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VISIONES DEL FUTURO
nature 4 Mayo 2056, Vol 471, Número 9696, p42
Sección Derecho y Salud, con Harvey Brilliant, Doctor en Derecho.
Mi marido y yo queremos tener hijos, pero nos hemos encontrado con un
problema. Hemos consultado con tres eugenistas, y todos nos dicen que cualquier
combinación de nuestros genes que pueda resultar en un bebé sano
está patentada, y no tenemos bastante dinero para pagar las patentes. Es
esto cierto? Adjunto nuestros perfiles genéticos, declaraciones de bienes, nóminas,
y las declaraciones de hacienda de los últimos cinco años.
Madre y Mártir en Madrid
Afortunadamente, no es del todo cierto. Algunas de esas patentes se pueden
evitar con un aleatorizador de intrones. Las clínicas de salud reproductiva
no suelen dar esta información, porque la secuenciación aleatoria
de genes está sujeta a tarifas fijadas por el tratado de la OMPI de 2027,
y les deja pocos beneficios. Más complejo y más caro es el uso de distintos
codones para expresar las proteínas dubiertas por las patentes (las patentes
son de procedimiento, así que no cubren las protenínas en sí).
Sin embargo, esto os deja todavía sujetos al bloque de patentes de
GenIntech sobre el sistema inmunitario, cuya estrategia a prueba de bombas
fue diseñada por el famoso equipo legal de la división de genética de
IBM. Aunque la terapia modifique dominios no conservados de las proteínas
en cuestión, las patentes siguen siendo válidas; están perfectamente
blindadas. Así que estás en lo cierto, tu marido y tú no os podéis permitir
un bebé sano. Tendréis que tener un bebé con una enfermedad menor
y buscar una cura que entre en vuestro presupuesto.
Mi recomendación es que tengáis un bebé celíaco. El desorden celíaco es
tratable con retrovirus desde el año 2042, y hay una solución con licencia
libre (bajo la General Genetic License de la Free Software Foundation)
desde 2048. Las patentes siguen en activo, pero se pueden adquirir
a precios muy asequibles, ya que se fueron adquiridas por el Open Ge15
netics Consortium cuando la quiebra de Pfizer-Monsanto en 2056. Si tu
marido y tú no tenéis predisposición genética al desorden celíaco, tendréis
que comprarle los genes a un donante.
El mejor sitio para hacerlo es Jinling, en China. Es el único país que implantó
la excepción de copyright genético al tratado de 2027, mientras
que en el resto de países el donante conserva derechos sobre las obras derivadas
de sus propios genes, y por tanto tendría derechos sobre vuestros
nietos. Además, tras el colapso demográfico, el Yuan está tirado por los
suelos, así que sí que rehipotecando la casa podréis permitiros daros unas
vacaciones al tiempo que tenéis un bebé sano (con un 97,5% de probabilidades).
¡Enhorabuena!
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Fuente : Los piratas son los padres
exgae.net/docs/Los_piratas_son_los_padres.pdf
Autor:
Javier Candeira: es escritor, profesor, artista y activista en la intersección entre la cultura,
la política y la tecnología. Es uno de los fundadores de barrapunto.com, y colaborador en
lla creación y mantenimiento de las licencias Creative Commons en España.
Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Codon-pair contexts are highly conserved.
A) Codon-context conservation in fungi was determined by calculating the percentage of preferred or repressed codon contexts that showed bias conservation in the aligned sequences of each organism versus S. cerevisiae (red bars in the graphs). The percentage of conservation of the first codon of the pair between both sequences is shown in blue bars. This allows for comparison of codon-context and first codon conservation in the alignments. The graphs are organized according to the fungal phylogenetic tree described by Fitzpatrick and colleagues [39]. One fungal species was chosen for each branch of the tree, as follows: Zygomycota/Basidiomycota – C. neoformans; Schizosaccharomyces – S. pombe; Eurotiomycetes – A. fumigatus; Sordariomycetes/Leotiomycetes – N. crassa; Candida – C. tropicalis; Saccharomyces – S. mikatae; Kluyveromyces – E. gossypii. B) The same approach was used to compare codon-context and first codon conservation in a group of bacteria, archaea and high eukaryotes (see Figure S1), using E. coli, M. jannaschii and H. sapiens as reference organisms, respectively. In order to determine the statistical significance of the data the plots were tested using two-tailed T-student tests for paired samples, and all organisms showed significantly higher conservation of codon contexts than first codon conservation (10−35<p<10−7).
