spur built to reach Stimson’s plant around two miles west.
As constructed, SP's West Side Branch stretched from Beaverton to Eugene. Over time, the branch was gradually pruned through abandonments. By 1991, a stretch of trackage south of Seghers had been abandoned. The portion of the line between Hillsboro and the Stimson mill was operated as the Westside-Seghers Branch.
Generally, SP's local made the trip two or three times a week. This is now a Portland & Western operation.
The chapel at Wentworth Woodhouse was built by the architect Ralph Tunnicliffe in 1734 for the 1st Marquess of Rockingham. The oak panelled walls behind and to either side of the altar hold a series portraits of Jesus Christ, eleven of the 12 apostles and Saint Paul. Each of the paintings has a visual reference or artefact associated with the life (or death) of the apostle. The painting of Christ is in the style of ‘Leonardo da Vinci’s Salvator Mundi’ painting.
There are two sets of similar paintings in convents in Mons and Warsaw and these paintings are thought to be the work of the Flemish painter Gerad Seghers (1591 - 1651). Seger was heavily influenced by Caravaggio and Rubens and this comes through in these artworks.
It is possible that the works were acquired by the 4th Earl Fitzwilliam from a religious house in the Netherlands circa 1789. The paintings were grouped together in the gilded baton frames sometime in the 19th century and the ‘missing’ apostle (St James) was omitted because of lack of space, the painting is now in a private collection.
Another lunch break out, and this time I happened upon Portland Western Hillsboro Local departing the Stimson Lumber Co. mill at the end of PNWR's Seghers District. While I like Santa Fe's blue and yellow freight scheme its a little odd to me finding it living on in the Pacific Northwest far from Santa Fe rails.
Belgium.
Hiking around Gaasbeek castle.
en.wikipedia.org/wiki/Gaasbeek_Castle
Gaasbeek Castle lies at the heart of an extensive park (49 hectare) that was laid out in the seventeenth century already. It has both impressive avenues and narrow winding paths. It probably has the tallest beech trees in Belgium!
As you walk you will come across several historical buildings that are connected to the Castle: the Chapel of St Gertrude with the altarpiece by Gerard Seghers, the baroque pavilion with its unique stucco ceiling, the neo-Gothic barn, the octagonal pavilion or gunpowder magazine, the classicistic triumphal arc that was constructed in honour of Napoleon, and the former porter's house (currently Graaf van Egmond brasserie). The domain also has three large lakes.
The city in the country
The Kanaal Site of an old malting complex along the Albert Canal in Wijnegem near Antwerp Belgium is found to be the ideal setting for new living concepts. The former industrial context, with its cavernous and labyrinthine spaces, proves to be a surprisingly apt situation for apartments and lofts that are all different from each other and commercial space for the firm of Axel Vervoordt, a renowned design and antique dealer. They are situated in the former silo's of 10 storeys high by Seghers and Beel architects. Cube apartments by Bogdan and Van Broeck Architects; the remodelled former warehouses by Coussée and Goris Architects.
Saint François et l'ange, huile sur toile (ca 1620 ), Gérard Seghers (1591-1651), musée des Beaux-Arts, Caen, Calvados.
Dolomiti - Paneveggio -
Dal sito del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino
www.parcopan.org/it/territorio/ambienti/la-foresta-di-abe...
La foresta di abete rosso
Entriamo nel Parco da ovest, dalla Val Travignolo: è l'accesso "storico" seguito dai primi viaggiatori e geologi, soprattutto inglesi, che nella seconda metà dell'Ottocento scoprirono queste montagne aprendole al turismo.
Il primo incontro è con il mare di abeti della foresta di Paneveggio, alla cui ombra si snoda la strada per il Passo Rolle. Il cuore verde del parco, un ambiente di sapore "nordico" delimitato da selvagge montagne formate da rocce vulcaniche: a sud la catena del Lagorai, a nord il massiccio Lusia-Bocche.
Possesso dei Conti del Tirolo, e quindi della Casa d'Austria, la foresta di Paneveggio passò dopo la guerra 15-18 al demanio italiano e poi, in seguito allo statuto di autonomia, alla Regione Trentino-Alto Adige e infine alla Provincia Autonoma di Trento.
