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«The Deer House»
Creació i direcció de Jan Lauwers & Needcompany.
Intèrprets: Grace Ellen Barkey, Anneke Bonnema, Eléonore Valère, Hans Petter
Dahl, Viviane De Muynck, Misha Downey, Julien Faure, Yumiko Funaya, Benoît Gob, Maarten Seghers, Inge Van Bruystegem.
Música: Hans Petter Dahl.
Sala Fabià Puigserver
Teatre Lliure
Barcelona, 2 desembre 2009
© Marteen Vanden Abeele
Peter Paul Rubens Flemish, Siegen 1577-1640 Antwerp
The Glorification of the Eucharist
Oil on canvas
This sketch for an altarpiece and its sculpted frame has a Program that centers on the Eucharist. The risen Christ crushes a serpent, symbolizing sin and a skeleton, symbolizing death. In his raised hand are the chalice and the wafer of the Eucharist. The choice of the four fingures flanking Christ, Melchisedek, Elijah, Saint Paul, and Saint Cyril of Alexandira, was dictated by their associations with the Eucharist. The angels carry utensils for the Mass.
Such sketches were made for the approval of the patrons who commissioned large paintings. Here Rubens has provided a choice of two kinds of supporting column. An altarpiece and a frame were executed for the alter of the Blessed Sacrament in the church of the Calced Carmelites of Antwerp by Gerhard Seghers and Johannes van Mildert following Rubens’ design. The sketch itself should probably be dated about 1630. The panel at the sides and at the top has been cut down.
Bequest of Odgen Mills, 1929
37.160.12
From the placard: Metropolitan Museum of Art
Partenza dell'ultima tappa del Giro 2014, la Gemona-Trieste. Nel piccolo paese di Gemona è stato premiato Fabio Aru, vincitore del premio "Pefc Sport e Foreste". Per lui miele certificato Rigoni di Asiago e occhiali in legno certificato firmati Dolpi.
502nd MP Company "Kelly's Heroes" Reenactment Group dedication of the memorial to pilot officer Eugene Seghers DFC - Uckfield 26th July 2014
Marie Debouche, Corentin Villemus & Sebastien Seghers.
"10 yearz of King Lee", a visual identity course session at HEAJ (Haute-École Albert Jacquard, Namur), November 2015.
Piero è una piccola località sulle pendici del massiccio del Lema, nel comune di Curiglia in alta Val Veddasca, che tra stradine tortuose di sassi, mulattiere e gradini in pietra, offre al visitatore un'atmosfera d'altri tempi, immersa ancora oggi in un fresco silenzio irreale.
A Piero, nella piana del fiume Giona, si trovano diversi mulini, ovvero costruzioni rurali tipicamente montane, costruite con materiali del luogo: le rocce metamorfiche sono state utilizzate per le macine; il legno di castagno per la ruota esterna; la legna di robinia, corniolo e bosso per la ruota dentata e albero delle macine, mentre la pietra locale è stata utilizzata per la costruzione di muri a secco e la piode per la costruzione dei tetti.
Qui le tradizioni sopravvivono grazie ai suoi abitanti e ad un lavoro recentissimo di ristrutturazione: tra aziende agricole che allevano capre e lavorano i formaggi caprini, sorge questo interessante nucleo di edifici rurali.
Nella valle l'attività molitoria ha da sempre occupato uno spazio di rilievo. Numerosi mulini ad acqua furono edificati in tutta l'area del Giona fina dal 1700.
Fino al 1962, anno in cui l'ultimo impianto (la segheria) cessò l'attività, i mulini furono utilizzati dagli abitanti di Piero, Curiglia, Monteviasco, Biegno, Lozzo, Armio per la macina del grano, segale e catagne, la pilatira dell'orzo (Ca' della Pesta), il taglio della legna e la spremitura delle noci.
Le strutture sono oggi abbastanza ben conservate grazie al recupero effettuato dalla Comunità Montana Valli del Luinese.
Percorrendo il sentiero che affianca i mulini, è possibile raggiungere altre località montane immerse nel verde dei boschi e molto tranquille fino ad arrivare, seguendo la strada forestale, all'Alpe Forcora.
