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Monumento em homenagem à Ramos de Azevedo - Praça Ramos de Azevedo - Cidade Universitária - São Paulo/SP - Brasil

  

No balão em frente à entrada principal do IPT, na Cidade Universitária, está instalada uma peça colossal assinada pelo escultor italiano Galileo Emendabili. As 36 toneladas de granito e bronze que a compõem homenageiam o engenheiro e arquiteto Francisco de Paula Ramos de Azevedo, autor de obras que marcaram a cidade de São Paulo na virada do século 20. Ele foi também um dos fundadores da Escola Politécnica da Universidade de São Paulo. A figura de maior porte da obra de Emendabili, a 25 metros de altura, é um homem montado num cavalo alado erguendo uma representação da vitória. Abaixo, uma figura masculina representa Ramos de Azevedo. Outras quatro, todas mulheres, representam as artes e as ciências da arquitetura, da engenharia, da escultura e da pintura.

 

O Monumento

 

O monumento em homenagem à Ramos de Azevedo foi erguido, originalmente, na avenida Tiradentes, em frente ao Liceu de Artes e Ofícios. A instituição é considerada uma das suas principais realizações. Ficava próximo da Escola Politécnica e, portanto, do Gabinete de Materiais que mais tarde se transformaria no Instituto de Pesquisas Tecnológicas - IPT.

 

O monumento foi inaugurado em 25 de janeiro de 1934. Segundo Carlos A. C. Lemos, no livro intitulado “Ramos de Azevedo e seu escritório”, “... o monumento era composto de oito grandes colunas dóricas sustentando um corcel alado montado por um gênio soerguendo a Vitória na sua representação usual: a mulherinha de asas ao céu portando a coroa de louros. Sobre o embasamento, Ramos aparece consultando um projeto arquitetônico desenrolado sobre os joelhos...”.

 

Anos mais tarde, devido ao crescimento da cidade, ao aumento do trânsito e em função das obras do Metrô – e, apesar dos protestos - o monumento foi desmontado em 1967 e transferido para a Cidade Universitária em 1973. No local foi reinaugurado em 1975. Hoje, o monumento é uma referência e um marco no campus.

 

A Cidade de São Paulo

 

Ramos de Azevedo chegou a São Paulo em 1896, numa fase de crescimento acelerado da cidade. Veio de Campinas depois da graduação na Bélgica. É responsável por grande parte das obras paulistanas na época. São de sua autoria, entre outras obras, o Teatro e o Mercado Municipais, o Palácio das Indústrias – atual sede da Prefeitura de São Paulo – o prédio dos Correios e Telégrafos, o Palácio da Justiça, a Pinacoteca e a Penitenciária do Estado, o Colégio Caetano de Campos – primeira escola normal de São Paulo – o Liceu de Artes e Ofícios, o Colégio Rodrigues Alves e a “Casa das Rosas”.

 

A Escola Politécnica e o IPT

 

Ramos de Azevedo dirigiu a Escola Politécnica de 1917 a 1928, após a morte de Antonio Francisco de Paula Souza. Segundo Hipólito Pujol Junior, dirigente do então Gabinete de Resistência dos Materiais – mais tarde, IPT – Ramos de Azevedo era um segundo pai da Escola. "Habituado a acudí-la em seus apuros financeiros."

 

Na Revista de Engenharia de janeiro de 1944, Pujol conta que, ainda sob a orientação de Paula Souza, empreendeu uma viagem à Europa. Queria, entre outras coisas, conhecer e estudar temas ligados à Metalurgia, assunto então praticamente desconhecido no Brasil. Em 1907, ela seria objeto de uma Seção no próprio Gabinete de Resistência dos Materiais. Com a divulgação de novos estudos sobre Metalografia, Pujol retorna à Europa. Ansioso por trazer novidades para a área que dirigia, não hesita em adquirir uma instalação completa de análise térmica, além de outros equipamentos. Retornando ao País, não sabe como pagar a despesa de cem contos de réis que fizera. A verba anual do Gabinete era de apenas dezesseis contos de réis. "O caso foi solucionado graças à ajuda de Ramos de Azevedo, que conseguiu que a empresa Ernesto de Castro & Comp. quitasse a despesa com os franceses, financiando-a em prestações anuais para a Escola", esclareceu Pujol.

 

Fonte: IPT

 

www.ipt.br/institucional/imprensa/noticias/?ID=69

Chair and Kneeler

 

Il convento de “Le Celle” costituisce uno dei primi insediamenti francescani scelto e voluto da Francesco di Assisi.

 

Trovatosi a predicare presso Cortona nel 1211, come suo solito, Francesco domandò ed ottenne un luogo nel quale potersi ritirare in preghiera. Un giovane nobile della città, Guido Vagnottelli (che poi diventerà il “Beato Guido”, uno dei primi compagni del Poverello di Assisi) gli offrì quello che agli inizi del XIII sec. doveva apparire un luogo aspro e soprattutto privo di qualsivoglia insediamento umano. Francesco tuttavia lo scelse per la solitudine che gli donava, ma soprattutto perché particolarmente espressivo del suo Signore. Presso il luogo dove ora sorgono “Le Celle”, infatti, egli trovò le vestigia del Redentore: l’acqua, segno di Cristo acqua viva; la pietra, segno di Cristo roccia su cui edificare la propria vita; una fenditura nella montagna, memoria delle piaghe del Signore Gesù, tante volte agognate da Francesco, per rivivere nel suo corpo l’amore che il Signore aveva nutrito e nutre per ogni uomo nella sua passione.

 

Tutto fa pensare che fin dalla sua prima permanenza, egli abbia lasciato nel luogo detto de “Le Celle” un piccolo drappello di frati a custodia di un sito a lui, da subito, così caro.

Nel 1215 Francesco, secondo una testimonianza attendibile dell’epoca, torna nuovamente a “Le Celle”, per trascorre la Pasqua, dopo aver vissuto la quaresima sull’isola Maggiore del lago Trasimeno. Egli, perfetto imitatore di Cristo, aveva in quell’occasione portato con sé solamente un pane di cui tuttavia non si nutrì, se non l’ultimo giorno e di un solo boccone, per dire la sua consapevole miseria rispetto al suo Signore il quale, invece, nel deserto, per quaranta giorni e quaranta notti non prese né cibo né bevanda.

 

Tante altre volte Francesco deve aver sostato presso “Le Celle” collocate sulla strada che da Assisi sale verso la Toscana, eppure di nessun’altra abbiamo testimonianza se non di un’ultima e così importante. Siamo nel 1226. E’ l’anno della morte di Francesco. Le stigmate già segnano il suo corpo da due anni, da quando il 17 settembre del 1224, sul monte della Verna, un Serafino gli donò di gustare l’amore immenso di Dio. Secondo i suoi biografi egli, in primavera, si trovava a Siena, forse per cure mediche. Le sue condizioni apparivano disperate, tanto che i compagni del Santo gli chiedono di scrivere il testamento e lui con poche e semplici parole lo dettò. Ma non era ancora giunta la sua ora. Le condizioni probabilmente migliorano.

I compagni decidono di riportarlo ad Assisi, dove tutto era cominciato e dove tutto doveva finire. E fu così che, per rendere più sopportabile il viaggio, Francesco fece nuovamente sosta a “Le Celle”, un’ultima volta, per un ultimo assaggio di quella comunione con Dio, che quel luogo gli aveva tante volte riservato.

