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Polignano a Mare

Il nucleo più antico della cittadina sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare Adriatico a 33 chilometri a sud di Bari.

Di notevole interesse naturalistico sono le sue grotte marine e storicamente importanti sono il centro storico e i resti della dominazione romana. Tra questi ultimi il ponte della via Traiana, tuttora percorribile, che attraversa Lama Monachile.

Il paese ha una storia molto antica, come in tutta l'area del sud est barese, sono state rinvenute tracce di presenza umana nella frazione di Santa Barbara, risalenti al neolitico.

Secondo alcuni studiosi, l'antica città greca di Neapolis potrebbe essere una delle due colonie che, nel VI secolo a.C., Dionigi II di Siracusa fondò sulle coste adriatiche. Come detto, i segni più evidenti della presenza dell'uomo risalgono al Neolitico, nella zona di Santa Barbara (VI - V millennio a.C.), e nell'Ipogeo Manfredi (IV millennio a.C.), uno degli insediamenti più significativi della Puglia centrale.

La via Traiana

Indagini archeologiche hanno rivelato l'esistenza di un villaggio risalente all'età del bronzo che, grazie alla sua posizione e agli approdi naturali, divenne un importante scalo portuale. Nel II millennio a.C., l'approdo degli Iapigi spinse gli abitanti dei villaggi a trasferirsi nella zona dell'attuale centro storico. È anche attestata la frequentazione di questi luoghi da parte di mercanti corinzi e attici, soprattutto nell'età del ferro, quando la Terra di Bari assunse la denominazione di Peucezia. Agli inizi del III secolo a.C., la zona di Polignano divenne importante punto strategico per la potenza di Taranto, con cui aveva intessuto rapporti commerciali, come attestato da alcuni pezzi del corredo funerario di una tomba scoperta nell'area del giardino vescovile, fatta indagare dal vescovo, monsignor Mattia Santoro, nel 1785. Il Vescovo rinvenne un sepolcro enorme, integro, contenente oltre allo scheletro del guerriero i resti di un'armatura, un candelabro, un elmo in bronzo e più di 64 tra vasi ed oggetti antichi. Sir William Hamilton, ambasciatore inglese a Napoli visitò il sepolcro denominandolo "Grand Mausolée". I pezzi migliori vennero donati dal Vescovo Santoro al Re Ferdinando IV che li collocò nel Real Museo di Capodimonte di cui costituivano "il più prezioso ornamento". In particolare tra i quattro bellissimi Grandi Vasi istoriati a figure rosse, risalenti al IV sec. A.C. e che superavano il metro in altezza, ve ne era uno, denominato Gran Vaso di Capodimonte, più bello e grande degli altri. Su di esso è raffigurata nella parte centrale un'assemblea di divinità: Minerva, Apollo, Artemide ed Eracle, mentre sul collo vi è una Nike alata su un carro trainato da quattro bellissimi cavalli bianchi, preceduti da Ecate nell'atto di sollevare due torce a far da apristrada nelle tenebre. Questo reperto, tra i più belli mai ritrovati, si conserva oggi presso il Metropolitan Museum di New York. Il percorso di questo Gran Vaso è stato ricostruito dallo studioso Giuseppe Maiellaro nel suo libro L'Assemblea Divina - Le vicende del "Gran Vaso di Capodimonte" da Polignano al Metropolitan. Il Metropolitan Museum di New York nel giugno del 2015 ha fatto propria questa ricerca riconoscendo Polignano come luogo di rinvenimento del Gran Vaso di Capodimonte.

Fiorente centro di traffici, fu per i Romani un'importante stazione lungo la via che collegava Roma a Brindisi. Nel VI secolo, Polignano fu sotto la giurisdizione dell'Impero Bizantino di cui fu adottata la religione ortodossa. Con l'avvento dei Normanni, che dominarono fino al 1194, il prestigio del paese crebbe, grazie anche all'opera dei Benedettini, presenti con due monasteri. La dominazione angioina rese ancora più fitti i rapporti commerciali con altri centri costieri e molti uomini d'affari e mercanti, anche veneziani, elessero Polignano a loro dimora. Nel XVI secolo anche Polignano rientrerà sotto il dominio veneziano per vent'anni. Ancora oggi nel centro storico è presente il palazzo del Doge dove risiedeva il governatore veneziano. Durante la dominazione aragonese, le attività commerciali si svilupparono sotto il controllo di espertissimi mercanti veneziani. Furono erette opere di difesa del paese, ad iniziare dalla costa. Il paese fu più volte visitato da reali: nel 1797, re Ferdinando I delle Due Sicilie, accompagnato da sua moglie e da suo figlio, vi si fermò durante il viaggio per Lecce e, dopo 10 anni anche il re Giuseppe Bonaparte vi fu ricevuto con grandi feste.

  

The oldest part of town lies on a rocky outcrop overlooking the Adriatic Sea at 33 kilometers south of Bari.

Of particular interest are its natural caves and historically important are the historic center and the remains of Roman rule.Among the latter, the bridge of Via Traiana, still viable, that crosses Lama Monachile.

The country has a long history, as in the whole area of the southeast of Bari, have been found traces of human presence in the village of Santa Barbara, dating from the Neolithic.

According to some scholars, the ancient Greek city of Neapolis could be one of the two colonies, in the sixth century BC, Dionysius II of Syracuse founded on the Adriatic coast. As mentioned, the most obvious signs of human presence dating back to the Neolithic period, in the Santa Barbara (VI - V millennium BC), and the Hypogeum Manfredi (IV millennium BC), one of the most significant settlements of central Puglia.

The Traiana

Archaeological investigations have revealed the existence of a village that dates back to the Bronze Age, thanks to its location and the natural harbors, became an important port of call. In the second millennium BC, the landing of Iapigi pushed villagers settling in the area of the old town. It is also attested frequenting these places by merchants Corinthian and Attic, especially in the Iron Age, when the Bari area changed its name to Peucezia. At the beginning of the third century BC, the area of Polignano became an important strategic point for the power of Taranto, with whom he established relations business, as evidenced by a few pieces of the funeral of a bishop's tomb discovered in the garden area, made by the investigating bishop, Monsignor Mattia Santoro, in 1785. The Bishop unearthed a massive tomb, intact, containing the skeleton of a warrior than the remains of armor, a candelabrum, a bronze helmet and more than 64 between vessels and antiques. Sir William Hamilton, British ambassador to Naples visited the tomb calling it "Grand Mausolée". The best pieces were donated by Bishop Santoro to King Ferdinand IV, who put them in the Real Museo di Capodimonte which constituted "the most precious ornament". Particularly among four beautiful stained Large vases with red figures, dating from the fourth century. B.C. and that exceeded the meter in height, there was one called Gran vase of Capodimonte, nicer and larger than the other. On it is depicted in the central assembly of gods: Minerva, Apollo, Artemis, and Heracles, while on the neck there is a winged Nike in a chariot drawn by four beautiful white horses, preceded by Hecate act of lifting two torches to act as apristrada in darkness. This finding, among the finest ever found, is preserved today at the Metropolitan Museum in New York. The path of this Grand vase was rebuilt by the scholar Joseph Maiellaro in his book The Divine Assembly - The events of the "Great Vase of Capodimonte" Polignano at the Metropolitan. The Metropolitan Museum in New York in June of 2015 has taken this research recognizing Polignano as a place of discovery of the Grand vase of Capodimonte.

Flourishing trade center, was for the Romans an important station along the road that connected Rome to Brindisi. In the sixth century, Polignano was under the jurisdiction of the Byzantine Empire which was adopted Orthodoxy. With the advent of the Normans, who ruled until 1194, the country's prestige grew, thanks to the work of the Benedictines, these two monasteries. Angevin rule made even more dense commercial relations with other coastal towns and many businessmen and merchants, also Venetian, Polignano elected as their home. In the sixteenth century also Polignano fall under Venetian rule for decades. Even today in the historic center is the Doge's Palace where he lived the Venetian governor. During the Aragonese domination, the commercial activities developed under the control of most expert Venetian merchants. They were erected works of defense of the country, starting from the coast. The country was often visited by royalty: in 1797, King Ferdinand I of the Two Sicilies, accompanied by his wife and his son, stayed there while traveling to Lecce and, after 10 years the King Joseph Bonaparte was received with great parties.

  

Francesco del Cossa (Ferrara, 1436 - Bologna, 1478) - Madonna and Child Enthroned between Saints Petronius and John the Evangelist adored by the client Alberto Cattani. (Merchants' Altarpiece) (c. 1474) tempera on canvas 227.2x26 cm. - National Gallery of Bologna

 

Deluso dai magri compensi ricevuti dal duca Borso d’Este per gli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, a Ferrara, nel marzo del 1470, con un moto di orgoglio e con una lucida consapevolezza dei propri meriti, abbandona la città estense per trasferirsi a Bologna dove spera di ricevere maggiore riconoscimento.

 

Qui si apre per lui un’intensa stagione lavorativa contrassegnata da commissioni di grande prestigio come questo dipinto, meglio conosciuto come Pala dei Mercanti dal Palazzo della Mercanzia di Bologna, per cui fu eseguito.

 

In questa opera Francesco del Cossa attenua gli eccessi dello stile bizzarro e tagliente tipico della pittura ferrarese a vantaggio di una maggiore monumentalità delle figure, contribuendo ad aggiornare sulle novità rinascimentali l’ambiente pittorico bolognese.

 

Rappresenta la Vergine in trono col Bambino, accompagnata da san Petronio, patrono di Bologna in abiti vescovili e con in mano il modellino della città e da san Giovanni Evangelista, assorto nella lettura del Vangelo.

I santi sono identificati anche dalle due scritte in lettere capitali romane, incise sull’architrave.

 

In basso compare, in prospettiva, la firma dell’artista, mentre sul gradino del trono, insieme alla data 1474 si leggono i nomi dei due committenti, Domenico Amorini e Alberto Cattani, che appare ritratto di profilo e in scala ridotta, dietro al San Petronio. Sopra il muro che fa da sfondo è rappresentata la scena dell’Annunciazione.

 

Disappointed by the meager remuneration he received from Duke Borso d'Este for the frescoes in the Salone dei Mesi in Palazzo Schifanoia, Ferrara, in March 1470, with a surge of pride and a lucid awareness of his own merits, he left the Este city for Bologna, where he hoped to receive greater recognition.

 

Here opened for him an intense season of work marked by prestigious commissions such as this painting, better known as Pala dei Mercanti from the Palazzo della Mercanzia in Bologna, for which it was executed.

 

In this work Francesco del Cossa toned down the excesses of the bizarre and sharp style typical of Ferrara painting in favor of a greater monumentality of the figures, helping to bring the Bolognese painting milieu up to date with Renaissance innovations.

 

It depicts the enthroned Virgin and Child, accompanied by Saint Petronius, patron saint of Bologna in bishop's robes and holding a model of the city, and Saint John the Evangelist, absorbed in reading the Gospel.

The saints are also identified by the two inscriptions in Roman capital letters, engraved on the architrave.

 

At the bottom appears, in perspective, the artist's signature, while on the throne step, along with the date 1474, are the names of the two patrons, Domenico Amorini and Alberto Cattani, who appears portrayed in profile and on a smaller scale, behind the Saint Petronius. Above the wall that forms the background is the scene of the Annunciation.

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Bos taurus taurus Linnaeus, 1758

Orden: Artiodactyla Owen, 1848 (Artiodáctilos) ....

Familia: Bovidae Gray, 1821 (Bóvidos = Bovinos) ..... subfamilia: Bovinae Gray, 1821

 

Desde la creación del libro genealógico del Aberdeen Angus, en 1862, se han venido registrando los animales de ambas capas, sin distinción, y de esta manera lo hacen hasta el día de hoy la mayoría de los registros del mundo, aunque por mucho tiempo los ejemplares de manto negro eran los preferidos, sobre los que exhibían en el pelaje al gen recesivo rojizo.

Pero en el Libro genealógico de la American Aberdeen Angus se detuvo el registro de los terneros rojos a partir de 1917, lo que llevó a que los nacimientos de ejemplares rojos ha llegado a ser muy poco frecuente en la población Angus negra estadounidense. Desde 1945 algunos pocos ganaderos fueron seleccionando a los esos pocos terneros rojos, para fijar este color, el que le aporta ventajas en tolerancia al calor, y la posibilidad de cruzar con otras razas de color rojo sin introducir el gen dominante negro.

En 1954, la "Red Angus Association of America" fue fundada, con sede en Sheridan, Wyoming.

Hoy, esta raza es muy popular en EEUU, Australia, Argentina, etc.

 

La VARIEDAD COLORADA fue introducida en la Argentina en 1890, por los coroneles británicos Charles M. Knight y Monthif Porteous.

Se caracteriza por su bello manto de tonos castaños en variados matices, desde el más oscuro, hasta el rufo anaranjado o rojizo.

Dado que el color negro es dominante sobre el colorado, aunque éste no se exprese, permanece en el genotipo de todos los Aberdeen-Angus.

En los últimos años se nota un fuerte crecimiento de esta variedad, en desmedro de la variedad Negra, pues el pelaje de los animales de este último color se calienta, al estar expuesto al sol, muchos grados más que el de los ejemplares colorados, generándoles un mayor estrés térmico en las regiones de clima cálido.

Una segunda ventaja es la posibilidad de cruzarla con otras razas de color rojo sin introducir el gen dominante negro.

Otro factor decisivo para este cambio de paradigma es el hecho de que los insectos hematófagos (en especial la dañina mosca de los cuernos) prefieren posarse sobre pelajes el color negro.

 

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El Aberdeen-Angus es una raza bovina productora de carne autóctona de Escocia.

Alrededor del año 1500, en los condados escoceses de Aberdeen y Forfar (parte del cual era conocido como Angus), se comprobó la existencia de un tipo de ganado vacuno rústico, mocho, y de pelajes negro y colorado, con notables atributos productivos, al que se lo llamaba "Angus doddies".

En 1862 se publicó por primera vez el Polled Cattle Herd Book, es decir el registro genealógico para la hacienda mocha.

Los primeros cuatro tomos incluían, conjuntamente y sin distinción de negro o colorado, a los animales Aberdeen-Angus (reconocida oficialmente como raza en 1867), y Galloway, pero más tarde, los criadores de esta última raza adquirieron la sección correspondiente a sus animales, separándose ambos registros.

 

En 1879 fue fundada en Gran Bretaña la entidad que reúne, desde entonces, a los criadores de Angus de ese país: "The Aberdeen-Angus Cattle Society", aunque primeramente se llamó: "Polled Cattle Society".

El éxito de la raza se debe, en gran medida, al “pionero” Hugh Watson, de Keillor (Angus), al “constructor” William McCombie, de Tillyfour (Aberdeen), y al “perfeccionador” Sir George MacPherson-Grant, de Ballindalloch (Banff).

El trabajo de estos tres pioneros abarcó un siglo, pues Watson inició sus actividades en 1808, y MacPherson-Grant murió en 1907.

 

Las cualidades carniceras del Aberdeen-Angus fueron reconocidas en infinidad de exposiciones y concursos como la mejor del mundo.

Así, por ejemplo, participó en el prestigioso Smithfield Show desde 1891 hasta 1955.

De los 333 campeones en distintas categorías, 158 fueron Aberdeen-Angus puros, y 107 cruza Angus, mientras que Shorthorn ganó 40, Galloway 14, Hereford 9, Devon 4 y Welsh Black 1.

A esto hay que sumarle que los criadores preferían las vacas Aberdeen-Angus con manchas blancas en las ubres, pues las consideraban buenas lecheras.

Prueba de ello fue que la raza participó en la Exposición Lechera de Londres hasta 1914.

Hoy en día la raza está ampliamente difundida en Gran Bretaña, Irlanda, Estados Unidos, Canadá, Australia, Nueva Zelanda, Argentina, Uruguay, Portugal, y en el resto de los países ganaderos del mundo.

Es muy importante en Gran Bretaña, la Argentina, y en los Estados Unidos, donde es la raza más popular, con 324.266 animales de pedigrí registrados.

"Aberdeen-Angus" es el nombre de origen de la progenie desarrollada en Escocia, y sigue usándose en el Reino Unido, la Argentina, y en el Uruguay.

En el actual mundo ganadero de EE. UU. es conocida simplemente como "Angus", o "Black Angus" (Angus negro).

