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La coque du patrouilleur polaire est arrivée hier à Concarneau.
Réalisée par le chantier polonais Crist, qui a travaillé en sous-traitance de Piriou, elle a été remorquée depuis Gdansk et va désormais être armée.
Le patrouilleur polaire effectuera des missions à la fois régaliennes et logistiques.
"The body is a device to calculate
the astronomy of the spirit.
Look through that astrolab
and become oceanic..."
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Hair / + Sonata Hair + {Aii & Ego's HAIR HELL}
Hairpin / Rivendale ~ Timeless Hairpins
Goggles / Insomnia Angel . Honoria mono-goggles
Outfit / [SOMNIUM] Artificer's
Astrolabe / Quills & Curiosities - Chronomancer's Astrolabe
Planetarium / [CC] Fabulous Planet Orb - Brass Set
Telescope / Dirty Rat - Large Telescope
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Photo de la statue de Champlain surplombant l’horizon urbain.
Statue de Samuel de Champlain
La statue de Champlain se trouve à la pointe Nepean, à Ottawa, derrière le Musée des beaux-arts du Canada.
Explorateur, géographe et cartographe, Samuel de Champlain (1567-1635) a fondé Québec en 1608. En 1613, il a exploré la rivière des Outaouais.
Cette statue commémore le 300e anniversaire du second voyage de Champlain sur la rivière des Outaouais. Elle est érigée à l’endroit même où il aurait fait son observation solaire lors de son expédition de 1615.
Champlain savait certainement se servir d’un astrolabe, instrument de navigation ancien, mais pas le sculpteur. L’explorateur tient en effet l’instrument à l’envers!
Cette statue réalisée en 1915 est l’œuvre de Hamilton MacCarthy.
My best photo according to Flickr I think. It does exude that strange academia vibe, and I think the title does match it pretty well. I wish I did not have that damn costume on the right though, sort of ruins it.
L'anno scorso, come già accennato, ho visitato la mostra “L'Istante e l'Eternità” allestita nei vasti spazi del Museo epigrafico, all'interno delle Terme di Diocleziano.
La prima grandissima aula era affollata di opere antiche messe in cerchio: bambini, adolescenti, busti di donne dall'acconciatura elaborata, un arringatore di bronzo che sembrava dovesse prendere la parola da un momento all'altro, l'Ercole di marmo da poco ritrovato in un parco vicino casa mia, guerrieri in pietra di varia provenienza ed epoche, combattenti italici rappresentati con magnifiche stele appena sbozzate, una splendida Kore stilizzata, alta due metri e mezzo, risalente al settimo secolo prima di Cristo, proveniente dall'isola di Santorini.
I personaggi, ognuno con una storia da raccontare, sembravano chiedere a noi di fermarci per un istante ad ascoltare il loro vissuto.
La Kore, mia sorella greca, così alta, solenne, parlava della mia adolescenza inquieta e raccontava la sua, così simile e così diversa dalla mia. Sapevo tutto di lei, sapevo perché avesse una mano poggiata sul cuore. Avevamo camminato sugli stessi prati, a volte piene di gioia, altre con sensazioni di paura e confusione, fino a che la vita vera, all'improvviso - un improvviso per me durato anni - ci aveva costrette a crescere.
Duemilasettecento anni prima della nostra era, nelle Cicladi, uno scultore, osservando lo sbocciare di una fanciulla aveva fermato l'attimo in cui lei, guardandolo con occhi d'amore, aveva poggiato la mano sul cuore.
“L'eternità di un istante” si leggeva nell'aula riservata ai calchi di due maschi, uno sui trentanni, l'altro diciottenne, morti a Pompei nell'eruzione del Vesuvio, nel 79 dopo Cristo. In un istante tutto si era compiuto e quei corpi, colti mentre cercavano di difendersi da cenere e lapilli infuocati erano rimasti, nei secoli, a testimoniare frammenti di vita spezzata nel pieno delle potenzialità.
La bellezza delle ville e delle case del comprensorio vesuviano sepolte dalla lava hanno lasciato prove di una civiltà dedita al culto del bello e dei piaceri della vita, stanze affrescate in modo mirabile, raffinate abitazioni progettate da architetti d'ingegno, biblioteche ricchissime come quella rinvenuta sotto Ercolano nella cosiddetta Villa dei Papiri, in cui furono trovate molte statue, tra cui alcune in bronzo di pregevolissima fattura. Nella villa, inoltre, furono rinvenuti circa duemila rotoli di papiro contenenti opere filosofiche e letterarie, segno dell'amore per la cultura del ricco proprietario.
Nella mostra i due giovani corridori in bronzo della Villa dei Papiri, ripresi nello scatto di inizio gara, erano posizionati vicino al monumentale carro da sposa a quattro ruote ornato da medaglioni in rilievo con scene erotiche e di rapimento, scene certamente riconducibili a un carro cerimoniale destinato a trasportare la fanciulla verso la casa dello sposo.
Sebbene la Kore, nella sua arcaicità, fosse ritratta immobile e in posa ieratica come le statue cicladiche che l'avevano preceduta duemila anni prima, percepivo il battito del suo cuore mentre si offriva allo sguardo dello scultore, sentivo lo stridore delle enormi ruote del carro lungo i selciati delle vie pompeiane e le grida dei passanti al transito del fastoso convoglio nuziale, con la puella adorna di gioielli a bordo; sentivo l'ansimare dei giovani in corsa, gli splendidi occhi d'avorio fissi verso la meta. Frammenti di un passato di nuovo presente grazie alla maestria di artigiani e artisti che avevano lavorato affinché la memoria non svanisse.
La memoria, che i Greci personificarono in Mnemosine, una degli innumerevoli figli degli dei primigeni Urano e Gea, ossia il Cielo e la Terra, era una titanessa e presiedeva a ciò che può definirsi propriamente umano: il ricordare, la capacità di testimoniare gli eventi passati attraverso l'esercizio e l'uso costante delle facoltà mnemoniche. Come dimenticare il pianto di Ulisse, quando naufrago, alla corte dei Feaci, sente raccontare la propria storia dall'aedo cieco Demodoco? La commozione di Ulisse è quella di tutti noi, siamo noi col nodo alla gola quando all'improvviso dal passato ci viene incontro qualcuno o qualcosa che ci riporta un brandello di tempo vissuto, un tempo che ci ha segnati indelebilmente tanto che oggi non siamo più gli stessi, un tempo in cui non eravamo coscienti nel modo in cui lo siamo oggi, e osserviamo con sgomento un io che siamo ancora e tuttavia non è più lo stesso.
Che cos'è il tempo? Esiste veramente o è una convenzione per dare nome al flusso inarrestabile di ore, giorni, notti, anni in cui siamo immersi? Come si può dare un esempio tangibile della sua misurazione? La fantasia e l'abilità degli umani ne hanno dato prove concrete: in mostra una molteplicità di strumenti dall'antichità fino al Rinascimento e oltre: meridiane, astrolabi, sfere armillari, orologi da viaggio, calendari agrari incisi su marmo.
In un frammento di affresco di una villa di Stabia era visibile una sfera armillare al cui interno due figure femminili, l'estate e l'autunno, aiutate da due amorini, uno con un fascio di spighe e l'altro con una lepre in mano, sembrano dare il via al movimento del tempo; la figura dell'estate ha perfino il mantello azzurro che si gonfia come per un colpo di vento.