502nd MP Company "Kelly's Heroes" Reenactment Group dedication of the memorial to pilot officer Eugene Seghers DFC - Uckfield 26th July 2014
L’area protetta del Parco del Lavino prende il nome dall’elemento naturalistico che maggiormente lo caratterizza, ovvero le acque sulfuree del fiume omonimo in cui sono presenti solfati disciolti che danno la tipica e suggestiva colorazione azzurro-turchese ai laghetti, alle polle sorgive e ai ruscelli. Il corso d’acqua ha origine nel Vallone di Santo Spirito sul versante N-NO del massiccio montuoso della Majella; attraverso il Vallone di San Bartolomeo e il Fosso Cesano; a valle di Roccamorice, il torrente diventa Fiume Lavino; dopo pochi chilometri, all’altezza di Scafa, si versa nelle copiose acque del Pescara; ad incrementare inoltre la sua portata contribuiscono le acque del complesso di risorgenze sulfuree, situate in località De Contra. Nel 1987 la legge n. 25, la Regione Abruzzo ha istituito il Parco delle sorgenti sulfuree del Lavino, attualmente gestito da Legambiente ONLUS circolo di Scafa e dal Comune di Scafa. L’area ha un’estensione di circa 40 ettari, è dotata di un punto informativo e ospita svariate specie faunistiche, ittiche e vegetali. Passeggiando lungo le sponde incontriamo soprattutto tipi diversi di Salici (salice bianco, salice fragile) e Pioppi (pioppo nero e bianco); altre specie delimitano la zona d’acqua, quali: Tife, Giunchi, Roverelle, l’Acero campestre, il Carpino, la Robinia e il Biancospino. La Ginestra, i Ciclamini e le Pervinche caratterizzano il sottofondo dei boschetti. Infine le alghe colorano il fondo dei laghetti con le due diverse tonalita’ dell’azzurro e del verde. Per quanto riguarda la fauna, a contatto con l’acqua vivono la Gallinella d’acqua, l’Usignolo di fiume, la Ballerina gialla e il Martin pescatore. Si aggirano di notte, invisibili, la Donnola, la Faina, il Tasso e la Volpe. In realtà la rilevanza del Parco non è legata soltanto alle bellezze naturalistiche che lo caratterizzano ma anche alla storia, all’archeologia e all’economia del territorio. Le acque del fiume del fiume Lavino, sono state utilizzate anche per l’alimentazione di ben quattro centrali idroelettriche e per il funzionamento di una segheria e di cinque mulini a palmenti, tra cui il Mulino Farnese.
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Ansicht von Wageningen. Um 1620
Radierung und Kaltnadel. Blauer Druck auf gelblichem Papier, teilweise in Hellgrün und Weiß koloriert.
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 6146-1878
HB 31 b; Springer 35 b
Partenza dell'ultima tappa del Giro 2014, la Gemona-Trieste. Nel piccolo paese di Gemona è stato premiato Fabio Aru, vincitore del premio "Pefc Sport e Foreste". Per lui miele certificato Rigoni di Asiago e occhiali in legno certificato firmati Dolpi.