I just finished a textbook that Drew Endy gave me on the design principles of biological circuits.
There is a fascinating section describing how the transcription networks of E.Coli (the common bacteria in your gut) robustly build electric flagella motors on demand, and a navigation system that senses food gradients across distances larger than the bacteria itself. It then moves at 30 body lengths per second.
It’s an interesting case study in gene transcription networks. When E.Coli is bathed in nutrients, it focuses energy on cell division (growth) and not movement. With a lack of nutrients, a genetic trigger induces the manufacture of several helical propellers (flagella) to enable it to swim to a better life.
In the diagram above, you see the 45nm wide, 100 Hz proton-pump rotary motor, as it is assembled in stages from 30 different proteins (text labels above). The motor and flagellum tail are hollow allowing each protein to self-assemble in sequence as they move down the assembly line straw.
Two transcription factors, let’s call them X and Y, regulate the six operons (gene clusters Z1 to Z6) to produce all of the proteins in the proper sequence. Master regulator X activates Y and both jointly activate the sequence of six operons Z1 – Z6, in order, with logical OR gate inputs. The signaling network is a classic multi-output feed-forward loop, common in biological networks, especially sensory transcription networks. By reversing the activation thresholds (K) of X and Y, a FIFO order is achieved in protein production, a just-in-time manufacturing sequence. See diagram below.
Like all feed-forward loops, the network embeds other valuable information processing. Each of the output nodes has a sign-sensitive input filter, ignoring intermittent absence of the X signal and noise from a fluctuating environment. Deactivation only occurs when X has been off for about the time period of one cell generation, the time needed to complete assembly of the flagellar motor. See more examples of network topologies and benefits below.
The author proposes convergent evolution across many information networks, from genes to protein kinase cascades, to neurons, which is quite plausible.
The premise that I wrestle with is his claim that these networks are readily understandable. Working from the bottom up, and from the incredibly sparse networks and topologies, I can see why he’s excited. But I wonder if this scales. Jumping to neuronal circuits, the easy modularity is a bit more elusive, and I wonder if the simplified networks of parasitic organisms are a simple tier in the hierarchy of abstractions, just a few steps more complex than codon encoding and epigenetics. Perhaps evolved information networks embed much more accumulated computational complexity and offer fewer pattern matches to our engineered artifacts.
The information systems of biology have so many interesting lessons on robustness and distributed action. Here is a fascinating talk on bacterial communication (chemical quorum sensing and nanowires).
Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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For the aesthetically conscientious scientist looking to brighten up their (new?) desk space with something functional. The triplet genetic code. Work form the inside out following the colour coding. The amino acids are labelled in the single letter code, with 'X' standing for 'stop'.
Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Neighbor-joining phylogenetic tree from analysis of ecp upstream region of APEC strains.Phylogenetic relationships between nucleotide sequences of putative ecp promoter sequences (−603 bp to −1 bp from the start codon GTG of ecpR) of APEC strains sequenced in this study (n = 40) or those available on public database (n = 7) [APEC-O1 (NC_008563.1); BEN374 (JN377377); BEN79 (JN377376); 789 (JN377380), APEC-O78 (NC_020163.1), χ7122 (NZ_HE962388.1), IMT2125 (NZ_HE964769)]. Eleven related sequences of human pathogenic and non-pathogenic E. coli [(DH1 (CP001637), UMN026 (CU928163.1), TW14359 (CP001368), SMS-3-5 (CP000970), CB9615 (CP001846), CFT073 (NC_004431.1), E2348/69 (FM180568.1), E24377A (CP000800), BL21(DE3) (NC_012892.2), 55989 (CU928145.2), 11368 (AP010953)] and one sequence of Shigella boydii Sb227 (NR_076357.1) were included as controls and the sequence of Klebsiella pneumoniae Ec18 (NZ_HF536482.1) was used as outgroup. Results of ECP expression of APEC strains tested in biofilm or in contact with HeLa cells are shown on the right. Colored dots represent phylogenetic groups, Green (A), Blue (B1), Red (B2), Yellow (D), and Purple (E). Abbreviations: NS, non-specific; NT, non-typable; ND, not determined.