Impossibile parlare di tutti i trecento oggetti in mostra, mi piace ricordare, però, l'ara di marmo (primo sec. d.C.) di un oculista, Terentius, su cui fu inciso il tempo esatto della sua esistenza: “Ottantasette anni, cinque mesi, ventiquattro giorni, dieci ore”. Terenzio aveva tenuto conto di tutti i momenti vissuti annotandoli giorno dopo giorno con una precisione da contabile. Chissà quale era lo strumento di cui si era servito, faticoso incidere con la cera sulle tavolette, trovare lo spazio per conservarle, ma il fatto più coinvolgente è che qualcuno, presumibilmente la madre, gli aveva raccontato con precisione il momento in cui era venuto al mondo; in un'epoca in cui questi dettagli erano riservati solo alle leggende dei capostipiti o dei re, questo racconto delle sue origini, accolto con gioia, aveva accompagnato il bambino e poi l'uomo dandogli un forte senso di identità, tanto da sostenerlo per tutto il tempo del suo stare al mondo; traspariva da quelle annotazioni meticolose amore per la vita, la coscienza di esserci, la volontà di essere ricordato. Come se non ci dividessero duemila anni, sembra di sentire ancora chiaro e forte l'avvertimento di Terenzio: amatela la vita, fino all'ultimo respiro, amatela, perché è una sola e va goduta in tutto ciò che essa ci riserva.
à gauche : •le Yantra Raj, est un double astrolabe géant constitué de deux disques, l’un en laiton, l’autre en fer, suspendus à des poutres de bois, il sert de carte céleste
à droite •le Jaya Prakash Yantra (ou Jai Prakash Yantra) est composé de deux scaphés géants ; en voici l'un des deux
Le terme « scaphé » désigne un cadran solaire concave Un scaphé est constitué d'une demi-sphère horizontale creusée dans une pierre, au centre de laquelle est placé un gnomon, dont l'extrémité est au niveau du bord de la demi-sphère. Au cours d'une journée, l'ombre du gnomon décrit un arc de cercle sur l'hémisphère creux : il débute dans la direction de l'ouest sur le bord du cadran, passe au midi solaire sur le grand cercle vertical orienté au nord et termine sa course le soir vers l'est sur l'autre bord. Le tracé de l'ombre est gravé sur le scaphé pour le solstice de décembre (ligne supérieure), le solstice de juin (ligne inférieure) et les équinoxes de mars et septembre (ligne médiane). Ces tracés sont divisés en 12 parties égales ; les points correspondants des trois tracés sont reliés par des lignes, partageant ainsi la durée du jour, entre le lever et le coucher du soleil, en 12. En dehors des équinoxes, ces « heures » ne sont pas d'une durée égale ; elles sont appelées « heures temporaires » ou « heures bibliques». Ce système permet de tracer les lignes avec seulement trois mesures dans l'année, au lieu de devoir réaliser de nombreuses mesures tout au long de l'année avec un cadran solaire plan
C'est quelque peu complexe Non ? ! 😜
(From my own archived digital photos, 2017)
This astrolabe, which would delight any astronomical navigation enthusiast, is in a display case at the National Archaeological Museum (MAN) in Madrid, Spain.
The explanatory text on the MAN website reads:
This Andalusian astrolabe has five plates that serve for 11 latitudes, among which those corresponding to Mecca, Toledo, and Seville stand out.
Its spider has indicators for 24 stars.
On the back, it is engraved with the zodiacal calendar, the shadow square, and an inscription in Kufic characters with the name of its creator (Ibrahim ibn Sa'id al-Shali, famous Andalusian astronomer) and its construction date: 459 AH (1067 AD).
Its alidade and front slab are from a later period.
www.man.es/man/dam/jcr:f4eec240-077f-4a29-a5dc-8c51511e91...
ASTROLABIO ANDALUSÍ DE IBN SAID (SIGLO XI) 2017
(De mis propias fotos digitales archivadas, año 2017)
Este astrolabio, que haría las delicias de cualquier aficionado a la navegación astronómica, está en una vitrina del Museo Arqueológico Nacional (MAN) de Madrid, España.
El texto explicativo en la web del MAN dice:
Este astrolabio andalusí tiene cinco láminas que sirven para 11 latitudes, entre las que destacan las correspondientes a La Meca, Toledo o Sevilla.
Su araña tiene indicadores para 24 estrellas.
En el dorso, tiene grabado el calendario zodiacal, el cuadrado de sombras y una inscripción en caracteres cúficos con el nombre de su autor (Ibrahim ibn Sa’id al-Shali, célebre astrónomo andalusí) y su fecha de construcción: año 459 de la Hégira (1067 d.C.).
Su alidada y la regleta frontal son de época posterior.
www.man.es/man/dam/jcr:f4eec240-077f-4a29-a5dc-8c51511e91...
apps.gagalabs.com/flickr/interestingby?id=37926701@N04
Le città invisibili di Claudio Cumin
In Mostra alla
Sala Comunale d'Arte G. Negrisin
Piazza Marconi, 1 - Muggia (Trieste)
dall 8 febbraio all 4 marzo 2012
Le città e il desiderio. 1.
Della città di Dorotea si può parlare in due maniere: dire che quattro torri d’alluminio s’elevano dalle sue mura fiancheggiando sette porte dal ponte levatoio a molla che scavalca il fossato la cui acqua alimenta quattro verdi canali che attraversano la città e la dividono in nove quartieri, ognuno di trecento case e settecento fumaioli; e tenendo conto che le ragazze da marito di ciascun quartiere si sposano con giovani di altri quartieri e le loro famiglie si scambiano le mercanzie che ognuna ha in privativa: bergamotti, uova di storione, astrolabi, ametiste, fare calcoli in base a questi dati fino a sapere tutto quello che si vuole della città nel passato nel presente nel futuro; oppure dire come il cammelliere che mi condusse laggiú: “Vi arrivai nella prima giovinezza, una mattina, molta gente andava svelta per le vie verso il mercato, le donne avevano bei denti e guardavano dritto negli occhi, tre soldati sopra un palco suonavano il clarino, dappertutto intorno giravano ruote e sventolavano scritte colorate. Prima d’allora non avevo conosciuto che il deserto e le piste delle carovane. Quella mattina a Dorotea sentii che non c’era bene della vita che non potessi aspettarmi. Nel seguito degli anni i miei occhi sono tornati a contemplare le distese del deserto e le piste delle carovane; ma ora so che questa è solo una delle tante vie che mi si aprivano quella mattina a Dorotea”.
Le città invisibili
di Italo Calvino
Einaudi, Torino 1972
My portfolio of Città invisibili portfolio.fotocommunity.it/claudionimuc
La bibliothèque parlementaire, la rivière des Outaouais, la rive sud de l’île de Hull, au Québec, et la pointe de Nepean, en Ontario, Canada.
Une vue à partir du sommet de la tour de la Paix de l'Édifice du Centre, 111 Wellington Street.
La Bibliothèque du Parlement de forme ronde a ouvert ses portes en 1876 et est la seule partie de l’Édifice du Centre original qui a survécu à l’incendie de 1916. Elle surplombe la rivière des Outaouais du haut de sa falaise. À cet endroit, la frontière entre le Québec et l’Ontario se dessine au milieu de la rivière des Outaouais.
À gauche du panorama on reconnaît l’architecture caractéristique des deux pavillons du Musée canadien de l'histoire (Canadian Museum of History), anciennement Musée canadien des civilisations. Le bâtiment du musée a été dessiné par Douglas Cardinal, architecte autochtone réputé formé à l’Université de la Colombie-Britannique, et à l’Université du Texas à Austin. Le pavillon de gauche est surnommé le Pavillon du Glacier et celui de droite, le Pavillon du Bouclier Canadien. Il s'agit du musée canadien le plus populaire et le plus fréquenté. Il est situé à Gatineau au Québec, dans le secteur de l'ancienne ville de Hull, sur la rive nord de la rivière des Outaouais. Il fait face à la colline du Parlement d'Ottawa et au Musée des beaux-arts du Canada.