Cabe aclarar que en este último país (entre otros) las dos variedades poseen libros de pedigree separados, ya que se las trata como dos razas distintas.

El Aberdeen Angus se caracteriza por su sobresaliente fertilidad y aptitud materna, gran precocidad sexual y productiva, alta capacidad de crecimiento y excelente rendimiento al gancho con carne de insuperable calidad.

El peso del ternero al nacer es de, aproximadamente, 33 Kg.

La hembra adulta tiene una altura a la cruz de entre 125 a 140 cm, y su peso varía entre los 550 y 700 kg.

Llega a la madurez sexual a los 15 meses.

El macho adulto posee una altura a la cruz de entre 135-150 cm, y su peso varía entre los 900 y 1000 kg.

Ninguno de los dos sexos posee cornamenta.

 

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DESARROLLO EN LA ARGENTINA:

En 1879, el hacendado don Carlos Guerrero fue el primer argentino en introducir al país animales de la variedad NEGRA de la raza Aberdeen-Angus, puros con pedigree inscripto en el Herd Book inglés:

fueron el toro “Virtuoso” y las vaquillonas “Aunt Lee” y “Cinderella”.

Más tarde le siguieron importaciones realizadas por Roth, Grant, Ritchie, Villanueva, Brown, Sauze, Hogg, Unanue, Urquiza y muchos otros.

 

Un gran impulso para la raza significó la fundación, el 18 de septiembre de 1920, de la Corporación Argentina de Aberdeen-Angus (hoy, Asociación Argentina de Angus), que tiene como objetivo principal promover las variedades negra y colorada.

Los ejemplares de pedigree son inscriptos en el Herd Book Argentino desde 1901.

La Asociación Argentina de AnGus tiene su sede en la calle Cerviño 4449 5° Piso, CP 1425, de la ciudad de Buenos Aires.

 

Hoy, más de la mitad de los 55 millones de bovinos argentinos lleva sangre Angus (tanto en zonas templadas como en condiciones menos benignas), donde demuestra su increíble adaptabilidad a diferentes climas, calidades forrajeras y sistemas productivos.

En la Argentina, la raza Angus presenta valores intermedios de “frame score”, dadas las características del mercado local de producción de animales de tamaño corporal moderado (referencia asociada con los mejores niveles de eficiencia en materia de fertilidad y capacidad de crecimiento bajo regímenes de explotación extensiva).

Con estos valores se ofrecen excelentes terneros de destete, y animales listos para la faena con 420 kilos de peso promedio.

 

Los países vecinos, especialmente Brasil y Paraguay, incorporan regularmente a sus rodeos genética Angus argentina, reconocida por su excelente calidad y prestigio, que resultan un valioso aporte destinado a mejorar los niveles cualitativos y cuantitativos de la producción de carne bovina en todo el mundo.

 

(6 de marzo de 2009)

Theobald, Departamento Constitución, provincia de Santa Fe, ARGENTINA

 

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ENGLISH

 

The promoter Campo Volantín S.L. was the Company that extracted to contest the construction of a bridge that was saving the river Nervión not far from the emplacement where there is located today the prestigious Museum Guggenheim, in Bilbao, work of another recognized architect of international prestige, Frank O. Gehry.

 

The principal characteristic of the above mentioned project was consisting also of the fact that the bridge would have to be the sufficiently high thing as to stop to go on to the ships under his underpass. Santiago Calatrava, which gained the project, designed an impressive gangplank thanks to the great parabolic arch of steel that inclined and unfolded it crosses the gangplank across.

 

The arch of steel, with a circular section of 50 cm. Of thickness, it reaches a final height of 15 meters. The gangplank, with a total length of 75 meters, rises up to 8.5 meters of height with regard to his tide to open way to the ships under his underpass.

 

Two ramps of access in two sections of 2 meters of width each one and with a slope of 7 %, save the high difference that offers the gangplank her to cross of a side to other one. A few cables tightened of 30 mm. Of diameter they anchor to the arch of a white immaculate color for the sustenance of the surprising gangplank.

 

The architect endowed to this pedestrian gangplank of modern and innovative design by means of the employment a material of precious colorations, the translucent glass, and that together with the artificial lighting by means of a few areas lodged under the board, produce every night the visual only and authentic spectacular spectacle.

  

SPANISH

 

La promotora Campo Volantín S.L. fue la Empresa que sacó a concurso la construcción de un puente que salvase el río Nervión no lejos del emplazamiento donde se encuentra ubicado hoy día el prestigioso Museo Guggenheim, en Bilbao, obra de otro reconocido arquitecto de prestigio internacional, Frank O. Gehry.

 

La característica principal de dicho proyecto consistía también en que el puente tendría que ser lo suficientemente alto como para dejar pasar a los barcos bajo su paso inferior. Santiago Calatrava, que ganó el proyecto, diseñó una pasarela sobrecogedora gracias al gran arco parabólico de acero que inclinado y desdoblado cruza la pasarela de un lado a otro.

 

El arco de acero, con una sección circular de 50 cm. de espesor, alcanza una altura final de 15 metros. La pasarela, con una longitud total de 75 metros, se eleva a 8.5 metros de altura con respecto a su pleamar para dejar paso a los barcos bajo su paso inferior.

 

Dos rampas de acceso en dos tramos de 2 metros de ancho cada una y con una pendiente del 7%, salvan el alto desnivel que ofrece la pasarela para cruzarla de un lado al otro. Unos cables tensados de 30 mm. de diámetro se anclan al arco de un color blanco inmaculado para el sustento de la sorprendente pasarela.

 

El arquitecto dotó a esta pasarela peatonal de diseño moderno e innovador mediante el empleo un material de preciosas coloraciones, el vidrio translúcido, y que junto con la iluminación artificial mediante unos focos alojados bajo el tablero, producen cada noche un espectáculo visual único y auténticamente espectacular.

 

Copyright © José Miguel Hernández Hernández

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Bos taurus taurus Linnaeus, 1758

Orden: Artiodactyla Owen, 1848 (Artiodáctilos) ....

Familia: Bovidae Gray, 1821 (Bóvidos = Bovinos) ..... subfamilia: Bovinae Gray, 1821

 

Desde la creación del libro genealógico del Aberdeen Angus, en 1862, se han venido registrando los animales de ambas capas, sin distinción, y de esta manera lo hacen hasta el día de hoy la mayoría de los registros del mundo, aunque por mucho tiempo los ejemplares de manto negro eran los preferidos, sobre los que exhibían en el pelaje al gen recesivo rojizo.

Pero en el Libro genealógico de la American Aberdeen Angus se detuvo el registro de los terneros rojos a partir de 1917, lo que llevó a que los nacimientos de ejemplares rojos ha llegado a ser muy poco frecuente en la población Angus negra estadounidense. Desde 1945 algunos pocos ganaderos fueron seleccionando a los esos pocos terneros rojos, para fijar este color, el que le aporta ventajas en tolerancia al calor, y la posibilidad de cruzar con otras razas de color rojo sin introducir el gen dominante negro.

En 1954, la "Red Angus Association of America" fue fundada, con sede en Sheridan, Wyoming.

Hoy, esta raza es muy popular en EEUU, Australia, Argentina, etc.

 

La VARIEDAD COLORADA fue introducida en la Argentina en 1890, por los coroneles británicos Charles M. Knight y Monthif Porteous.

Se caracteriza por su bello manto de tonos castaños en variados matices, desde el más oscuro, hasta el rufo anaranjado o rojizo.

Dado que el color negro es dominante sobre el colorado, aunque éste no se exprese, permanece en el genotipo de todos los Aberdeen-Angus.

En los últimos años se nota un fuerte crecimiento de esta variedad, en desmedro de la variedad Negra, pues el pelaje de los animales de este último color se calienta, al estar expuesto al sol, muchos grados más que el de los ejemplares colorados, generándoles un mayor estrés térmico en las regiones de clima cálido.

Una segunda ventaja es la posibilidad de cruzarla con otras razas de color rojo sin introducir el gen dominante negro.

Otro factor decisivo para este cambio de paradigma es el hecho de que los insectos hematófagos (en especial la dañina mosca de los cuernos) prefieren posarse sobre pelajes el color negro.

 

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El Aberdeen-Angus es una raza bovina productora de carne autóctona de Escocia.

Alrededor del año 1500, en los condados escoceses de Aberdeen y Forfar (parte del cual era conocido como Angus), se comprobó la existencia de un tipo de ganado vacuno rústico, mocho, y de pelajes negro y colorado, con notables atributos productivos, al que se lo llamaba "Angus doddies".

En 1862 se publicó por primera vez el Polled Cattle Herd Book, es decir el registro genealógico para la hacienda mocha.

Los primeros cuatro tomos incluían, conjuntamente y sin distinción de negro o colorado, a los animales Aberdeen-Angus (reconocida oficialmente como raza en 1867), y Galloway, pero más tarde, los criadores de esta última raza adquirieron la sección correspondiente a sus animales, separándose ambos registros.

 

En 1879 fue fundada en Gran Bretaña la entidad que reúne, desde entonces, a los criadores de Angus de ese país: "The Aberdeen-Angus Cattle Society", aunque primeramente se llamó: "Polled Cattle Society".

El éxito de la raza se debe, en gran medida, al “pionero” Hugh Watson, de Keillor (Angus), al “constructor” William McCombie, de Tillyfour (Aberdeen), y al “perfeccionador” Sir George MacPherson-Grant, de Ballindalloch (Banff).

El trabajo de estos tres pioneros abarcó un siglo, pues Watson inició sus actividades en 1808, y MacPherson-Grant murió en 1907.

 

Las cualidades carniceras del Aberdeen-Angus fueron reconocidas en infinidad de exposiciones y concursos como la mejor del mundo.

Así, por ejemplo, participó en el prestigioso Smithfield Show desde 1891 hasta 1955.

De los 333 campeones en distintas categorías, 158 fueron Aberdeen-Angus puros, y 107 cruza Angus, mientras que Shorthorn ganó 40, Galloway 14, Hereford 9, Devon 4 y Welsh Black 1.

A esto hay que sumarle que los criadores preferían las vacas Aberdeen-Angus con manchas blancas en las ubres, pues las consideraban buenas lecheras.

Prueba de ello fue que la raza participó en la Exposición Lechera de Londres hasta 1914.

Hoy en día la raza está ampliamente difundida en Gran Bretaña, Irlanda, Estados Unidos, Canadá, Australia, Nueva Zelanda, Argentina, Uruguay, Portugal, y en el resto de los países ganaderos del mundo.

Es muy importante en Gran Bretaña, la Argentina, y en los Estados Unidos, donde es la raza más popular, con 324.266 animales de pedigrí registrados.

"Aberdeen-Angus" es el nombre de origen de la progenie desarrollada en Escocia, y sigue usándose en el Reino Unido, la Argentina, y en el Uruguay.

En el actual mundo ganadero de EE. UU. es conocida simplemente como "Angus", o "Black Angus" (Angus negro).

Cabe aclarar que en este último país (entre otros) las dos variedades poseen libros de pedigree separados, ya que se las trata como dos razas distintas.

El Aberdeen Angus se caracteriza por su sobresaliente fertilidad y aptitud materna, gran precocidad sexual y productiva, alta capacidad de crecimiento y excelente rendimiento al gancho con carne de insuperable calidad.

El peso del ternero al nacer es de, aproximadamente, 33 Kg.

La hembra adulta tiene una altura a la cruz de entre 125 a 140 cm, y su peso varía entre los 550 y 700 kg.

Llega a la madurez sexual a los 15 meses.

El macho adulto posee una altura a la cruz de entre 135-150 cm, y su peso varía entre los 900 y 1000 kg.

Ninguno de los dos sexos posee cornamenta.

 

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DESARROLLO EN LA ARGENTINA:

En 1879, el hacendado don Carlos Guerrero fue el primer argentino en introducir al país animales de la variedad NEGRA de la raza Aberdeen-Angus, puros con pedigree inscripto en el Herd Book inglés:

fueron el toro “Virtuoso” y las vaquillonas “Aunt Lee” y “Cinderella”.

Más tarde le siguieron importaciones realizadas por Roth, Grant, Ritchie, Villanueva, Brown, Sauze, Hogg, Unanue, Urquiza y muchos otros.

 

Un gran impulso para la raza significó la fundación, el 18 de septiembre de 1920, de la Corporación Argentina de Aberdeen-Angus (hoy, Asociación Argentina de Angus), que tiene como objetivo principal promover las variedades negra y colorada.

Los ejemplares de pedigree son inscriptos en el Herd Book Argentino desde 1901.

La Asociación Argentina de AnGus tiene su sede en la calle Cerviño 4449 5° Piso, CP 1425, de la ciudad de Buenos Aires.

 

Hoy, más de la mitad de los 55 millones de bovinos argentinos lleva sangre Angus (tanto en zonas templadas como en condiciones menos benignas), donde demuestra su increíble adaptabilidad a diferentes climas, calidades forrajeras y sistemas productivos.

En la Argentina, la raza Angus presenta valores intermedios de “frame score”, dadas las características del mercado local de producción de animales de tamaño corporal moderado (referencia asociada con los mejores niveles de eficiencia en materia de fertilidad y capacidad de crecimiento bajo regímenes de explotación extensiva).

Con estos valores se ofrecen excelentes terneros de destete, y animales listos para la faena con 420 kilos de peso promedio.

 

Los países vecinos, especialmente Brasil y Paraguay, incorporan regularmente a sus rodeos genética Angus argentina, reconocida por su excelente calidad y prestigio, que resultan un valioso aporte destinado a mejorar los niveles cualitativos y cuantitativos de la producción de carne bovina en todo el mundo.

 

(6 de marzo de 2009)

Theobald, Departamento Constitución, provincia de Santa Fe, ARGENTINA

 

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La rocca Sanvitale, nota anche come castello di Fontanellato, è una fortezza situata nell'omonimo paese in provincia di Parma. Domina il centro abitato di Fontanellato e si caratterizza per il profondo fossato d'acqua, che la circonda completamente.

La storia dell'edificazione della rocca Sanvitale può essere fatta risalire all'anno 1124, quando venne eretta una prima torre di difesa.

Nel 1386 le terre di Fontanellato, con la relativa rocca, vennero cedute ai Sanvitale.

Nel 1404, al feudo fu conferito il rango di contea: fu in tale periodo che il castello divenne una residenza signorile di notevole prestigio. La rocca appartenne alla famiglia Sanvitale fino al 1948, anno in cui Giovanni Sanvitale la vendette all'amministrazione comunale.

 

The Rocca Sanvitale, or Sanvitale Castle, is a fortress residence located in the centre of the town of Fontanellato, near Parma, northern Italy. Construction of the moated block, accessible through a drawbridge, was begun in the 13th century, mostly completed by 15th century, with embellishments continuing through to the 18th century. It is prototypical of the urban castle-houses of the turbulent medieval communes of Northern Italy. Until the 1930s it was the home of the descendants of the Count of Sanvitale.

The crenelated walls and asymmetric towers are surrounded by an arcaded town. Adjacent to the castle are gardens and a courtyard. The optical chamber (camera ottica) has an optical system in place that projects to an inside wall a view of the town through mirrors and a prism. Rocca Sanvitale is now partly a museum and partly offices and conference hall for the town administration.

Todos los derechos reservados - All rights reserved - copyright © Pilar Azaña Talán

 

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La playa de Marinha se encuentra al final de una larga escalinata natural, en una encantadora ensenada con riberas rocosas de distintos tonos ocre. La totalidad de la playa está rodeada por altísimas plataformas rocosas fracturadas y llenas de cavidades de distintos tamaños y formas, grutas, cuevas y arcos que dan una fisonomía muy original a la playa. Destacando por su entorno natural, por sus aguas calmadas y cristalinas especiales para practicar submarinismo, por sus calas, por su riqueza ecológica, por su belleza...

De reconocido prestigio, es una de las playas más interesantes de todo el Algarve portugués.

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Marinha's beach is at the end of a long natural perron, in a charming inlet with rocky banks of different tones ocher. The totality of the beach is surrounded by the highest rocky platforms fractured and full of cavities of different sizes and forms, caves, caves and arches that give a very original physiognomy to the beach. Standing out for his natural environment, for his calmed and crystalline special waters to practise scuba diving, for his coves, for his ecological wealth, for his beauty...

Of recognized prestige, it is one of the most interesting beaches of the whole Portuguese Algarve.