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Flusstal mit vier Bäumen. Um 1620
Radierung in Schwarz auf leicht gebräuntem Papier
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 962-13
HB 4 I a; Springer 28 a
Françoise d'Eaubonne: j'irai cracher sur vos tombes
D'après les travaux cinématographiques de BORIS VIAN et JACQUES DOPAGNE
l'inter
Editions Pierre Seghers - Paris, 1968
Photo de couverture C.T.I. ( Lux Films) - Marc Fossard
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La LIZZATURA è un metodo tradizionale di trasporto del marmo su slitta, ancora praticato nei primi decenni del XX secolo. Fondamentalmente il blocco di marmo veniva saldamente fissato ad una slitta di legno trattenuta a monte da un sistema di funi scorrevoli. La slitta veniva gradualmente abbassata lungo il pendio da una squadra di uomini che allentava le funi e controllava il percorso della slitta. Alla lizzatura partecipavano dodici uomini: era un lavoro di squadra molto rischioso. Davanti alla slitta si poneva il capo lizza, in genere l'operaio più esperto della squadra, con il delicato compito di controllare che la discesa procedesse per il meglio. Il capo lizza disponeva i "parati" sul terreno davanti alla lizza, e dava il segnale ai mollatori di allentare o stringere i cavi al momento giusto. I "parati" erano robuste assi di legno di ciliegio, insaponate dal più giovane della compagnia, che erano aggiunte anteriormente al carico mano mano che questo procedeva nella discesa, consentendogli di scivolare senza incontrare ostacoli. Un'altra figura molto importante nella "lizza" era il "mollatore", chiamato anche "l’uomo del piro", che aveva il compito di allentare lentamente le corde che trattenevano verso l'alto il blocco, in modo che il carico scendesse lentamente e senza prendere velocità. La lizzatura era una delle fasi più rischiose dell’intero ciclo produttivo: se il carico si liberava dalle corde, e prendeva velocità, era frequente che travolgesse uno o più uomini della squadra, con gravi conseguenze. Il lavoro della lizzatura finiva nel momento in cui il carico arrivava al "poggio", che era il luogo dove i blocchi di marmo venivano liberati dalle corde e caricati sui carri trainati dai buoi che avevano il compito di trasportare il marmo ai laboratori, alle segherie o al vicino Porto di Marina di Carrara.
...(documentazione parziale scaricata dalla rete).....
(per una più completa documentazione ed informazione)
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Shot: Mine
Elaboration Graphic: Mine with Photoshop
Texture: NO
Vedi in Grande clickando sulla foto (CONSIGLIATO)
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= Grazie a tutti gli amici di Flickr che visitano e/o commentano la mia foto
= Thanks to all Flickr friends who visit and / or comment on my photo
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Anouk Grinberg débute sur les planches en 1976 dans "Remagen" d'Anna Seghers. En 1991, elle reçoit le prix Arletty pour la meilleure interprétation féminine dans "Merci la vie" de Bertrand Blier, dont elle fut la muse.
"Fragments" de Marilyn Monroe est une autobiographie poignante qui va de ses 17 ans jusqu'à sa mort. À travers ce récit, le lecteur découvre les facettes moins connues de la célèbre icône.
Canon EOS 550 D - EOS REBEL T2i - Tokina SD 12 - 24 F4 (IF) DX II
La pinza idraulica che ho qui ritratto, passa la maggior parte del tempo ferma, in attesa di essere utilizzata.
Il ritmo all'interno della segheria è pacato, a tratti lento, mai convulso. In alcuni lavori bisogna essere attenti e prudenti. Tutto si svolge con gesti sicuri e consolidati negli anni. Allora perchè sentiamo in molti altri luoghi, le persone che si lamentano per il troppo stress o la troppa fretta? Abbiamo forse perso il senso del vivere? Del consumare ciò che ci serve, e non ciò che è superfluo? A tratti le esistenze sono vissuti all'insegna del rincorrere, siamo sempre troppo affaccendati. Forse, ancora una volta, l'uomo è nemico di se stesso.
Un ringraziamento alla Segheria Bert Lorenzo,10040 ALMESE (TO) - V. Della Michela, 45, nella persona di Paola e di suo papà. Ho potuto fare diversi scatti interessanti.
The city in the country
The Kanaal Site of an old malting complex along the Albert Canal in Wijnegem near Antwerp Belgium is found to be the ideal setting for new living concepts. The former industrial context, with its cavernous and labyrinthine spaces, proves to be a surprisingly apt situation for apartments and lofts that are all different from each other and commercial space for the firm of Axel Vervoordt, a renowned design and antique dealer. They are situated in the former silo's of 10 storeys high by Seghers and Beel architects. Cube apartments by Bogdan and Van Broeck Architects; the remodelled former warehouses by Coussée and Goris Architects.
502nd MP Company "Kelly's Heroes" Reenactment Group dedication of the memorial to pilot officer Eugene Seghers DFC - Uckfield 26th July 2014
resti di una civiltà del legno. Sembrano passati mille anni, ma "la siee" , la segheria, come si chiama in carnico, è abbandonata da appena 40 anni. Con rammarico, ricordiamo l'Italia che era, e speriamo si possa tormare indietro di 50 anni.