Au centre, on peut voir le pont Alexandra ou le pont Interprovincial construit de 1898 à 1901.
À droite, on distingue la pointe Nepean est l’un des belvédères les plus spectaculaires de la capitale du Canada, ce qui en fait une destination de premier ordre. Elle se trouve derrière le Musée des beaux-arts du Canada, à Ottawa. C’est à Evan Nepean, chef du British Colonial Office, que la pointe Nepean doit son nom officiel depuis 1876.
Sur cette pointe se dresse la statue de Champlain. Explorateur, géographe et cartographe, Samuel de Champlain (1567-1635) a fondé Québec en 1608. En 1613, il a exploré la rivière des Outaouais. Cette statue commémore le 300e anniversaire du second voyage de Champlain sur la rivière des Outaouais. Elle est érigée à l’endroit même où il aurait fait son observation solaire lors de son expédition de 1615. Cette statue réalisée en 1915 est l’œuvre de Hamilton MacCarthy. Champlain savait certainement se servir d’un astrolabe, instrument de navigation ancien, mais pas le sculpteur. L’explorateur tient en effet l’instrument à l’envers!
La ville d’Ottawa située dans la province de l’Ontario est la capitale du Canada. L'emplacement de la capitale canadienne fut choisi par la reine Victoria et ses conseillers en 1857. Ce choix fut réalisé en raison de trois facteurs majeurs : la position entre la population majoritairement francophone du Canada-Est et la population majoritairement anglophone du Canada-Ouest, la distance vis-à-vis de la frontière avec les États-Unis et son statut de point de commerce avec les peuples autochtones.
Saint-Omer (Pas-de-Calais) - Cathédrale Notre-Dame - Horloge astronomique (1558).
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Elle est le fait de Pierre Enguerran, horloger de Saint-Omer, sur commande du chapitre de la Collégiale à la date du 16 août 1555. Le cadran astrolabique est encore dans son état originel..
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fr.wikipedia.org/wiki/Cath%C3%A9drale_Notre-Dame_de_Saint...
L'horloge astronomique
La première mention d'une horloge astronomique date d'un acte capitulaire, daté du 23 novembre 1379, qui nomme le sieur Loyat recteur et gouverneur de l'horloge ; un acte du 29 juillet 1393 confirme que l'instrument est situé dans le bras gauche du transept, à côté de la chapelle de Saint-Jean-l'Évangéliste. Au xve siècle, l'horloge est désignée, au moins dans un acte du 18 janvier 1445, comme "l'horloge aux petites cloches".
Durant tout le xve siècle, des mentions régulières de la présence d'artisans sont faites et témoignent du soin accordé à l'appareil : Jean Couturé est cité en 1461, Jean Prévost en 1488, Jean Manguilliton en 1494 et un certain Claude en 1547. Dans la nuit du 30 avril au 1er mai 1562, à l'instar de toutes les représentations de Dieu visibles dans l'édifice, celles de l'horloge sont détruites par les troupes du baron des Adrets. Ce n'est que le 14 mai 1598 que les chanoines passent commande de la réparation à un maître horloger de Lyon, Hugues Levet, assisté de Nicolas Lippius. Moins de quatre mois plus tard, les travaux sont achevés, ce qui montre d'une part que les mécanismes de l'horloge n'étaient pas irrémédiablement endommagés, et d'autre part que l'instrument n'a pas déménagé entretemps.
Deux restaurations d'ampleur ont lieu respectivement aux xviie et xviiie siècles. La première, commandée par Claude II de Saint-Georges, alors encore chanoine du chapitre, est effectuée par Guillaume Nourrisson entre 1660 et 1692. Claude de Saint-Georges, homme de science, est sans doute l'auteur des calculs mathématiques ayant permis le réglage de l'astrolabe et des calendriers. Nourrisson travaille surtout l'aspect esthétique de l'appareil pour le rendre plus monumental. La seconde restauration est le fait de Pierre Charmy, horloger tenant boutique sur la place Saint-Jean ; entre 1776 et 1788, il se voit confier le remplacement de l'échappement à ancre, afin de conférer à l'horloge une plus grande précision ; cette pièce, toujours en place, est encore en fonctionnement au début du xxie siècle.
Des destructions importantes sont causées à l'appareil durant la Révolution française : écussons, couronnes, fleurs de lys sont systématiquement éliminés. L'horloge demeure ensuite abandonnée durant un demi-siècle. Une première restauration est tentée par Joseph Mourier en 1856, mais, faute de moyens, celui-ci est contraint d'arrêter le travail. Ce n'est qu'en 1894, et sous la maîtrise d'œuvre de la commission historique, qu'un véritable travail de réfection est réalisé par la maison Chateau de Paris. Les décorations sont reprises, les calendriers remis à jour.
Une révision, incluant le changement des câbles, le nettoyage, la remise à jour du calendrier et une nouvelle taille de la roue d'échappement, est effectuée en 1954 par la maison Ungerer de Strasbourg ; mais le délabrement guette l'appareil durant les années 1980. Une restauration complète est demandée par Michel Caille, inspecteur en chef des Monuments historiques, et effectuée en 1992-1993 par l'entreprise Desmarquest. Des corrections calendaires sont effectuées, des nettoyages en profondeur sont entrepris, des automates au fonctionnement complexe sont remis en route.
Caractéristiques :
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine. Trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais. Les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
Le calendrier perpétuel fait un tour entier de cadran en une année. Le comput met pour sa part soixante-six ans à effectuer un tour ; l'actuel tour se termine en 2019 ; un nouveau sera mis en place par Charles Morat en 2020, et il est calculé pour fonctionner jusqu'en 2084. Y figurent l'année en cours, la date de Pâques et de tous les temps liturgiques chrétiens qui y sont associés, de l'Avent, ainsi que des repères astronomiques profanes (épacte, indiction). L'horloge permet de prévoir le jubilé de la cathédrale, qui a lieu environ une fois par siècle, quand la Fête-Dieu tombe un 24 juin, c'est-à-dire le jour de la Saint-Jean-Baptiste.
Durée : 1 minute et 31 secondes.
Au-dessus des cadrans figurent divers personnages. Au centre, sept statues de bois peint se relaient toutes les vingt-quatre heures et figurent les jours de la semaine. Le Christ ressuscité représente le dimanche, la Mort le lundi, Jean le Baptiste le mardi, Étienne le mercredi, le Christ Eucharistie le jeudi, la croix le vendredi, la Vierge le samedi. Les sonneries ont lieu quatre fois par jour, à midi, puis deux, trois et quatre heures de l'après-midi ; elles mettent en route dix-neuf automates : anges, coq, suisse, scène de l'Annonciation, Saint-Esprit figuré par une colombe, enfin Dieu le Père bénissant.
Le 23 mars 2013, veille du dimanche des Rameaux, l'horloge astronomique a été sérieusement endommagée. Un homme de 28 ans a détruit plusieurs parties de l'œuvre à coup de barre de fer avant que des témoins n'interviennent pour l'arrêter. Il aurait expliqué son acte "par le fait que la magnificence de l'horloge empêcherait les croyants de se concentrer sur leur prière".
Parc National du Mont-Mégantic, Québec, CANADA
2019.08.29
Lors d'une soirée observatoire populaire offert par l'ASTROLab du Parc National du Mont-Mégantic, j'ai plutôt opté pour faire de la photo du ciel étoilé, un peu à l'écart du groupe... Malheureusement, rendu sur place, suite à un changement de trépied à la dernière minute, j'avais oublié la plaque qui permet de fixer la caméra à la tête du trépied (torrieu!).