Tōeizan Kan'ei-ji Endon-in (東叡山寛永寺円頓院) (also spelled Kan'eiji or Kaneiji) is a Tendai Buddhist temple in Tokyo, Japan, founded in 1625 during the Kan'ei era by Tenkai, in an attempt to emulate the powerful religious center Enryaku-ji, in Kyoto. The main object of worship is Yakushirurikō Nyorai (薬師瑠璃光如来).

It was named in a reference both to the Enryaku-ji's location atop Mount Hiei (Tōeizan means "Mount Hiei of the East"), and also after the era during which it was erected, like Enryaku-ji (named after the Enryaku year period). Because it was one of the two Tokugawa bodaiji (funeral temple; the other was Zōjō-ji) and because it was destroyed in the closing days of the war that put an end to the Tokugawa shogunate, it is inextricably linked to the Tokugawa shōguns.

Once a great complex, it used to occupy the entire heights north and east of Shinobazu Pond and the plains where Ueno Station now stands. It had immense wealth, power and prestige, and it once consisted of over 30 buildings. Of the 15 Tokugawa shōguns, six are buried here.

Many temple structures were destroyed in the great Meireki fire of 1657. A new hall was constructed inside the enclosure of Kan'ei-ji in 1698. The temple and its numerous annexes were almost completely destroyed during the Boshin War's Battle of Ueno and never restored. Much of the site where it once stood was confiscated and is now occupied by Ueno Park.

What is today the temple's main hall was taken from Kita-in in Kawagoe (Saitama Prefecture) and transferred to the site of a former Kan'ei-ji subtemple. Kan'ei-ji's five-story pagoda and the Ueno Tōshō-gū shrine were amongst the gems of the old temple enclosure. Both stand undisturbed by the passage of years since the end of the Tokugawa shogunate.

The Shinobazu Pond itself and the Bentendō Temple which stands on its island used to be an integral part of Kan'ei-ji. Tenkai, liking Lake Biwa, had Benten Island built in imitation of Chikubushima, and then the Bentendō on it. At the time the island was accessible only by boat, but later a stone bridge was added on the east, making it possible to walk to it. The Bentendō Temple was destroyed during World War II, and the present one is a reconstruction.

Kan'ei-ji - Wikipedia

Tōeizan Kan'ei-ji Endon-in (東 叡 山 寛 永 寺 円 頓 院) (también escrito Kan'eiji o Kaneiji) es un templo budista Tendai en Tokio, Japón, fundado en 1625 durante la era Kan'ei por Tenkai, en un intento de emular al poderoso centro religioso Enryaku-ji, en Kioto. El principal objeto de adoración es Yakushirurikō Nyorai (薬 師 瑠 璃 光 如 来).

Se nombró en referencia tanto a la ubicación de Enryaku-ji en la cima del monte Hiei (Tōeizan significa "Monte Hiei del este"), y también después de la era durante la cual se erigió, como Enryaku-ji (llamado así por el período del año Enryaku ). Debido a que fue uno de los dos Tokugawa bodaiji (templo funerario; el otro fue Zōjō-ji) y debido a que fue destruido en los últimos días de la guerra que puso fin al shogunato Tokugawa, está indisolublemente ligado a los shōguns Tokugawa.

Una vez fue un gran complejo, solía ocupar todas las alturas al norte y al este del estanque Shinobazu y las llanuras donde ahora se encuentra la estación Ueno. Tenía una inmensa riqueza, poder y prestigio, y estuvo formado por más de 30 edificios. De los 15 shōguns Tokugawa, seis están enterrados aquí.

Muchas estructuras de templos fueron destruidas en el gran incendio de Meireki de 1657. Se construyó una nueva sala dentro del recinto de Kan'ei-ji en 1698. El templo y sus numerosos anexos fueron destruidos casi por completo durante la batalla de Ueno durante la Guerra Boshin y nunca fueron restaurados. . Gran parte del sitio donde una vez estuvo fue confiscado y ahora está ocupado por el Parque Ueno.

Lo que es hoy el salón principal del templo fue tomado de Kita-in en Kawagoe (Prefectura de Saitama) y trasladado al sitio de un antiguo subtemplo de Kan'ei-ji. La pagoda de cinco pisos de Kan'ei-ji y el santuario Ueno Tōshō-gū se encontraban entre las gemas del antiguo recinto del templo. Ambos permanecen impasibles por el paso de los años desde el fin del shogunato Tokugawa.

El estanque Shinobazu y el templo Bentendō que se encuentra en su isla solían ser una parte integral de Kan'ei-ji. Tenkai, al igual que el lago Biwa, hizo construir la isla Benten a imitación de Chikubushima, y luego el Bentendō en ella. En ese momento, solo se podía acceder a la isla en barco, pero más tarde se agregó un puente de piedra en el este, lo que permitió caminar hasta ella. El templo de Bentendō fue destruido durante la Segunda Guerra Mundial, y el actual es una reconstrucción.

 

SANTA MARÍA ASSUMPTA

Una de las atracciones más populares de Positano. Ésta iglesia fascina a los visitantes por su bella arquitectura y antiguo arte religioso.

Una cúpula central revestida de azulejos amarillos, verdes y azules de mayólica hacen de la iglesia de Santa María Assunta uno de los lugares más característicos de Positano. Esta estructura del siglo X se construyó donde yació una antigua abadía benedictina dedicada a San Vito, el santo patrón de Positano.

La Iglesia de Santa María Assunta en Positano solía ser un gran ejemplo del arte medieval, cuya historia estaba profundamente ligada al monasterio benedictino de Santa María. Según la leyenda, el monasterio fue erigido en honor a un icono bizantino que representa a la Virgen María, que aún es venerado por los lugareños.

La abadía tuvo cierto prestigio hasta la primera mitad del siglo XV, cuando el último abad benedictino Antonio Acciappaccia di Sorrento y sus monjes, cansados de ser asaltados por violentos saqueadores provenientes de la costa de Cilento , abandonaron el monasterio.

Unos años más tarde la iglesia fue asignada a Nicola Miroballi, abad comendatario y más tarde nombrado arzobispo de Amalfi . Salvo algunas excepciones, la "época de los abades comendadores" fue en general fatídica: a pesar de las obras de restauración realizadas a principios del siglo XVII, la iglesia fue quedando en ruinas. El clero local privó de su poder al último abad comendatario, Liborio Marra, e inició las verdaderas obras de restauración en 1777. Las obras terminaron finalmente en 1783, y el icono de la Virgen fue coronado con una corona de oro.

 

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Palacio del Marqués de Santa Cruz, Viso del Marqués, Ciudad Real, Castilla-La Mancha, España.

 

El palacio del Marqués de Santa Cruz es un edificio situado en el municipio de Viso del Marqués (Ciudad Real), en la Comunidad autónoma de Castilla-La Mancha, en España. Fue construido a finales del siglo XVI por Álvaro de Bazán, primer marqués de Santa Cruz. Actualmente es la sede del Archivo General de la Marina.

 

Fue construido entre 1564 y 1586 con modificaciones posteriores, y se trata de un edificio de planta cuadrada y estilo renacentista articulado en torno a un atrio renacentista con una tumba yacente. Los muros y techos se hallan cubiertos de frescos de doble temática: por un lado, escenas mitológicas y, por otro, batallas navales y ciudades italianas relacionadas con la trayectoria militar del marqués y de sus familiares. Los frescos se deben a unos pintores manieristas italianos, los Péroli. Al verlos, Felipe II les encargaría trabajos para El Escorial y el Alcázar de Toledo.

 

Para levantarlo, el marqués contrató a un equipo de arquitectos, pintores y decoradores que trabajaron en la obra desde 1564 hasta 1586. Para algunos, el diseño del edificio se debió al italiano Giovanni Battista Castello, conocido como el Bergamasco, que más tarde trabajó en El Escorial; para otros lo trazó, al menos en su plan original, Enrique Egas el Mozo.

 

La arquitectura se percibe como típica española, sin las arquerías italianas, con paramentos lisos y torres cuadradas en las esquinas, influidos por la austeridad de El Escorial y el Alcázar de Toledo, dentro de las relaciones armónicas características del Renacimiento. El espacio central está ocupado por un patio porticado que junto con la escalera forma un conjunto típicamente manierista entendido como estilo elegante y cortesano que desborda el marco meramente arquitectónico. Contaba con cuatro torres que, al parecer, se derrumbaron a consecuencia del Terremoto de Lisboa de 1755.

 

Las paredes están decoradas con 8.000 metros cuadrados de frescos manieristas elaborados por Giovanni Battista Peroli con Esteban Peroli y César de Bellis. Todos trabajaron para crear un espacio erigido a la mayor gloria de su dueño: por un lado, había que exaltar sus virtudes militares, y por el otro, enaltecer su linaje. Para lo primero, se pintaron en las paredes, las bóvedas y los techos del palacio vistas de ciudades y de puertos, así como los baluartes y las batallas en los que había conquistado su inmenso prestigio. A ambos lados de la escalera se ubicaron dos estatuas en las que aparecía representado como Neptuno (dios de los mares, con su tridente) y como Marte (dios de la guerra), y sobre las puertas del piso superior se colocaron los fanales de popa de las naves capitanas vencidas en las batallas, que eran los trofeos de los marinos. Para elogiar su linaje, y siguiendo la misma tradición renacentista de representar a hombres como dioses o semidioses de la antigüedad, se pintó a los antepasados del marqués y a sus esposas (tuvo dos) e hijos.

 

Estos dos grupos de representaciones se aderezaron con trampantojos, pinturas que simulaban puertas, columnas y otros elementos decorativos y arquitectónicos; y también con motivos grutescos que incluían animales mitológicos, sabandijas y follajes. Conforme una temática muy variada que se puede interpretar como defensa del catolicismo defendido en Trento.

 

Las estatuas sepulcrales de Alonso de Bazán (hermano de don Álvaro) y su esposa María de Figueroa, son el único ejemplo de escultura funeraria perteneciente al primer tercio del siglo XVII. Fueron ejecutados para el Monasterio de la Concepción que ocupaba la Comunidad de Religiosas Franciscas de El Viso del Marqués, ubicándose a día de hoy en el muro del Palacio más cercano a los jardines. Su creador fue Antonio de Riera, escultor relacionado con la corte de origen catalán. En ellas, aparecen los marqueses en actitud de orante, arrodillados en un reclinatorio, todo ello en mármol blanco que resalta sobre el mármol negro de los nichos. Se advierte en ellos cierta similitud con la elegancia y el clasicismo de los Leoni, a pesar de cierta rigidez formal, siendo de especial relevancia la forma en la que están ejecutadas las telas y el detalle de los vestidos.

 

The Palace of the Marquis of Santa Cruz is a building located in the municipality of Viso del Marqués (Ciudad Real), in the autonomous community of Castilla-La Mancha, Spain. It was built in the late 16th century by Álvaro de Bazán, the first Marquis of Santa Cruz. It currently houses the General Archive of the Navy.

 

Built between 1564 and 1586, with subsequent modifications, it is a square, Renaissance-style building centered around a Renaissance atrium with a recumbent tomb. The walls and ceilings are covered with frescoes depicting two themes: mythological scenes, and naval battles and Italian cities related to the military career of the Marquis and his family. The frescoes are by Italian Mannerist painters, the Pérolis. Upon seeing them, Philip II commissioned works from them for El Escorial and the Alcázar of Toledo.

 

To build it, the Marquis hired a team of architects, painters, and decorators who worked on the project from 1564 to 1586. Some believe the building was designed by the Italian Giovanni Battista Castello, known as El Bergamasco, who later worked at El Escorial; others believe it was designed, at least in its original plan, by Enrique Egas the Younger.

 

The architecture is perceived as typically Spanish, lacking the Italian arches, with smooth walls and square towers at the corners, influenced by the austerity of El Escorial and the Alcázar of Toledo, within the harmonious relationships characteristic of the Renaissance. The central space is occupied by a porticoed courtyard that, together with the staircase, forms a typically Mannerist ensemble, understood as an elegant and courtly style that transcends the purely architectural framework. It had four towers that apparently collapsed as a result of the Lisbon Earthquake of 1755.

 

The walls are decorated with 8,000 square meters of Mannerist frescoes created by Giovanni Battista Peroli with Esteban Peroli and César de Bellis. They all worked to create a space built to the greatest glory of its owner: on the one hand, to exalt his military virtues, and on the other, to honor his lineage. To this end, views of cities and ports, as well as the bastions and battles in which he had earned his immense prestige, were painted on the walls, vaults, and ceilings of the palace. On either side of the staircase were two statues depicting him as Neptune (god of the seas, with his trident) and Mars (god of war). Above the doors on the upper floor were the stern lanterns of defeated flagships, trophies of the sailors. To praise his lineage, and following the same Renaissance tradition of depicting men as gods or demigods of antiquity, the marquis's ancestors, his wives (he had two) and children were painted.

 

These two groups of representations were embellished with trompe l'oeil paintings simulating doors, columns, and other decorative and architectural elements; as well as grotesque motifs that included mythological animals, vermin, and foliage. This varied theme can be interpreted as a defense of the Catholicism championed in Trent.

 

The sepulchral statues of Alonso de Bazán (Don Álvaro's brother) and his wife María de Figueroa are the only examples of funerary sculpture dating from the first third of the 17th century. They were executed for the Monastery of the Concepción, which was occupied by the Community of Franciscan Nuns of El Viso del Marqués, and are now located on the wall of the Palace closest to the gardens. Their creator was Antonio de Riera, a sculptor of Catalan origin associated with the court. They depict the marquises in a prayerful attitude, kneeling on a prie-dieu. All in white marble, which stands out against the black marble of the niches. There is a certain similarity to the elegance and classicism of the Leoni family, despite their formal rigidity, with the execution of the fabrics and the detail of the dresses being particularly noteworthy.

Chevrolet fue fundada el 3 de noviembre de 1911 por iniciativa del piloto de carreras suizo-francés Louis Chevrolet, en colaboración con el ingeniero francés Ettienne Planche y más tarde con el empresario William C. Durant, quien estuvo a cargo de la financiación del proyecto. La compañía había nacido como la Chevrolet Motor Car Company y su fundación fue la estrategia más eficaz planteada por Durant para retomar la conducción de la General Motors, de la cual fue expulsado en 1910 luego de su primera gran crisis financiera.

Tras la toma del control de la General Motors por parte de los organismos financieros, William C. Durant (quien no tenía el más mínimo conocimiento de mecánica, ni mucho menos estaba interesado en llevarla a la práctica) en su afán de querer recuperar su negocio perdido y viendo un gran futuro en la venta de automóviles, decidió invertir parte de su fortuna en la creación de una nueva marca de coches, con la cual poder recuperar lo que alguna vez fue suyo. Por su parte, Louis Chevrolet era un piloto suizo de carreras que había desembarcado en Estados Unidos y se había alistado en competencias de automovilismo, presentándose a correr principalmente con vehículos de la marca Buick perteneciente a General Motors. Estas competencias, animaron a Chevrolet a ser el creador de sus propios coches, para lo cual se alió con el ingeniero francés Ettienne Planche. Sin embargo, el capital monetario para financiar el proyecto no fue el suficiente como para que el mismo pueda emerger. Por tal motivo, ambos terminaron topándose con William C. Durant, quien les proveyó el apoyo financiero para la creación de la firma, además de mantener la idea inicial de utilizar el nombre de Chevrolet para bautizar a la compañía. Sin embargo, a pesar de bautizar a la firma con su nombre, Louis Chevrolet nunca pudo ser en sí su propietario, ya que la mayoría de las acciones quedaron en poder de Durant, dejándole a Louis un paquete minoritario.

El logo de Chevrolet surgió cuando Durant estaba en París en un viaje de negocios, y durante su estadía en un hotel parisino, observó que los decorados de las paredes de su habitación presentaban un extraño dibujo que mostraba un cuadrado mezclado con un paralelogramo, formando una inusual figura geométrica. Aquel dibujo captó fuertemente la atención de Durant, por lo que arrancó un trozo de ese decorado y se lo guardó en la billetera con el fin de poder implementarla a futuro en una nueva marca de automóviles. La primera vez que Chevrolet usó su logo "bowtie" fue en 1913.