KIEV 88
Volna3 80mm f2,8
fomapan 400 in r09 1+25
Mulini di Zimella (Zimella - Verona - Veneto - Italia).
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© 2011 Marco Parolo Parravicini All Rights Reserved.
L’area protetta del Parco del Lavino prende il nome dall’elemento naturalistico che maggiormente lo caratterizza, ovvero le acque sulfuree del fiume omonimo in cui sono presenti solfati disciolti che danno la tipica e suggestiva colorazione azzurro-turchese ai laghetti, alle polle sorgive e ai ruscelli. Il corso d’acqua ha origine nel Vallone di Santo Spirito sul versante N-NO del massiccio montuoso della Majella; attraverso il Vallone di San Bartolomeo e il Fosso Cesano; a valle di Roccamorice, il torrente diventa Fiume Lavino; dopo pochi chilometri, all’altezza di Scafa, si versa nelle copiose acque del Pescara; ad incrementare inoltre la sua portata contribuiscono le acque del complesso di risorgenze sulfuree, situate in località De Contra. Nel 1987 la legge n. 25, la Regione Abruzzo ha istituito il Parco delle sorgenti sulfuree del Lavino, attualmente gestito da Legambiente ONLUS circolo di Scafa e dal Comune di Scafa. L’area ha un’estensione di circa 40 ettari, è dotata di un punto informativo e ospita svariate specie faunistiche, ittiche e vegetali. Passeggiando lungo le sponde incontriamo soprattutto tipi diversi di Salici (salice bianco, salice fragile) e Pioppi (pioppo nero e bianco); altre specie delimitano la zona d’acqua, quali: Tife, Giunchi, Roverelle, l’Acero campestre, il Carpino, la Robinia e il Biancospino. La Ginestra, i Ciclamini e le Pervinche caratterizzano il sottofondo dei boschetti. Infine le alghe colorano il fondo dei laghetti con le due diverse tonalita’ dell’azzurro e del verde. Per quanto riguarda la fauna, a contatto con l’acqua vivono la Gallinella d’acqua, l’Usignolo di fiume, la Ballerina gialla e il Martin pescatore. Si aggirano di notte, invisibili, la Donnola, la Faina, il Tasso e la Volpe. In realtà la rilevanza del Parco non è legata soltanto alle bellezze naturalistiche che lo caratterizzano ma anche alla storia, all’archeologia e all’economia del territorio. Le acque del fiume del fiume Lavino, sono state utilizzate anche per l’alimentazione di ben quattro centrali idroelettriche e per il funzionamento di una segheria e di cinque mulini a palmenti, tra cui il Mulino Farnese.
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Die Beweinung Christi. Um 1620
Radierung in Blau auf gelblichem Papier, in Rosa und Hellgrün koloriert, sowie Ergänzungen mit brauner Tinte
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 606-1902
HB 2 c; Springer 2 d
Installation View
It has been a pleasure to judge the Topeka and Shawnee County Public Library Printed Image 6
Exhibition! The range of ideas, approaches and mediums to printmaking was exhilarating and
spoke positively about the healthy state of printmaking in the second decade of the 21st century.
The submissions for Printed Image 6 also demonstrated a diversity of mindsets, from serious, pious
and serene to humorous, self-mocking and sardonic, and the works churned out by the artists with
such varying attitudes; whether political, poetic, descriptive or imagined; demonstrate the endless
possibilities of the printed imaged.
It is probably impossible to escape one’s own subjectivity in judging works of art for an exhibition.
On a recent occasion I wrote that some of the qualities that I gravitate toward include “works
that are enigmatic and that seem to be asking the viewer a question that may involve incisive
humor that display sensitivity to nature and that may engage with social or political issues.” I also
respond to works that rasp and grate against the grain a little, or that tug at the subconscious in
ways that make us look two, three or more times at a composition or at a small detail. Some of
these are the qualities that printmaker Leonard Baskin identified in his brilliant book, Five Addled
Etchers. In considering the historical printmakers Jehan Duvet, Hercules Seghers, Dirck Vellert,
Charles Meryon and Rodolphe Bresdin, Baskin commented, “Each suffers from the horror of vacant
spaces, and each tends to inform the common with aspects of the wondrous.” These are certainly
among the attributes that I respond to in printmaking and that inform my own inescapable bias.