Characterization and phylogenetic analysis of HoblOBP3 and HoblOBP4.(A-B) The ORF of nucleotide sequence and deduced amino acid sequence of the OBP3 (A) and OBP4 (B) from H. oblita. The six conserved cysteines are indicated in rings with red color. The predicted signal peptide is underlined. The asterisk with red color marks the translation-termination codon. (C) Alignment of some OBPs amino acid sequence from Coleoptera insects. (D) Alignment of amino acid sequence between HoblOBP3 and HoblOBP4. (E) Phylogenetic tree of OBPs amino acid sequences in Coleoptera, including HoblOBPs. The corresponding OBPs in alignment and phylogenetic tree are listed as follow. RpalOBP2 (AAD31875, Rhynchophorus palmarum), DponOBP (AFI45058, Dendroctonus ponderosae), TcasOBP09 (EFA10713, Tribolium castaneum), TcasOBP23 (EFA10803, Tribolium castaneum), TcasOBP07 (EFA04593, Tribolium castaneum), HparOBP (AEA76516, Holotrichia parallela), HparPBP1 (ADF87391, Holotrichia parallela), HparOBP1 (BAC07272, Holotrichia parallela), HpicOBP1(BAC07270, Heptophylla picea), HpicOBP2 (BAC07271, Heptophylla picea), PjapPBP (AAC63436, Popillia japonica), EoriPBP (BAB70711, Exomala orientalis), AosaPBP (AAC63437, Anomala osakana), PdivOBP1 (BAA88061, Phyllopertha diversa), PdivOBP2(BAA88062, Phyllopertha diversa), AcupPBP1 (BAC06496, Anomala cuprea), ArufPBP (BAF79995, Anomala rufocuprea), ArufPBP2 (BAF91329, Anomala rufocuprea), AschPBP(BAF79599, Anomala schonfeldti), AschPBP2 (BAF79600, Anomala schonfeldti), MaltOBP1 (ABR53888, Monochamus alternatus), HoblOBP1(ACX32050, Holotrichia oblita), HoblOBP2(ACX32049, Holotrichia oblita), HoblOBP3 (ADX96030, Holotrichia oblita), HoblOBP4 (ADX96031, Holotrichia oblita).
SPECIAL NOTE!!!! This simulated-DNA-strand bracelet is structured to spell out the word "LIFE" via amino acid patterns. In real life, the amino acids created by the assembly of DNA codons are assigned letters---20 total. So I copied the codon structures for amino acids L, I, F, and E!!
Philippines, November 2013. Typhoon Haiyan struck Philippines 8th November, 2013. PRC health team providing medical services in Abuyog municipality hospital. Nurse Pauline Codon (PRC) doing triage. Photo: Jarkko Mikkonen/Finnish Red Cross
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“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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The organization of the SERA gene family in 18
Plasmodium species.
SERA genes are arrayed onto a solid horizontal line for each parasite
species. Gene arrangement follows the genomic organization in each
species. Individual SERA genes are clustered between a conserved
hypothetical gene and the iron-sulfur assembly protein gene. Pfa-SERA9,
Pre-SERA9 and PgaSERA3 have aberrant locations. SERA genes were
categorized to Groups I to IV and Clades 1 to 6 reflecting orthologous
gene groups as inferred from phylogenetic analyses shown in Figure 2 and Figure
S3. SERA genes of Groups I to III (cysteine-type SERA gene)
and those of Group IV (serine-type SERA gene) are shown in green and
blue, respectively. TSERA denotes truncated SERA genes shown in yellow.
SERA genes are drawn to scale, but other genes and intergenic regions
are not. Dashed lines and/or dark gray boxes denote orthologous
relationships. A generally accepted consensus phylogenetic tree of
Plasmodium species is shown in right. The
abbreviations for species names are: P. falciparum
(Pfa), P. vivax (Pvi), P. malariae
(Pma), P. ovale (Pov), P. reichenowi
(Pre), P. gonderi (Pgo), P. fragile
(Pfr), P. coatneyi (Pco), P. knowlesi
(Pkn), P. inui (Pin), P. fieldi (Pfi),
P. simiovale (Pso), P. cynomolgi
(Pcy), P. hylobati (Phy), P. yoelii
(Pyo), P. berghei (Pbe), P. chabaudi
(Pch), and P. gallinaceum (Pga). The SERA gene family
has common exon/intron structure: four exons and three introns, with
some exceptions. Group I SERA genes have six exons and five introns
structure, except for Pfa-SERA8 and Pvi-SERA12, which lack one intron.