El equipo inició sus acciones el 3 de noviembre de 1911, presentando como primera unidad el modelo Chevrolet Classic Six, un sedán que se presentó como novedad en el mercado, por la implementación de un motor de 6 cilindros en línea el cual fue considerado una rareza, ya que hasta ese momento se habían fabricado unidades con un máximo de 4 cilindros en línea. Pero lo que parecía que iba a ser una sociedad perfecta, terminó convirtiéndose en un verdadero conflicto que repercutió en los intereses de ambos socios. Por un lado, Chevrolet pretendió que sus coches sean reconocidos por su velocidad y su desempeño en competencias deportivas. Por el otro, Durant pretendió crear un vehículo más conservador, popular y accesible a todo el mundo. La crisis estalló luego de la adquisición por parte de Durant de la Little Motor Car Company, una pequeña empresa de automóviles de bajo consumo que había entrado en quiebra. De esa forma, la participación de Durant en la Chevrolet Motor Car Company aumentó considerablemente, lo que le permitió llevar adelante su deseo personal del coche popular. Con los pequeños motores de la Little, Durant comenzó a desarrollar su coche sobre la base del Chevrolet Classic Six. Sin embargo, la primera oposición la obtuvo de manera sorpresiva por parte de su mismísimo socio Louis Chevrolet, quien no quiso que su marca perdiese prestigio con este desarrollo. Ante esta actitud, Durant le sugirió la salida de la sociedad, ofreciéndole la compra de sus acciones. La transacción se realizó por una suma considerablemente baja, siendo que dichas acciones valdrían varios millones de dólares unos años más tarde.

Tras la salida de Louis Chevrolet de la Chevrolet Motor Car Company, Durant continuó con la expansión de la empresa manteniendo el nombre de la misma, ya que consideraba que su fonética afrancesada era un atractivo para el público y que al mismo tiempo le brindaba publicidad gratuita a costillas de su exsocio. Su plan comenzó presentando el modelo Chevrolet 490, un automóvil de bajo costo desarrollado con uno de los motores adquiridos a la Little Motor Car, y que se presentó como el primer oponente del urbano Ford T. La nomenclatura dada a este coche, tuvo que ver con el precio original con el que fue lanzado el modelo, ya que en ese entonces el Ford T valía 495 dólares, por lo que Durant redujo a 5 dólares el precio de ese coche para vender el suyo. La expansión que consiguió la Chevrolet Motor Car Company, permitió que William Durant vuelva a posicionarse dentro del mercado, de una forma tal que consiguió retomar el control de la General Motors, fusionando a Chevrolet con esta otra y convirtiéndola en la Chevrolet Division de la General Motors. El éxito en ventas de la marca, hizo de Chevrolet la marca más representativa de la GM y la terminó convirtiendo con el correr del tiempo en la marca más vendida del siglo XX.

A todo esto, Louis Chevrolet continuaría con su idea de crear una marca de automóviles que se destaque por su prestigio deportivo. Con el dinero cobrado de la venta de sus acciones en la Chevrolet Motor Car, se asoció con su hermano Gastón Chevrolet, junto a quien creó la marca Frontenac, marca tomada de una bicicleta creada por Louis durante sus tiempos de vida en Suiza. Louis obtendría un marcado éxito como preparador, mientras que su hermano se destacaría al volante de sus unidades, siendo buenos rivales para marcas de la talla de Buick, Cadillac u Oldsmobile (curiosamente, todas marcas que respondían a la GM de Durant). Unos años más tarde Chevrolet recurriría nada más ni nada menos que a Henry Ford, con quien llegaría a un acuerdo para la producción en los talleres de Frontenac de nuevos cabezales para los motores de los Ford T. Ford aceptaría la propuesta de Chevrolet, logrando reacondicionar a su modelo con los cabezales provistos por Frontenac. A su vez, Chevrolet obtendría el permiso de parte de Ford para equipar a sus coches de competición con los renovados motores de Ford T, desarrollando los llamados Fronty-Fords (apócope de Frontenac + Ford). Con esta unidad, Gaston Chevrolet obtendría una victoria en las 24 horas de Daytona. Sin embargo, una serie de crisis financieras que tuvieran su pico en la Gran Depresión del año '29, derrumbarían el sueño de Louis, haciendo que la marca Frontenac, junto a otras marcas pequeñas, entren en la completa ruina. Para subsistir, Louis terminaría volviendo a General Motors, para pedir un puesto como obrero dentro de la fábrica. Ante esta situación, General Motors (afortunadamente para él, ya sin Durant al frente y con Pierre S. Dupont como presidente), le terminaría otorgando esta "ayuda", colocándolo como obrero dentro de las fábricas de la misma marca que llevara su apellido. Sin embargo, a pesar de haber trabajado muy duro dentro de ella, las muertes de sus hermanos Gastón y Arthur, sumados a sus deudas financieras, terminarían resquebrajando su salud, muriendo finalmente en 1941 en una completa pobreza y olvidado.

William Durant finalmente tendría un final similar, cuando en 1920 nuevamente volvía a poner a GM al borde de la quiebra, lo que le valió nuevamente la expulsión de la compañía, pero esta vez de manera definitiva. Ya no contaba con su cuantiosa fortuna familiar, la cual había sido derrochada en la creación de estas empresas y tratando de adquirir nuevas firmas para poder reinstalarse en el mercado. Sus maniobras bursátiles ya no surtían efecto, por lo que terminaría en la ruina, muriendo en el año 1947 y sufriendo el mismo final que su exsocio Louis Chevrolet, de cuya desgracia financiera fue uno de los principales responsables . (Wikipedia).

 

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La rocca Sanvitale, nota anche come castello di Fontanellato, è una fortezza situata nell'omonimo paese in provincia di Parma. Domina il centro abitato di Fontanellato e si caratterizza per il profondo fossato d'acqua, che la circonda completamente.

La storia dell'edificazione della rocca Sanvitale può essere fatta risalire all'anno 1124, quando venne eretta una prima torre di difesa.

Nel 1386 le terre di Fontanellato, con la relativa rocca, vennero cedute ai Sanvitale.

Nel 1404, al feudo fu conferito il rango di contea: fu in tale periodo che il castello divenne una residenza signorile di notevole prestigio. La rocca appartenne alla famiglia Sanvitale fino al 1948, anno in cui Giovanni Sanvitale la vendette all'amministrazione comunale.

 

The Rocca Sanvitale, or Sanvitale Castle, is a fortress residence located in the centre of the town of Fontanellato, near Parma, northern Italy. Construction of the moated block, accessible through a drawbridge, was begun in the 13th century, mostly completed by 15th century, with embellishments continuing through to the 18th century. It is prototypical of the urban castle-houses of the turbulent medieval communes of Northern Italy. Until the 1930s it was the home of the descendants of the Count of Sanvitale.

The crenelated walls and asymmetric towers are surrounded by an arcaded town. Adjacent to the castle are gardens and a courtyard. The optical chamber (camera ottica) has an optical system in place that projects to an inside wall a view of the town through mirrors and a prism. Rocca Sanvitale is now partly a museum and partly offices and conference hall for the town administration.

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E' COME VENDERE GHIACCIO AGLI ESCHIMESI....

  

Udine è una città accogliente e vivace e negli ultimi anni vengono proposte iniziative culturali, gastronomiche e turistiche che attirano migliaia di visitatori dalle vicine regioni ed anche oltre confine.

Qualche mese fa nel centro storico sono stati ospitati diversi produttori francesi con un mercatino molto pittoresco....mi ha fatto sorridere la proposta dei loro pregiati vini, a prezzi piuttosto impegnativi, quando sappiamo che il Friuli Venezia Giulia non è seconda a nessuno per la qualità ed il prestigio della produzione vinicola nel mondo.

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IT'S LIKE SELLING ICE TO ESKIMOS....

 

Udine is a welcoming and lively city and in recent years cultural, gastronomic and tourist initiatives have been proposed that attract thousands of visitors from nearby regions and even beyond the border.

A few months ago, the historic center hosted several French producers with a very picturesque market.... the proposal of their fine wines, at rather demanding prices, made me smile, when we know that Friuli Venezia Giulia is second to none for the quality and prestige of wine production in the world.

  

Immagine realizzata con lo smartphone HUAWEI MATE 20 PRO

Apulian red-figure krater (ca. 330 B.C. - ca. 310 B.C.) - clay (orange-hazelnut engobe, potter's wheel, black paint) height 64 cm; diameter 33.9 cm Museo Poldi Pezzoli, Milan

 

Il vaso, modellato al tornio con anse e piede lavorati separatamente, si presenta ricomposto da numerosi e minuti frammenti con integrazioni in gesso ridipinte per mascherare l’incollaggio. Il cratere ha significative proporzioni secondo una consuetudine che si affermò nell’ultimo periodo della produzione apula, quando la grandezza dell’esemplare esprimeva il prestigio del defunto, così come la complessa e articolata decorazione a carattere mitico-funerario che si sviluppa su tutta la superficie del vaso. Gli importanti rimaneggiamenti dovuti al restauro hanno in parte ‘frainteso’ e compromesso la scena originale, sebbene rappresentino un’efficace testimonianza degli interventi che venivano eseguiti sui vasi nell’800 e 900, non sempre da specialisti. L’elemento floreale, richiamo a una sorta di paradeison ultramondano, è molto ben presente su tutto il vaso; il collo è decorato con un intreccio di girali da cui sorge un Eros alato e da un serto di alloro chiuso da rosetta. Sotto le anse, secondo la consuetudine, sono raffigurati palmette e girali. I mascheroni plastici presenti sulle anse sono probabilmente interpretabili come divinità infere o di passaggio. Sul lato A in un naiskos, monumento funebre con colonne ioniche e frontone, vi è raffigurato un Eros su cavallo nudo e dall’aspetto androgino. L’unione dell’elemento maschile a quello femminile simboleggiava una vera e propria mescolanza fisica, il principio di ogni cosa. Eros presenta una lunga chioma nera, una corona di perle, la bandoliera, monili alla coscia e alle braccia; è dotato inoltre di grandi ali aperte (l’ala che risulta dietro è stata chiaramente ridipinta nella parte terminale). Il cavallo, fortemente ridipinto, rivolge la testa all’indietro verso Eros. A causa della mancata comprensione del soggetto da parte del restauratore novecentesco, è stato dipinto un secondo muso di cavallo. All’esterno dell’edificio sono raffigurate due offerenti di grandi proporzioni, vestite di chitone, adorne di collana e corona radiata, che tengono nella mano un serto e un grappolo d’uva. Il lato B presenta una grande testa femminile di profilo rivolta verso sinistra. I capelli sono raccolti in una cuffia (sakkos) decorata da cui escono il ciuffo, coronato da una stephane radiata, e tre boccoli sulle tempie. È dotata di una ricca parure: un orecchino pendente e una collana a più file di sfere. Davanti e dietro alla testa tralci e fiori. Il soggetto della testa femminile isolata è molto diffuso nell’ultima produzione apula, a cui si ascrive questo pezzo, una sorta di ritratto della defunta a cui si augurava beatitudine nell’aldilà.

 

The vase, modeled on the potter's wheel with the handles and foot worked separately, has been reassembled from numerous small fragments with plaster additions repainted to disguise the gluing. The krater has significant proportions according to a custom that was affirmed in the last period of Apulian production, when the size of the exemplar expressed the prestige of the deceased, as well as the complex and articulated decoration of mythical-funny character that is developed over the entire surface of the vase. The important rearrangements due to the restoration have in part "misunderstood" and compromised the original scene, although they represent an effective testimony of the interventions that were carried out on the vases in the 19th and 20th centuries, not always by specialists. The floral element, a reminder of a sort of ultramundane paradeison, is very much present throughout the vase; the neck is decorated with an interweaving of whorls from which rises a winged Eros and a laurel wreath closed by a rosette. Under the handles, according to the custom, are depicted palmettes and spirals. The plastic masks on the handles are probably interpretable as deities of the underworld or passage. On side A in a naiskos, a funerary monument with Ionic columns and pediment, there is depicted an Eros on a naked horse and with an androgynous appearance. The union of the male and female elements symbolized a real physical mixture, the principle of everything. Eros has a long black hair, a crown of pearls, a bandolier, jewels on his thigh and arms; he also has large open wings (the wing behind has been clearly repainted at the end). The horse, heavily repainted, turns its head backward toward Eros. Due to the lack of understanding of the subject by the twentieth-century restorer, a second horse snout has been painted. On the outside of the building are depicted two offerers of large proportions, dressed in chiton, adorned with a necklace and radiated crown, holding in their hands a wreath and a bunch of grapes. Side B features a large female head in profile facing left. The hair is gathered in a cap (sakkos) decorated from which come out the topknot, crowned with a radiated stephane, and three ringlets on the temples. It is equipped with a rich parure: a pendant earring and a necklace with several rows of spheres. In front and behind the head are vines and flowers. The subject of the isolated female head is very common in the last Apulian production, to which this piece is ascribed, a sort of portrait of the deceased to whom one wished bliss in the afterlife.

Palacio del Marqués de Santa Cruz, Viso del Marqués, Ciudad Real, Castilla-La Mancha, España.

 

El palacio del Marqués de Santa Cruz es un edificio situado en el municipio de Viso del Marqués (Ciudad Real), en la Comunidad autónoma de Castilla-La Mancha, en España. Fue construido a finales del siglo XVI por Álvaro de Bazán, primer marqués de Santa Cruz. Actualmente es la sede del Archivo General de la Marina.

 

Fue construido entre 1564 y 1586 con modificaciones posteriores, y se trata de un edificio de planta cuadrada y estilo renacentista articulado en torno a un atrio renacentista con una tumba yacente. Los muros y techos se hallan cubiertos de frescos de doble temática: por un lado, escenas mitológicas y, por otro, batallas navales y ciudades italianas relacionadas con la trayectoria militar del marqués y de sus familiares. Los frescos se deben a unos pintores manieristas italianos, los Péroli. Al verlos, Felipe II les encargaría trabajos para El Escorial y el Alcázar de Toledo.

 

Para levantarlo, el marqués contrató a un equipo de arquitectos, pintores y decoradores que trabajaron en la obra desde 1564 hasta 1586. Para algunos, el diseño del edificio se debió al italiano Giovanni Battista Castello, conocido como el Bergamasco, que más tarde trabajó en El Escorial; para otros lo trazó, al menos en su plan original, Enrique Egas el Mozo.

 

La arquitectura se percibe como típica española, sin las arquerías italianas, con paramentos lisos y torres cuadradas en las esquinas, influidos por la austeridad de El Escorial y el Alcázar de Toledo, dentro de las relaciones armónicas características del Renacimiento. El espacio central está ocupado por un patio porticado que junto con la escalera forma un conjunto típicamente manierista entendido como estilo elegante y cortesano que desborda el marco meramente arquitectónico. Contaba con cuatro torres que, al parecer, se derrumbaron a consecuencia del Terremoto de Lisboa de 1755.

 

Las paredes están decoradas con 8.000 metros cuadrados de frescos manieristas elaborados por Giovanni Battista Peroli con Esteban Peroli y César de Bellis. Todos trabajaron para crear un espacio erigido a la mayor gloria de su dueño: por un lado, había que exaltar sus virtudes militares, y por el otro, enaltecer su linaje. Para lo primero, se pintaron en las paredes, las bóvedas y los techos del palacio vistas de ciudades y de puertos, así como los baluartes y las batallas en los que había conquistado su inmenso prestigio. A ambos lados de la escalera se ubicaron dos estatuas en las que aparecía representado como Neptuno (dios de los mares, con su tridente) y como Marte (dios de la guerra), y sobre las puertas del piso superior se colocaron los fanales de popa de las naves capitanas vencidas en las batallas, que eran los trofeos de los marinos. Para elogiar su linaje, y siguiendo la misma tradición renacentista de representar a hombres como dioses o semidioses de la antigüedad, se pintó a los antepasados del marqués y a sus esposas (tuvo dos) e hijos.

 

Estos dos grupos de representaciones se aderezaron con trampantojos, pinturas que simulaban puertas, columnas y otros elementos decorativos y arquitectónicos; y también con motivos grutescos que incluían animales mitológicos, sabandijas y follajes. Conforme una temática muy variada que se puede interpretar como defensa del catolicismo defendido en Trento.