Gli abeti rossi costituiscono quasi il 90% degli alberi della foresta, associati all'abete bianco alle quote inferiori, al larice e al pino cembro a quelle superiori. Il sottobosco è costituito da un tappeto di mirtillo nero e rosso.
La foresta dei violini
Si racconta che fosse Stradivari in persona ad aggirarsi nella foresta di Paneveggio alla ricerca degli alberi più idonei alla costruzione dei suoi violini: abeti rossi plurisecolari il cui legno, grazie alla sua particolare capacità di "risonanza", forniva la materia prima ideale per la costruzione delle casse armoniche. Il legno dell'abete rosso è infatti particolarmente elastico, trasmette meglio il suono e i suoi canali linfatici sono come minuscole canne d'organo che creano risonanza.
Per questo gli alberi vengono abbattuti in luna calante, tra ottobre e novembre, quando nel tronco c'è minor quantità di linfa. Gli alberi migliori si riconoscono per gli anelli di crescita molto sottili e perfettamente concentrici, con fibre diritte e fini e scarsa presenza di nodi. Cosi almeno crescevano nel Sei/Settecento grazie al freddo intenso della Piccola Glaciazione e alla mancanza di fenomeni di degrado e proprio di essi si servirono Stradivari e i liutai cremonesi i cui strumenti raggiunsero il massimo della musicalità.
Oggi è quasi impossibile trovare esemplari così perfetti, ma la richiesta di "abeti di risonanza" non manca e dà vita ad un commercio limitato ma significativo: qualche decina di metri cubi all'anno in parte utilizzati dagli artigiani della fabbrica di tavole di risonanza per pianoforti di Tesero e dai liutai cremonesi, in parte esportati in Giappone, paese leader al mondo nella costruzione di tavole armoniche.
L'uomo e la foresta
Due secoli fa la foresta aveva un'estensione pari a un terzo di quella attuale, a causa dello sfruttamento intensivo per rifornire di legname i cantieri della Repubblica di Venezia.
Nel corso della prima guerra mondiale, poi, il fronte l'attraversò per quasi tutta la durata del conflitto e la massa di legname abbattuta in quel periodo corrisponde a quanto, con la gestione attuale, si abbatte in trent'anni. Gravi danni furono provocati anche da un violento ciclone abbattutosi nel 1926 e dall'alluvione del 1966 .
L'aspetto di questa foresta è dunque il risultato di un lungo intervento dell'uomo: l'attuale strumento di pianificazione di tale intervento è un periodico Piano di assestamento, basato su un attento monitoraggio della realtà forestale.
Il primo Piano di assestamento risale al 1876. È compito del Servizio Parchi e Foreste Demaniali della Provincia Autonoma di Trento curare la gestione economica e la sorveglianza della foresta, le fasi della trasformazione del legno e la vendita del prodotto tramite la segheria demaniale di Caoria.
Le reniement de Saint Pierre (1623, North Carolina Museum of Art, Raleigh) de Gerard Seghers (1591-1651)
The city in the country
The Kanaal Site of an old malting complex along the Albert Canal in Wijnegem near Antwerp Belgium is found to be the ideal setting for new living concepts. The former industrial context, with its cavernous and labyrinthine spaces, proves to be a surprisingly apt situation for apartments and lofts that are all different from each other and commercial space for the firm of Axel Vervoordt, a renowned design and antique dealer. They are situated in the former silo's of 10 storeys high by Seghers and Beel architects. Cube apartments by Bogdan and Van Broeck Architects; the remodelled former warehouses by Coussée and Goris Architects.
Il merci con trasporto di carri a scartamento ordinario su carrellini a scartamento ridotto (760mm) della Zillertalbahn, è qui ripreso nei pressi di Jenbach proveniente dalla segheria di Fügen, in testa la locomotiva D14 di costruzione Gmeinder.
A quel tempo Scranno non dormiva. Mai. Pareva un fantasma.
Trascorreva le sue notti al teatro dell'acqua oppure ubriaco su qualche vecchio divano gorato di fortuna. All'alba saliva sulla A112 gialla e percorreva i cinquanta chilometri che lo separavano dalla compagnia assicurativa, il posto dove faceva finta di lavorare. Per non addormentarsi al volante, talvolta si era risvegliato improvvisamente nella corsia opposta con qualche autotreno che suonava alla disperata, adagiava una bacinella d'acqua sul sedile del passeggero e nei momenti critici si faceva impacchi sulle palpebre con pezzuole di carta igienica. Sosteneva che fosse un metodo degno di essere brevettato.