SERA genes of Group IV Clade 2 and Pma-SERA1 have no third intron and
consist of three exons and two introns. Group I SERA genes of three
rodent parasites have an extra intron near the 5′-end. Pkn-SERA1
gene in Clade 1 contains three stop codons, causing truncation of the
cysteine-rich conserved domain; but since this gene was expressed, we
consider this is a SERA gene. TSERA1 genes have truncations of the
protease domain, variable domain 2 and cysteine-rich conserved domain.
Pco-TSERA2, Pkn-TSERA2 and Pfr-TSERA2 lack a long amino acid region (498
residues) including the enzyme domain (Figure
S4), of which Pfr-TSERA2 seems to be a putative pseudogene
because its 2nd exon contains two stop codons.
Degenerate DNA fragment of putative Ant4 gene in the syntenic region of chicken genome.
(A) The syntenic region that includes Ant4 in the human, anole lizard and chicken genomes. The schematic diagram shows Ant4 (red boxes) with chromosomal location flanked by neighboring genes (blue boxes). Translated amino acid sequence of degenerate DNA regions of the putative Ant4 gene loci in the chicken genome was aligned with amino acid sequence of Ant4 of human and anole lizard. The asterisk in the chicken sequence is a stop codon; additional inactivating mutations include a 2-bp frameshift between nucleotide that would encode the D and K at the end of the chicken sequence and a stop codon immediately after the K. (B) Vertebrate phylogeny showing approximate divergence times (in millions of years before present) and the expected changes in ω (see text for definition) for the early and late inactivation models. (C) Phylogeny with branch lengths reflecting numbers of synonymous and non-synonymous substitutions. The light gray lines are included to make it easier to identify the taxon associated with each terminal, they have no biological significance.
Attenuation in the trp operon of Serratia marcescens. When trp concentration is low, the ribosome stalls in region 1 at the two trp codons, allowing regions 2 and 3 to pair. This keeps 3 and 4 from pairing, and allows transcription to continue.
Serie fotografica sulla moto-scultura MAKO di GIORDANO LOI.
“Era un grossissimo pescecane Mako fatto per nuotare veloce come il pesce più veloce del mare ed era bello in ogni sua parte tranne nelle mascelle.., con l’alta pinna dorsale che fendeva l’acqua senza vibrazioni. Dentro il doppio labbro chiuso dalle mascelle, tutte le otto file di denti erano inclinate verso l’interno.., e avevano bordi taglienti affilati come rasoi su tutt’e due i lati. Questo era un pesce fatto per nutrirsi di tutti i pesci del mare tanto veloci e forti e ben armati da non conoscere altri nemici.” Ernest Hemingway “Il vecchio e il mare”, 1952 La MAKO è l’ultima opera del mio atelier e s’ispira all’eleganza ed aggressività degli squali. Lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), splendido predatore già descritto nel 1952 da E. Hemingway in un toccante conflitto tra uomo e animale, risulta attualmente essere uno dei più veloci e potenti squali conosciuti.. Questo animale riesce a solcare i mari all’incredibile velocità di 70 km/h e fuoriuscire dall’acqua con balzi che lo sollevano completamente fino a 5 metri di altezza! Lo squalo Mako è uno squalo solitario, oceanico, il più veloce del mondo, potenzialmente pericolosissimo ma di cui non si registrano attacchi all’uomo vista la sua frequentazione solo pelagica. Un po’ come una moto potentissima che però gira solo in pista o su strade deserte dove non può nuocere a nessuno.. Per ogni opera che realizzo traggo ispirazione da un animale totemico che uso come guida per lo sviluppo dello stile e per l’evoluzione stessa delle forme, lo squalo è uno degli animali che meglio incarnano