 

Las estatuas sepulcrales de Alonso de Bazán (hermano de don Álvaro) y su esposa María de Figueroa, son el único ejemplo de escultura funeraria perteneciente al primer tercio del siglo XVII. Fueron ejecutados para el Monasterio de la Concepción que ocupaba la Comunidad de Religiosas Franciscas de El Viso del Marqués, ubicándose a día de hoy en el muro del Palacio más cercano a los jardines. Su creador fue Antonio de Riera, escultor relacionado con la corte de origen catalán. En ellas, aparecen los marqueses en actitud de orante, arrodillados en un reclinatorio, todo ello en mármol blanco que resalta sobre el mármol negro de los nichos. Se advierte en ellos cierta similitud con la elegancia y el clasicismo de los Leoni, a pesar de cierta rigidez formal, siendo de especial relevancia la forma en la que están ejecutadas las telas y el detalle de los vestidos.

 

The Palace of the Marquis of Santa Cruz is a building located in the municipality of Viso del Marqués (Ciudad Real), in the autonomous community of Castilla-La Mancha, Spain. It was built in the late 16th century by Álvaro de Bazán, the first Marquis of Santa Cruz. It currently houses the General Archive of the Navy.

 

Built between 1564 and 1586, with subsequent modifications, it is a square, Renaissance-style building centered around a Renaissance atrium with a recumbent tomb. The walls and ceilings are covered with frescoes depicting two themes: mythological scenes, and naval battles and Italian cities related to the military career of the Marquis and his family. The frescoes are by Italian Mannerist painters, the Pérolis. Upon seeing them, Philip II commissioned works from them for El Escorial and the Alcázar of Toledo.

 

To build it, the Marquis hired a team of architects, painters, and decorators who worked on the project from 1564 to 1586. Some believe the building was designed by the Italian Giovanni Battista Castello, known as El Bergamasco, who later worked at El Escorial; others believe it was designed, at least in its original plan, by Enrique Egas the Younger.

 

The architecture is perceived as typically Spanish, lacking the Italian arches, with smooth walls and square towers at the corners, influenced by the austerity of El Escorial and the Alcázar of Toledo, within the harmonious relationships characteristic of the Renaissance. The central space is occupied by a porticoed courtyard that, together with the staircase, forms a typically Mannerist ensemble, understood as an elegant and courtly style that transcends the purely architectural framework. It had four towers that apparently collapsed as a result of the Lisbon Earthquake of 1755.

 

The walls are decorated with 8,000 square meters of Mannerist frescoes created by Giovanni Battista Peroli with Esteban Peroli and César de Bellis. They all worked to create a space built to the greatest glory of its owner: on the one hand, to exalt his military virtues, and on the other, to honor his lineage. To this end, views of cities and ports, as well as the bastions and battles in which he had earned his immense prestige, were painted on the walls, vaults, and ceilings of the palace. On either side of the staircase were two statues depicting him as Neptune (god of the seas, with his trident) and Mars (god of war). Above the doors on the upper floor were the stern lanterns of defeated flagships, trophies of the sailors. To praise his lineage, and following the same Renaissance tradition of depicting men as gods or demigods of antiquity, the marquis's ancestors, his wives (he had two) and children were painted.

 

These two groups of representations were embellished with trompe l'oeil paintings simulating doors, columns, and other decorative and architectural elements; as well as grotesque motifs that included mythological animals, vermin, and foliage. This varied theme can be interpreted as a defense of the Catholicism championed in Trent.

 

The sepulchral statues of Alonso de Bazán (Don Álvaro's brother) and his wife María de Figueroa are the only examples of funerary sculpture dating from the first third of the 17th century. They were executed for the Monastery of the Concepción, which was occupied by the Community of Franciscan Nuns of El Viso del Marqués, and are now located on the wall of the Palace closest to the gardens. Their creator was Antonio de Riera, a sculptor of Catalan origin associated with the court. They depict the marquises in a prayerful attitude, kneeling on a prie-dieu. All in white marble, which stands out against the black marble of the niches. There is a certain similarity to the elegance and classicism of the Leoni family, despite their formal rigidity, with the execution of the fabrics and the detail of the dresses being particularly noteworthy.

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Web Ranelagh: Parque Eva Hajduk

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Parque Eva hajduk Ranelagh, Buenos Aires, Argentina

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La localidad debe su nombre a la estación ferroviaria, cuya denominación en 1911, nace con la habilitación del Ferrocarril del sud. A cien años de su fundación, la estación de Ranelagh es un emblema para sus pobladores.

Rodeado de jardines, espacios arbolados con altas riquezas botánicas y un belo entorno natural, el parque de la estación, en memoria de su dama pionera lleva el nombre de Eva Hadjuk.

Se destaca "Roberto DeVicenzo", maestro del golf y de la humandad, conocido en el mundo entero, quien a través de sus logros internacionales, llena de orgullo y representación a todos los vecinos.

La fundación del "Ranelagh golf club" en 1922, marca el camino del creciiento y es sinónimo de prestigio en la localidad.

 

Un cordial saludo a todos los vecinos que hacen que Ranelagh sea tan bello gustavo

En esta casa nació el 12 de Abril en 1933-2018 La soprano de prestigio internacional, Montserrat Caballé i folch

Pachacútec sembrando la semilla del imperio Inca .

Pachacútec sowing the seed of the Inca empire.

 

De/From:

 

- Wikipedia:

- www.geni.com/people/Pachac%C3%BAtec-IX-Inca-Yupanqui-El-q...

- www.enjoy-machu-picchu.com/

 

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Pachacutec, del quechua: Pacha Kutiy Inqa Yupanki; "Inca del cambio del rumbo de la tierra, digno de estima"-

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Noveno Inca, también fue llamado "El Reformador". General valiente y hábil político, transformó el estado inca de un simple curacazgo a un gran imperio: el Tahuantinsuyo.

 

Nació en el palacio de Cusicancha, como hijo del Inca Wiracocha (Huiracocha o Viracocha) y Mama Runtu Caya.

Se dice que Pachacútec fue recomendado a Wiracocha por los nobles como el más capaz de sus hijos para tomar la mascapaicha cuando éste muriese, pero según las crónicas, Wiracocha se había encariñado tanto con Inca Urco que siempre lo prefería ante cualquier otra persona. Aunque no había sido designado como sucesor por su padre Wiracocha Inca, dirigió una defensa militar ante el belicoso ejército Chanca mientras que éste y su hijo Inca Urco habían huido del señorío. La victoria sobre los chancas hizo que Wiracocha Inca lo reconociera como su sucesor alrededor de 1438.

 

Como parte de su visión de estadista y caudillo guerrero, conquistó muchas etnias y estados, destacando su conquista del Collao que acrecentó el prestigio de los incas y particularmente de Pachacútec, quien por la notable expansión de sus dominios fue considerado un excepcional líder, dando vida a historias épicas e himnos gloriosos en tributo a sus hazañas. Numerosos curacas no dudaban en reconocer sus destrezas e identificarlo como "hijo del Sol". Mientras aún vivía, su hijo y sucesor Túpac Yupanqui derrotó al señorío Chimú y continuó con la expansión del Tahuantinsuyo. Además de conquistador, guerrero y emperador, diversas crónicas afirman que fue también un gran administrador, planificador, filósofo, observador de la psicología humana y carismático general.

 

Pachacútec es el primer inca del cual se encuentran referencias históricas que corroboran su existencia; por cual, es reconocido como el "primer inca histórico" y con él, se inicia el Período Imperial o de Expansión de los Incas. Sin embargo, la relevancia de su figura y legado, así como el de su denominación, lleva a pensar a varios estudiosos que tiene una importancia mucho mayor que la de solo un personaje, llegando a representar el inicio de toda una época de transición y reestructuración para la sociedad inca, etapa de cambios que continuaría posterior a su muerte en 1471, por su hijo Túpac Yupanqui y su nieto Huayna Cápac.

 

El gobierno del inca Pachacútec se extendió entre 1438 y 1471. Fue un gobierno de grandes conquistas territoriales y muchos lo consideran el organizador definitivo del Imperio Incaico.

 

Antes de la derrota de los Chancas se le conocía con el nombre de Inca Yupanqui y posteriormente se le llamó Pachacútec, que significa "el que transforma la tierra". Se dice que fue hijo del inca Huiracocha y de Mama Runtu Caya, quienes lo educaron para ser un gran inca, a pesar de que su padre había designado a su hijo Urco para sucederlo en el trono. Pero las hazañas del príncipe Pachacútec lo llevaron a convertirse en el noveno Inca. Lo sucedió su hijo Túpac Yupanqui.

 

El jesuita Bernabé Cobo, a mediados del siglo XVII, condensaba: "Fue este rey el más valiente y guerrero de todos los incas, porque él ordenó la república con el concierto de leyes y estatutos que guardó todo el tiempo que duró de entonces a la venida de los españoles".

 

Su educación la inició con su ayo Mircoymana y la continuó en el Yachayhuasi. A su egreso mostraba un sólida formación en sus modales y pensamientos. Comenzó su reinado con gran beneplácito, el mismo día que se ciño la mascapaicha se casó con Mama Anahuarque.

 

Pachacutec eliminó a los Chancas, los enroló en sus ejércitos; mientras él pacificaba la comarca Ayacuchana su hermano el General Cápac Yupanqui era enviado a conquistar la costa del mar, sometiendo a los curacas de cada curacargo al reinado del Cusco.

 

Este Rey, embelleció el Cusco, reedificó el Inticanca colmándolo de riquezas y cambió su nombre por el de Coricancha, la inauguración fue fastuosa como justo homenaje a una obra de arte. La definitiva organización del Incario se le debe a Pachacutec en opinión de la mayoría de historiadores y lo sindican como un gran Legislador.

 

Anciano con un gran Imperio y cantidad de hijos varones, co-reinó con su primogénito Amaru Yupanqui habido con la Coya Mama Anahuarque, que obligó al padre pedirle abdicara en favor de su hermano Túpac Yupanqui el cual había permanecido encerrado en el Coricancha por espacio de 16 años.

 

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Pachacuti Inca Yupanqui or Pachacutec (in hispanicized spellings) or Pachakutiq Inka Yupanki (Quechua) was the ninth Sapa Inca (1438–1471/1472) of the Kingdom of Cusco which he transformed into the Inca Empire (Tawantinsuyu). Most archaeologists now believe that the famous Inca site of Machu Picchu was built as an estate for Pachacuti.

 

In Quechua Pachakutiq means "he who overturns space and time", and Yupanki means "with honor". During his reign, Cusco grew from a hamlet into an empire that could compete with, and eventually overtake, the Chimú. He began an era of conquest that, within three generations, expanded the Inca dominion from the valley of Cusco to nearly the whole of western South America.

 

He was the ninth ruler of the Inca state who, from ruling a simple chiefdom came to rule a great empire, the Tawantinsuyu. Although he had not been designated as successor by his father Viracocha Inca, he led a military defense against the warlike army of Chanka while his father and his brother Urco Inca fled the manor. The victory over the Chankas made Inca Viracocha recognize him as his successor around 1438.

 

As part of his vision of a statesman and warrior chieftain he conquered many ethnic groups and states, highlighting his conquest of the Collao that enhanced the prestige of the Inca Pachacutec. Due to the remarkable expansion of their domains he was considered an exceptional leader, enlivening glorious epic stories and hymns in tribute to his achievements. Numerous kurakas do not hesitate to recognize his skills and identify him as "son of the Sun".

 

He conquered the provinces of Colla-Suyu and Chinchay-Suyu. Along with his sons, Tupac Ayar Manco (or Amaru Tupac Inca), and Apu Paucar Usnu, he defeated the Collas. Additionally, he left garrisons in subjugated lands

 

Pachacuti, son of Inca Viracocha, was the fourth of the Hanan dynasty. His wife's name was Mama Anahuarqui, or Quya Anawarkhi (Coya Anahurque). He had three sons, Tupac Ayar Manco, Apu Paucar, and Tupac Inca Yupanqui.

 

Pacachuti had his two brothers, Ccapac Yupanqui and Huayana Yupanqui, killed after the military campaign against the province of Chinchay-Suyu. He also killed his sons Tilca Yupanqui and Auqui Yupanqui.

 

Amaru, the older son, was originally chosen to be co-regent and eventual successor. Pachacuti later chose Tupac Inca because Amaru was not a warrior. He was also the first one to retire.

 

Pachacuti's given name was Cusi Yupanqui and he was not supposed to succeed his father Inca Viracocha who had appointed his brother Urco as crown prince. However in the midst of an invasion of Cuzco by the Chankas, the Incas' traditional tribal archenemies, Pachacuti had a real opportunity to demonstrate his talent. While his father and brother fled the scene, Pachacuti rallied the army and prepared for a desperate defense of his homeland. In the resulting battle, the Chankas were defeated so severely that legend tells even the stones rose up to fight on Pachacuti's side. Thus "The Earth Shaker" won the support of his people and the recognition of his father as crown prince after the death of Urco.

 

Pachacuti rebuilt much of Cusco, designing it to serve the needs of an imperial city and as a representation of the empire. Each suyu had a sector of the city, centering on the road leading to that province; nobles and immigrants lived in the sector corresponding to their origin. Each sector was further divided into areas for the hanan (upper) and hurin (lower) moieties. Many of the most renowned monuments around Cuzco, such as the great sun temple Qurikancha, were rebuilt during Pachacuti's reign.[3]:66–69,75

 

Despite his political and military talents, Pachacuti did not improve the system of succession. His son became the next Inca without any known dispute after Pachacuti died in 1471 due to a terminal illness, but in future generations, the next Inca had to gain control of the empire by winning enough support from the apos, priesthood, and military to win a civil war or intimidate anyone else from trying to wrest control of the empire.

 

Pachacuti is also credited with having displaced hundreds of thousands in massive programs of relocation and resettling them to colonize the most remote edges of his empire. These forced colonists were called mitimaes and represented the lowest place in the Incan social hierarchy. The Incan imperial government was highly authoritative and repressive.

 

He sent his son Tupac Inca Yupanqui an army to repeat his conquests and tyranny, and extend his realm to Quito. Pachacuti then built irrigating channels, cultivated terraces, made roads and hospices. The Road of the Inca stretched from Quito to Chile.

 

Pachacuti was a poet and the author of the Sacred Hymns of the Situa city purification ceremony. Pedro Sarmiento de Gamboa attributed one song to Pachacuti on his deathbed "I was born as a lily in the garden, and like the lily I grew, as my age advanced / I became old and had to die, and so I withered and died."

 

Las casas de indianos en Asturias son las mansiones o residencias construidas por los llamados “indianos”, que eran emigrantes españoles que marcharon a América (principalmente a Cuba, México, Argentina, Uruguay, entre otros países) en los siglos XIX y principios del XX, y que al regresar con fortuna construyeron estas viviendas.

Estas casas destacan por:

Su arquitectura llamativa, mezcla de estilos europeos y americanos.

Suelen ser grandes, coloridas y con jardines.

Representaban el éxito económico y social alcanzado por el indiano.

Se convirtieron en símbolos de prestigio y modernidad en los pueblos asturianos.

 

En Asturias, las casas de indianos (mansiones construidas por emigrantes que regresaban de América con fortuna) se encuentran repartidas por toda la región, pero destacan especialmente en:

Colombres (Ribadedeva): Es el epicentro, con un gran conjunto de casas y el Archivo de Indianos (Quinta Guadalupe).

Llanes: Muchos pueblos del concejo conservan elegantes casonas indianas, especialmente en Nueva, Posada y la propia villa de Llanes.

Ribadesella: Varias casonas se alinean en las entradas de la villa y en las aldeas cercanas.

Cangas de Onís: Incluye ejemplos notables, sobre todo en el entorno rural.

Pravia: Destaca por la influencia indiana en la arquitectura urbana.

La casona de mi fotografia ha sido tomada en Colombres.

  

The “House of indianos” in Asturias (and other northern regions of Spain) are mansions or residences built by the so-called “indianos”, Spanish emigrants who went to the Americas (mainly Cuba, Mexico, Argentina, Uruguay, among others) during the 19th and early 20th centuries, and who, after making a fortune, returned to Spain and built these houses.

These houses are notable for:

Their striking architecture, blending European and American styles.

They are usually large, colorful, and surrounded by gardens.

They symbolized the economic and social success of the indiano.

They became a mark of prestige and modernity in Asturian villages.

In Asturias, the casas de indianos (mansions built by emigrants who returned wealthy from the Americas) are spread across the region, but some towns and cities stand out:

Colombres (Ribadedeva): The epicenter, with an outstanding collection of houses and the Archivo de Indianos (Quinta Guadalupe).

Llanes: Many villages in the municipality preserve elegant Indian houses, especially in Nueva, Posada, and Llanes town itself.