Finally, I’d like to acknowledge the great staff at the Topeka and Shawnee County Public Library,
and thank all the printmakers who submitted works to Printed Image 6.
Stephen Goddard is the Associate Director, Senior Curator of Works on Paper, and Professor
of Art History at the Spencer Museum of Art. Goddard has dedicated his career to the study of
printed art. In the course of his thirty-one years at the Spencer Museum of Art, Goddard has
organized over forty exhibitions and offered many courses on the history of printmaking.
Spera, 1920/1921. Foto di gruppo probabilmente per il rientro dei profughi dopo la grande guerra, di fronte al municipio
Archivio Decimo Purin, Castel Ivano (Spera)
L'esperienza dei profughi è testimoniata da uno scritto di Giacomina Purin, pubblicato da Claudio Fedele nel suo "Spera. Storia di una comunità", edito dall'ex Comune di Spera e dall'Ecomuseo della Valsugana nel 2014.
La signora Giacomina Purin, nata nel 1898 e deceduta nel 1989, figlia di Valeriano e Felicita Paterno, ha dedicato la seguente relazione ai figli e ai nipoti nel 1985, affinché non dimentichino le peripezie dei loro avi, profughi durante la prima guerra mondiale. Giacomina parte per la Boemia con le sorelle Anna Maria (n. 1897), Maria Leopolda (n. 1907) e Paolina Pierina (n. 1909) e con il fratello Leopoldo (n. 1911). Il luogo di destinazione, Zegniz, distante circa due ore di cammino con i carri da Strakonike, va forse identificato con uno tra gli attuali paesi di Uzenicky o Uzenice, siti rispettivamente 20 e 22 chilometri a nord di tale città. La madre e la sorella Teresa (n. 1905), rimaste a Spera, sono state deportate in Italia nel 1916, prima a Taormina e poi a Verzuolo, mentre il padre già nel 1914 era stato arruolato nell’esercito austro-ungarico. Riportiamo il testo nella veste originale, con le sole integrazioni indispensabili alla sua comprensione.
“Profughi della Valsugana nella guerra mondiale 1914-1915-1918
In questo periodo anche la mia famiglia è stato un separarsi. Io con le mie tre sorelle e mio frattelino eravamo nella Val Campelle per lavori dietro al fieno. Si sapeva che già dal maggio l’Italia èra in guerra con l’Austria ma non si credevano a fatti simili. Ricordo era il giorno 17-8-1915. Tutto d’un momento siamo stati avertiti dall’E[s]ercito Tedisco, che siamo in mezzo ad un grande pericolo, che dobbiamo partire subito. In questa valle vi erano tante altre famiglie tutto vecchi e bambini. Da qui incomincia il viaggio siamo partiti subito. La sera ci siamo fermati nella Villa Buffa, sempre nella stessa valle I tappa, ancor quella sera habbiamo visto nella Valle di Pontarso, un ora di distanza, brucciare le Segherie con tanto legname, allora habbiamo capito che eravamo propio in mezzo a tanto pericolo. Il giorno seguente habbiamo ripreso il camino per la Montagna di Montalon, sempre a piedi, dove vi è il passo che porta in Val di Fiemme. Ricordo era il giorno 18 Agosto Festa dell’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I°. Cosi in questa ocasione ci hano rifucilati bene ci hano dato anche il teè con Runch(?), poi proseghiamo il nostro viaggio per la Valle di Fiemme, la sera di siamo sistemati nelle Segherie in Val Cadino, da quì il giorno dopo siamo arrivati a Molina di Fiemme, la siamo rimasti 8 otto giorni. Poi a Cavalese per 15 giorni da quì destinati per la Boemia che ci siamo rimasti per 41 mesi. Con noi come detto sopra io sottoscrita tre mie sorelle un mio fratellino, vi erano anche 4 mie cugine ed un mio cugino con il Nonno Materno di 80 anni e altre famiglie di Scurelle, frà queste due Spose con cinque figli piccoli per ciascuna, uno per ciascuna di pochi mesi. La partenza per la Boemia è stata pure dura, da Cavalese a Egna sempre a piedi poi in Treno sui vagoni Merci. Arrivati a Insbruch, ci ano dato ricordo pagnocca con lardo, che bon con quella fame. Proseghiamo il viaggio, alla stazione di Linz una piccola sosta senza sendere. Ricordo che io e mia sorella speravamo di trovarci con mio Papà, sentendo dei Soldati