Par contre, avec le quelques cossins que j'avais sous la main, i.e. une couple de pinces à ressort et une plaque en "L", j'ai pu stabiliser ma camera sur le trépied de manière que je qualifierais de "très risquée", car il fallait pencher la caméra vers l'arrière, vers le ciel étoilé, et faire de longues expositions (30 secondes et plus à ƒ/2.8, ISO de 1600 à 2500) afin de capter la Voie Lactée et les étoiles...
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During an activity called "Popular Observatory Evening" proposed by the ASTROLab at Mont-Megantic, I rather choose to stay a bit apart and willing to capture the starfield and Milky Way on top of this magnificent mountain. Unfortunately, after a last-minute tripod change, I forgot to bring the appropriate quick release plate to fix the camera on that tripod head (damn!).
However, with the gear accessories I had on hand, like a couple of spring clips and an L-bracket, I was able to just stabilize my gear enough, I'd say in an hazardous way, in order to make those long exposure shots (30s and more @ ƒ/2.8 and ISO 1600 to 2500) in order to get quite nice shots of the Milky Way and surrounding starscapes.
Pentax K-1 (ASTROTRACER-enabled) + Irix 15mm ƒ/2.4 Blackstone
30s @ ƒ/2.8 and ISO 2500
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ASTROLab du Parc national du Mont-Mégantic
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Situé à plus de 1000 m d’altitude, l’Observatoire populaire du Mont-Mégantic permet aux groupes d’observer dans un télescope de 60 cm. Cet observatoire multimédia unique abrite un des plus grands télescopes du monde à être dédié exclusivement au public. La soirée débute par l'observation du coucher du Soleil au sommet du mont Mégantic, puis se déplace vers l'Observatoire populaire où une présentation astronomique a lieu, le temps que le crépuscule cède sa place aux étoiles. Si le temps est nuageux, les ressources multimédia de notre observatoire sont mises à profit pour une soirée animée interactive.
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At over 1,000 m in altitude, the Popular Observatory of Mont-Mégantic gives groups the opportunity to look through a 60-cm telescope. This unique multi-media observatory houses one of the biggest telescopes in the world dedicated exclusively to the public. The evening begins with sunset watching on the summit of Mont Mégantic, and then moves to the Popular Observatory for an astronomy presentation as dusk makes way for the stars. If the weather is cloudy, the observatory’s multi-media resources are utilized for an interactive evening of entertainment.
La première mention d'une horloge astronomique date d'un acte capitulaire, daté du 23 novembre 1379, qui nomme le sieur Loyat recteur et gouverneur de l'horloge ; un acte du 29 juillet 1393 confirme que l'instrument est situé dans le bras gauche du transept, à côté de la chapelle de Saint-Jean-l'Évangéliste. Au xve siècle, l'horloge est désignée, au moins dans un acte du 18 janvier 1445, comme "l'horloge aux petites cloches".
Durant tout le xve siècle, des mentions régulières de la présence d'artisans sont faites et témoignent du soin accordé à l'appareil : Jean Couturé est cité en 1461, Jean Prévost en 1488, Jean Manguilliton en 1494 et un certain Claude en 1547. Dans la nuit du 30 avril au 1er mai 1562, à l'instar de toutes les représentations de Dieu visibles dans l'édifice, celles de l'horloge sont détruites par les troupes du baron des Adrets. Ce n'est que le 14 mai 1598 que les chanoines passent commande de la réparation à un maître horloger de Lyon, Hugues Levet, assisté de Nicolas Lippius. Moins de quatre mois plus tard, les travaux sont achevés, ce qui montre d'une part que les mécanismes de l'horloge n'étaient pas irrémédiablement endommagés, et d'autre part que l'instrument n'a pas déménagé entretemps.
Deux restaurations d'ampleur ont lieu respectivement aux xviie et xviiie siècles. La première, commandée par Claude II de Saint-Georges, alors encore chanoine du chapitre, est effectuée par Guillaume Nourrisson entre 1660 et 1692. Claude de Saint-Georges, homme de science, est sans doute l'auteur des calculs mathématiques ayant permis le réglage de l'astrolabe et des calendriers. Nourrisson travaille surtout l'aspect esthétique de l'appareil pour le rendre plus monumental. La seconde restauration est le fait de Pierre Charmy, horloger tenant boutique sur la place Saint-Jean ; entre 1776 et 1788, il se voit confier le remplacement de l'échappement à ancre, afin de conférer à l'horloge une plus grande précision ; cette pièce, toujours en place, est encore en fonctionnement au début du xxie siècle.
Des destructions importantes sont causées à l'appareil durant la Révolution française : écussons, couronnes, fleurs de lys sont systématiquement éliminés. L'horloge demeure ensuite abandonnée durant un demi-siècle. Une première restauration est tentée par Joseph Mourier en 1856, mais, faute de moyens, celui-ci est contraint d'arrêter le travail. Ce n'est qu'en 1894, et sous la maîtrise d'œuvre de la commission historique, qu'un véritable travail de réfection est réalisé par la maison Chateau de Paris. Les décorations sont reprises, les calendriers remis à jour.
Une révision, incluant le changement des câbles, le nettoyage, la remise à jour du calendrier et une nouvelle taille de la roue d'échappement, est effectuée en 1954 par la maison Ungerer de Strasbourg ; mais le délabrement guette l'appareil durant les années 1980. Une restauration complète est demandée par Michel Caille, inspecteur en chef des Monuments historiques, et effectuée en 1992-1993 par l'entreprise Desmarquest. Des corrections calendaires sont effectuées, des nettoyages en profondeur sont entrepris, des automates au fonctionnement complexe sont remis en route.
Caractéristiques :
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine. Trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais. Les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
Le calendrier perpétuel fait un tour entier de cadran en une année. Le comput met pour sa part soixante-six ans à effectuer un tour ; l'actuel tour se termine en 2019 ; un nouveau sera mis en place par Charles Morat en 2020, et il est calculé pour fonctionner jusqu'en 2084. Y figurent l'année en cours, la date de Pâques et de tous les temps liturgiques chrétiens qui y sont associés, de l'Avent, ainsi que des repères astronomiques profanes (épacte, indiction). L'horloge permet de prévoir le jubilé de la cathédrale, qui a lieu environ une fois par siècle, quand la Fête-Dieu tombe un 24 juin, c'est-à-dire le jour de la Saint-Jean-Baptiste.
Durée : 1 minute et 31 secondes.
Au-dessus des cadrans figurent divers personnages. Au centre, sept statues de bois peint se relaient toutes les vingt-quatre heures et figurent les jours de la semaine. Le Christ ressuscité représente le dimanche, la Mort le lundi, Jean le Baptiste le mardi, Étienne le mercredi, le Christ Eucharistie le jeudi, la croix le vendredi, la Vierge le samedi. Les sonneries ont lieu quatre fois par jour, à midi, puis deux, trois et quatre heures de l'après-midi ; elles mettent en route dix-neuf automates : anges, coq, suisse, scène de l'Annonciation, Saint-Esprit figuré par une colombe, enfin Dieu le Père bénissant.
Le 23 mars 2013, veille du dimanche des Rameaux, l'horloge astronomique a été sérieusement endommagée. Un homme de 28 ans a détruit plusieurs parties de l'œuvre à coup de barre de fer avant que des témoins n'interviennent pour l'arrêter. Il aurait expliqué son acte "par le fait que la magnificence de l'horloge empêcherait les croyants de se concentrer sur leur prière".
... ou instrument ayant pour effet de mesurer l'angle des astres... (Pièce de collection)
kind of solar or astrological instrument...