il concetto di velocità ed eleganza, sono antichissimi eppure hanno dei tratti immutati nel tempo, quasi come fossero formalmente perfetti sin dalla loro prima comparsa sulla terra. Questa nuova “muscolatura”, fatta di cartilagine e pelle abrasiva, riveste in maniera diversa e inattesa la base meccanica della Ducati 999. Su questa motocicletta ho già avuto modo di confrontarmi nel 2006, presentando come tesi di laurea in Scultura la Desmo ∞ (infinito) moto che è stata fonte di ispirazione per case motociclistiche blasonate. La base meccanica è sostanzialmente standard, ad esclusione dello scarico completo in acciaio inox e terminali omologati in fibra di carbonio, realizzato su mie specifiche dalla Mass di Antonio Saitta, la centralina rimappata per compensare la maggiore portata d’aria dei convogliatori dell’airbox muniti di filtri più permeabili della Ducati Performance. Tutte le sovrastrutture originali, ad eccezione del parafango anteriore, sono state eliminate per modellare direttamente sul telaio e meccanica le nuove carenature. La tecnica costruttiva scultorea prevede l’applicazione di piccoli quantitativi di argilla che vanno via via a delineare i volumi generali, con lame e mirette si definiscono le superfici, e con la tecnica dei punti si ricrea la parte speculare. La simmetria finale si perfeziona poi una volta che dai calchi in gesso a perdere si estrae il primo pezzo in vetroresina, attraverso levigatura e sovrapposizione di stucchi poliestere. A livello formale ho voluto modellare un cupolino estremamente contenuto nel volume caratterizzato come sulla Desmo Infinito da un aggetto laterale importante, in grado di canalizzare meglio l’aria in direzione delle prese d’aria dell’airbox, aperte come se fossero le fauci stesse dello squalo, il “muso” come nella famiglia dei Lamnidi è tipicamente spigoloso ed appuntito, atto a fendere meglio l’aria. La vista laterale è caratterizzata dalle corte carene che avvolgono la stretta meccanica, coprendo parte dell’antiestetico impianto elettrico situato sul lato destro e lasciando completamente a vista il blasonato telaio a traliccio della Ducati. Volevo che le carene fossero il più possibile aderenti, per massimizzare la resa aerodinamica e canalizzare meglio il flusso dell’aria ho modellato subito sotto i convogliatori dell’airbox due piccole appendici quasi fossero delle pinne pettorali stabilizzatrici. Il piccolo puntale inferiore ricalca la caratteristica forma del ventre dello squalo che va rastremandosi nella zona mediana con due appendici che incorniciano i carter motore. Il serbatoio dalla capacità di 17 litri ospita al suo interno la pompa della benzina originale, il suo andamento curvilineo garantisce al pilota un migliore posizionamento del baricentro, che rispetto al serbatoio originale risulta più avanzato. La superficie del serbatoio è estremamente cesellata e ricca di spunti scultorei che potrebbero fare “vivere” tale elemento anche in assenza di tutte le altre parti. L’andamento a “colpo di frusta” della linea inferiore del codone, viene raccordato al serbatoio con due piccole pinne, rimarcando la natura scultorea e aggressiva della motocicletta. La coda, con la sua diagonale, slancia la siluette caricando maggiormente la massa visiva anteriore. La Mako è ancora un prototipo, in futuro le carenature potranno essere replicate in serie limitata per chi desidera rendere unica la sua Ducati 999 e 789. Info: www.giordanoloi.com www.simoneloi.blogspot.it
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Little Pig, Peace Sweet, Fury, Wise Man, Harry Lime, Catherine, Little Kitten, French Hen, Mad George, Cheer, Step to Heaven, Menage, and Codon, all ready for off. Spot the connection - on the count of 1, 2, ......