che parlavano l’Italiano, ma questi erano dalla Val di Tesino, però da loro habbiamo saputo che nostro Padre èra stato mandato in Serbia, sempre con la Guerra. Dopo un anno con le nostre ricierche al Comando Militare di Vienna, habbiamo avuto sue notizie. Da Linz abbiamo proseguito per Salisburgo, dove ci hano fato fare fermatina per due giorni e siamo stati sistemati nelle stalle dove erano stati messi i Cavalli su un pò di paglia. Da qui si parte per la Boemia, ci ano fermati alla Stazione della citadina di Straconic. Ricordo che siamo rimasti fermi in treno per un paio d’ore in questo fratempo ci a fato visita un Anziano Signore tanto buono e gentile parlava qualche parola Italiano ci a fato portare una tazza di latte e una fetta di pane a tutti che Grazia! Questo signore era stato nella sua Gioventù a Trento come si spiegava con la Guerra di Bezzecca. Da quì con carri per i vecchi e bambini altre due ore di strada per arrivare al paesino Zègniz, dove eravamo destinati e là vi siamo rimasti fina a Febbraio 1919. La permanenza in Boemia habbiamo passato un pò di tutto, la malinconia e lo strazio vedersi cosi lontane dai nostri cari genitori. Il papà soldato richiamato per la Guerra faceva servizio in Serbia la Mamma con un[a] nostra sorella rimaste al nostro paese di Spera ma poi nel 1916 pur troppo anche loro dal Governo Italiano portate profughe assieme a tutti i paesi della Valsugana in Italia, mia mamma e sorella in Sicilia e poi in Piemonte, assieme a tanti altri paesani. Per un anno là in quei paesi Boemi habbiamo avuto freddo fame e anche peggio malatie (tifo) per qualcuno come mia sorella e altre paesane. Si può immaginare al nostro arrivo ci hano sistemati in una casa a piantereno con grande cucina e due camerette per colocare 30 persone, quattro famiglie in più 5 singoli, fra questi 2 erano da Trento. Un certo Antonio Corteletti ed un ragazzo classe 1898, poi lo hano preso soldato. Dopo un certo periodo habbiamo avuto un pò di miglioramento ci siamo un pò ambientati habbiamo trovato un lavoro dietro alle bestie nella stalla! Presso una Fattoria. Io con le mie cugine. Allora la mia età era 17 anni ora ne hò (85) egualmente le mie cugine, una 16 anni e una 19 anni. Le mie tre sorelle la più vecchia 18 anni, una 8 anni e una 6 anni, il mio fratellino 3 anni. Ricordo che alla fine del 1917 ci a fato visita un Reverendo Parocco pure profugho era della Valle di Ledro un certo Ricardo Marzadro il quale si è interesatto per dare la Prima Comunione a mia sorella ad un mio cugino e altri due ragazzi nostri paesani, ci a dato l’incarico a noi di farle un pò d’istruzione, essendo Lui in un altro pa[e]se. Poi è venuto per la Festa in questo bel giorno, a celebrato la S. Messa e dato la S. Comun[io]ne a tutte noi qui questo paesino che non vi era Chiesa ma solo una piccola Capella. Per mè e mie sorelle e tutti è stato pure una festa nel 1917 un belessimo giorno l’arivo di mio Papà venuto dalla Serbia in permesso dopo due anni che Commozione! Venuto all’improviso, Lui arrivato alla Stazione di Strakonic a chiesto la strada per arrivare da noi ad un carretiere il quale arrivava propio al paesino dove eravamo sistemati noi, cosi la preso sul carretto e noi dalla finestra della nostra abbitazione lo habbiamo visto sendere questo Soldato era il nostro caro Papà quanta Gioia! Ricordo il 1918 il 4 Novembre mio papà allora faceva servizio Militare a Praga, Guardia ai prigionieri cosi subito è arrivato da che vi siamo rimasti fino a Febbraio 1919. Poi il ritorno a Casa nella nostra Terra Natia i primi del mese di Marzo, ci siamo incontrati con mia Mamma e Sorella arrivate dal Piemonte dove erano Profughe. Che Gioia a anche Commozione. Anche se il nostro paese come tutti quelli della Valsugana erano devastati eravamo nella nostra terra. Tutti eravamo contenti egualmente. Prima hano costruito le baracche e poi dopo due anni tutto il paese era messo a nuovo. Questa vera storia vissuta come ricordo ai miei figli figlie e nipoti, aff. mamma e nonna Giacomina Novembre 1985”.