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La première mention d'une horloge astronomique date d'un acte capitulaire, daté du 23 novembre 1379, qui nomme le sieur Loyat recteur et gouverneur de l'horloge ; un acte du 29 juillet 1393 confirme que l'instrument est situé dans le bras gauche du transept, à côté de la chapelle de Saint-Jean-l'Évangéliste. Au xve siècle, l'horloge est désignée, au moins dans un acte du 18 janvier 1445, comme "l'horloge aux petites cloches".
Durant tout le xve siècle, des mentions régulières de la présence d'artisans sont faites et témoignent du soin accordé à l'appareil : Jean Couturé est cité en 1461, Jean Prévost en 1488, Jean Manguilliton en 1494 et un certain Claude en 1547. Dans la nuit du 30 avril au 1er mai 1562, à l'instar de toutes les représentations de Dieu visibles dans l'édifice, celles de l'horloge sont détruites par les troupes du baron des Adrets. Ce n'est que le 14 mai 1598 que les chanoines passent commande de la réparation à un maître horloger de Lyon, Hugues Levet, assisté de Nicolas Lippius. Moins de quatre mois plus tard, les travaux sont achevés, ce qui montre d'une part que les mécanismes de l'horloge n'étaient pas irrémédiablement endommagés, et d'autre part que l'instrument n'a pas déménagé entretemps.
Deux restaurations d'ampleur ont lieu respectivement aux xviie et xviiie siècles. La première, commandée par Claude II de Saint-Georges, alors encore chanoine du chapitre, est effectuée par Guillaume Nourrisson entre 1660 et 1692. Claude de Saint-Georges, homme de science, est sans doute l'auteur des calculs mathématiques ayant permis le réglage de l'astrolabe et des calendriers. Nourrisson travaille surtout l'aspect esthétique de l'appareil pour le rendre plus monumental. La seconde restauration est le fait de Pierre Charmy, horloger tenant boutique sur la place Saint-Jean ; entre 1776 et 1788, il se voit confier le remplacement de l'échappement à ancre, afin de conférer à l'horloge une plus grande précision ; cette pièce, toujours en place, est encore en fonctionnement au début du xxie siècle.
Des destructions importantes sont causées à l'appareil durant la Révolution française : écussons, couronnes, fleurs de lys sont systématiquement éliminés. L'horloge demeure ensuite abandonnée durant un demi-siècle. Une première restauration est tentée par Joseph Mourier en 1856, mais, faute de moyens, celui-ci est contraint d'arrêter le travail. Ce n'est qu'en 1894, et sous la maîtrise d'œuvre de la commission historique, qu'un véritable travail de réfection est réalisé par la maison Chateau de Paris. Les décorations sont reprises, les calendriers remis à jour.
Une révision, incluant le changement des câbles, le nettoyage, la remise à jour du calendrier et une nouvelle taille de la roue d'échappement, est effectuée en 1954 par la maison Ungerer de Strasbourg ; mais le délabrement guette l'appareil durant les années 1980. Une restauration complète est demandée par Michel Caille, inspecteur en chef des Monuments historiques, et effectuée en 1992-1993 par l'entreprise Desmarquest. Des corrections calendaires sont effectuées, des nettoyages en profondeur sont entrepris, des automates au fonctionnement complexe sont remis en route.
Caractéristiques :
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine. Trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais. Les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
Le calendrier perpétuel fait un tour entier de cadran en une année. Le comput met pour sa part soixante-six ans à effectuer un tour ; l'actuel tour se termine en 2019 ; un nouveau sera mis en place par Charles Morat en 2020, et il est calculé pour fonctionner jusqu'en 2084. Y figurent l'année en cours, la date de Pâques et de tous les temps liturgiques chrétiens qui y sont associés, de l'Avent, ainsi que des repères astronomiques profanes (épacte, indiction). L'horloge permet de prévoir le jubilé de la cathédrale, qui a lieu environ une fois par siècle, quand la Fête-Dieu tombe un 24 juin, c'est-à-dire le jour de la Saint-Jean-Baptiste.
Durée : 1 minute et 31 secondes.
Au-dessus des cadrans figurent divers personnages. Au centre, sept statues de bois peint se relaient toutes les vingt-quatre heures et figurent les jours de la semaine. Le Christ ressuscité représente le dimanche, la Mort le lundi, Jean le Baptiste le mardi, Étienne le mercredi, le Christ Eucharistie le jeudi, la croix le vendredi, la Vierge le samedi. Les sonneries ont lieu quatre fois par jour, à midi, puis deux, trois et quatre heures de l'après-midi ; elles mettent en route dix-neuf automates : anges, coq, suisse, scène de l'Annonciation, Saint-Esprit figuré par une colombe, enfin Dieu le Père bénissant.
Le 23 mars 2013, veille du dimanche des Rameaux, l'horloge astronomique a été sérieusement endommagée. Un homme de 28 ans a détruit plusieurs parties de l'œuvre à coup de barre de fer avant que des témoins n'interviennent pour l'arrêter. Il aurait expliqué son acte "par le fait que la magnificence de l'horloge empêcherait les croyants de se concentrer sur leur prière".
Détails du jaquemart et de l'horloge astronomique de la Zytglogge (tour de l’Horloge) vue de Kramgasse, vieille ville de Berne, canton de Bern, Suisse.
À la jonction des rues Marktgasse et Kramgasse, se dresse cette tour qui de 1191 à 1250 fut la porte ouest de la ville puis une prison. Sur son côté est, la tour affiche une horloge astronomique et un jaquemart formé de plusieurs figurines peintes (15e et 17e s.) qui chaque heure se mettent en mouvement et attirent les touristes : au sommet le fou avec ses cloches, au centre Chronos et son sablier, puis le coq aux 3 chants et le lion et le cortège d’ours qui défile.
Berne a d’abord été construite sur un éperon dominant un méandre verdoyant de la rivière Aar, face aux Alpes. C’est le duc Berthold V de Zähringen qui a fondé la ville en 1191 et l'aurait nommée d'après le nom de l'ours (Bär en allemand) qu'il avait tué ou capturé dans les environs. Pour cette raison l’ours est l’emblème de la ville. Berne a été faite ville libre d'Empire par l'empereur Frédéric II en 1218 après que Berthold V soit mort sans héritier. Depuis 1848, Berne est la « ville fédérale » à savoir le siège permanent du gouvernement fédéral et de l'Assemblée fédérale suisses.
Depuis 1983, la vieille ville est inscrite au patrimoine culturel mondial de l'UNESCO (WHL-267), grâce à son patrimoine médiéval urbain qui a pu être préservé au cours des siècles.
La première mention d'une horloge astronomique date d'un acte capitulaire, daté du 23 novembre 1379, qui nomme le sieur Loyat recteur et gouverneur de l'horloge ; un acte du 29 juillet 1393 confirme que l'instrument est situé dans le bras gauche du transept, à côté de la chapelle de Saint-Jean-l'Évangéliste. Au xve siècle, l'horloge est désignée, au moins dans un acte du 18 janvier 1445, comme "l'horloge aux petites cloches".
Durant tout le xve siècle, des mentions régulières de la présence d'artisans sont faites et témoignent du soin accordé à l'appareil : Jean Couturé est cité en 1461, Jean Prévost en 1488, Jean Manguilliton en 1494 et un certain Claude en 1547. Dans la nuit du 30 avril au 1er mai 1562, à l'instar de toutes les représentations de Dieu visibles dans l'édifice, celles de l'horloge sont détruites par les troupes du baron des Adrets. Ce n'est que le 14 mai 1598 que les chanoines passent commande de la réparation à un maître horloger de Lyon, Hugues Levet, assisté de Nicolas Lippius. Moins de quatre mois plus tard, les travaux sont achevés, ce qui montre d'une part que les mécanismes de l'horloge n'étaient pas irrémédiablement endommagés, et d'autre part que l'instrument n'a pas déménagé entretemps.