Prima di entrare al lavoro poi, per mezzo di chili di brillantina, trasformava la cresta in una sorta di riporto, si toglieva i dodici orecchini, e cercava di cancellare le tracce di eyeliner dagli occhi.
La sera tornava in città per una nuova nottata brava e così via.
Il venerdì sera poi saliva sul treno per andare a trovare la fidanzata a Stoccarda; il lunedì mattina era di nuovo a Santa Maria Novella. Immaginavo che quel treno fosse l'unico posto al mondo dove potesse - almeno per brevi tratti - chiudere gli occhi.
Questo regime di vita infernale forse contribuì nel suo delirio alla continua ricerca del nuovo gruppo emergente d'oltremanica. Leggeva tutti i settimanali inglesi e conosceva qualsiasi band londinese che avesse fatto anche un solo concerto in qualche piccolo club davanti a venti persone. Inviava le sue wanted list a negozietti di dischi sperduti nei più disparati angoli d'Inghilterra e così via. Sembrava quasi lo facesse di lavoro.
Solo che ad un certo punto accadde una cosa tremenda, imprevedibile.
Da qualche parte, per vie molto traverse e ancora oggi abbastanza oscure, apprese dell'esistenza di una versione picture dell'esordio discografico di uno dei suoi gruppi preferiti, i Bauhaus. Si trattava, o almeno così si mormorava, di un Bela Lugosi in vinile bianco con sopra un enorme pipistrello nero.
In breve questo divenne l'argomento principale delle serate al teatro dell'acqua. Tutti ne parlavano e per Scranno era diventata una vera ossessione. Non che non ci dormisse la notte, non dormiva comunque, ma doveva assolutamente reperirlo. Ne aveva fatta una seria malattia.
Nel giro di qualche giorno venne fuori che in quella Firenze degli anni ottanta due sole persone possedevano quell'oscuro feticcio.
Uno era un certo Piero, l'altro era il perfido Mocassato. Piero da parte sua mise subito le cose in chiaro: per niente al mondo si sarebbe disfatto di quel dodici pollici, il pezzo più prezioso della sua collezione privata, dischi tzigani a parte.
Mocassato fu più vago e dopo averci pensato per un paio di giorni fece finalmente la sua richiesta: l'unica cosa per la quale avrebbe ceduto il raro picture era la altrettanto fantomatica valigetta dei Throbbing Gristle, un oggetto talmente raro che nessuno lo aveva mai visto. Si sapeva solo che conteneva ventisei nastri con registrazioni risalenti agli albori del gruppo. Mi immaginavo che tortura tremenda doveva essere ascoltarsi ore ed ore di rumori di catene di montaggio, segherie, sirene, chiavi inglesi, ingranaggi, allarmi. Ma Mocassato era abituato a questo ed altro.
Scranno scrisse a tutti i suoi negozietti ma niente valigetta. Pareva che ne esistessero pochissimi esemplari, forse una cinquantina sparsi per il globo, e che la quotazione fosse già allora astronomica.
Scranno non ne faceva comunque un problema di soldi, il fatto è che proprio non c'era verso di trovarla.
A sentire parlare in continuazione di quella valigetta mi scoprivo a sorridere da solo, era più forte di me. Immaginavo lo scambio in piena notte al chilometro ventisette della strada statale, Scranno che porgeva la valigetta e Mocassato che finalmente con un leggero cenno della testa invitata il suo ostaggio a scendere dalla macchina. A quel punto Bela Lugosi in persona sarebbe apparso, vecchio e un po' paralitico, bianco in volto e con il mantello nero, e a passi incerti avrebbe raggiunto il suo liberatore Scranno.
Ma la realtà era assolutamente diversa. E così una sera Scranno, disperato, dopo avere ricevuto due di picche da tutti i negozi del regno unito e dopo avere per un attimo pure dubitato della reale esistenza di quella valigetta, preso da un comprensibile sconforto, bleffò spudoratamente.