purdec0084
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Gebirgstal mit eingezäunten Feldern. Um 1620/30
Radierung und Kaltnadel, blauer Druck auf weißem Papier.
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 103-1880
HB 6 II f; Springer 29 c
Piero è una piccola località sulle pendici del massiccio del Lema, nel comune di Curiglia in alta Val Veddasca, che tra stradine tortuose di sassi, mulattiere e gradini in pietra, offre al visitatore un'atmosfera d'altri tempi, immersa ancora oggi in un fresco silenzio irreale.
A Piero, nella piana del fiume Giona, si trovano diversi mulini, ovvero costruzioni rurali tipicamente montane, costruite con materiali del luogo: le rocce metamorfiche sono state utilizzate per le macine; il legno di castagno per la ruota esterna; la legna di robinia, corniolo e bosso per la ruota dentata e albero delle macine, mentre la pietra locale è stata utilizzata per la costruzione di muri a secco e la piode per la costruzione dei tetti.
Qui le tradizioni sopravvivono grazie ai suoi abitanti e ad un lavoro recentissimo di ristrutturazione: tra aziende agricole che allevano capre e lavorano i formaggi caprini, sorge questo interessante nucleo di edifici rurali.
Nella valle l'attività molitoria ha da sempre occupato uno spazio di rilievo. Numerosi mulini ad acqua furono edificati in tutta l'area del Giona fina dal 1700.
Fino al 1962, anno in cui l'ultimo impianto (la segheria) cessò l'attività, i mulini furono utilizzati dagli abitanti di Piero, Curiglia, Monteviasco, Biegno, Lozzo, Armio per la macina del grano, segale e catagne, la pilatira dell'orzo (Ca' della Pesta), il taglio della legna e la spremitura delle noci.
Le strutture sono oggi abbastanza ben conservate grazie al recupero effettuato dalla Comunità Montana Valli del Luinese.
Percorrendo il sentiero che affianca i mulini, è possibile raggiungere altre località montane immerse nel verde dei boschi e molto tranquille fino ad arrivare, seguendo la strada forestale, all'Alpe Forcora.
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Die Ruine des Klosters Rijnsburg, Große Version. Um 1620/30
Radierung in Weiß auf bräunlichem Papier
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 961–13
HB 46 b; Springer 54 b
vlnr : assistent-coach Marc Decaestecker, ploegafgevaardigde Wouter De Vreese, coach Dirk Dewaelle, sportief manager Peter Fauconnier, Wim Van Peteghem, Maarten Van Gelder, Sven Verheugen, Jeroen Van Havermaet, Stijn D'hondt, Mathias Wittevrongel, Kris Van Boven, Robbin Van Damme, Mathias Seghers, Rigo Gielen, Nick Verrept, Frederik Permentier, bestuurslid/hoofdsponsor Joost De Clerck, bestuurslid/jeugdvoorzitter Robert Malfait, kiné Kathleen Den Haese.
Nicholas Seghers, 96th Civil Engineer Squadron, grasps a simulated injured victim as part of the rescue technician course Jan. 24 at Eglin Air Force Base, Fla. The DOD Fire Academy course provided hands-on high elevation rescue, repelling and moving in confined spaces training for 12 Air Force firefighters. (U.S. Air Force photo/Samuel King Jr.)
Pierre Seeghers: Le livre d'or de la poésie française contemporaine
de 1940 à 1960, volume 2
Bibliothèque Marabout
Editions Gérard - Verviers, Belgique, 1969
couverture de Klaus Grunewald
Visita del Presidente del Pefc Internazionale, Bill Street, alla segheria De Infanti, certificata Pefc e situata nel comune di Ravascletto, ai piedi del Monte Zoncolan.