Ribadesella: Several fine examples can be found at the town’s entrances and nearby villages.

Cangas de Onís: Includes remarkable houses, mostly in the surrounding rural areas.

Pravia: Known for its Indian influence in urban architecture.

 

The house in my photograph was taken in Colombres.

  

View On Black & LARGE

 

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QuimG Freelance Photographer

 

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KDD València grup Amics de la Càmera 18-04-2010

 

CAT:

La Llotja de la Seda, Llotja de València o Llotja de Mercaders és un edifici civil d'estil gòtic valencià tardà de la ciutat de València, construït entre el 1482 i el 1548. Si hi ha un edifici que simbolitze la puixança i la riquesa del segle d'or valencià (segle XV), aquest és sens dubte la Llotja. És una mostra de l'abast de la revolució comercial durant la Baixa Edat Mitjana, del desenvolupament social i del prestigi aconseguit per la burgesia valenciana.

 

ESP:

La Lonja de la Seda de València o Lonja de los Mercaderes es una obra maestra del gótico civil valenciano situada en el centro histórico de la ciudad de València. Declarada Patrimonio de la Humanidad por la Unesco, se encuentra situada en la Plaza del Mercado, número 31, frente a la Iglesia de los Santos Juanes y del Mercado Central de València.

Fue construida entre 1482 y 1548, y su primer constructor fue Pere Compte entre los años 1483 y 1498 sobre el modelo de la Lonja de Palma de Mallorca, constituyéndose en un edificio emblemático de la riqueza del siglo de oro valenciano (siglo XV) y muestra de la revolución comercial durante la Baja Edad Media, del desarrollo social y del prestigio conseguido por la burguesía valenciana.

 

ENG:

The Llotja de la Seda (English: Silk Exchange; Spanish: Lonja de la Seda) in València is a late Valencian Gothic style civil building, built between 1482 and 1548, and one of the principal tourist attractions in the city. The UNESCO considered it as a World Heritage Site in 1996 since "the site is of outstanding universal value as it is a wholly exceptional example of a secular building in late Gothic style, which dramatically illustrates the power and wealth of one of the great Mediterranean mercantile cities.

   

Shooter: COE

"Model": COE - "Eisenheim"

Styling: Elisa Negro www.elisanegro.com

Location: The misterious visitors' bedroom in the COE's mansion

Gears: Canon 5D Mark II + Canon 16-35 mm

Stuff: Manfrotto 190XPro-B + Ball Head 486Rc2

Settings: ISO100

Strobes: 2 x Nissin Di866

Strobe Position:

- 1 Nissin Di866 @1/4 camera left 30° behind the subject (about 50cm)

- 1 Nissin Di866 @1/32 camera right 90° from the subject (about 1,5m)

 

Processing: Heavy Metal Photoshop + COE's Magic Post-Processing touch©

Ispiration: The Illusionist - L'illusionista

Dedicated to: my boring sunday morning.... (halloween holyday is so boring...)

Drugs taken: - Nothing...! (is coffe / cigarettes a sort of drug?)

Topic: Due giovani adolescenti s'incontrano nella Vienna di metà Ottocento: Eisenheim (interpretato da Aaron Johnson nella parte da adolescente, poi da Edward Norton in quella da adulto) alle prime armi con trucchi di magia ed illusionismo, s'innamora della bella duchessa Sophie (Jessica Biel), la quale ricambia l'amore del ragazzo, seppur per breve tempo, divisi dalla differente classe sociale.

 

Quindici anni dopo, durante uno spettacolo, Eisenheim (divenuto un famoso e noto illusionista) ritrova Sophie, ora promessa sposa del principe Leopold (Rufus Sewell). I due, accorgendosi che la loro passione non si è mai spenta, riusciranno finalmente ad amarsi, suscitando le ire del perfido e malvagio principe.

 

Eisenheim e Sophie sapranno però fare della loro storia d'amore un grande spettacolo di magia, del quale gli spettatori del film si accorgeranno solo al termine, così come l'ispettore Uhl (Paul Giamatti), inizialmente scagnozzo del principe, poi in modo involontario ma compiaciuto complice di Eisenheim.

A Via Camerelle é a artéria comercial mais icónica da Ilha de Capri, Itália, com 273 metros de extensão, ligando a Certosa di San Giacomo ao coração da cidade e à famosa Piazzetta. Originalmente um caminho romano, a Via Anticaglia, transformou-se, a partir dos anos 50, numa montra de prestígio, atraindo turismo em massa e consolidando-se como o epicentro do luxo, onde se encontram boutiques de marcas renomadas como Pomellato, Brunello Cucinelli, Gucci e Prada. Durante a temporada alta, a rua pedonal torna-se num vibrante corredor de visitantes em busca de experiências de compra exclusivas e da atmosfera glamorosa da ilha, que também alberga restaurantes e hotéis de luxo. Os vestígios das antigas cisternas que lhe deram o nome foram, em grande parte, substituídos por elegantes estabelecimentos, tornando a Via Camerelle não apenas um espaço de comércio, mas um ponto de encontro crucial que reflete a dinâmica do turismo de luxo em Capri.

 

Via Camerelle is the most iconic commercial artery on the island of Capri, Italy, 273 meters long, connecting the Certosa di San Giacomo to the heart of the city and the famous Piazzetta. Originally a Roman road, the Via Anticaglia has been transformed since the 1950s into a prestigious showcase, attracting mass tourism and consolidating itself as the epicenter of luxury, where boutiques of renowned brands such as Pomellato, Brunello Cucinelli, Gucci, and Prada can be found. During the high season, the pedestrian street becomes a vibrant corridor of visitors seeking exclusive shopping experiences and the island's glamorous atmosphere, which is also home to luxury restaurants and hotels. The remains of the old cisterns that gave it its name have largely been replaced by elegant establishments, making Via Camerelle not only a shopping area, but a crucial meeting point that reflects the dynamics of luxury tourism in Capri.

La rocca Sanvitale, nota anche come castello di Fontanellato, è una fortezza situata nell'omonimo paese in provincia di Parma. Domina il centro abitato di Fontanellato e si caratterizza per il profondo fossato d'acqua, che la circonda completamente.

La storia dell'edificazione della rocca Sanvitale può essere fatta risalire all'anno 1124, quando venne eretta una prima torre di difesa.

Nel 1386 le terre di Fontanellato, con la relativa rocca, vennero cedute ai Sanvitale.

Nel 1404, al feudo fu conferito il rango di contea: fu in tale periodo che il castello divenne una residenza signorile di notevole prestigio. La rocca appartenne alla famiglia Sanvitale fino al 1948, anno in cui Giovanni Sanvitale la vendette all'amministrazione comunale.

 

The Rocca Sanvitale, or Sanvitale Castle, is a fortress residence located in the centre of the town of Fontanellato, near Parma, northern Italy. Construction of the moated block, accessible through a drawbridge, was begun in the 13th century, mostly completed by 15th century, with embellishments continuing through to the 18th century. It is prototypical of the urban castle-houses of the turbulent medieval communes of Northern Italy. Until the 1930s it was the home of the descendants of the Count of Sanvitale.

The crenelated walls and asymmetric towers are surrounded by an arcaded town. Adjacent to the castle are gardens and a courtyard. The optical chamber (camera ottica) has an optical system in place that projects to an inside wall a view of the town through mirrors and a prism. Rocca Sanvitale is now partly a museum and partly offices and conference hall for the town administration.

Bull-Leaping Fresco (1700-1400 BC.) Stucco panel with scene in relief - 78.2 cm × 104.5 cm (30.8 in × 41.1 in) Heraklion archeological museum - Crete

 

Venne scoperto sopra un muro nel lato est del palazzo di Cnosso, nel cortile della bocca in pietra. Il suo principale soggetto è una scena di taurocatapsia, circondata da motivi lineari astratti di pietra. Tutto l'insieme è bidimensionale, eccetto le forti linee dei petti, gambe e cosce delle donne, che riflettono il tentativo artistico di conferire volume e profondità, raro per questo periodo.

Ai lati dell'immagine raffigurata del toro ci sono due donne, una delle quali tiene le corna del toro e l'altra, dalla parte opposta, tiene le sue braccia sollevate, mentre l'uomo si trova sulla schiena del toro. Le posizioni che essi assumono rivelano, come in una sequenza cinematografica, i tre momenti del gioco consistente nell'afferrare il toro per le corna, eseguire su di esso un doppio salto mortale, ricadere a terra restando in posizione verticale. La presenza contemporanea di atleti dei due sessi, inoltre, ci testimonia di una cultura nella quale, diversamente da quelle vicino-orientali, la donna iniziava a godere di un certo prestigio sociale.

Le prove archeologiche hanno dimostrato che il tipo di toro utilizzato era un incrocio, di razza gigante, tra un toro ed un uro, ora estinta in Europa. Aveva un'altezza alla spalla di oltre 180 cm e una dimensione degli zoccoli simile alle dimensioni di una testa umana

 

It was discovered on a wall in the east side of the palace of Knossos, in the courtyard of the mouth stone. Its main subject is a scene of bull-leaping, surrounded by abstract linear patterns of stone. The whole is two-dimensional, except the strong lines of the breasts, legs and thighs of women, reflecting the artistic attempt to give volume and depth, rare for this period.

On the sides of the image depicted the bull there are two women, one of which holds the bull's horns and the other, on the opposite side, holding his arms raised, while the man is on the back of the bull. The positions they assume reveal, as in a film sequence, the three moments of the game consists in grasping the bull by the horns, run over it a double somersault, fall to the ground remaining upright. The simultaneous presence of athletes of both sexes, also testifies to a culture in which, unlike those near-eastern, the woman began to be granted a certain social prestige.

Archaeological evidence has now uncovered that the type of bull used by ancient Minoan bull leapers was a cross breed giant aurochs bull, now extinct in Europe. It had a shoulder height of over 6 ft (180 cm) and a hoof size similar to the size of a human head

Estación de Atocha, Madrid.

 

Antonio López, en el Día y la Noche, retrata la cabeza de su nieta Carmen de seis meses de edad. Ambas esculturas están trabajadas como una unidad, juntas del mismo tamaño, de la misma niña y de la misma edad, en dos momentos diferentes, la vigilia y el sueño. En Día, la niña dirige a los espectadores una mirada atenta y despierta mientras que en Noche con los ojos cerrados duerme plácidamente. La niña despierta y la niña dormida representan para el autor el paso del tiempo acompañado por el paso de los trenes. El autor eligió para este conjunto unas proporciones de monumentalidad que superan la escala del espectador, con un diámetro de 3 metros aproximadamente. Las cabezas fueron fundidas en bronce a partir de moldes de escayola, e instaladas sobre sendas peanas. Cada escultura pesa más de dos mil kilos.

 

En su posición actual se encuentran situadas formando un ángulo de 135º, y separadas unos 17 metros entre sí, el Día mirando hacia el noreste y la Noche apuntando hacia la propia estación de Atocha Las dos cabezas emergen del plano del suelo: el Día con la barbilla apuntando hacia arriba y adelante sugiere una actitud vitalista, mientras que en la Noche la cabeza reposa tranquilamente.

 

Antonio López Garcia es un reconocido artista de prestigio internacional. Nació en Tomelloso el 6 de Enero de 1936. En 1949 se trasladó a Madrid para preparar su ingreso en la Academia de Bellas Artes de San Fernando donde cursó sus estudios. Realizó sus primeras exposiciones a partir de 1957 en Madrid. Recibió premio Príncipe de Asturias de las Artes en 1985. En 1993 entró a formar parte de la Real Academia de San Fernando. Recibió el Premio Velázquez de Artes Plásticas en 2006. Ha tenido exposiciones monográficas en 2008 en el Museum of Fine Arts de Boston, en donde estuvieron expuestas las dos cabeza, y en 2011 en el Museo de Bellas Artes de Bilbao y el Thyssen Bornemisza.

 

Antonio López, on Day and Night, portrays the head of his six-month-old granddaughter Carmen. Both sculptures are worked as a unit, together of the same size, the same girl and the same age, in two different moments, the wake and the dream. In Day, the girl directs the spectators a watchful and awake look while in Night with the closed eyes she sleeps placidly. The girl wakes up and the sleeping girl represent for the author the passage of time accompanied by the passage of trains. The author chose for this set proportions of monumentality that exceed the scale of the viewer, with a diameter of approximately 3 meters. The heads were cast in bronze from plaster molds, and installed on footpaths. Each sculpture weighs more than two thousand kilos.

 

In their present position they are located at an angle of 135º, and separated by about 17 meters, the Day looking towards the northeast and the Night pointing towards the station of Atocha. The two heads emerge from the plane of the ground: the Day with the Chin pointing up and forward suggests a vitalist attitude, while at night the head rests quietly.

 

Antonio López Garcia is a recognized artist of international prestige. He was born in Tomelloso on January 6, 1936. In 1949 he moved to Madrid to prepare for admission to the Academy of Fine Arts in San Fernando where he studied. It realized its first expositions from 1957 in Madrid. He received the Prince of Asturias Award for the Arts in 1985. In 1993 he joined the Royal Academy of San Fernando. He received the Velázquez Prize for Fine Arts in 2006. He has had monographic exhibitions in 2008 at the Museum of Fine Arts in Boston, where the two heads were exhibited, and in 2011 at the Museo de Bellas Artes in Bilbao and Thyssen Bornemisza.

detail of Bull-Leaping Fresco (1700-1400 BC.) Stucco panel with scene in relief - 78.2 cm × 104.5 cm (30.8 in × 41.1 in) Heraklion archeological museum - Crete

 

Venne scoperto sopra un muro nel lato est del palazzo di Cnosso, nel cortile della bocca in pietra. Il suo principale soggetto è una scena di taurocatapsia, circondata da motivi lineari astratti di pietra. Tutto l'insieme è bidimensionale, eccetto le forti linee dei petti, gambe e cosce delle donne, che riflettono il tentativo artistico di conferire volume e profondità, raro per questo periodo.

Ai lati dell'immagine raffigurata del toro ci sono due donne, una delle quali tiene le corna del toro e l'altra, dalla parte opposta, tiene le sue braccia sollevate, mentre l'uomo si trova sulla schiena del toro. Le posizioni che essi assumono rivelano, come in una sequenza cinematografica, i tre momenti del gioco consistente nell'afferrare il toro per le corna, eseguire su di esso un doppio salto mortale, ricadere a terra restando in posizione verticale. La presenza contemporanea di atleti dei due sessi, inoltre, ci testimonia di una cultura nella quale, diversamente da quelle vicino-orientali, la donna iniziava a godere di un certo prestigio sociale.

Le prove archeologiche hanno dimostrato che il tipo di toro utilizzato era un incrocio, di razza gigante, tra un toro ed un uro, ora estinta in Europa. Aveva un'altezza alla spalla di oltre 180 cm e una dimensione degli zoccoli simile alle dimensioni di una testa umana

 

It was discovered on a wall in the east side of the palace of Knossos, in the courtyard of the mouth stone. Its main subject is a scene of bull-leaping, surrounded by abstract linear patterns of stone. The whole is two-dimensional, except the strong lines of the breasts, legs and thighs of women, reflecting the artistic attempt to give volume and depth, rare for this period.

On the sides of the image depicted the bull there are two women, one of which holds the bull's horns and the other, on the opposite side, holding his arms raised, while the man is on the back of the bull. The positions they assume reveal, as in a film sequence, the three moments of the game consists in grasping the bull by the horns, run over it a double somersault, fall to the ground remaining upright. The simultaneous presence of athletes of both sexes, also testifies to a culture in which, unlike those near-eastern, the woman began to be granted a certain social prestige.

Archaeological evidence has now uncovered that the type of bull used by ancient Minoan bull leapers was a cross breed giant aurochs bull, now extinct in Europe. It had a shoulder height of over 6 ft (180 cm) and a hoof size similar to the size of a human head

Chevrolet fue fundada el 3 de noviembre de 1911 por iniciativa del piloto de carreras suizo-francés Louis Chevrolet, en colaboración con el ingeniero francés Ettienne Planche y más tarde con el empresario William C. Durant, quien estuvo a cargo de la financiación del proyecto. La compañía había nacido como la Chevrolet Motor Car Company y su fundación fue la estrategia más eficaz planteada por Durant para retomar la conducción de la General Motors, de la cual fue expulsado en 1910 luego de su primera gran crisis financiera.