Fu allora che, in seguito ad una permanenza forse prolungata, nel segreto della sua fenditura nella roccia, Francesco ripensa o forse addirittura inizia a scrivere il suo Testamento. Non quello di Siena, così stringato, bensì la suprema riaffermazione della sua esperienza di vita, alla ricerca di Dio. A "Le Celle", in un luogo da allora segnato dal misticismo e dalla contemplazione dell’Altissimo.

Francesco poi riparte, verso il suo dies natalis che si consumerà il 3 ottobre dello stesso anno, adagiato “nudo sulla nuda terra”, a conclusione di una vita spesa nel cercare l’unico grande tesoro: Gesù.

 

Ma per le Celle non è la fine. Frate Elia, Ministro generale dell’Ordine dei Minori all’epoca della morte di Francesco, originario di Cortona, ricorda il luogo nel quale il Poverello amava trascorrere nel silenzio le sue permanenze cortonesi e, da buon architetto qual è, nel 1235 comincia a costruire la prima porzione del santuario. Costruisce in muratura la Cella e l’Oratorio di S. Francesco. Al di sopra edifica un piccolo refettorio e cinque cellette delle dimensioni della cella del Santo, dove egli stesso trascorrerà l ’ultima parte della sua vita.

Il piccolo romitorio rimane così, abitato dai frati, per circa un secolo, fin quando la proprietà passa alla diocesi e per circa 200 anni fu praticamente disabitato, anche se non completamente abbandonato.

Fu solo nel 1537 che, ormai sazi di una così lunga assenza dei frati, il Vescovo chiamò, a far rivivere quella piccola porziuncola, i Cappuccini, l’ultima delle riforme francescane, approvata pochi anni prima, nel 1528.

 

I nuovi arrivati compresero subito l’importanza del luogo e vollero farne la casa di Noviziato della Provincia toscana. Mancavano tuttavia gli spazi, cosicchè si mise di nuovo mano agli strumenti del lavoro: al legno, alle pietre, al cemento; e si cominciò a costruire l’attuale chiesa conventuale e il corridoio del noviziato, in alto, parallelamente alla montagna. Il corridoio conteneva 20 cellette, sempre di due metri per due, per l’accoglienza dei novizi, affinchè nella povertà delle strutture, essi venissero formati alla essenzialità della vita religiosa.

“Le Celle” rimarranno casa di noviziato per circa cinque secoli, luogo di preghiera e di testimonianza di vita evangelica e fraterna. Luogo di silenzio e di ricerca di Dio. Luogo di austerità e di crescita umana e spirituale, alla scuola del Poverello di Assisi.

 

Attualmente il convento de “Le Celle” è stato costituito “casa di preghiera”. Luogo nel quale continuare la secolare tradizione di ricerca di Dio, attraverso l’offerta della propria vita nella semplicità e nella gioia; luogo nel quale cercare di rivivere e di far rivivere un po’ di quella beatitudine che Francesco, 800 anni or sono, venendo dalla paludosa Valdichiana, certamente intravide, guardando una piccola ferita nella roccia, prospiciente un frusciante corso di limpida acqua.

 

A MH-47G Chinook lifts off from EAA AirVenture 2021. This Chinook is part of the 160th special operations aviation regiment (SOAR) or Night Stalkers.

-CRONICA BASAJAUN, xavicalvo- Català

 

Dades:

 

· 800km amb 14.000 d+

· Vel. mitja de 17’1 km/h en moviment / 13 km/h amb parades

· Gairebé 3 dies: 62h45m en total / 50h en moviment / 12h en parades / entre 3 i 4 h de son

· Bici: Trek Superfly alumini 2014, rodes gravel Frasen wheels + hutchitson tuareg 40c, 3 bidons, amb un pes aproximat de sortida de 17/18kg (molt menjar), pesava molt.

· Posició final: 15

 

· La previa: Trajecte de BCN a Vitoria amb cotxe amb el Jaume (organitzador de la Catalunya Trail), compartint carretera i xerrades de ciclisme i de que fariem i que ens trobariem.

L’ambient a Vitoria era de ciclisme, de ultraciclisme, i també una mica fresquet, cosa que s’agraïa venint de la calor de les eternes onades de calor viscudes aquest estiu. Ens trobem amb amics com el Jorge, un gran d’aquest mundillo i que organitza la Gravel Augusta amb el Jaume. Bon rotllo, dinem amb alguns amics més com el Sergio Franco.

Hi ha nervis abans del gran repte, parlar i compartir que porta i que NO porta cadascú, decisions d'última hora, dubtes, briefings, media, ambient ciclista, tot això mesclat a la panxa… Briefing en anglès i en castellà, per què ens quedi més clar.

 

Vaig compartir dinar i tarda amb la resta de ciclistes i amics (Jorge i Jaume), però no vaig anar a un sopar de molts ciclistes del grup Basajaun, amb el risc d'anar a dormir tard, i també per tal d'acabar de tancar el material, i tancar les decisions d'última hora en quant a material que portaria.

Al final el meu equip va ser: Molt menjar (potser massa), algunes barretes i fruits secs + uns pastissos d'arròs que em vaig fer. 2 càmeres de recanvi, un plumas, una màrfega de uns 400gr + una funda de sac molt fina + una tèrmica + un chubasquero + buff + 1 mitjons de recanvi. Electrónica: un power bank de càrrega ràpida de 10.000ma + un de 5000 (per si fallava l’altre + un carregador petit amb els 2 cables de USB)

Eines varies + cremes + retalls de diari (per les zones fredes i humides) i la gopro per fer fotos.

 

· La cursa, l’aventura, el repte: Al dia següent, dissabte 30 de Juliol, comencem la primera Basajaun amb el nervis, com sempre, del que havia de ser un gran repte.

L’inici seria neutralitzat uns 7km pels carrers de Vitoria fins a les primeres pistes gravel, pixades d'última hora mesclades amb una certa calma previa a la batalla, és el que es respiraba… En un moment donat es va apartar el cotxe i la pols va començar a agafar cos, el gas es va començar a obrir, a mi personalment em va sorprendre molt una cursa d’aquest tipus amb tanta gent, uns 200 participants alhora... Molts ciclistes junts pels primers km. Fins les primeres pujades dures i algun hike bike, no es van fer grans diferencies. Jo fidel al meu pla, vaig sortir més o menys davant, però no volia passar-me de voltes als primers km, i vaig deixar anar als ciclistes més agònics i forts amb un inici bastant ràpid.

Passant els primers km i noto que a pesar de no haver sortit amb els primers, el ritme esl nota al cos, i això que està tapat i no fa sol. De tant en tant pluvisqueja, així que no podem parlar de calor, temperatura ideal per pedalar. A la nit potser farà fresqueta, penso. De moment anem avançant per Urbasa i passem a prop de Pamplona. A partir de Pamplona si que passem una mica de calor, però és només durant unes hores. Fins aquí vaig coincidint amb alguns ciclistes, molts en BTT. Quant enfilem cap a Pirineus i Irati, torna a baixar la temperatura i la boira, la nit s’apropa i decideixo no parar molt per passar el més ràpid possible els pirineus, segurament, pedalant tota la nit. Els meus càlculs de hores d’arribada son bons, i va tot molt bé, el problema és, que en aquell moment, no sabem les sorpreses

que ens ha guardat el organitzador de la Basajaun (Carlos Mazón) que ens fa uns Hike Bikes molt macos, però que canvien molt els tempos planificats, i la fatiga de cadascun dels ciclistes, fatiga sobretot mental en aquests casos.