Evolutionary relationships between the HIV-1 env genes in the eight donor/recipient pairs.The evolutionary history was inferred using the Neighbor-Joining method [38]. The optimal tree with the sum of branch length = 2.01912678 is shown. The tree is drawn to scale, with branch length in the same units as those of the evolutionary distances used to infer the phylogenetic tree. The evolutionary distances were computed using the Maximum Composite Likelihood method [39] and the unit is the number of base substitutions per site. Codon positions included were 1st+2nd+3rd+noncoding. All positions containing gaps and missing data were eliminated from the dataset. There were a total of 230 positions in the final dataset. Phylogenetic analyses were conducted in MEGA4 [40]. For each recipient, viruses isolated from PBMC-derived DNA (•) and plasma RNA (○) are represented, with a different color for each donor/recipient pair. Asterisks indicate branches with bootstrap values greater than 98%.
preparazione eseguita da ez tuning
Motore
Cilindrata: 1.200 cc
Centralina: RAPID BIKE
Filtro: BMC
Scarico: COMPLETO 4 in 1 EZ
Freni
Anteriore + posteriore: BRAKING
Tubazioni: BMW MOTORRAD
Optional: ABS
Accessori
Pedane:RIZOMA
asta cardano: RIZOMA
copripinze freno: RIZOMA
piatto cavalletto: WUNDERLICH
leve freno-frizione: WUNDERLICH
contrappesi:DIVINA RACING
codone: modificato EZ TUNING
Viteria: LIGHTECH
Manubrio + riser + contrappesi + specchi: RIZOMA
Manopole : STOCK
Portatarga : RIZOMA
Particolari in resina:EZ
Frecce : EZ TUNING
Sella: EZ TUNING
Verniciatura
Eseguita da: NEW DESIGN ´05
Airbrush: AD CREATION
NERO LUCIDO/NERO OPACO GOMMATO
Comparison of the Tal2 locus between species.(A) Alignment of the human and murine Tal2 protein sequence. The colour code gives identical and divergent amino-acids, with identical amino-acids marked in red. The position of the basic motif and the helix-loop-helix motif is shown. (B) Comparison of the Tal2 protein sequence between different species is shown as phylogenic tree comparing the number of amino acid substitutions and as percent identity. The human sequence represents the 100% value, highlighted in bold. (C) Comparison of the genomic 5’-regions of Tal2 using the ECR-browser, screenshot. The human sequence served as the reference genome. The degree of conservation is visualized by the height of the curve belonging to the corresponding species. Evolutionary conserved regions (ECRs) are shown as a bar in peach colour above the curve. The position of the ATG start codon is given (black arrow) and a region of homology loss between human and rhesus macaque is marked (orange arrow). A conserved region, except in mouse, is marked with a star.
Il codone comune (Anas acuta Linnaeus 1758) è un uccello della famiglia delle Anatidi.
Il maschio durante il periodo riproduttivo è particolarmente riconoscibile: corpo grigio pallido, petto bianco che prosegue con una svirgolata su ogni lato del collo e testa marrone con riflessi ramati. Il dorso è grigio variegato fulvo, il ventre camoscio e nero, lunga coda aguzza composta da lunghe penne di color grigio e al centro in particolare da due penne verde scuro che possono raggiungere i 10 cm di lunghezza, che gli ha dato i suoi nomi inglesi (Pintail) e scientifici (acuta = aguzzo), lo specchio alare delle penne remiganti secondarie è verde scuro con riflessi bronzei orlato di arancione. Le femmine sono marroni variegate di nero con sfumature rossicce, la loro coda è meno aguzza. Il collo è lungo, il becco è grigio tendente al celeste. Oltre al periodo di riproduzione, il maschio somiglia alla femmina; sono anatre relativamente grandi ma snelle.
Wikipedia.
The G722A exchange evolved 5 times during mammalian evolution.(A) Sequence alignment of residue 722 and surrounding amino acids of the PR LBD. (B) Phylogenetic tree of mammalian evolution deduced from Murphy et al. (16) and Killian et al. (17). Blue arrows indicate the substitution of G722 to alanine, green arrows the substitution to cysteine. (C) PR LBD DNA sequences from mammals listed in (B) were aligned and a codon analysis for positive/purifying selection performed based on phylogenetic relationships depicted in (B). Residues of elephant PR are color-coded according to their selective pressure during mammalian evolution.
Chaplain (Capt.) Brock Sailer plays with Codon on the lawn of the Capitol in Washington, D.C., before a May 25 concert there. Thanks to the nonprofit North Dakota National Guard Foundation and other entities, about 60 North Dakota families of fallen service members attended the TAPS National Survivor Seminar and Good Grief Camp for children in Washington, D.C., over Memorial Day weekend 2014. (Photo by Sgt. 1st Class Amy Wieser Willson, Joint Force Headquarters)
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Namibia. Swakopmund.