Deux restaurations d'ampleur ont lieu respectivement aux xviie et xviiie siècles. La première, commandée par Claude II de Saint-Georges, alors encore chanoine du chapitre, est effectuée par Guillaume Nourrisson entre 1660 et 1692. Claude de Saint-Georges, homme de science, est sans doute l'auteur des calculs mathématiques ayant permis le réglage de l'astrolabe et des calendriers. Nourrisson travaille surtout l'aspect esthétique de l'appareil pour le rendre plus monumental. La seconde restauration est le fait de Pierre Charmy, horloger tenant boutique sur la place Saint-Jean ; entre 1776 et 1788, il se voit confier le remplacement de l'échappement à ancre, afin de conférer à l'horloge une plus grande précision ; cette pièce, toujours en place, est encore en fonctionnement au début du xxie siècle.
Des destructions importantes sont causées à l'appareil durant la Révolution française : écussons, couronnes, fleurs de lys sont systématiquement éliminés. L'horloge demeure ensuite abandonnée durant un demi-siècle. Une première restauration est tentée par Joseph Mourier en 1856, mais, faute de moyens, celui-ci est contraint d'arrêter le travail. Ce n'est qu'en 1894, et sous la maîtrise d'œuvre de la commission historique, qu'un véritable travail de réfection est réalisé par la maison Chateau de Paris. Les décorations sont reprises, les calendriers remis à jour.
Une révision, incluant le changement des câbles, le nettoyage, la remise à jour du calendrier et une nouvelle taille de la roue d'échappement, est effectuée en 1954 par la maison Ungerer de Strasbourg ; mais le délabrement guette l'appareil durant les années 1980. Une restauration complète est demandée par Michel Caille, inspecteur en chef des Monuments historiques, et effectuée en 1992-1993 par l'entreprise Desmarquest. Des corrections calendaires sont effectuées, des nettoyages en profondeur sont entrepris, des automates au fonctionnement complexe sont remis en route.
Caractéristiques :
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine. Trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais. Les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
Le calendrier perpétuel fait un tour entier de cadran en une année. Le comput met pour sa part soixante-six ans à effectuer un tour ; l'actuel tour se termine en 2019 ; un nouveau sera mis en place par Charles Morat en 2020, et il est calculé pour fonctionner jusqu'en 2084. Y figurent l'année en cours, la date de Pâques et de tous les temps liturgiques chrétiens qui y sont associés, de l'Avent, ainsi que des repères astronomiques profanes (épacte, indiction). L'horloge permet de prévoir le jubilé de la cathédrale, qui a lieu environ une fois par siècle, quand la Fête-Dieu tombe un 24 juin, c'est-à-dire le jour de la Saint-Jean-Baptiste.
Durée : 1 minute et 31 secondes.
Au-dessus des cadrans figurent divers personnages. Au centre, sept statues de bois peint se relaient toutes les vingt-quatre heures et figurent les jours de la semaine. Le Christ ressuscité représente le dimanche, la Mort le lundi, Jean le Baptiste le mardi, Étienne le mercredi, le Christ Eucharistie le jeudi, la croix le vendredi, la Vierge le samedi. Les sonneries ont lieu quatre fois par jour, à midi, puis deux, trois et quatre heures de l'après-midi ; elles mettent en route dix-neuf automates : anges, coq, suisse, scène de l'Annonciation, Saint-Esprit figuré par une colombe, enfin Dieu le Père bénissant.
Le 23 mars 2013, veille du dimanche des Rameaux, l'horloge astronomique a été sérieusement endommagée. Un homme de 28 ans a détruit plusieurs parties de l'œuvre à coup de barre de fer avant que des témoins n'interviennent pour l'arrêter. Il aurait expliqué son acte "par le fait que la magnificence de l'horloge empêcherait les croyants de se concentrer sur leur prière".
The other day I went for a quick photo walk. Just a time to relax and enjoy our great city. I went the Nepean Point at sunset. THis is the statue of Champlain
Le cadran astronomique a la forme d'un astrolabe. Son fond représente la Terre et le ciel, ainsi que l'ombre du Soleil. Sur ce fond sont représentés quatre composants principaux : le cercle zodiacal, un cercle rotatif externe, un modèle réduit de Soleil (aligné avec une main dorée) et un modèle réduit de Lune.
4 februari 2018 ...
Dravuni is een eiland in de Kadavu-archipel in Fiji. Het heeft een oppervlakte van 0,8 km² en het hoogste punt meet 40 meter. Het eiland heeft ca 125 inwoners en is het meest noordelijke van een aantal bewoonde eilanden in het Great Astrolabe Reef.
Bron: nl.wikipedia.org/wiki/Dravuni
We bezochten het eiland tijdens onze cruise met de Ms Europa van Tahiti naar Melbourne ...
L'astrolabe de l'horloge astronomique.
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine ; trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais ; les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
L’HISTOIRE VRAIE D’HÉLOÏSE ET ABÉLARD SOUS LE RÈGNE DU ROI LOUIS VI, EST CELLE D’UNE PASSION CHARNELLE QUI SE TRANSFORME EN UN LIEN INDÉFECTIBLE EMPREINT DE SPIRITUALITÉ MALGRÉ LES ÉPREUVES TRAVERSÉES.
Héloïse et Abélard
Pierre Abélard naît en 1079 dans une famille noble. Fils du seigneur du Pallet il est destiné au métier des armes comme ses frères. Mais sa soif de connaissance et sa passion des lettres le font se tourner vers l’éducation. Il se rend à Paris où il enseigne la philosophie. Intellectuel surdoué, dialecticien redoutable, il est un jeune professeur admiré par ses élèves. Réputé et respecté malgré son caractère peu commode. À 36 ans, il est un brillant maître en théologie à la Cathédrale de Notre Dame de Paris. Le Chanoine Fulbert lui confie l’éducation de sa nièce, Héloïse. Elle a 17 ans. Il est tout de suite bouleversé par son intelligence et sa beauté.
Héloïse naît en 1100. Elle est élevée et instruite à l’abbaye d’Argenteuil, monastère réservé aux femmes, puis à la cathédrale Notre Dame de Paris où son oncle est chanoine. Jeune nonne pertinente, sa vivacité d’esprit et sa beauté sont troublées par la présence de ce nouveau professeur, Pierre Abélard, un homme mûr et séduisant.
Leur histoire ne reste pas longtemps platonique. La passion les inspire et les pousse l’un vers l’autre. Le maître et l’élève s’aiment envers et contre tous. La passion charnelle les consume, bien loin des enseignements reçus par chacun d’eux. Héloïse tombe alors enceinte. Abélard l’enlève et ils se réfugient en Bretagne où elle donne naissance à leur fils Astrolabe. Elle rentre alors à Argenteuil abandonnant son enfant à la famille de son aimé. Ils se marient secrètement. Sur l’insistance d’Abélard et par amour pour lui, elle accepte de se retirer dans le monastère où elle a passé son enfance. Le scandale de leur relation finit par éclater quand le Chanoine Fulbert furieux dénonce leur mariage secret et nuisible à la carrière d’Abélard, qui a trahi l’église, selon les lois de l’époque. Le chanoine emploie alors deux sbires pour punir le philosophe. Il sera ainsi émasculé. Cette mutilation met un terme à sa carrière d’ecclésiastique et d’enseignant, mais la vengeance est si cruelle et si scandaleuse que le chanoine se voit relevé de ses fonctions durant quelques années.