Prese Mocassato da una parte e gli disse che quella stronza di valigetta l'aveva trovata, che l'indomani avrebbe finalmente ricevuto il pacco, che tirasse quindi fuori quel picture del cazzo una volta per tutte. Fu allora che Mocassato, rosso in volto e con voce tremante, ammise che quel disco non lo aveva, anzi a dirla tutta non lo aveva neppure mai visto. Si era inventato tutto. Scranno rimase senza parole, lo avrebbe volentieri picchiato a sangue ma rimase senza parole.
Poichè era diventata una questione di principio alla fine Scranno scrisse a Peter Murphy. La risposta fu perentoria: il picture non esisteva, non era mai esistito, non era mai uscito.
Ma per qualche strano gioco del destino anni dopo qualcuno in Italia pubblicò un Bela Lugosi picture taroccato che era l'esatta riproduzione di quello che Scranno si era allora immaginato.
Eppure vi assicuro che non fu Scranno a stamparlo.
© Marco Ortolani Kuemmel
racconto pubblicato sulla rivista Rosso Fiorentino, n° 6 - giugno 2004
short story published in Rosso Fiorentino magazine, n° 6 - 2004 june
(thanks to Carpa deejay)
The chapel at Wentworth Woodhouse was built by the architect Ralph Tunnicliffe in 1734 for the 1st Marquess of Rockingham. The oak panelled walls behind and to either side of the altar hold a series portraits of Jesus Christ, eleven of the 12 apostles and Saint Paul. Each of the paintings has a visual reference or artefact associated with the life (or death) of the apostle. The painting of Christ is in the style of ‘Leonardo da Vinci’s Salvator Mundi’ painting.
There are two sets of similar paintings in convents in Mons and Warsaw and these paintings are thought to be the work of the Flemish painter Gerad Seghers (1591 - 1651). Seger was heavily influenced by Caravaggio and Rubens and this comes through in these artworks.
It is possible that the works were acquired by the 4th Earl Fitzwilliam from a religious house in the Netherlands circa 1789. The paintings were grouped together in the gilded baton frames sometime in the 19th century and the ‘missing’ apostle (St James) was omitted because of lack of space, the painting is now in a private collection.
Il vallone dei mulini
Nel centro storico di Sorrento, alle spalle di Piazza Tasso, c'è la possibilità di ammirare dall'alto - in una suggestiva prospettiva - uno spettacolo naturale straordinario: il Vallone dei Mulini. Il Vallone circonda, sul lato sud-est, il blocco tufaceo dell'attuale centro storico di Sorrento; osservandolo dall'alto è visibile una caratteristica ferita della roccia, che incide in profondità la piattaforma tufacea in senso trasversale. Questa incisiva ferita è stata originata dalla più vasta eruzione che sconvolse il Mediterraneo circa 35.000 anni fa.
La potente eruzione colmò di detriti l'intera conca calcarea tra Punta Scutolo e Capo di Sorrento; le acque che attraversavano le valli - trovandole ostruite dai materiali vulcanici - cercarono una nuova strada verso il mare incidendo, progressivamente, il banco tufaceo. I valloni divennero luoghi privilegiati degli insediamenti umani. La grotta preistorica della Conca (Grotta Nicolucci), sulla risalita del Vallone di Marina Grande, e l'insediamento del Gaudo a Piano di Sorrento restano due tangibili tracce di tale fenomeno.
Il Vallone dei Mulini è intagliato da due corsi d'acqua: Casarlano-Cesarano e S. Antonino. La scarsità d'acqua ha contribuito a formare gole strettissime, solo nel punto di incontro dei due corsi d'acqua la gola si allarga e forma una vasta area ai piedi della villa "La Rupe".
Il nome Vallone dei Mulini, deriva proprio dall'esistenza di un mulino - in funzione fino agli inizi del '900 - usato per la macinazione del grano. Annesso al mulino era sorta una segheria che forniva segati pregiati agli ebanisti sorrentini. Il tutto era completato da un lavatoio pubblico usato dalle donne del popolo.
La creazione di Piazza Tasso - a partire dal 1866 - determinò l'isolamento dell'area dei mulini dal mare, provocando un brusco innalzamento del tasso di umidità, che rese invivibile l'area e ne determinò il progressivo abbandono.
Il nuovo microclima favorì lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione spontanea il cui elemento dominante è la Phillitis Vulgaris, uno splendido e raro esemplare appartenente alla famiglia delle felci.