 

Entre boires i dubtes de per on s’agafa el track, fem uns hike bikes on passem per uns camins de cabres i vaques on no es pot pedalar, on hi ha diversitat de camins i tot costa, però encara tenim energia. Passats un parell de hike bikes pel km 230, ens agafa la nit i jo em trobo amb el David Candelich, amb el que sense saber-ho en aquell moment, passarem tota la nit junts i pràcticament tot el segon dia. Una bona trobada i productiva, per què vem passar el punt més alt dels pirineus xerrant i fent la nit més entretinguda.

A més descobreixo una de les coses més emotives de la Basajaun; el David estava fent un gest molt maco, ell estava realitzant la cursa amb el dorsal d’un amic seu i del Carlos Mazón que va perdre la vida sobre la bici, en Ferran Sans Muñoz amb el dorsal 28. Era un homenatge al seu amic, i jo els vaig acompanyar en aquest homenatge casi tota la cursa. Em va agradar molt el gest. Un cop passat el punt més alt, port del Paso Tapla, ens abriguem per que fa fred, vent i boira que fa difícil la visibilitat, i baixem amb molt poca esperança de poder sopar una mica de menjar del bo. Però....Miracle! a Villanueva de Aezkoa (primer poble baixant del Paso Tapla) trobem un bar obert, després de unes bromes amb el cambrer, ens donen entrepans, nosaltres estavem fets caldo i amb fred, i la gent al bar estava de dissabte nit, prenent copes i rient. Al cap d'una estona van arribar més

ciclistes amb els que vem compartir trossos d’entrepà per què no quedava pa, i experiències viscudes. A la llarga, alguns d’aquests ciclistes es convertirien en companys de ruta gairebé fins al final (Miguelón per exemple).

 

Doncs bé, David i jo continuem la nit i les xerrades, fins que en un tram molt llarg de carretera (casi l’únic de la ruta) ens entra molta son per la relaxació de la navegació. Comencem a pensar en un lloc per dormir, s’està fent de dia, 6 del matí aprox, i trobem, després de buscar en esglésies i frontons, un mirador d'ocells que està bastant protegit per fer una migdiada. Parem, el David té molta més experiència que jo en aquestes aventures, així que ell va molt lleuger i es tira al terra amb un plumas i res més, jo preparo la marfega i funda de sac i plumas, per tractar de no passar molt fred i descansar. Per mi és territori desconegut, sabia que volia parar poc, però no sabia com ho acceptaria. Dormim algo... no se quant, però molt poc, 20 o 30m màxim. El David s’aixeca amb fred i vol marxar ràpid per escalfar-se (normal), jo gairebé no puc ni contestar, perquè no se que fer, així que ell marxa, i jo miro de dormir algo més, però veig que no dormo, així que tranquilament m’aixeco i recullo tot. No vull correr, perque vull anar amb calma i veure com el meu cos accepta aquesta migdiada tan curta. Per sorpresa meva, no estic tan malament i pedalo força bé, i tinc energia.

Casualitat... em torno a trobar al David als pocs kms, ell havia parat a un bar a fer una café, jo no havia vist el bar, per tant ens tornem a trobar de seguida. Continuem el nostre viatge junts i fem parada per café (per mi) a una benzinera. Allà de sobte, el David em crida: ‘Xavi! Corre que venen les locomotores d’ahir la nit!' En Miguelon i altres dos ciclistes molt forts, el David Galán i l’Antonio Dias, portugés. Em prenc el café ràpid i el croissant de xocolate me’l menjo de una mossegada. Casi vomito per intentar agafar-me al tren de bicis gravel que anaven a gas a fons, jo amb la BTT i un plat gran (petit) no tenia suficient cadencia per agafar-me a ells, i de fet decideixo no cremar-me i parar, si em volien esperar, els agafaria, i sinó, la cursa i l’aventura decidiría, però no anava a deixar-me totes les forces allà, quan encara no estàvem ni a la meitat de la cursa.

En David va fer esperar a les locomotores, i això no se si va anar bé o no, perquè a l'inici ells em feien por, els veia molt forts. A la llarga vem acabar tots més o menys igual, així que mai sabrem que hagués passat. Amb un d’ells, el Miguelón, vem passar la segona nit i el 3 dia fins al final.

 

Aquell dia, el segon (diumenge) si pintaba a fer calor, i després de unes pistes amb rampes dures i baixades tècniques, alguna carretera secundaria i terreny trencacames, vem arribar a Ujué. Allà vem repostar de menjar i beguda, i després vem afrontar la part més càlida de la cursa i la més àrida a la pitjor hora, entre 13 i 16 vem passar les Bardenes i els seus voltants. Va se una zona ràpida i rodadora, on el Miguel (ciclista vingut de la carretera i rodador fortisim) ens portava amb el gantxo a estones. Allà ens vem entendre molt bé entre ell, el David i jo, també els altres 2 ciclistes que anavem a estones junts el David Galán i

l’Antonio Dias.

 

A les Bardenes vem parar a un foodtruck a agafar aigua i el sol cremava la pell literalment, vem sortir d’allà el més aviat possible, però tot el que venia després també era molt àrid, seguir el riu Ebre per poblacions i vies verdes amb algunes zones molt tècniques. Tota aquella tarda fins la nit, la recordo molt calurosa. Després de les Bardenes, vem parar a Arguedas, allà ens vem juntar una bona colla, als 5 que anavem a estones junts, es van sumar el François (conegut de la catalunya trail) i el Sergio (conegut de la Gravel augusta) tots 2 ciclistes molt forts. Vem fer una bona grupeta i vem passar zones àrides i tècniques per vias verdes però que a estones, eren difícils de pedalar. Allà es va marcar un ritme alt, que després alguns van pagar.

 

Com vem fer grupetta i ja tots estàvem molt cansats vem decidir parar a Munilla a un hotel on vem reservar sobre la marxa per 5 persones (Miguelón, David, Sergio, François i jo). Personalment no estava tant cansat i podria haber continuat, però veient (al dia següent) el que venia, crec que vaig fer bé en parar a descansar. Vem estar al 'Restaurante Casa Rural Casino de Munilla’ on la dona del local ens va atendre super bé, ens va preparar 1kg de macarrons només per nosaltres, i va atendre tot el que li vem demanar amb una gran gentilesa i una certa gràcia. Nosaltres estàvem molt cansats amb molta gana i sed, i a sobre demanavem molta cosa i ho vem fer a última hora, sobre les 21 vem trucar i a les 22 vem arribar al local. Per tant un 10 per la senyora que ens va fer com de mare per aquella nit. Un cop menjats i dutxats acordem aixecar-nos a les 3, el David va sortir una mica abans per què volia anar al seu rotllo i no dependre d'altres (opcions com tot, cadascú tria la seva). El Sergio va voler dormir més, 2h més concretament. I en miguelon en François i jo vem sortir gairebé a les 4 .