Tras la toma del control de la General Motors por parte de los organismos financieros, William C. Durant (quien no tenía el más mínimo conocimiento de mecánica, ni mucho menos estaba interesado en llevarla a la práctica) en su afán de querer recuperar su negocio perdido y viendo un gran futuro en la venta de automóviles, decidió invertir parte de su fortuna en la creación de una nueva marca de coches, con la cual poder recuperar lo que alguna vez fue suyo. Por su parte, Louis Chevrolet era un piloto suizo de carreras que había desembarcado en Estados Unidos y se había alistado en competencias de automovilismo, presentándose a correr principalmente con vehículos de la marca Buick perteneciente a General Motors. Estas competencias, animaron a Chevrolet a ser el creador de sus propios coches, para lo cual se alió con el ingeniero francés Ettienne Planche. Sin embargo, el capital monetario para financiar el proyecto no fue el suficiente como para que el mismo pueda emerger. Por tal motivo, ambos terminaron topándose con William C. Durant, quien les proveyó el apoyo financiero para la creación de la firma, además de mantener la idea inicial de utilizar el nombre de Chevrolet para bautizar a la compañía. Sin embargo, a pesar de bautizar a la firma con su nombre, Louis Chevrolet nunca pudo ser en sí su propietario, ya que la mayoría de las acciones quedaron en poder de Durant, dejándole a Louis un paquete minoritario.

El logo de Chevrolet surgió cuando Durant estaba en París en un viaje de negocios, y durante su estadía en un hotel parisino, observó que los decorados de las paredes de su habitación presentaban un extraño dibujo que mostraba un cuadrado mezclado con un paralelogramo, formando una inusual figura geométrica. Aquel dibujo captó fuertemente la atención de Durant, por lo que arrancó un trozo de ese decorado y se lo guardó en la billetera con el fin de poder implementarla a futuro en una nueva marca de automóviles. La primera vez que Chevrolet usó su logo "bowtie" fue en 1913.

El equipo inició sus acciones el 3 de noviembre de 1911, presentando como primera unidad el modelo Chevrolet Classic Six, un sedán que se presentó como novedad en el mercado, por la implementación de un motor de 6 cilindros en línea el cual fue considerado una rareza, ya que hasta ese momento se habían fabricado unidades con un máximo de 4 cilindros en línea. Pero lo que parecía que iba a ser una sociedad perfecta, terminó convirtiéndose en un verdadero conflicto que repercutió en los intereses de ambos socios. Por un lado, Chevrolet pretendió que sus coches sean reconocidos por su velocidad y su desempeño en competencias deportivas. Por el otro, Durant pretendió crear un vehículo más conservador, popular y accesible a todo el mundo. La crisis estalló luego de la adquisición por parte de Durant de la Little Motor Car Company, una pequeña empresa de automóviles de bajo consumo que había entrado en quiebra. De esa forma, la participación de Durant en la Chevrolet Motor Car Company aumentó considerablemente, lo que le permitió llevar adelante su deseo personal del coche popular. Con los pequeños motores de la Little, Durant comenzó a desarrollar su coche sobre la base del Chevrolet Classic Six. Sin embargo, la primera oposición la obtuvo de manera sorpresiva por parte de su mismísimo socio Louis Chevrolet, quien no quiso que su marca perdiese prestigio con este desarrollo. Ante esta actitud, Durant le sugirió la salida de la sociedad, ofreciéndole la compra de sus acciones. La transacción se realizó por una suma considerablemente baja, siendo que dichas acciones valdrían varios millones de dólares unos años más tarde.

Tras la salida de Louis Chevrolet de la Chevrolet Motor Car Company, Durant continuó con la expansión de la empresa manteniendo el nombre de la misma, ya que consideraba que su fonética afrancesada era un atractivo para el público y que al mismo tiempo le brindaba publicidad gratuita a costillas de su exsocio. Su plan comenzó presentando el modelo Chevrolet 490, un automóvil de bajo costo desarrollado con uno de los motores adquiridos a la Little Motor Car, y que se presentó como el primer oponente del urbano Ford T. La nomenclatura dada a este coche, tuvo que ver con el precio original con el que fue lanzado el modelo, ya que en ese entonces el Ford T valía 495 dólares, por lo que Durant redujo a 5 dólares el precio de ese coche para vender el suyo. La expansión que consiguió la Chevrolet Motor Car Company, permitió que William Durant vuelva a posicionarse dentro del mercado, de una forma tal que consiguió retomar el control de la General Motors, fusionando a Chevrolet con esta otra y convirtiéndola en la Chevrolet Division de la General Motors. El éxito en ventas de la marca, hizo de Chevrolet la marca más representativa de la GM y la terminó convirtiendo con el correr del tiempo en la marca más vendida del siglo XX.3

A todo esto, Louis Chevrolet continuaría con su idea de crear una marca de automóviles que se destaque por su prestigio deportivo. Con el dinero cobrado de la venta de sus acciones en la Chevrolet Motor Car, se asoció con su hermano Gastón Chevrolet, junto a quien creó la marca Frontenac, marca tomada de una bicicleta creada por Louis durante sus tiempos de vida en Suiza. Louis obtendría un marcado éxito como preparador, mientras que su hermano se destacaría al volante de sus unidades, siendo buenos rivales para marcas de la talla de Buick, Cadillac u Oldsmobile (curiosamente, todas marcas que respondían a la GM de Durant). Unos años más tarde Chevrolet recurriría nada más ni nada menos que a Henry Ford, con quien llegaría a un acuerdo para la producción en los talleres de Frontenac de nuevos cabezales para los motores de los Ford T. Ford aceptaría la propuesta de Chevrolet, logrando reacondicionar a su modelo con los cabezales provistos por Frontenac. A su vez, Chevrolet obtendría el permiso de parte de Ford para equipar a sus coches de competición con los renovados motores de Ford T, desarrollando los llamados Fronty-Fords (apócope de Frontenac + Ford). Con esta unidad, Gaston Chevrolet obtendría una victoria en las 24 horas de Daytona. Sin embargo, una serie de crisis financieras que tuvieran su pico en la Gran Depresión del año '29, derrumbarían el sueño de Louis, haciendo que la marca Frontenac, junto a otras marcas pequeñas, entren en la completa ruina. Para subsistir, Louis terminaría volviendo a General Motors, para pedir un puesto como obrero dentro de la fábrica. Ante esta situación, General Motors (afortunadamente para él, ya sin Durant al frente y con Pierre S. Dupont como presidente), le terminaría otorgando esta "ayuda", colocándolo como obrero dentro de las fábricas de la misma marca que llevara su apellido. Sin embargo, a pesar de haber trabajado muy duro dentro de ella, las muertes de sus hermanos Gastón y Arthur, sumados a sus deudas financieras, terminarían resquebrajando su salud, muriendo finalmente en 1941 en una completa pobreza y olvidado.

William Durant finalmente tendría un final similar, cuando en 1920 nuevamente volvía a poner a GM al borde de la quiebra, lo que le valió nuevamente la expulsión de la compañía, pero esta vez de manera definitiva. Ya no contaba con su cuantiosa fortuna familiar, la cual había sido derrochada en la creación de estas empresas y tratando de adquirir nuevas firmas para poder reinstalarse en el mercado. Sus maniobras bursátiles ya no surtían efecto, por lo que terminaría en la ruina, muriendo en el año 1947 y sufriendo el mismo final que su exsocio Louis Chevrolet, de cuya desgracia financiera fue uno de los principales responsables . (Wikipedia).

 

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Palacio del Marqués de Santa Cruz, Viso del Marqués, Ciudad Real, Castilla-La Mancha, España.

 

El palacio del Marqués de Santa Cruz es un edificio situado en el municipio de Viso del Marqués (Ciudad Real), en la Comunidad autónoma de Castilla-La Mancha, en España. Fue construido a finales del siglo XVI por Álvaro de Bazán, primer marqués de Santa Cruz. Actualmente es la sede del Archivo General de la Marina.

 

Fue construido entre 1564 y 1586 con modificaciones posteriores, y se trata de un edificio de planta cuadrada y estilo renacentista articulado en torno a un atrio renacentista con una tumba yacente. Los muros y techos se hallan cubiertos de frescos de doble temática: por un lado, escenas mitológicas y, por otro, batallas navales y ciudades italianas relacionadas con la trayectoria militar del marqués y de sus familiares. Los frescos se deben a unos pintores manieristas italianos, los Péroli. Al verlos, Felipe II les encargaría trabajos para El Escorial y el Alcázar de Toledo.

 

Para levantarlo, el marqués contrató a un equipo de arquitectos, pintores y decoradores que trabajaron en la obra desde 1564 hasta 1586. Para algunos, el diseño del edificio se debió al italiano Giovanni Battista Castello, conocido como el Bergamasco, que más tarde trabajó en El Escorial; para otros lo trazó, al menos en su plan original, Enrique Egas el Mozo.

 

La arquitectura se percibe como típica española, sin las arquerías italianas, con paramentos lisos y torres cuadradas en las esquinas, influidos por la austeridad de El Escorial y el Alcázar de Toledo, dentro de las relaciones armónicas características del Renacimiento. El espacio central está ocupado por un patio porticado que junto con la escalera forma un conjunto típicamente manierista entendido como estilo elegante y cortesano que desborda el marco meramente arquitectónico. Contaba con cuatro torres que, al parecer, se derrumbaron a consecuencia del Terremoto de Lisboa de 1755.

 

Las paredes están decoradas con 8.000 metros cuadrados de frescos manieristas elaborados por Giovanni Battista Peroli con Esteban Peroli y César de Bellis. Todos trabajaron para crear un espacio erigido a la mayor gloria de su dueño: por un lado, había que exaltar sus virtudes militares, y por el otro, enaltecer su linaje. Para lo primero, se pintaron en las paredes, las bóvedas y los techos del palacio vistas de ciudades y de puertos, así como los baluartes y las batallas en los que había conquistado su inmenso prestigio. A ambos lados de la escalera se ubicaron dos estatuas en las que aparecía representado como Neptuno (dios de los mares, con su tridente) y como Marte (dios de la guerra), y sobre las puertas del piso superior se colocaron los fanales de popa de las naves capitanas vencidas en las batallas, que eran los trofeos de los marinos. Para elogiar su linaje, y siguiendo la misma tradición renacentista de representar a hombres como dioses o semidioses de la antigüedad, se pintó a los antepasados del marqués y a sus esposas (tuvo dos) e hijos.

 

Estos dos grupos de representaciones se aderezaron con trampantojos, pinturas que simulaban puertas, columnas y otros elementos decorativos y arquitectónicos; y también con motivos grutescos que incluían animales mitológicos, sabandijas y follajes. Conforme una temática muy variada que se puede interpretar como defensa del catolicismo defendido en Trento.

 

Las estatuas sepulcrales de Alonso de Bazán (hermano de don Álvaro) y su esposa María de Figueroa, son el único ejemplo de escultura funeraria perteneciente al primer tercio del siglo XVII. Fueron ejecutados para el Monasterio de la Concepción que ocupaba la Comunidad de Religiosas Franciscas de El Viso del Marqués, ubicándose a día de hoy en el muro del Palacio más cercano a los jardines. Su creador fue Antonio de Riera, escultor relacionado con la corte de origen catalán. En ellas, aparecen los marqueses en actitud de orante, arrodillados en un reclinatorio, todo ello en mármol blanco que resalta sobre el mármol negro de los nichos. Se advierte en ellos cierta similitud con la elegancia y el clasicismo de los Leoni, a pesar de cierta rigidez formal, siendo de especial relevancia la forma en la que están ejecutadas las telas y el detalle de los vestidos.

 

The Palace of the Marquis of Santa Cruz is a building located in the municipality of Viso del Marqués (Ciudad Real), in the autonomous community of Castilla-La Mancha, Spain. It was built in the late 16th century by Álvaro de Bazán, the first Marquis of Santa Cruz. It currently houses the General Archive of the Navy.

 

Built between 1564 and 1586, with subsequent modifications, it is a square, Renaissance-style building centered around a Renaissance atrium with a recumbent tomb. The walls and ceilings are covered with frescoes depicting two themes: mythological scenes, and naval battles and Italian cities related to the military career of the Marquis and his family. The frescoes are by Italian Mannerist painters, the Pérolis. Upon seeing them, Philip II commissioned works from them for El Escorial and the Alcázar of Toledo.

 

To build it, the Marquis hired a team of architects, painters, and decorators who worked on the project from 1564 to 1586. Some believe the building was designed by the Italian Giovanni Battista Castello, known as El Bergamasco, who later worked at El Escorial; others believe it was designed, at least in its original plan, by Enrique Egas the Younger.

 

The architecture is perceived as typically Spanish, lacking the Italian arches, with smooth walls and square towers at the corners, influenced by the austerity of El Escorial and the Alcázar of Toledo, within the harmonious relationships characteristic of the Renaissance. The central space is occupied by a porticoed courtyard that, together with the staircase, forms a typically Mannerist ensemble, understood as an elegant and courtly style that transcends the purely architectural framework. It had four towers that apparently collapsed as a result of the Lisbon Earthquake of 1755.

 

The walls are decorated with 8,000 square meters of Mannerist frescoes created by Giovanni Battista Peroli with Esteban Peroli and César de Bellis. They all worked to create a space built to the greatest glory of its owner: on the one hand, to exalt his military virtues, and on the other, to honor his lineage. To this end, views of cities and ports, as well as the bastions and battles in which he had earned his immense prestige, were painted on the walls, vaults, and ceilings of the palace. On either side of the staircase were two statues depicting him as Neptune (god of the seas, with his trident) and Mars (god of war). Above the doors on the upper floor were the stern lanterns of defeated flagships, trophies of the sailors. To praise his lineage, and following the same Renaissance tradition of depicting men as gods or demigods of antiquity, the marquis's ancestors, his wives (he had two) and children were painted.

 

These two groups of representations were embellished with trompe l'oeil paintings simulating doors, columns, and other decorative and architectural elements; as well as grotesque motifs that included mythological animals, vermin, and foliage. This varied theme can be interpreted as a defense of the Catholicism championed in Trent.

 

The sepulchral statues of Alonso de Bazán (Don Álvaro's brother) and his wife María de Figueroa are the only examples of funerary sculpture dating from the first third of the 17th century. They were executed for the Monastery of the Concepción, which was occupied by the Community of Franciscan Nuns of El Viso del Marqués, and are now located on the wall of the Palace closest to the gardens. Their creator was Antonio de Riera, a sculptor of Catalan origin associated with the court. They depict the marquises in a prayerful attitude, kneeling on a prie-dieu. All in white marble, which stands out against the black marble of the niches. There is a certain similarity to the elegance and classicism of the Leoni family, despite their formal rigidity, with the execution of the fabrics and the detail of the dresses being particularly noteworthy.

detail of Bull-Leaping Fresco (1700-1400 BC.) Stucco panel with scene in relief - 78.2 cm × 104.5 cm (30.8 in × 41.1 in) Heraklion archeological museum - Crete

 

Venne scoperto sopra un muro nel lato est del palazzo di Cnosso, nel cortile della bocca in pietra. Il suo principale soggetto è una scena di taurocatapsia, circondata da motivi lineari astratti di pietra. Tutto l'insieme è bidimensionale, eccetto le forti linee dei petti, gambe e cosce delle donne, che riflettono il tentativo artistico di conferire volume e profondità, raro per questo periodo.

Ai lati dell'immagine raffigurata del toro ci sono due donne, una delle quali tiene le corna del toro e l'altra, dalla parte opposta, tiene le sue braccia sollevate, mentre l'uomo si trova sulla schiena del toro. Le posizioni che essi assumono rivelano, come in una sequenza cinematografica, i tre momenti del gioco consistente nell'afferrare il toro per le corna, eseguire su di esso un doppio salto mortale, ricadere a terra restando in posizione verticale. La presenza contemporanea di atleti dei due sessi, inoltre, ci testimonia di una cultura nella quale, diversamente da quelle vicino-orientali, la donna iniziava a godere di un certo prestigio sociale.

Le prove archeologiche hanno dimostrato che il tipo di toro utilizzato era un incrocio, di razza gigante, tra un toro ed un uro, ora estinta in Europa. Aveva un'altezza alla spalla di oltre 180 cm e una dimensione degli zoccoli simile alle dimensioni di una testa umana

 

It was discovered on a wall in the east side of the palace of Knossos, in the courtyard of the mouth stone. Its main subject is a scene of bull-leaping, surrounded by abstract linear patterns of stone. The whole is two-dimensional, except the strong lines of the breasts, legs and thighs of women, reflecting the artistic attempt to give volume and depth, rare for this period.