Oggi è possibile accedere alla parte residua del Vallone attraverso antiche rampe intagliate nel tufo con ingresso da una botola presso il parcheggio Stragazzi.
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La struttura dei valloni
Il Vallone dei Mulini fa parte di un sistema di cinque valloni che solcavano una volta la penisola sorrentina delimitando i territori dei paesi che la compongono. Oggi solo alcuni di essi si possono ancora scorgere ed in parte visitare.Del Vallone di S. Agnello è rimasta la parte a valle, che termina in una spiaggetta sul mare, attualmente in possesso delle Suore Salesiane, che vivono presso l'antica Villa Crawford, dove le navi un tempo vi trovavano sicuro riparo dalle tempeste marine .Infatti, sulla facciata anteriore si legge ancora: "In tempestate securitas". Il Vallone che separa Meta da Piano si avvia alla stessa fine nella zona centrale, in quanto, solo la parte a monte, chiamata Vallone della Tomba (per la presenza di una lapide che indica il luogo dove furono sepolte le vittime della peste dell'800), si conserva nel suo aspetto naturale. Invece la parte a valle, che termina sul mare con una spiaggetta, ha subito e subisce ancora profonde e continue trasformazioni ad opera dell'uomo.
Il vallone a Sorrento
Di tutti i valloni, quello conservato meglio è il Vallone dei Mulini a Sorrento, che è la parte centrale di un sistema di tre valloni, integri solo in epoca romana. Quando Piazza Tasso non era stata ancora costruita, il primo vallone cominciava dal Vallone dei Mulini e si estendeva fino alla zona Marina Piccola, formando così un suggestivo porto.Il secondo vallone, detto "Prossimo", partiva dal Vallone dei Mulini e giungeva fino all'Ospedale Civile, Porta Parsano, per proseguire fino a Marina Grande con una stretta gola. Oggi, questo secondo vallone, è in parte colmato fino alla Porta degli Anastasi; infatti è sottostante la parte finale di Via degli Aranci.Il terzo vallone saliva dalla Villa "La Rupe" verso le colline, passava per l'ex macello, tra aranceti e limoneti, per poi biforcarsi all'altazza della contrada "Tigliana" e perdersi, sotto forma di ruscelli,verso la contrada
mulino 1819.jpg (17520 byte)
Storia del Vallone dei Mulini
Nel lontano '500 i valloni di Sorrento appartenevano alla famiglia Tasso. Più tardi, durante il XVI secolo, essi furono venduti, con i mulini e gli orti contigui, alla famiglia Correale. All'inizio del secolo XVII, infatti, Onofrio Correale, sulla parte terminale del Vallone dei Mulini, fece costruire il porto di Marina piccola, un tempo chiamato Capo Cervo e poi mutato in Capo di Cerere, per la presenza di un tempio romano dedicato a Cerere, che fu distrutto allorchè il vallone franò nel 1580 e poi nel 1604.Il Vallone dei Mulini deve il suo nome ad un mulino nel suo fondo di cui attualmente sono appena visibili i ruderi mal conservati perché ricoperti dalla vegetazione non solo erbacea ma anche arborea.
Sulle vicende di questo mulino non è stato possibile sapere molto; è certo, però, che è stato in funzione fino ai primi anni di questo secolo e che vi macinavano tutti i tipi di grano necessari alla popolazione sorrentina. Al mulino era ammessa anche una segheria alimentata dalle acque correnti, provenienti dalle colline, e dalle acque sorgive. Sono, infatti, ancora visibili una serie di grotte nelle quali erano stati scavati dei pozzi, che fornivano l'acqua ai sorrentini. Anzi, pare che dalle pareti di queste grotte fosse estratto anche il tufo con cui sono state costruite molte case prima dell'avvento del cemento armato.La segheria forniva segati di qualsiasi spessore e di qualunque legno, come ciliegio, ulivo e noce, agli ebanisti sorrentini che, con la produzione di manufatti artigianali ricchi di un significato artistico di grande bellezza, hanno creato un'attività che ancora oggi li fa conoscere in tutto il mondo. Accanto al mulino ed alla segheria era annesso anche un lavatoio pubblico, dove si recavano le donne del popolo per lavare i panni. Tutto questo è desumibile solo dalle fotografie e dalle stampe, fatte con varie tecniche, perché di registrato dalle cronache del tempo non si è trovato nulla.
www.penisola.it/sorrento/vallone-mulini.php
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In the historical centre of Sorrento, behind Tasso Square, it is possible to admire from above - in a suggestive perspective - a natural extraordinary spectacle: The Valley of the Mills.The Valley encircles on the southeast side, the tuffaceous block of the present historical centre of Sorrento; observing it from above a characteristic rift of the rock is visible, that carves profound and transversely the platform. This incisive rift has originated from the vastest eruption which shook the Mediterranean about 35,000 years ago.