 

Les 4 de la matinada del 3er dia, en Françoise va sortir fortissim i ja no el vem veure més (va acabar 9è). Jo i el miguel vem anar junts o molt a prop tota l’estona i ja vem fer camí junts. A estones parlant i altres no. Tota aquesta part d’alta muntanya que ens venia a sobre, era molt dura, acompanyada de les sorpreses de Mr Mazón, les ‘Mazonades'. Molts hike bikes i navigations lost que no ens esperavem (ni nosaltres, ni la majoria del ciclistes) van fer que el final fos molt lent i que la duresa del terreny, mesclada amb els ’trekkings’ sorpresa, afectés mentalment. Al Mazón li deurien xiular, i molt, les oïdes. Per què jo ho vaig fer, però vaig sentir crits d'altres ciclistes que rebotaben a les muntanyes com si es tractés del mateix Basajaun! (Miguelón)

La Demanda igual de dura que maca, personalment vaig tenir un bloqueig en el camí que no era camí, creuant un bosc camp a través on no es veia el GR, però la resta de hike bikes, pel que he parlat amb la resta, més o menys igual que la resta. Però allà si que vaig tenir crisis, part de culpa meva per què aquell punt al km 593, s’havia parlat al Briefing, i no em vaig enrecordar. Una mescla de cansanci i de que no m’ho esperava, em van fer pensar que tenia problemes de GPS i també vaig perdre al Miguel, amb qui anava, va ser un moment crític, un cop superat van venir més hike bikes i una pujada molt dura la penultima: la pujada que venia després de la Bastida! Rasos de Ortada, una pujada de rampes del 20 amb pedra suelta i on gairebé tothom amb 700km a les cames, ho feia empenyen la bici en una bona part de la pujada. Allò va ser un altre punt molt dur, per què estàvem a punt d’arribar, però de sobte, anaves molt lent i caminaves molt. El tema és que en aquell cas, va ser compartit, i jo anava veient al company Miguel.

 

Per acabar vem fer una via verda entretinguda després de una pujada d’asfalt enganyosa, buscant Okina, cim de la última pujada, final del tram cronometrat. La pujada d’asfalt enganyava les nostres ments que buscaven un final fàcil per acabar amb bon sabor de boca, però que com sempre, tenia sorpresa, i entraves en una via verda, molt maca, però que ja sense agilitat etc, tenies que baixar molt de la bici.

Al final, vem fer l’últim cim: Okina, i amb el Miguel ens vem disposar a fer els últims 12km, ara si, fàcils, on vem gaudir de l’emoció d’acabar, però que també vem aprofitar per gestionar el descans d’aquella nit a Vitoria.

Una cursa, event o aventura (digueu-li com volgueu) que, personalment penso, és molt dura per què sempre has d’estar reman, no hi ha descans, moltes pistes pedregoses, tècniques, baixades complicades, exigent per la mecànica, difícil en alguns punts per la tècnica, dura per les rampes i llargues pujades, repte mental pels hike bikes i navigations lost, però maca pel canvi de diferents paisatges: verd bosc i humit de Urbasa, pirenaic com Irati, àrid i desèrtic com las Bardenas, i alta muntanya com la Demanda.

Una cursa on m’he exprimit, però que també he conegut i fet amistat amb altres ciclistes, hem compartit hores de xerrades, ciclisme i ultradistancia, he après de tots ells, i aquestes experiències son les que m’emporto com un tresor.

 

Patir i gaudir, compartir i estar amb un mateix, fred i calor, dolor i plaer, aprendre i ensenyar... el Yin i el Yang (suposo)

 

La ultradistancia és un viatge personal que de vegades fas sol i altres acompanyat, però no deixa de ser personal, el viatge pot ser físic, però també és mental.

 

Gràcies a Carlos Mazón i la organització, la media i el bon fer de l’event i tots els seus col·laboradors, treballadors i voluntaris, bona feina.

Gràcies a la gent que em dóna suport com l’Andrea, companya de vida, la mecànica de la bici a carrec d’Espai Bici, les rodes; Frasen wheels, el cos; Yoga Con Lau, amics Ian i Rolo, amics en ruta; Jorge Albuixech i Jaume Amat, David Candelich, Sergio Franco, Miguel Alvarez, François David.

  

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-CRONICA BASAJAUN, xavicalvo- Castellano

 

Datos:

 

· 800km con 14.000 d+

· Vel. media de 17'1 km/h en movimiento / 13 km/h con paradas

· Casi 3 días: 62h45m en total / 50h en movimiento / 12h en paradas / entre 3 y 4 h de sueño

· Bici: Trek Superfly aluminio 2014, ruedas gravel Frasen wheels + hutchitson tuareg 40c, 3 bidones, con un peso aproximado de salida de 17/18kg (mucha comida), pesaba mucho.

· Posición final: 15

 

· La previa: Trayecto de BCN a Vitoria en coche con Jaume (organizador de la Catalunya Trail), compartiendo carretera y charlas de ciclismo y de que haríamos y que nos encontraríamos.

El ambiente en Vitoria era de ciclismo, de ultraciclismo, y también algo fresquito, lo que se agradecía viniendo del calor de las eternas oleadas de calor vividas este verano. Nos encontramos con amigos como Jorge, un grande de este mundillo y que organiza Gravel Augusta con Jaume. Buen rollo, comemos con algunos amigos más como Sergio Franco.

Hay nervios antes del gran reto, hablar y compartir que trae y que NO trae cada uno, decisiones de última hora, dudas, briefings, media, ambiente ciclista, todo ello mezclado en el estómago… Briefing en inglés y en castellano, para que nos quede más claro.

 

Compartí almuerzo y tarde con el resto de ciclistas y amigos (Jorge y Jaume), pero no fui a una cena de muchos ciclistas del grupo Basajaun, con el riesgo de acostarse tarde, y también para terminar de cerrar el material, y cerrar las decisiones de última hora en cuanto a material que traería.

Al final mi equipo fue: Mucha comida (quizás demasiado), algunas barritas y frutos secos + unos pasteles de arroz que me hice. 2 cámaras de repuesto, un plumas, una esterilla hinchable de unos 400gr + una funda de saco muy fina + una térmica + un chubasquero + buff + 1 calcetines de repuesto. Electrónica: un power bank de carga rápida de 10.000ma + uno de 5000 (por si fallaba el otro + un cargador pequeño con los 2 cables de USB)

Herramientas varias + cremas + recortes de diario (por las zonas frías y húmedas) y la gopro para hacer fotos.

 

· La carrera, la aventura, el reto: Al día siguiente, sábado 30 de Julio, empezamos la primera Basajaun con los nervios, como siempre, de lo que debía ser un gran reto.

El inicio sería neutralizado unos 7km por las calles de Vitoria hasta las primeras pistas gravel, pisadas de última hora mezcladas con cierta calma previa a la batalla, es lo que se respiraba… En un momento dado se apartó el coche y la polvo empezó a coger cuerpo, el gas empezó a abrirse, a mí personalmente me sorprendió mucho una carrera de este tipo con tanta gente, unos 200 participantes a la vez... Muchos ciclistas juntos por los primeros km. Hasta las primeras subidas duras y algún hike bike no se hicieron grandes diferencias. Yo fiel a mi plan, salí más o menos delante, pero no quería pasarme de vueltas en los primeros km, y solté a los ciclistas más agónicos y fuertes con un inicio bastante rápido.