Héloïse prend le voile à l’abbaye d’Argenteuil. Et devient en 1129 abbesse du couvent du monastère le Paraclet, près de l’ermitage fondé par Abélard et qu’elle a su rendre prospère. Philosophe reconnue, elle l’administrera le restant de sa vie. Loin de son amour qu’elle transformera en lien spirituel, mais auquel elle ne renoncera jamais.
Abélard se réfugie à l’abbaye Saint-Denis où il devient moine et continue ses travaux de philosophie. Désormais, leur fougueuse passion s’exprimera dans les lettres de leur amour, de magnifiques et lyriques échanges en latin. Elle avoue être condamnée au cloître par son amour tragique pour lui, avec qui elle a connu la plénitude de l’être. L’admiration intellectuelle et mutuelle jaillit de cette correspondance entre les époux.
Cet amour au fil des mots n’a pas d’âge, il est universel. Dans leur tragédie, les deux amants puisent la source intarissable de leur relation bien au-delà du charnel. Empreinte de spiritualité, leur passion se mue en un échange intellectuel et philosophique qui traverse le temps. Persécutés au point d’être contraints d’embrasser la vie monastique, rien n’altère leur lien.
Abélard meurt en 1142, elle réclame sa dépouille et l’ensevelit au Paraclet. Lorsqu’elle disparaît en 1164, la légende dit que sa volonté d’être déposée après sa mort dans le tombeau de son mari fut respectée, et qu’Abélard, mort depuis tant d’années, étendit les bras pour la recevoir et les ferma, la tenant embrassée, à jamais. En 1917 la mairie de Paris fait transporter les restes de ce couple de légende au cimetière du Père-Lachaise, leur dernière demeure.
Apri le finestre della calma e vedrai d'improvviso erompere il radioso sole della gioia nell'intimo del tuo stesso Sé.
Paramahansa Yogananda - Meditazioni metafisiche, Astrolabio, Ed. 1974, p. 65
Carota.
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Bildflächennutzung ggü. Bildkreis << 25% (Makro)
Le Topiary Chest Set du Tudor Garden au château Hever Castle, village d'Hever, près d'Edenbridge, comté de Kent, dans le Sud-Est de l'Angleterre.
Devant les topiaires taillés en pièces d’échecs géantes, se dresse un cadran solaire, de type astrolabe sphérique (sphère armillaire). Les Tudor Gardens, situés au pied de la façade arrière du château, ont été créés en 1905 pour William Waldorf Astor qui, après avoir acheté le château en 1903 et l’avoir restauré, se consacra à développer les jardins au charme exceptionnel pour y exposer ses pièces de collections d’antiquités.
Situé dans un site idyllique à environ 48 km de Londres, ce manoir, protégé par ses douves, son pont-levis et la herse de son corps de garde rectangulaire et massif, fut édifié au 13e siècle. De 1462 à 1539, il fut la propriété de la famille Boleyn. Lady Anne Boleyn, seconde épouse du roi d'Angleterre Henri VIII, y passa son enfance. Après la mort de la reine Anne et la disgrâce de la famille, le château devint la propriété d'Henri VIII, qui l'offrit à sa quatrième épouse, Anne de Clèves pour la consoler d’avoir été rejetée par lui.
La dernière phase de chantier de restauration date du 20e siècle grâce au milliardaire William Waldorf Astor qui le racheta en 1903, le rénova somptueusement et fit construire l’Astor Wing à proximité, une reconstitution d’un vieux village anglais de style Tudor pour accueillir ses employés et invités. L’Astor Wing est aujourd'hui devenu un lieu d'hébergement touristique.
British Museum de Londres, Royaume-Uni.
L’astrolabe (du grec ancien ἀστρολάβος, astrolabos, via le latin médiéval astrolabium, « preneur d'astres ») est un instrument astronomique d'observation et de calcul analogique. Instrument aux fonctions multiples, il permet notamment de mesurer la hauteur des étoiles, dont le soleil, et ainsi de déterminer l'heure de l'observation et la direction de l'astre. Sa conception, dont les origines grecques remontent à l'Antiquité, bien plus tard perfectionnée par les arabes, s'appuie sur une projection plane de la voûte céleste et de la sphère locale, dite projection stéréographique.
Dernière photo de la série sur Londres.
Based on this real-world concept for NASA: www.core77.com/posts/113801/Astrolabs-FLEX-Rover-A-Vehicl...
I love the utilitarian nature of the prototype and had to have a go at building something inspired by it. It's cool that it's basically a moving void of space that can be used for anything. Also that it's basically a chariot, with the astronauts riding along standing at the back
Didn't quite have the heart to build the 'wounded astronaut' stretcher-bearing version. (see article)
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Febrovery is hard mood to shake :)
La statue de Samuel de Champlain, pointe Nepean, derrière le Musée des beaux-arts du Canada, à Ottawa, Ontario, Canada.
Explorateur, géographe et cartographe, Samuel de Champlain (1567-1635) a fondé Québec en 1608. En 1613, il a exploré la rivière des Outaouais.
Cette statue réalisée en 1915 est l’œuvre de Hamilton MacCarthy. Elle commémore le 300e anniversaire du second voyage de Champlain sur la rivière des Outaouais. Elle est érigée à l’endroit même où il aurait fait son observation solaire lors de son expédition de 1615. Champlain savait certainement se servir d’un astrolabe, instrument de navigation ancien, mais pas le sculpteur. L’explorateur tient en effet l’instrument à l’envers! (tiré du site www.canada.ca/fr/patrimoine-canadien/services/art-monumen...)
La fontaine du Tudor Garden au château Hever Castle, village d'Hever, près d'Edenbridge, comté de Kent, dans le Sud-Est de l'Angleterre.
Devant les topiaires taillés en pièces d’échecs géantes, se dresse un cadran solaire, de type astrolabe sphérique (sphère armillaire). Les Tudor Gardens, situés au pied de la façade arrière du château, ont été créés en 1905 pour William Waldorf Astor qui, après avoir acheté le château en 1903 et l’avoir restauré, se consacra à développer les jardins au charme exceptionnel pour y exposer ses pièces de collections d’antiquités.
Situé dans un site idyllique à environ 48 km de Londres, ce manoir, protégé par ses douves, son pont-levis et la herse de son corps de garde rectangulaire et massif, fut édifié au 13e siècle. De 1462 à 1539, il fut la propriété de la famille Boleyn. Lady Anne Boleyn, seconde épouse du roi d'Angleterre Henri VIII, y passa son enfance. Après la mort de la reine Anne et la disgrâce de la famille, le château devint la propriété d'Henri VIII, qui l'offrit à sa quatrième épouse, Anne de Clèves pour la consoler d’avoir été rejetée par lui.
La dernière phase de chantier de restauration date du 20e siècle grâce au milliardaire William Waldorf Astor qui le racheta en 1903, le rénova somptueusement et fit construire l’Astor Wing à proximité, une reconstitution d’un vieux village anglais de style Tudor pour accueillir ses employés et invités. L’Astor Wing est aujourd'hui devenu un lieu d'hébergement touristique.
taken in 1956 during my first expedition in space with my photographer and friend Aristide on board in Astrolab 1.0
La première mention d'une horloge astronomique date d'un acte capitulaire, daté du 23 novembre 1379, qui nomme le sieur Loyat recteur et gouverneur de l'horloge ; un acte du 29 juillet 1393 confirme que l'instrument est situé dans le bras gauche du transept, à côté de la chapelle de Saint-Jean-l'Évangéliste. Au xve siècle, l'horloge est désignée, au moins dans un acte du 18 janvier 1445, comme "l'horloge aux petites cloches".