The potent eruption filled the entire calcareous valley with debris between Punta Scutolo and the Capo of Sorrento; the waters which passed through the valleys - finding them clogged up with volcanic materials - searched for a new path towards the sea cutting progressively through the volcanic tuffaceous bank.The valleys became privileged places of the human's settlement. The pre-historic cave of the Conca (Nicolucci Cave), on the uphill of the Valley of Marina Grande and the settlement of Gaudo in Piano of Sorrento, remain two tangible traces of this phenomenon.The Valley of the Mills is incised by two streams of water: Casarlano-Cesarano and Saint Antonino. The lack of water has contributed to form very narrow gorges, only at the point where the two streams of water meet the gorge widens and forms a vast area at the foot of "La Rupe" Villa.
The name "Valley of the Mills", derives from the existence of a mill - functioning since the beginning of the '900's - used for grinding wheat. Attached to the mill, rose a sawmill which furnished chaff to the Sorrentine cabinet makers. Everything is completed by a public wash-house used by the women of the community.The creation of Tasso Square, since 1866, determined the isolation of the mill area from the sea, provoking a sharp rise of the percentage of humidity, which made the area unbearable and determined its progressive abandon.The new microclimate favoured the development of a thriving and spontaneous vegetation in which the dominant element is the Phillitis Vulgaris, a splendid and rare model belonging to the fern family.
Today it is possible to have access to the remaining part of the Deep Valley crossing antique ramps engraved into the tuff with entrance from a trapdoor near the Stragazzi parking.
Sorrentoinfo.com suggestion: Equip yourself with binoculars and camera to observe from above the remains of the mill and the splendid savage vegetation. The best position is Fuorimura Street, behind Tasso Square.
by Coosje van Bruggen and Claes Oldenburg
Commissioned November 1978 by the Museum Boymans-van Beuningen in Rotterdam
Installed May 1984
Statement by the Artists
Screwarch,
In 1976, when we began working together and traveling in the landscape of the Netherlands, we began to identify an arched version of a screw with the many bridges in the surroundings, motivated also by the coincidence that Coosje’s last name means "of bridges" in Dutch. The letter "B" laid on its side, we also noticed, resembles a bridge. In search of a possible site, Coosje suggested that we focus on a project by the city of Rotterdam to build a new bridge in its center across the wide Maas river. Of course we realized how unlikely it was that a large bridge of our design might be chosen by the city, but we proceeded as if it could happen. Drawings and plans culminated in very large etchings, in color and black and white, of a bridge made of double arched screws, their points meeting in the center of the river, in a style influenced by Coosje’s admiration for the emotive landscapes of the seventeenth century Dutch printmaker Hercules Seghers.
In 1978, we were among the artists selected by the director of the Boymans van Beuningen Museum in Rotterdam, W.A.L. Beeren, for the acquisition of a group of related works to show the full range of their activities. The works on the theme of the Screwarch in the context of the Netherlands seemed perfectly suited to the program. We accepted and set about making a collection that, besides drawings and etchings, included a table model of the Rotterdam bridge project using bronze castings of the two Screwarches in a model of the actual site based on plans and elevations obtained from the city, and a large-scale version of the Screwarch in aluminum, 3.86 meters high, its scale derived from the height of the room in the Museum where it would be shown.
The large Screwarch was fabricated in North Haven, Connecticut and transported in three sections to Rotterdam. Following the exhibition in June 1983, the large Screwarch was disassembled and reconstructed as a permanent outdoor work on a site between reflecting pools in the garden behind the Museum.