Pasando los primeros km y noto que a pesar de no haber salido con los primeros, el ritmo se nota en el cuerpo, y eso que está tapado y no hace sol. De vez en cuando llovizna, así que no podemos hablar de calor, temperatura ideal para pedalear. Por la noche quizás haga fresquito, pienso. De momento vamos avanzando por Urbasa y pasamos cerca de Pamplona. A partir de Pamplona sí que pasamos algo de calor, pero es sólo durante unas horas. Hasta aquí voy coincidiendo con algunos ciclistas, muchos en BTT. Cuando subimos hacia Pirineos e Irati, vuelve a bajar la temperatura y la niebla, la noche se acerca y decido no parar mucho para pasar lo más rápido posible los pirineos, seguramente, pedaleando toda la noche. Mis cálculos de horas de llegada son buenos, y va todo muy bien, el problema es que en ese momento no sabemos las sorpresas que nos ha guardado el organizador de la Basajaun (Carlos Mazón) que nos hace unos Hike Bikes muy guapos, pero que cambian mucho los tempos planificados, y la fatiga de cada uno de los ciclistas, fatiga sobre todo mental en estos casos.

 

Entre nieblas y dudas de por dónde se coge el track, hacemos unos hike bikes donde pasamos por unos caminos de cabras y vacas donde no se puede pedalear, donde hay diversidad de caminos y todo cuesta, pero todavía tenemos energía. Pasados ​​un par de hike bikes por el km 230, nos coge la noche y yo me encuentro con David Candelich, con el que sin saberlo en ese momento, pasaremos toda la noche juntos y prácticamente todo el segundo día. Un buen encuentro y productivo, por qué pasamos el punto más alto de los pirineos charlando y haciendo la noche más entretenida.

Además descubro una de las cosas más emotivas de la Basajaun; David estaba haciendo un gesto muy bonito, él estaba realizando la carrera con el dorsal de un amigo suyo y de Carlos Mazón que perdió la vida sobre la bici, Ferran Sans Muñoz con el dorsal 28. Era un homenaje a su amigo , y yo les acompañé en este homenaje casi toda la carrera. Me gustó mucho el gesto.

Una vez pasado el punto más alto, puerto del Paso Tapla, nos abrigamos por que hace frío, viento y niebla que hace difícil la visibilidad, y bajamos con poca esperanza de poder cenar un poco de comida del bueno. Pero... ¡Milagro! en Villanueva de Aezkoa (primer pueblo bajando del Paso Tapla) encontramos un bar abierto, después de unas bromas con el camarero, nos dan bocadillos, nosotros estábamos hechos caldo y con frío, y la gente en el bar estaba de sábado noche, tomando copas y riendo. Al rato llegaron más

ciclistas con los que compartimos trozos de bocadillo por qué no quedaba pan, y experiencias vividas. A la larga, algunos de esos ciclistas se convertirían en compañeros de ruta casi hasta el final (Miguelón por ejemplo).

 

Pues bien, David y yo continuamos la noche y las charlas, hasta que en un tramo muy largo de carretera (casi el único de la ruta) nos entra mucho sueño por la relajación de la navegación. Empezamos a pensar en un lugar para dormir, se está haciendo de día, 6 de la mañana aprox, y encontramos, después de buscar en iglesias y frontones, un mirador de pájaros que está bastante protegido para dormir una siesta. Paramos, David tiene mucha más experiencia que yo en estas aventuras, así que él va muy ligero y se echa al suelo con un plumas y nada más, yo preparo la colcha y funda de saco y plumas, para tratar de no pasar mucho frío y descansar. Para mí es territorio desconocido, sabía que quería parar poco, pero no sabía cómo aceptaría. Dormimos algo... no se cuánto, pero muy poco, 20 o 30m máximo. David se levanta con frío y quiere marchar rápido para calentarse (normal), yo casi no puedo ni contestar, porque no sé que hacer, así que él se marcha, y yo trato de dormir algo más, pero veo que no duermo , así que tranquilamente me levanto y recojo todo. No quiero correr, porque quiero ir con calma y ver cómo mi cuerpo acepta esta siesta tan corta. Para mi sorpresa, no estoy tan mal y pedalo bastante bien, y tengo energía.

Casualidad... me vuelvo a encontrar a David a los pocos kms, él había parado en un bar a tomar una café, yo no había visto el bar, por lo tanto nos volvemos a encontrar enseguida.

Continuamos nuestro viaje juntos y hacemos parada por café (para mí) en una gasolinera. Allí de repente, David me grita: '¡Xavi! ¡Corre que vienen las locomotoras de anoche!' Miguelon y otros dos ciclistas muy fuertes, David Galán y Antonio Dias, portugués. Me tomo el café rápido y el croissant de chocolate me lo como de un mordisco. Casi vomito para intentar cogerme en el tren de bicis gravel que iban a gas a fondo, yo con la BTT y un plato grande (pequeño) no tenía suficiente cadencia para cogerme a ellos, y de hecho decido no quemarme y parar, si querían esperarme, los cogería, y sino, la carrera y la aventura decidiría, pero no iba a dejarme todas las fuerzas allí, cuando todavía no estábamos ni en mitad de la carrera.

David hizo esperar a las locomotoras, y eso no se si fue bien o no, porque al inicio ellos me daban miedo, les veía muy fuertes. A la larga terminamos todos más o menos igual, así que nunca sabremos que hubiera pasado. Con uno de ellos, Miguelón, pasamos la segunda noche y el 3 día hasta el final.

 

Ese día, el segundo (domingo) si pintaba a hacer calor, y después de unas pistas con rampas duras y bajadas técnicas, alguna carretera secundaria y terreno rompepiernas, llegamos a Ujué. Allí repostamos de comida y bebida, y después afrontamos la parte más cálida de la carrera y la más árida a la peor hora, entre 13 y 16 pasamos las Bardenes y sus alrededores. Fue una zona rápida y rodadora, donde Miguel (ciclista venido de la carretera y rodador fortísimo) nos llevaba con el gancho a ratos. Allí nos entendimos muy bien entre él, David y yo, también los otros 2 ciclistas que íbamos a ratos juntos David Galán y

Antonio Dias.

 

En las Bardenas paramos a un foodtruck a coger agua y el sol ardía la piel literalmente, salimos de allí lo antes posible, pero todo lo que venía después también era muy árido, seguir el río Ebro por poblaciones y vías verdes con algunas zonas muy técnicas. Toda esa tarde hasta la noche, la recuerdo muy calurosa. Después de las Bardenas, paramos en Arguedas, allí nos juntamos un buen grupo, a los 5 que íbamos a ratos juntos, se sumaron François (conocido de la Catalunya Trail) y Sergio (conocido de la Gravel Augusta) los 2 ciclistas muy fuertes. Hicimos una buena grupetta y pasamos zonas áridas y técnicas por vías verdes pero que a ratos eran difíciles de pedalear. Allí se marcó un ritmo alto, que después algunos pagaron.

 

Cómo hicimos grupetta y ya todos estábamos muy cansados ​​decidimos parar en Munilla en un hotel donde reservamos sobre la marcha para 5 personas (Miguelón, David, Sergio, François y yo). Personalmente no estaba tan cansado y podría haber continuado, pero viendo (al día siguiente) lo que venía, creo que hice bien en parar a descansar. Estuvimos en el 'Restaurante Casa Rural Casino de Munilla' donde la mujer del local nos atendió super bien, nos preparó 1kg de macarrones sólo para nosotros, y atendió todo lo que le pedimos con una gran gentileza y cierta gracia. Nosotros estábamos muy cansados ​​con mucha hambre y sed, y encima pedíamos mucho y lo hicimos a última hora, sobre las 21 llamamos ya las 22 llegamos al local. Por tanto un 10 por la señora que nos hizo de madre por aquella noche. Una vez comidos y duchados acordamos levantarnos a las 3, David salió un poco antes por qué quería ir a su rollo y no depender de otros (opciones como todo, cada uno elige la suya). Sergio quiso dormir más, 2h más concretamente. Y Miguelón, François y yo salimos casi a las 4am.