Durant tout le xve siècle, des mentions régulières de la présence d'artisans sont faites et témoignent du soin accordé à l'appareil : Jean Couturé est cité en 1461, Jean Prévost en 1488, Jean Manguilliton en 1494 et un certain Claude en 1547. Dans la nuit du 30 avril au 1er mai 1562, à l'instar de toutes les représentations de Dieu visibles dans l'édifice, celles de l'horloge sont détruites par les troupes du baron des Adrets. Ce n'est que le 14 mai 1598 que les chanoines passent commande de la réparation à un maître horloger de Lyon, Hugues Levet, assisté de Nicolas Lippius. Moins de quatre mois plus tard, les travaux sont achevés, ce qui montre d'une part que les mécanismes de l'horloge n'étaient pas irrémédiablement endommagés, et d'autre part que l'instrument n'a pas déménagé entretemps.
Deux restaurations d'ampleur ont lieu respectivement aux xviie et xviiie siècles. La première, commandée par Claude II de Saint-Georges, alors encore chanoine du chapitre, est effectuée par Guillaume Nourrisson entre 1660 et 1692. Claude de Saint-Georges, homme de science, est sans doute l'auteur des calculs mathématiques ayant permis le réglage de l'astrolabe et des calendriers. Nourrisson travaille surtout l'aspect esthétique de l'appareil pour le rendre plus monumental. La seconde restauration est le fait de Pierre Charmy, horloger tenant boutique sur la place Saint-Jean ; entre 1776 et 1788, il se voit confier le remplacement de l'échappement à ancre, afin de conférer à l'horloge une plus grande précision ; cette pièce, toujours en place, est encore en fonctionnement au début du xxie siècle.
Des destructions importantes sont causées à l'appareil durant la Révolution française : écussons, couronnes, fleurs de lys sont systématiquement éliminés. L'horloge demeure ensuite abandonnée durant un demi-siècle. Une première restauration est tentée par Joseph Mourier en 1856, mais, faute de moyens, celui-ci est contraint d'arrêter le travail. Ce n'est qu'en 1894, et sous la maîtrise d'œuvre de la commission historique, qu'un véritable travail de réfection est réalisé par la maison Chateau de Paris. Les décorations sont reprises, les calendriers remis à jour.
Une révision, incluant le changement des câbles, le nettoyage, la remise à jour du calendrier et une nouvelle taille de la roue d'échappement, est effectuée en 1954 par la maison Ungerer de Strasbourg ; mais le délabrement guette l'appareil durant les années 1980. Une restauration complète est demandée par Michel Caille, inspecteur en chef des Monuments historiques, et effectuée en 1992-1993 par l'entreprise Desmarquest. Des corrections calendaires sont effectuées, des nettoyages en profondeur sont entrepris, des automates au fonctionnement complexe sont remis en route.
Caractéristiques :
L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine. Trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage. Depuis 1993, l'horloge, afin de limiter les pannes, subit une maintenance annuelle : dépoussiérage et huilage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus. Ce dernier représente le mécanisme le plus original et le plus scientifique de l'horloge. La voûte terrestre est immobile, et c'est la voûte céleste qui tourne à l'intérieur. Sur la première sont figurés l'Équateur, les deux tropiques, la ligne d'horizon de Lyon, les azimuts et les almicantarats. Sur la partie mobile sont placés les douze mois, les douze signes du Zodiaque et les 365 jours de l'année. Un cercle placé sur cette partie figure la trajectoire du soleil dans le ciel lyonnais. Les phases de la Lune sont visibles grâce à un globe tournant sur lui-même ; quatorze étoiles visibles de Lyon sont placées dans le ciel.
Le calendrier perpétuel fait un tour entier de cadran en une année. Le comput met pour sa part soixante-six ans à effectuer un tour ; l'actuel tour se termine en 2019 ; un nouveau sera mis en place par Charles Morat en 2020, et il est calculé pour fonctionner jusqu'en 2084. Y figurent l'année en cours, la date de Pâques et de tous les temps liturgiques chrétiens qui y sont associés, de l'Avent, ainsi que des repères astronomiques profanes (épacte, indiction). L'horloge permet de prévoir le jubilé de la cathédrale, qui a lieu environ une fois par siècle, quand la Fête-Dieu tombe un 24 juin, c'est-à-dire le jour de la Saint-Jean-Baptiste.
Durée : 1 minute et 31 secondes.
Au-dessus des cadrans figurent divers personnages. Au centre, sept statues de bois peint se relaient toutes les vingt-quatre heures et figurent les jours de la semaine. Le Christ ressuscité représente le dimanche, la Mort le lundi, Jean le Baptiste le mardi, Étienne le mercredi, le Christ Eucharistie le jeudi, la croix le vendredi, la Vierge le samedi. Les sonneries ont lieu quatre fois par jour, à midi, puis deux, trois et quatre heures de l'après-midi ; elles mettent en route dix-neuf automates : anges, coq, suisse, scène de l'Annonciation, Saint-Esprit figuré par une colombe, enfin Dieu le Père bénissant.
Le 23 mars 2013, veille du dimanche des Rameaux, l'horloge astronomique a été sérieusement endommagée. Un homme de 28 ans a détruit plusieurs parties de l'œuvre à coup de barre de fer avant que des témoins n'interviennent pour l'arrêter. Il aurait expliqué son acte "par le fait que la magnificence de l'horloge empêcherait les croyants de se concentrer sur leur prière".
Du côté opposé au portail Nord ou de l'évêché au dessus duquel se trouve l'horloge astronomique ou astrolabe, il ya le portail Sud ou portail royal que Saint-Louis et Charles X ont franchi, d'où son nom.
Chartres (Eure-et-Loir) - Cathédrale Notre-Dame - Façade ouest - Portail royal - Tympan central
Le tympan central illustre le quatrième chapitre de l'Apocalypse. Le Christ est représenté en majesté trônant dans une mandorle et tenant le livre des sept sceaux de l'Apocalypse. Il est entouré du tétramorphe – quatre animaux ailés symboles des quatre évangélistes. Sur les voussures, une troupe céleste glorifie le Christ : des anges tenant des astrolabes et les 24 vieillards de l'Apocalypse tenant dans leurs mains des flacons de parfum et des instruments de musique. Au sommet, deux anges tiennent une couronne au-dessus de la tête du Christ. Sur le linteau, on peut voir les douze apôtres ainsi que deux personnages, peut-être les prophètes Élie et Hénoch.
Les statues-colonnes qui soutiennent le tympan représentent David, Salomon, la Reine de Saba – peut-être Isaïe ou Ézéchiel. Le décor qui enserre les statues représente les derniers feux du style roman : il se compose d'entrelacs, de colonnettes et de feuilles d'acanthe qui témoignent d'influences méridionales.
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L'actuel appareil mesure 9,35 mètres de hauteur et 2,2 mètres de largeur111. La tour maçonnée contenant l'horloge est d'origine ; trois des côtés de l'appareil sont visibles, le dernier étant adossé au mur du transept211. L'horloge fonctionne avec un système de poids, remontés tous les cinq jours, à raison de quatre cent vingt tours pour un remontage.
Les deux cadrans de la façade sont respectivement un calendrier perpétuel en bas et un astrolabe au-dessus
Cathédrale Notre-Dame de Chartres :
Le tympan central :
Le Christ est représenté en majesté trônant dans une mandorle et tenant le livre des sept sceaux de l'Apocalypse.
Il est entouré du tétramorphe – quatre animaux ailés symboles des quatre évangélistes.
Sur les voussures, des anges tenant des astrolabes et les 24 vieillards de l'Apocalypse tenant dans leurs mains des flacons de parfum et des instruments de musique.
Sur le linteau, les douze apôtres ainsi que deux personnages, peut-être les prophètes Élie et Hénoch.