Welwitschia tour.
This half day tour departs from Swakopmund in the morning or afternoon and lasts approximately 5 hours.
On this welwitschia and moon landscape tour we explore the rocky granite valley, known as “The Moon Valley”, approximately 30km east of Swakopmund. This amazing landscape was carved out by the Swakop River over time and offers vast ever-changing landscapes.
Common in the central Namib, Northern Cape and southern Namibia is white cordon (Codon royenii). It can grow to a height of some 1.5m and is an unusually large, compact multi-seasonal. It adapts well to dry conditions and the plant has an attractive, large, cream-coloured flowers, unlike every other part of the plant which is notably spiny.
Drainage lines, disturbed areas, rocky habitats and riverbeds are common areas that white cordon has been recorded in and around. There are 2 species of Codon in Namibia, a multi-seasonal herb.
LUOGO MOLTO AMATO DA HEMINGWAY. « Un autunno di giornate splendide, di brevissime piogge che lasciano il cielo più terso di prima e accendono di arcobaleno il collo e la testa dei germani reali e dei codoni che si alzano all'improvviso dai canneti verso spazi che sembrano eterni. I silenzi sono dolcissimi. I rumori sono quelli di un cefalo che qua e là guizza a mezz'aria e ricade nell'acqua, del fruscio delle foglie appena mosse dal vento, del richiamo degli uccelli migratori che arrivano dopo un lungo viaggio dai Paesi dell'Est e scendono con larghe volute sulla laguna di Caorle rimasta antica nei suoi umori e nel sapore della vita. »
(E.Hemingway, Di là dal fiume e tra gli alberi, 1948)
Maximum parsimony tree of 45 entire mtDNA genomes of patients
suffering Ras/MAPK pathway syndromes.
The mutations are displayed along branches; the variant nomenclature is
refered to was taken from the rCRS [30]. All mutations are
transitions unless a suffix specifies a transversion (A, C, G, T), a
deletion (d), an insertion (+), a synonymous substitution
(s), a mutational change in tRNA
(-t), a mutational change in rRNA
(-r), stop codon (-stp),
non-coding variant located in the mtDNA coding region
(-nc) or amino acid replacement (indicated in round
brackets). Recurrent mutational events are underlined. A prefix
indicates a back mutation (@) or a position that is located in an
overlapping region shared by two genes (*). Several mutational
hotspot variants were not considered for phylogenetic reconstruction and
therefore were eliminated from the tree; these included variants at the
homopolymeric tracks around position 310, the microsatellite at
m.523–524 d (aka m.522–523 d), the transversion
m.16182A>C, m.16183A>C, m.16193+1C(C), m.16519T>C, and
length or point heteroplasmies. Codes of the samples are indicated in
colored circles at the terminal branches of the phylogeny: green
indicates a mutation on gene SOS1, orange indicates a
mutation on PTPN11, yellow indicates a mutation on
KRAS, grey indicates lack of mutations on genes
SOS1, PTPN11,
KRAS, and RAF, and white indicates
that data is not available for that sample.
Maximum likelihood phylogenetic analysis of study subjects infected with HIV-1 of subtype B.
The upper panel shows the complete tree, which includes sequences from 605 study subjects, 194 MSM diagnosed as HIV-1 infected in Stockholm 1992–2002 [17], and four subtype B and four subtype D reference sequences (www.hiv.lanl.gov). The tree was generated using partial HIV-1 pol gene sequences using PhyML and the best fitted nucleotide substitution model (i.e. GTR+I+G). Twenty-three codons with resistance mutations were removed from the alignment so that the final alignment contained 987 unambiguously aligned nucleotides. The tree is rooted using the four subtype D reference sequences. Red branches represent sequences with mutations indicative of TDR according to the WHO 2009 list of mutations for surveillance of transmitted drug resistance [20]. Numbers indicate significantly supported (aLRT>0.95) clusters of TDR sequences. The two bottom panels show detailed sub-trees for TDR clusters 1 and 4. The asterisks in the sequence identifiers in cluster 4 indicate that these sequences were obtained from the 1992–2002 dataset [17]. The scale indicates nucleotide substitutions per site.