 

Las 4 de la madrugada del 3er día, Françoise salió fortísimo y ya no le vimos más (terminó 9º). Yo y el miguel fuimos juntos o muy cerca todo el rato y ya hicimos camino juntos. A ratos hablando y otros no. Toda esta parte de alta montaña que nos venía encima, era muy dura, acompañada de las sorpresas de Mr. Mazón, las 'Mazonadas'. Muchos hike bikes y navigations lost que no nos esperábamos (ni nosotros, ni la mayoría de los ciclistas) hicieron que el final fuera muy lento y que la dureza del terreno, mezclada con los 'trekkings' sorpresa, afectara mentalmente. Al señor Mazón le deberían silbar, y mucho, los oídos. ¡Por qué yo lo hice, pero oí gritos de otros ciclistas que rebotaban en las montañas como si se tratara del propio Basajaun! - Miguelón :) -

 

La Demanda fue igual de dura que bonita, personalmente tuve un bloqueo en el camino que no era camino, cruzando un bosque campo a través donde no se veía el GR, pero el resto de hike bikes, por lo que he hablado con los demás ciclistas, lo pasé más o menos igual que ellos. Pero allí sí que tuve crisis, en parte fue mi culpa por qué ese punto en el km 593, se había hablado en el Briefing, y no me acordé. Una mezcla de cansancio y de que no me lo esperaba, me hicieron pensar que tenía problemas de GPS y también perdí a Miguel, con el que iba, fue un momento crítico, una vez superado vinieron más hike bikes y una subida muy dura la penúltima: ¡la subida que venía después de la Bastida! Rasos de Ortada, una subida de rampas del 20% con piedra suelta y donde casi todo el mundo con 700km en las piernas, lo hacían empujando la bici en buena parte de la subida. Aquello fue otro punto muy duro, porque estábamos a punto de llegar, pero de repente, ibas muy lento y caminabas mucho. El tema es que en ese caso, fue compartido, y yo iba viendo al compañero Miguel.

 

Por último hicimos una vía verde entretenida después de una subida de asfalto engañosa, buscando Okina, cima de la última subida, final del tramo cronometrado. La subida de asfalto engañaba a nuestras mentes que buscaban un final fácil para acabar con buen sabor de boca, pero que como siempre, tenía sorpresa, y entrabas en una vía verde, muy bonita, pero que ya sin agilidad etc, tenías que bajar mucho de la bici.

 

Al final, hicimos la última cima: Okina, y con Miguel nos dispusimos a hacer los últimos 12km, ahora si, fáciles, donde disfrutamos de la emoción de terminar, pero que también aprovechamos para gestionar el descanso de esa misma noche en Vitoria.

 

Una carrera, evento o aventura (decidle como queráis) que, personalmente pienso, es muy dura porque siempre tienes que estar remando, no hay descanso, muchas pistas pedregosas, técnicas, bajadas complicadas, exigente por la mecánica, difícil en algunos puntos por la técnica, dura por las rampas y largas subidas, reto mental por los hike bikes y navigations lost, pero guapa por el cambio de diferentes paisajes: verde bosque y húmedo de Urbasa, pirenaico como Irati, árido y desértico como las Bardenas, y alta montaña como la Demanda.

Una carrera donde me he exprimido, pero que también he conocido y trabado amistad con otros ciclistas, hemos compartido horas de charlas, ciclismo y ultradistancia, he aprendido de todos ellos, y estas experiencias son las que me llevo como un tesoro.

 

Sufrir y disfrutar, compartir y estar con uno mismo, frío y calor, dolor y placer, aprender y enseñar... Yin y Yang (supongo)

 

La ultradistancia es un viaje personal que a veces haces solo y otras acompañado, pero no deja de ser personal, el viaje puede ser físico pero también es mental.

 

Gracias a Carlos Mazón y la organización, la media y el buen hacer del evento y todos sus colaboradores, trabajadores y voluntarios, buen trabajo.

Gracias a la gente que me apoya como Andrea, compañera de vida, la mecánica de la bici a cargo de Espai Bici, las ruedas; Frasen wheels, el cuerpo; Yoga Con Lau, amigos Ian y Rolo, amigos en ruta; Jorge Albuixech y Jaime Amat, David Candelich, Sergio Franco, Miguel Álvarez, François David.

Although this Atki is looking a little worse for wear she has been left standing outside all her life. she has only covered 600miles from new.

flickriver.com/photos/javier1949/popular-interesting/

 

EL RANCHITO

www.mataderomadrid.org/ficha/995/el-ranchito.html

 

Nave 16 (espacio de exposiciones)

 

Arquitectos: Alejandro Vírseda, José Ignacio Carnicero e Ignacio Vila Almazán, 2011

 

Un versátil espacio expositivo de más de cuatro mil metros cuadrados, capaz de acoger grandes proyectos multidisciplinares, cuya rehabilitación ha sido finalista de los premios FAD de arquitectura 2012. El espacio puede ser fácilmente dividido en módulos independientes separados por grandes paneles de acero y permitir así la programación de contenidos de forma simultánea: proyecciones, grandes exposiciones, conciertos, talleres de producción de obra, charlas, propuestas escénicas o actividades sociales. El proyecto transforma la nave en un gran espacio expositivo versátil y polivalente, que puede funcionar como la mayor sala de exposiciones, instalaciones o actividades de artes vivas de Madrid o como un conjunto de espacios independientes de menor tamaño (hasta 5 salas). Esta flexibilidad se logra mediante la introducción en los dos espacios de doble altura de unos recintos de puertas de dos alturas, concebidos como una gran instalación efímera que contrasta con el carácter tectónico e imperecedero de la envolvente arquitectónica de la nave. Estas puertas, que garantizan mediante sencillos giros la total polivalencia del espacio interior de la nave, dotan igualmente a los mismos de la versatilidad lumínica y ambiental requerida en cada uno de los espacios según las características de la actividad realizada (Las instalaciones del edificio también han sido sectorizadas para colaborar con esta versatilidad espacial). El material utilizado para realizar estas cajas de puertas es el acero, cuyo cromatismo contrasta con la superficie interior de los paramentos de la envolvente, caracterizándose así, de modo particular los dos espacios en doble altura de la nave. Cuando las puertas se abran los paramentos puros y herméticos de la caja oscura desaparecen, apareciendo la envolvente actual con su característica estructura de finos perfiles metálicos. El estrecho cuerpo adosado a la nave en su fachada hacia el río Manzanares alberga las dotaciones de servicio.

  

MATADERO MADRID - CENTRO DE CREACIÓN CONTEMPORÁNEA Antiguos Matadero y Mercado Municipal de Ganados

Pº de la Chopera, 2 a 14 C/V a Pza. de Legazpi 8, Vado de Santa Catalina y Av. del Manzanares. Madrid.

Actuación inicial: Luis Bellido González, arquitecto y José Eugenio Ribera Autaste, ingeniero. 1910 (Proyecto) 1910-1925 (Obras).

Matadero de aves y gallinas: Luis Bellido González y Francisco Javier Ferrero Llusiá: 1926 (Proyecto) 1932-1933 (Obras).