On the sides of the image depicted the bull there are two women, one of which holds the bull's horns and the other, on the opposite side, holding his arms raised, while the man is on the back of the bull. The positions they assume reveal, as in a film sequence, the three moments of the game consists in grasping the bull by the horns, run over it a double somersault, fall to the ground remaining upright. The simultaneous presence of athletes of both sexes, also testifies to a culture in which, unlike those near-eastern, the woman began to be granted a certain social prestige.

Archaeological evidence has now uncovered that the type of bull used by ancient Minoan bull leapers was a cross breed giant aurochs bull, now extinct in Europe. It had a shoulder height of over 6 ft (180 cm) and a hoof size similar to the size of a human head

Edificios del siglo XXI, viviendas con estilo… integradas en el Pau de Carabanchel diseñan un formato nuevo de barrio… unas de índole social, y otras privadas, llamadas “La Moraleja del Sur” debido a su precio y dotaciones son el barrio de La Peseta, plan urbanístico de Latina y Carabanchel planificado en la década de los 90, Premio de Urbanismo del Ayuntamiento de Madrid en el 93, que fueron desarrolladas por la Empresa Municipal de la Vivienda. Ésta sacó a concurso la construcción de las mismas, posibilitando a arquitectos prestigiosos pudiesen ser los que desarrollaran estos proyectos y de este modo tener viviendas públicas singulares de calidad y prestigio… con personalidad.

Viviendas que se fueron construyendo en la decada de los 2000, y que hoy dia conforman el mayor crecimiento del distrito en toda su historia.

 

Buildings of the 21st century, stylish homes ... integrated in the Pau de Carabanchel design a new neighborhood format ... some of a social nature, and others private, called "La Moraleja del Sur" due to its price and endowments are the neighborhood of La Peseta , urban plan of Latina and Carabanchel planned in the 90s, Urbanism Prize of the City of Madrid in 93, which were developed by the Municipal Housing Company. This one took out the construction of the same, allowing prestigious architects could be the ones to develop these projects and thus have unique public housing of quality and prestige ... with personality.

Homes that were built in the 2000s, and today make up the largest growth of the district in its history.

 

Warning

You are more than welcome to comment my photography and even leave the name of your group. But please do not leave one of those big logos, that are flooding the network. Thank also for the + 5 million visits that I receive in networks.

to see my photography go to:

www.flickr.com/photos/agustinruiz/

500px.com/agustin_ruiz_morilla

vimeo.com/agustinruizmorilla

Desde hace varios años el Sistema educativo de Cuba ha sido distinguido por su alta calidad. La Universidad de la Habana fue fundada en 1727 y hay varias otras universidades y colegios de mucho prestigio. Luego del triunfo de la revolución de 1959, el gobierno nacionalizó todas las instituciones educativas y creó un sistema operado exclusivamente por el estado. Según un informe elaborado por el Consejo Económico y Social de la ONU, el sistema educativo presenta una orientación ideológica de carácter marxista, en concordancia con la constitución vigente, aprobada en 1976. El gobierno de la isla considera el éxito de la educación como uno de los máximos logros de la revolución socialista.

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Fuente Wikipedia.

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For several years the Cuban educational system has been distinguished by its high quality. The University of Havana was founded in 1727 and there are several other universities and colleges of much prestige. After the triumph of the 1959 revolution, the government nationalized all educational institutions and created a system operated exclusively by the state. According to a report prepared by the UN Economic and Social Council, the educational system has an ideological orientation of a Marxist character, in accordance with the current constitution, adopted in 1976. The island government considers the success of education as one of the maximum achievements of the socialist revolution.

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Source Wikipedia.

  

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The Merchants' Market

If a building could symbolize the strength and richness of the flourishing Valencian XV century, this would undoubtedly be La Lonja. Shows the scope of the commercial revolution in the Middle Ages, social development and prestige achieved by the Valencian bourgeoisie. It is the most singularly beautiful piece of Valencian civil architecture in the Late Middle Ages.

The market of Valencia is one of the emblematic buildings of the city, a masterpiece of Gothic civil architecture, and a marvel of Gothic stone. The so-called Lonja de la Seda or Mercaderes is a 15th century building that, in addition to being a World Heritage Site, is considered to be the brightest example of European civil Gothic architecture.

  

La Lonja de los Mercaderes

Si un edificio pudiera simbolizar la pujanza y la riqueza del floreciente siglo XV valenciano, éste sería sin lugar a dudas La Lonja. Muestra del alcance de la revolución comercial en el Medievo, del desarrollo social y del prestigio alcanzado por la burguesía valenciana. Es la pieza más singularmente bella de la arquitectura civil valenciana en la Baja Edad Media.

La lonja de Valencia es uno de los edificios emblemáticos de la ciudad, pieza maestra de la arquitectura civil gótica, y maravilla en piedra gótica. La llamada Lonja de la Seda o de los Mercaderes es un edificio del siglo XV que además de Patrimonio de la Humanidad está considerado como el más brillante ejemplo del gótico civil europeo.

Calle Arbat, Moscú - Arbat Street, Moscow - У́лица Арба́т, Москва

 

La calle Arbat (en ruso: У́лица Арба́т)? es una calle peatonal de un kilómetro de largo, aproximadamente, en el centro histórico de Moscú, Rusia. Popularmente conocida como «el Arbat», ha existido por lo menos desde el siglo XV, por lo que se trata de una de las calles más antiguas que sobreviven en la capital rusa. Constituye el corazón del distrito moscovita de Arbat. Originalmente la calle formaba parte de una ruta comercial importante y fue el hogar de un gran número de artesanos.

En el siglo XVIII, la nobleza rusa llegó a considerar la calle Arbat como el salón de mayor prestigio en Moscú, resultando destruida casi completamente por un gran incendio durante la ocupación de Napoleón de Moscú en 1812 y hubieron de reconstruirla.1 En los siglos XIX y XX se la conocía como el lugar donde vivía la pequeña nobleza, artistas y académicos. En la época soviética vivían allí muchos funcionarios gubernamentales de alto rango.

Hoy en día la calle y sus alrededores están experimentando una gentrificación y se considera un lugar deseable para vivir. Debido a los muchos edificios históricos y los numerosos artistas que han vivido y trabajado en la calle, la calle Arbat es también una importante atracción turística.

 

es.wikipedia.org/wiki/Calle_Arbat

 

Arbat Street (Russian: Арба́т), mainly referred to in English as the Arbat, is a pedestrian street about one kilometer long in the historical centre of Moscow, Russia. The Arbat has existed since at least the 15th century, which makes it one of the oldest surviving streets of the Russian capital. It forms the heart of the Arbat District of Moscow. Originally the street formed part of an important trade-route and was home to a large number of craftsmen.

In the 18th century, the Russian nobility came to regard the Arbat as the most prestigious living area in Moscow. Almost completely destroyed by the great fire of 1812 associated with Napoleon's occupation of Moscow, the street required rebuilding. In the 19th and early 20th centuries it became known as the a place where petty nobility, artists, and academics lived. In the Soviet period, it housed many high-ranking government officials.

As of 2016, the street and its surroundings are undergoing gentrification, and it is considered a desirable place to live. Because of the many historic buildings, and due to the numerous artists who have lived and worked in the street, the Arbat has also become an important tourist attraction.

 

en.wikipedia.org/wiki/Arbat_Street

 

SANTA MARÍA ASSUMPTA

Una de las atracciones más populares de Positano. Ésta iglesia fascina a los visitantes por su bella arquitectura y antiguo arte religioso.

Una cúpula central revestida de azulejos amarillos, verdes y azules de mayólica hacen de la iglesia de Santa María Assunta uno de los lugares más característicos de Positano. Esta estructura del siglo X se construyó donde yació una antigua abadía benedictina dedicada a San Vito, el santo patrón de Positano.

La Iglesia de Santa María Assunta en Positano solía ser un gran ejemplo del arte medieval, cuya historia estaba profundamente ligada al monasterio benedictino de Santa María. Según la leyenda, el monasterio fue erigido en honor a un icono bizantino que representa a la Virgen María, que aún es venerado por los lugareños.

La abadía tuvo cierto prestigio hasta la primera mitad del siglo XV, cuando el último abad benedictino Antonio Acciappaccia di Sorrento y sus monjes, cansados de ser asaltados por violentos saqueadores provenientes de la costa de Cilento , abandonaron el monasterio.

Unos años más tarde la iglesia fue asignada a Nicola Miroballi, abad comendatario y más tarde nombrado arzobispo de Amalfi . Salvo algunas excepciones, la "época de los abades comendadores" fue en general fatídica: a pesar de las obras de restauración realizadas a principios del siglo XVII, la iglesia fue quedando en ruinas. El clero local privó de su poder al último abad comendatario, Liborio Marra, e inició las verdaderas obras de restauración en 1777. Las obras terminaron finalmente en 1783, y el icono de la Virgen fue coronado con una corona de oro.

 

Positano es una comuna italiana de 3862 habitantes, localizada en la región de Campania, en el sur de Italia, situada a la orilla del golfo de Salerno, a unos 40 km de Nápoles. Es, junto con Ravello y Amalfi, el destino turístico más importante de la Costa Amalfitana (Costiera Amalfitana).

Parte integrante de la antigua República Amalfitana, una de las más pujantes de Italia durante la Alta Edad Media, su activo puerto entró en decadencia como consecuencia de la desaparición de la república debido a las incursiones de Roger II de Sicilia y los pisanos. Durante parte de los siglos XIX y XX, una porción significativa de los habitantes del pueblo emigraron a Estados Unidos para huir de la pobreza.

La suerte del pueblo comenzó a cambiar en los años 1950 gracias al turismo. Un suave clima unido a un bellísimo entorno propició la llegada de turistas adinerados de toda Europa y los Estados Unidos. Uno de los más ilustres visitantes del pueblo, el novelista estadounidense John Steinbeck contribuyó a dar a conocer el atractivo del pueblo con su artículo de mayo de 1953 en el Harper's Bazaar: "Positano bites deep, it is a dream place that isn’t quite real when you are there and becomes beckoningly real after you have gone". ("Positano te marca. Es un lugar de ensueño que no parece real mientras se está allí, pero que se hace real en la nostalgia cuando te has ido").

Entre los productos de Positano destacan la moda, la cerámica, el “limoncello” y "albertissimo".

Como parte de la Costa Amalfitana, Positano ha sido declarada Patrimonio de la Humanidad por la Unesco. (Wikipedia)

 

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Módena (Mòdna en dialecto modenés; Modena en italiano) es una ciudad italiana, capital de la provincia de Módena, en la región Emilia-Romaña. Cuenta con una población de 184 973 habitantes. La catedral, la Torre Cívica («Ghirlandina») y la Piazza Grande de la ciudad están declaradas Patrimonio de la Humanidad por la Unesco.

Módena queda en la llanura padana, y está rodeada por dos ríos, el Secchia y el Panaro, ambos afluentes del Po. Su presencia está simbolizada por la fuente de los dos ríos, en el centro de la ciudad, obra de Giuseppe Graziosi. La ciudad está conectada con el Panaro a través del canal Naviglio.

La cordillera de los Apeninos comienzan a unos 10 kilómetros al sur de la ciudad.

 

Módena es un importante centro industrial. La ciudad se ubica en el corazón de la «Motor Valley» que forma un conjunto de grupos industriales prestigios así como numerosos circuitos y museos. Las empresas Lamborghini, Pagani, Ferrari y Maserati tienen su sede dentro de un radio de 20 km alrededor de Módena.

 

Ubicado en la llanura Padana, el territorio modenés dispone de importantes riquezas gustativas. Su producto líder es el vinagre balsámico producido en los dominios agrícolas en el entorno de Módena. La base de su elaboración son las uvas cosechadas en los viñedos de la provincia. El lambrusco, vino rosado burbujeante, tiene como origen las viñas cercanas de Módena y Reggio Emilia. Además, Módena es la tierra del queso parmigiano reggiano y del jamón de Módena. Junto con Bolonia, Módena comparte el lugar de origen de la pasta tortellini.

 

El Duomo de Módena, la Torre Ghirlandina y la Piazza Grande están incluidos desde 1997 dentro del Patrimonio mundial de la UNESCO. El arquitecto Lanfranco y el escultor Wiligelmo erigieron el Duomo en el siglo XII por San Geminiano, obispo de Módena y Santo Patrón de la ciudad. Entre 1179 y 1319 se construyó la torre Ghirlandina asociada con el Duomo. Su nombre de Ghirlandina -guirnalda- resulta de su forma y recuerda la torre Giralda de Sevilla.

Durante más de dos siglos, la familia Este tenía como sede el Palazzo Ducale (palacio ducal). Hoy en día, este palacio recibe la Academia militar.

El Palazzo Comunale –ayuntamiento– cuya la fachada está en la Piazza Grande abarca un conjunto de edificios más antiguos. Dentro del edificio se encuentra la Secchia rapita –el cubo raptado- uno de los símbolos de la ciudad. La estatua de la Bonissima, símbolo de bondad, está posada en la esquina exterior del Palazzo Comunale.

Iglesias. Módena es una ciudad rica en iglesias, se cuentan más de quince en el casco histórico. También es importante nombrar a la iglesia de Santa María Pomposa, la iglesia del Voto o la iglesia de San Vicenzo. Existe también una sinagoga ubicada cerca del Palazzo Comunale.

En el mercado Albinelli se reúnen cada día productores locales de vinagre balsámico, jamón curdo o queso, entre otros.

es.wikipedia.org/wiki/M%C3%B3dena

 

Modena is a city and comune (municipality) on the south side of the Po Valley, in the Province of Modena, in the Emilia-Romagna region of northern Italy.

A town, and seat of an archbishop, it is known for its car industry since the factories of the famous Italian upper-class sports car makers Ferrari, De Tomaso, Lamborghini, Pagani and Maserati are, or were, located there and all, except Lamborghini, have headquarters in the city or nearby. One of Ferrari's cars, the 360 Modena, was named after the town itself. Ferrari's production plant and Formula One team Scuderia Ferrari are based in Maranello south of the city.

The University of Modena, founded in 1175 and expanded by Francesco II d'Este in 1686, focuses on economics, medicine and law, and is the second oldest athenaeum in Italy. Italian military officers are trained at the Military Academy of Modena, and partly housed in the Baroque Ducal Palace. The Biblioteca Estense houses historical volumes and 3,000 manuscripts. The Cathedral of Modena, the Torre della Ghirlandina and Piazza Grande are a UNESCO World Heritage Site since 1997.

Modena is also known in culinary circles for its production of balsamic vinegar.

Famous Modenesi include Mary of Modena, the Queen consort of England and Scotland; operatic tenor Luciano Pavarotti and soprano Mirella Freni, born in Modena itself; Enzo Ferrari, eponymous founder of the Ferrari motor company; Catholic priest Gabriele Amorth; chef Massimo Bottura; comics artist Franco Bonvicini; the band Modena City Ramblers and singer-songwriter Francesco Guccini, who lived here for several decades.

The Duomo of Modena, the Ghirlandina Tower and Piazza Grande have been included since 1997 as a UNESCO World Heritage Site. The architect Lanfranco and the sculptor Wiligelmo erected the Duomo in the 12th century for Saint Geminiano, bishop of Modena and Patron Saint of the city. Between 1179 and 1319 the Ghirlandina tower associated with the Duomo was built. Its name of Ghirlandina -garland- results from its shape and is reminiscent of the Giralda tower in Seville.

For more than two centuries, the Este family had the Palazzo Ducale (ducal palace) as its headquarters. Today, this palace houses the Military Academy.

The Palazzo Comunale –town hall– whose façade is on the Piazza Grande encompasses a group of older buildings. Inside the building is the Secchia rapita – the kidnapped cube – one of the symbols of the city. The statue of Bonissima, a symbol of goodness, is perched in the outer corner of the Palazzo Comunale.

Churches. Modena is a city rich in churches, there are more than fifteen in the historic center. It is also important to name the church of Santa María Pomposa, the church of the Vow or the church of San Vicenzo. There is also a synagogue located near the Palazzo Comunale.

Local producers of balsamic vinegar, curd ham or cheese, among others, meet every day at the Albinelli market.

en.wikipedia.org/wiki/Modena

 

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