Atribuido a GERARD SEGHERS (1591-1651)
1473. Prendimiento de Cristo. Óleo sobre lienzo, 154 x 235 cm.
No hay unanimidad sobre la autoría de este cuadro, bellísimo ejemplo del movimiento caravagista. Muchos pintores al otro lado de los Alpes (Valentin de Boulogne, Gerrit Honthorst, Mattheus Stomer, Dirk van Baburen, Peter Wtewael...) siguieron la estela de Caravaggio. Unos vinieron a Italia y otros no, unos cultivaron los temas religiosos y otros las escenas de género; todos interpretaron diversamente el nuevo y poderoso claroscuro de Caravaggio. La escena se presenta como un friso de medias figuras. En la oscuridad se adivina una linterna o antorcha, oculta por el soldado de espaldas. Esta única fuente de luz se derrama sobre rostros y manos, en una magistral secuencia que guía nuestra mirada, desde el muchacho de perfil al grupo que forma Cristo con Judas y el otro soldado, y por fin al de San Pedro que desenvaina la espada y las dos expresivas figuras detrás de él, que parecen ahogar un grito. La fuerza dramática es comparable a la Matanza de los Inocentes de Guido Reni e incluso, por la intensidad del encuadre, a lo mejor y más sobrio del Caravaggio maduro.
Perteneció al infante don Sebastián Gabriel de Borbón, bisnieto de Carlos III. Adquirido por el Estado y asignado al Museo de la Academia por el Ministerio de Cultura (O.M. de 18 de noviembre de 2009).
www.flickr.com/photos/martius/46666228001/in/photolist-2i...
Paul Eluard: Corps mémorable
Couverture par Pablo Picasso
Avec un poème liminaire de Jean Cocteau
et
douze photographies
par
Lucien Clergue
Pierre Seghers Editeur - Paris, 1957
The Hillsboro Local passes the small community of Dilley, OR with one empty for the Stimson mill at end of Portland & Western's Seghers District. It was a beautiful afternoon in the Tualatin Valley, with the spring weather constantly changing. Not two minutes after this shot I was in the midst of a downpour, though it only lasted a few minutes.
Portland and Western train number 664 with five units on the point, passes the old Southern Pacific Hillsboro fright depot as it works its way through town towards Banks. At Banks, the train will take the old United Railway line over Cornelius Pass. The track in the foreground is the beginning of PNWR's Seghers District, which runs out the the Stimson Mill a few miles beyond Seghers, OR.
Daniël Seghers (1590-1661) & Cornelis Schut (1597-1655) - Madonna surrounded by a Garland of Flowers
Era una casa molto carina…
Non si poteva fare la pipì…
Perché non c’era il vasino lì
In realtà volevo scattare questi tronchi illuminati dalla luce del mattino e per non prendere elementi di disturbo ho scattato tenendo la macchina all'altezza della cintola, ho visto la mia ombra, ho voluto farla ugualmente e postarla, per fare una risata insieme
!....(0012) ......
La LIZZATURA è un metodo tradizionale di trasporto del marmo su slitta, ancora praticato nei primi decenni del XX secolo. Fondamentalmente il blocco di marmo veniva saldamente fissato ad una slitta di legno trattenuta a monte da un sistema di funi scorrevoli. La slitta veniva gradualmente abbassata lungo il pendio da una squadra di uomini che allentava le funi e controllava il percorso della slitta. Alla lizzatura partecipavano dodici uomini: era un lavoro di squadra molto rischioso. Davanti alla slitta si poneva il capo lizza, in genere l'operaio più esperto della squadra, con il delicato compito di controllare che la discesa procedesse per il meglio. Il capo lizza disponeva i "parati" sul terreno davanti alla lizza, e dava il segnale ai mollatori di allentare o stringere i cavi al momento giusto. I "parati" erano robuste assi di legno di ciliegio, insaponate dal più giovane della compagnia, che erano aggiunte anteriormente al carico mano mano che questo procedeva nella discesa, consentendogli di scivolare senza incontrare ostacoli. Un'altra figura molto importante nella "lizza" era il "mollatore", chiamato anche "l’uomo del piro", che aveva il compito di allentare lentamente le corde che trattenevano verso l'alto il blocco, in modo che il carico scendesse lentamente e senza prendere velocità. La lizzatura era una delle fasi più rischiose dell’intero ciclo produttivo: se il carico si liberava dalle corde, e prendeva velocità, era frequente che travolgesse uno o più uomini della squadra, con gravi conseguenze. Il lavoro della lizzatura finiva nel momento in cui il carico arrivava al "poggio", che era il luogo dove i blocchi di marmo venivano liberati dalle corde e caricati sui carri trainati dai buoi che avevano il compito di trasportare il marmo ai laboratori, alle segherie o al vicino Porto di Marina di Carrara.