Acondicionamiento de la Casa del Reloj, Nave de Terneras y pabellones de acceso para Junta Municipal del Distrito de Arganzuela y salas culturales y deportivas: Rafael Fernández-Rañada Gándara: 1983 (Proyecto) 1983-1984 (Obras).

Rehabilitación de la “nave de patatas” para Invernadero-Palacio de Cristal, antiguo parque del matadero y consolidación estructural de naves del recinto sur: Guillermo Costa Pérez-Herrero: 1990 (Proyecto) 1990-1992 (Obras).

Adaptación de naves para sedes del Ballet Nacional y Compañía Nacional de Danza: Antonio Fernández-Alba y José Luis Castillo-Puche Figueira 1990 (Proyecto) 1993-1999 (Obras)

Vestíbulo y Espacio Intermediae. (nave 17c) Arquitectos Arturo Franco y Fabrice Van Teslaar en colaboración con el arquitecto de interiores Diego Castellanos 2006-07

Naves del Español (naves 10, 11 y 12) Arquitectos Emilio Esteras 2007-10 y Justo Benito 2009-10

Central de Diseño (nave 17) Arquitecto José Antonio García Roldán 2007

Taller y Oficina de Coordinación (parte de la nave 8) Arquitecto Arturo Franco 2010

Calle y Plaza Matadero Arquitectos Ginés Garrido, Carlos Rubio y Fernando Porras 2011

ESCARAVOX Andrés Jaque Arquitectos 2012

Depósito de especies y nuevo acceso por Legazpi. BCP Ingenieros -Luis Benito Olmeda y Francisco Calderón- con María Langarita y Víctor Navarro arquitectos. 2011

Nave 16 Arquitectos: Alejandro Vírseda, José Ignacio Carnicero e Ignacio Vila Almazán, 2011

Nave de Música (Nave 15) Arquitectos: María Langarita y Víctor Navarro, en colaboración con el diseñador mexicano Jerónimo Hagerman, 2011

Cineteca y Cantina Archivo Documenta (nave 17 c, d, e y f) Arquitectos: José María Churtichaga y Cayetana de la Quadra Salcedo 2011

Casa del Lector. Centro Internacional para la Investigación, el Desarrollo y la Difusión de la Lectura de la Fundación Germán Sánchez Ruipérez. (naves 13 y 14, 17b y tres crujías de la nave 17. Arquitecto Antón García Abril. Diseño gráfico y señalización: Alberto Corazón. Interiorismo Jesús Moreno y Asociados 2012

 

El arquitecto Joaquín Saldaña resulta ganador del concurso convocado por el Ayuntamiento de Madrid el año 1899 para la realización de los nuevos matadero y mercado municipal de ganados en la Dehesa de La Arganzuela, junto al Manzanares, si bien, finalmente las obras se realizan de acuerdo con el proyecto redactado en 1910 por Luis Bellido, arquitecto de propiedades del Ayuntamiento, con la colaboración de J. Eugenio Ribera, ingeniero de reconocido prestigio. El conjunto arquitectónico se compone de 48 edificios agrupados en cinco sectores de producción: dirección y administración, matadero, mercado de abastos, mercado de trabajo y sección sanitaria, cuenta además con viviendas para el personal y capilla; también de sistema de circulaciones y ferrocarril propios... una autentica ciudad laboral.

Sigue el sistema alemán de pabellones aislados, relacionados por medio de viales y presididos por un edificio administrativo, la "Casa del Reloj" situado sobre el eje principal de la composición. Por sus características arquitectónicas y por su escala es uno de los conjuntos edificados más significativos de Madrid. Se advierte en él una unidad estilística y constructiva derivada del uso racional en sus fábricas de tres materiales esenciales ladrillo, mampostería y cerámica, y una cuidadosa introducción de elementos metálicos en la estructura; además de otros aspectos significativos como el empleo de un lenguaje de inspiración neomudéjar muy atenuado, habitual en la arquitectura industrial de la época. El matadero de Madrid sirve de modelo para la construcción en España de este tipo de edificios.

Para el crítico González Amezqueta "Es un ejemplo de gran calidad de arquitectura industrial perfectamente insertado en los procedimientos del ladrillo, con derivaciones hacia el neomudéjar. La mecánica funcional de los procesos laborales no impide discretas acentuaciones ornamentales, ya que todo el proceso constructivo es estrictamente artesanal, con predominio de las técnicas fabricadas del ladrillo en las partes más acertadas".

En 1926, en zona próxima al Vado de Santa Catalina, proyecta Bellido el matadero de gallinas y aves, siendo realizadas las obras, entre 1932 y 1933, bajo la dirección de Francisco Javier Ferrero con la introducción de una clara y cuidada estructura de hormigón pionera en la ciudad y en la que reside uno de sus valores principales.

A partir de 1940 se llevan a cabo diferentes remodelaciones y ampliaciones, entre ellas la de la nave de patatas, el pabellón de autopsias y los abrevaderos.

En la década de 1980, perdida su función original, el Departamento de Conservación de Edificios del Ayuntamiento comienza la rehabilitación sistemática de los edificios del conjunto para su uso como contenedores de actividades culturales, sociales, deportivas y administrativas propias del Ayuntamiento; primero bajo la dirección de Rafael Fernández-Rañada, que acondiciona la Casa del Reloj para Junta Municipal del Distrito de Arganzuela y la nave de terneras para sala cultural y deportiva, y después, de Guillermo Costa que realiza el Palacio de Cristal (rehabilitación de la nave de patatas para invernadero) y el parque del matadero, con la colaboración del ingeniero, también municipal, M. Ángel Martínez Lucio.

Desde 1996 Costa continúa la consolidación estructural de fachadas y cubiertas de 7 naves del recinto sur, sin un uso predeterminado y en distintas fases, a la espera de la realización del proyecto para su adecuación a nuevas actividades de carácter cultural, comercial o de ocio. Finalmente, el conjunto edificado se incluye en el catálogo de bienes a conservar dentro del Plan General de Ordenación Urbana de 1997.

En el extremo norte parte de las antiguas naves de estabulación son cedidas al Instituto Nacional de Artes Escénicas y de la Música (INAEM) para establecer en ellas las sedes del Ballet Nacional de España y de la Compañía Nacional de Danza, según proyecto de Fernández Alba y Castillo-Puche, concluyéndose las obras de adaptación en 1999.

En 2005 se aprueba la modificación del Plan Especial de Intervención, Adecuación Arquitectónica y Control Urbanístico-Ambiental de Usos del recinto del antiguo matadero municipal, que incrementa el uso cultural hasta el 75% del total.

A partir de 2006 el Ayuntamiento se plantea rehabilitar en distintas fases, mediante proyectos derivados de concursos de arquitectura, este inmenso contenedor de casi 150.000 m2, para albergar multitud de eventos y encuentros, fomentando la creatividad de artistas de múltiples especialidades. El conjunto se convierte en un núcleo de actividad cultural que alberga las más importantes citas de la ciudad. Así, se inician actuaciones para convertir el recinto en centro de apoyo a la creación, en campo de experimentación de la nueva arquitectura, pero siguiendo los criterios de intervención del Plan Especial, que establece la preservación de la envolvente de las naves. La línea maestra que ha guiado las intervenciones es la reversibilidad, de modo que los edificios pueden ser fácilmente devueltos a su estado original. Las actuaciones mantienen expresamente las huellas del pasado para reforzar el carácter experimental de las nuevas instituciones que alojan. Se ha buscado el equilibrio entre el respeto máximo al espacio, y una dotación específica, que lo distinga, a través del uso limitado de materiales industriales directos y que, al mismo tiempo, dé servicio a los diferentes usos que pueda albergar.

