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Qualche anno fa, con un gruppo di tre amici pure loro orfani di mogli e fidanzate temporaneamente in vacanza, abbiamo organizzato una bella gita in montagna sul lago Ritom, in Svizzera.
Per la verità non eravamo supportati da particolari motivazioni naturalistiche ma, tanto per cambiare invece avevamo fortissime incentivazioni mangerecce dato che in vetta, ai 2200mt. del rifugio Foisc era prevista per quella domenica, una polentata con formaggio e latte fresco.
Da apprendista della montagna il problema più grosso è stato lo zaino e la sua composizione. Come si fa a far entrare tutto in uno zaino?
Bisogna parlarci, convincerlo.
Uno zaino va sedotto, incoraggiato; mai sfidato.
Quando hai finito e rimane fuori qualcosa bisogna svuotarlo e rimettere poi tutto dentro dopo averlo pregato di impegnarsi di più...
Ecco, è stato più o meno così, però alla fine, di qualsiasi cosa ho avuto bisogno, ce l’avevo! Toglievo lo zaino dalle spalle, una rapida rovistata al suo interno et-voilà: l’oggetto appariva tra le mie mani.
In questo modo ho potuto sopperire alle carenze dei miei compari di sventura in merito a coltellini multiuso, pomate per le vesciche, creme solari, asciugamani, cappellini, occhiali, scorte d’acqua e soprattutto, dove sono andato proprio forte, alla voce “panini di riserva”…
Ad ogni modo...
Posti bellissimi, salite durissime, discese ostiche, aria salubre, polenta al rifugio di meno... comunque per dire che qui, ho avuto modo per affrontare (e vincere) una delle mie paure: le funivie!
Non da chiodo ossessivo né da rinuncia categorica, però, come ad esempio per l’aereo, con lo spirito moderatamente diffidente di chi si presta ma vorrebbe anche poi essere ridato indietro. E che funivia!
La più ripida d’Europa, impressionante in alcuni punti!
In ogni caso alla fine è andata bene ed è stata una grande vittoria per me... è proprio vero, come si dice dalle nostre parti che, “vale di più un gusto che un casale”…
Arrivati al parcheggio abbiamo preso sta famosa funivia che ci ha portati a Piora, tappa intermedia dalla quale parte poi il sentiero per arrivare in cima.
Salita affrontata con l’avvenente prospettiva di trovarsi seduti di fronte ad una ciotola di polenta e quindi, come dire, manco sentita: quaranta minuti ed eravamo in vetta; pieno di Svizzeri...
E noi.
Oltretutto quelli che c’erano rappresentavano un po’ gli habitué, quei veri montanari che salgono al rifugio pure in pieno inverno, quando la neve lo copre sino al tetto lasciando fuori solo la cappa del camino e per riuscire ad entrare bisogna scavare nella neve e trovare la porta, per cui come dire, eravamo un po’ additati da una certa comprensibile aura da scrocconi!
Poi in questo diciamolo, gli Svizzeri ci vanno a nozze... quando possono criticare, sminuire finanche ridicolizzare o catalogare noi italiani, sono nel loro.
Ma in mezzo a tanti di questi c’erano pure tanti altri bendisposti (del resto mica è colpa nostra se avevano pubblicizzato l’evento: se non volevi nessuno lo dicevi solo agli adepti del rifugio ed avevi risolto... dal momento che pubblicizzi pare ovvio che devi prepararti ad avere estranei... che questi “estranei” poi siano quasi tutti Italiani è un altro discorso) come ad esempio il tizio che preparava la polenta nel paiolo, un omone grande e grosso con due mani enormi e con un sorriso disarmante o come la signorina che era al bar e anche qualcuno di quelli che probabilmente si erano intrufolati pure essi.
Ma a tavola, guarda caso siamo capitati proprio vicino a degli “accaniti”...
“Noi qui e noi là... noi facciamo sempre... noi saliamo anche d’inverno ed allora sì che c’è da faticare, mica come adesso... noi abbiamo impiegato 25minuti a salire... le nostre scarpe sono tecniche... abbiamo sudato ma con il tessuto traspirante della nostra maglia non abbiamo freddo, ecc”... in poche parole: odiosi!
Del resto pure un po’ di ragione ce l’avevano... con il nostro abbigliamento Quechua comperato al decathlon, gli scarponi da 25euro in offerta comperati appositamente per quella camminata, i nostri cappellini improbabili e più di tutti il nostro fiatone e l’olezzo fetido che ci contraddistingueva tra mille, spiccavamo più o meno alla stessa stregua di un elefante in un ettaro coltivato a prato.
Però potevano lo stesso essere meno altezzosi...
Ma dato che nella vita, quando si tirano le somme il resto è quasi sempre zero, ecco che nella fase di discesa verso la diga, su un sentiero che non so se per via della pancia piena di polenta è parso estremamente più complicato dell’ascesa, ci viene offerta la nostra piccola ed aggiungo io meritata rivincita quando uno dei tizi tanto “so tutto io e faccio bene tutto io”, è, poco avanti a noi, scivolato maldestramente a dispetto delle sue scarpe tecniche gommate per far presa, in un burrone pieno di rovi.
Così, mentre lui circa cinque metri dabbasso si lamentava in mezzo ai rovi che gli faceva male questo e quello e che era tutto ferito ed i suoi compagni (un socio e rispettive consorti) in cima erano tutti in preda al panico, eccoci arrivare tutti belli gai e sorridenti a chiedere se per caso non avessero bisogno di una mano...
Manco a dirlo, usufruito del mio zaino delle meraviglie dal quale è uscita una corda tipo quelle da arrampicata (che mi aveva prestata un saggio signore abitante vicino a casa mia dicendo “non si sa mai”) abbastanza lunga da permetterci di tirarlo su, altrimenti stava ancora là a piangere!
Alla fine della giornata, mentre aspettiamo di ridiscendere in funivia siamo letteralmente cotti, ma la soddisfazione di sentire uno Svizzero che ammette di avere “un po’” esagerato (perché un certo margine se lo deve sempre comunque tenere) rimane una mostrina d’onorificenza da appuntare orgogliosamente alle nostre camicie tricolori e da sfoggiare nelle solenni occasioni di sconfinamento in terra rosso crociata.
6 janvier 49. Route Faradje - Gangala na Bodjo, Congo belge [République démocratique du Congo].
Photo de Robert Larimore Pendleton
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Gita al Rifugio Menaggio, Monte Grona e Chiesa S.Amate sulle pendici del Monte Bregagno – 25 aprile 2014
Git Git waterfall - Bali - Indonesia
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Turkish for go! Kind of logical really. Now you can tell your cow with the black rope to go fetch the banana.
Something must have suddenly told these birds to go! en masse while I was out walking Euro, my neighbour's pug, this morning.