Le Musée des beaux-arts d'Arras est situé dans l'ancienne abbaye Saint-Vaast à Arras dans le Nord-Pas-de-Calais.
On trouve dans la collection de peinture du musée des œuvres des écoles flamandes et hollandaises avec Jehan Bellegambe, Pieter Brueghel le Jeune, Peter Wtewael, Balthasar van der Ast, Paul Rubens, Gerard Seghers, Jacob van Es, Barent Fabritius, Nicolas Maes, et Gerbrand van den Eeckhout, de l'école italienne avec notamment Jacopo Bassano et les toiles de la série des Neuf muses de Giovanni Baglione ainsi que des peintures françaises d'artistes tels que Claude Vignon, Philippe de Champaigne, Gaspard Dughet, Jean Jouvenet, Sébastien Bourdon, Laurent de La Hyre, Charles Le Brun, Joseph Parrocel, Nicolas de Largillière, Jean-Baptiste Oudry, Carle Van Loo, Louis Joseph Watteau, Joseph-Marie Vien, Camille Corot, Théodore Rousseau, Théodore Chassériau, Eugène Delacroix...
Hercules Seghers (c. 1589– c.1638)
Die felsige Landschaft mit dem Spaziergänger. Um 1620/30
Radierung in Schwarz und Weiß auf festem braunem Papier
Staatliche Museen zu Berlin, Kupferstichkabinett
Inv. Nr. 966-13
HB 20; Springer 19 d
Nicholas Seghers, 96th Civil Engineer Squadron, pushes off from the wall to rescue a simulated injured victim as part of the rescue technician course Jan. 24 at Eglin Air Force Base, Fla. The DOD Fire Academy course provided hands-on high elevation rescue, repelling and moving in confined spaces training for 12 Air Force firefighters. (U.S. Air Force photo/Samuel King Jr.)
Rembranesque volé au Gardner Museum de Boston en 1990 . Le jeune disciple s'affirme en face d'un Rembrandt de trente-un ans, déjà célèbre mais qui s'est à peine, chose remarquable au paysage. Flinck a tout juste conquis son autonomie, signant ses prémières oeuvres dès 1636, une fois sorti de l'atelier de Rembrandt, à savoir des portraits on ne peut plus rembranesques comme celui de J.J. Leeuven Dircksz. sur un fond de paysage qui comporte justement des frondaisons brillamment traitées comme dans les tableaux du Louvre et de Boston. Ce paysage lyrique et tourmenté, à la fois vision obsédante et rapprochée, totalement dépendant du fougueux Rembrandt de 1638 à Cracovie, le paysage au bon samaritain et plus qu'un pastiche. Dans ce paysage, le disciple est allé bien plus loin que le maître, a mieux humé le grand souffle spatial d'un Hercule Seghers, a su davantage ultiser cette libération tonale et matérielle, venue à la fois de Van Goyen et des Flamands comme Monper : de fait seuls les Flamands ont avant et à l'égal de Flinck le sens de la théâtralité spatiale, et pratiquent ces effets de pâte blonde et coulante qui, rivalisant avec la gravure, tout à la fois creusent et construisent l'espace jusqu'en un horizon infini. Flinck a eu le mérite d'élargir et de dominer ce langage, de le soumettre à un immense et lyrique élargissement horizontal qui change complétement la donne. C'est bien à un nouveau type de paysage qu'il accède. Il y a chez Flinck comme chez Rembrandt - et une telle mixité est caractéristique de leur réalisme poétique- mélange d'éléments rustiques et prosaïques (fermes chaumières) et d'architectures imaginaires ou de ruines. Mais Flinck s'intéresse à la construction d'un espace immense et grandiose, à la structure formelle et décorative du paysage, au réemploi large et éloquent de motifs d'architecture comme la tour et le porche, repris aux romanistes (Brill); le Rembrandt de la fin des années 1630 est moins précis, plus allusif dans son italianisme, recherchant avant tout des effets de féérie lumineuse et de magie picturale. Mouvance dramatique des ombres et coups de lumière.