En 2012, tras la visita del jurado de los premios FAD a Matadero Madrid, decidió reconocer la labor en conjunto de todos los arquitectos que han participado en el proceso de reforma. El fallo valora “tanto la actitud global de la propuesta, que apuesta de una forma valiente por la experimentación y el respeto a los espacios de libertad gestionados desde la sociedad civil, como la conceptualización del proyecto, desde su inicio en el 2007 con la rehabilitación del vestíbulo y el espacio Intermediae, hasta las recientes intervenciones de la Nave 16 y la Nave de Música finalistas en la presente edición de los Premios FAD”. Así mismo, el jurado destacó de Matadero Madrid “la inteligencia colectiva, la unidad que le viene inferida por la arquitectura industrial preexistente, y que con un mínimo de protagonismo exterior de las nuevas intervenciones, en el interior resuelve con rigor y autenticidad las diversas necesidades del extenso programa del centro, buscando no sólo mantener los espacios arquitectónicos y formas estructurales, sino también el carácter, la atmósfera y sobre todo el irrepetible paso del tiempo”.

Ese mismo año el Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid otorgó uno de sus premios a las intervenciones en la Cineteca y Archivo Documenta, y en la Nave 16. Por último, destaca la interconexión de Matadero Madrid y Madrid Río mediante la urbanización de los espacios públicos -Calle y Plaza Matadero- por el mismo equipo de arquitectos -Ginés Garrido, Carlos Rubio y Fernando Porras- que proyectó Madrid Río. Está previsto además que dicha conexión, gracias a dos nuevos accesos, se amplíe entre diciembre de 2012 y julio de 2013. Madrid Río ha recibido, entre otros premios, el International Architecture Award 2012 del Chicago Athenaeum of Architecture and Design y el European Centre for Architecture Art Design and Urban Studies, el Premio de Diseño Urbano y Paisajismo Internacional otorgado por el Comité de Críticos de Arquitectura CICA, en el marco de la XIII Bienal de Buenos Aires; o el Premio FAD de Ciudad y Paisaje 2012, entre otros galardones.

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Dalla Collina del Parco Portello

Este jueves se procedió a realizar la entrega de la recaudación obtenida en la celebración de la carrera solidaria San Silvestre 2013 de Las Palmas de Gran Canaria correspondiente a su XII edición. Tuvo lugar en la sede del Hospital Perpétuo Socorro de Las Palmas de Gran Canaria.

En el acto de entrega estuvieron presentes Juan José Cardona González, alcalde del Ayuntamiento de Las Palmas de Gran Canaria; Lucas Bravo de Laguna Cabrera, consejero de Gobierno de Deportes del Cabildo de Gran Canaria; Jorge Petit Sánchez, consejero Delegado del Hospital Perpetuo Socorro, entidad patrocinadora oficial de la carrera; José Rodríguez Medina, presidente del Club de Triatlón TRICAN, organizador de la prueba; Pablo Cardona, gerente de Top Time Eventos; Juan Lorenzo Campos Pineda, presidente Provincial de Cruz Roja Las Palmas y Lucas López Sánchez, director de Radio ECCA.

Las Palmas de Gran Canaria 31/01/2014

Foto: Radio ECCA (Santi Bolaños)

Chaflán de Cibeles y fachada a la calle de Alcalá en la sede central del Banco de España en la plaza de Cibeles de Madrid.

IMAGEN ARCHIVO - ANTIGUA SEDE

(Avenida San José #125,Colonia Centro América)

 

Museo de Arte Popular y Sala de la miniatura Dominga Herrera

 

Dirección: El museo se ubica actualmente en el interior del Castillo Venturoso, Colonia Flor Blanca entre la Alameda Franklin Delano Roosevelt y 45 av. sur, San Salvador, El Salvador. C.A.

 

Museo de Arte Popular

 

E-mail: museodeartepopularsv@gmail.com

 

Como parte de los esfuerzos de organismos que buscan impulsar la riqueza y singularidad de las tradiciones artísticas salvadoreñas, el Museo de Arte Popular es una muestra de ese trabajo.

 

Este museo se fundó por la asociación Iniciativa Pro Arte Popular (INAR) en 2001, institución privada sin fines de lucro conformada por profesionales salvadoreños unidos por el interés de documentar, estudiar y preservar las diferentes expresiones de las artes y tradiciones populares de El Salvador.

 

En este sentido, más de mil 100 objetos y documentos han sido recopilados para las exposiciones permanentes o temporales a lo largo de las ocho salas que conforman las instalaciones. Cada una engloba diferentes expresiones del arte popular salvadoreño como producto de tradiciones heredadas o manifestaciones artísticas emergentes.

 

Dentro de la colección encontrará algunas esculturas, bordados, joyería, alfarería, tejidos, máscaras, papel picado y su principal exposición: las miniaturas en barro.

 

El área principal es la “Sala de la Miniatura Dominga Herrera” en honor a la creadora de este arte miniatura procedente de Ilobasco, departamento de Cabañas. Podrá conocer la indumentaria que utilizó, hasta los reconocimientos nacionales e internacionales que recibió esta pionera de la artesanía salvadoreña.

 

A lo largo de las salas encontrará innumerables temáticas en miniatura, desde diferentes vestimentas indígenas, uniformes de la Guardia Nacional de antaño, grupos musicales representativos, personajes míticos salvadoreños y más.

 

Así mismo hallará temas referentes a los procesos artesanales que se le dan al maíz, el pan, café y dulces. Hasta de la vida misma: desde el amor, tradiciones católicas como la semana santa y la inmigración hacia Estados Unidos.

 

También las creaciones escenifican lugares y eventos históricos como la conquista española, el Zoológico Nacional, el Balneario de Amapulapa en el departamento de San Vicente, entre otras.

 

Como parte del recorrido encontrará la sala que expone fragmentos de las tradiciones populares de El Salvador como el casi extinto “papel picado” de Izalco, departamento de Sonsonate, el cual se utilizaba para festividades. Su característica es que la población indígena plasmaba en los recortes figuras míticas como el animal “Cuyancúa”, entre otros.

 

De igual manera vislumbrará máscaras pertenecientes a los bailes populares como la danza de moros y cristianos.

 

En este espacio también hay cabida para el reconocimiento a las mujeres artesanas que mantienen los procedimientos de antaño. Tales como la producción de los telares de cintura, característicos de Panchimalco y la cestería de Olocuilta, ambos del departamento de San Salvador. De igual forma el barro negro de Guatajiagua, departamento de Morazán y San Miguel.

 

Un emotivo rincón es la sala dedicada a las mujeres y niños que realizaron bordados entre 1980 y 1989, época marcada por la guerra civil que generó miles de desplazamientos de familias salvadoreñas a tierras hondureñas.

 

Dichos bordados plasman las condiciones de vida y la cotidianidad que enfrentaron en Colomoncagua, Honduras a modo de expresar la problemática que enfrentaron con el pasar de los años.

   

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SED Bezirksparteischule Halle, former Napobi Ballenstedt / NPEA Anhalt (Napola). Ballenstedt, Deutschland

 

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