...(documentazione parziale scaricata dalla rete).....
(per una più completa documentazione ed informazione)
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Shot: Mine
Elaboration Graphic: Mine with Photoshop
Texture: NO
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= Grazie a tutti gli amici di Flickr che visitano e/o commentano la mia foto
= Thanks to all Flickr friends who visit and / or comment on my photo
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" Pour certains êtres d'exception, leur destin est de traverser leur vie comme un désert. D’autres se projettent eux-mêmes sur un chemin de crête, flanqué d'à pics vertigineux. Quelques-uns dans ces tribulations, se font stylites, d’autres se vouent au feu, au puits ou à la corde. Pour tous, la solitude, la désolation, la mort. La misère, ils ne la choisissent
pas, elle vient. Dans le même temps, le monde va son train. Les sourds sont pressés, les aveugles usent de leur bâton pour aller plus vite, les muets, eh bien ! les muets comme à la cour du Sultan Rouge, les muets torturent, et tuent.
Il y a des destins où l’on meurt de soif. Des destins de mirages, et de carcasses de chameaux, de dissidence permanente, d’écorchés vifs, des destins altérés où le silence est roi. D’autres exigent de leur homme qu’il soit grimpeur et Prométhée, toujours plus haut sur la paroi verticale de sa vie, qu’il s’engage comme le léopard d’Hemingway jusqu'aux neiges éternelles du Kilimandjaro. Qu’allait-il faire, là-haut? Peut-être y chercher un autre silence, une autre solitude, une même fin. "
- Pierre Seghers
Mars, Bel Air ...
Stf Moscato: "Hommage a Varian Fry qui occupa une maison à Air Bel,( Marseille encore en zone libre), avec son Centre Americain de Secours, et qui permit à de nombreux intellectuels, savants ou personnalités politiques en danger de quitter la France pour les États-Unis.
Finalement, ils seront près de deux mille à en bénéficier, généralement des intellectuels ou des artistes de renom comme Max Ernst, André Breton, Hannah Arendt, Marc Chagall, Lion Feuchtwanger, les fils de Thomas Mann, Alma Mahler, Anna Seghers, Arthur Koestler, Jacques Hadamard ou Otto Meyerhof.
Un devoir de mémoire en quatre tableaux plus ou moins surréalistes qui se devait d'etre rappelé ...
"Dans la plus pure tradition du muralisme""
Aragon, une étude par Claude Roy
Poètes d'aujourd'hui, n° 2
Pierre Seghers Éditeur - Paris, 1946
couverture: Aragon, portrait par Georgette Chadourne
Soundtrack // Bande-son: WILL SAMSON ("Pyrton Bells"): www.youtube.com/watch?v=p6j_MrYpvls
"HAVE YOU EVER QUESTIONED YOUR BELIEFS or are you looking for a sense of ease ?"
"A l'arrière du choeur de l'église Notre-Dame à Calais, se dresse un imposant RETABLE baroque en marbre polychrome et pierre (en albâtre, pierre de touche de Dinant et jaspe du Hainaut), élevé et sculpté de 1624 à 1629, par le sculpteur flamand Adam Lottmann. Dans la partie supérieure, au centre, se trouve un tableau de Gerard Seghers représentant l'Assomption. Cette toile est surmontée d'une niche ornée d'une sculpture de la Vierge à l’Enfant, entourée d’anges ainsi que d' allégories de la Foi et de l’Espérance qui la désignent de la main. Juste au-dessus de la Vierge à l’enfant, le Christ ressuscité apparaît entouré de deux petits anges. Sur le soubassement des deux parties latérales, se trouvent les statues des quatre évangélistes. Au-dessus se dressent deux à deux quatre colonnes composites encadrant la statue en albâtre de Charlemagne d’un côté et de saint Louis de l’autre. Les colonnes supportent deux frontons au milieu desquels on trouve respectivement les représentations de la Foi et de l’Espérance. Le retable est classé monument historique, au titre d'objet depuis le 5 décembre 1908." (Wikipedia)