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Scientific name: Myiodynastes chrysocephalus
Trinomial name: Myiodynastes chrysocephalus minor
Ssp name: M. c. minor
Common name: Golden-crowned Flycatcher
Nombre: Benteveo de barbijo, Benteveo de corona dorada, Bienteveo coronidorado, Atrapamoscas corona dorada, Atrapamoscas lagartero,
Lugar de la captura: Rio blanco, Ecuador
The Flame-faced Tanager is one of the most spectacular members of the diverse and exceptionally colorful genus Tangara. Living up to its common name, the forehead begins as a deep glimmering red, shading into a brilliant yellow on the nape and sides of the head. This "flame" contrasts sharply with the jet black back. The Flame-faced Tanager is a common member in mixed species foraging flocks in the canopy of humid montane forest from the Andes of extreme southwest Venezuela south to central Peru. It forages exclusively along mossy branches and occasionally peering at the underside in search of arthropods. There are three subspecies of the Flame-faced Tanager, described based mostly on minor differences in plumage. The species is typically found from 1000-2600 m and is most numerous above 1500 m. The IUCN Red list assesses the Flame-faced Tanager as a species of Least Concern; however, the population size is declining due to habitat destruction. Thus, the Flame-faced Tanager should become the focus of future studies.
Have a Peaceful Saturday!
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Vinca Minor or Periwinkle. A sprawling ground cover plant.
This is a garden escapee found at the top of an old disused railway embankment close to where there once used to be a signal box serving the old goods yard.
Santa Maria del Fiore, la cui costruzione fu progettata da Arnolfo di Cambio, è la terza chiesa del mondo (dopo San Pietro a Roma, San Paolo a Londra) e la più grande in Europa al momento della sua ultimazione nel '400: è lunga 153 metri, larga 90 alla crociera ed alta 90 metri dal pavimento all'apertura della lanterna. Essa, terza e ultima cattedrale fiorentina, fu intitolata nel 1412 a Santa Maria del Fiore con chiara allusione al giglio, simbolo della città.
Sorse sopra la seconda cattedrale, che la Firenze paleocristiana aveva dedicato a Santa Reparata.
Le notevoli diversità di stile rivelate nelle sue parti sono la testimonianza del variare del gusto nel lungo periodo trascorso fra la sua fondazione ed il completamento.
La prima pietra della facciata venne posta l'8 settembre 1296, su progetto di Arnolfo di Cambio. Egli lavorò per il Duomo dal 1296 al 1302. Ideò una basilica dagli spazi classici, con tre ampie navate che confluivano nel vasto coro dove è posto l'altare maggiore, a sua volta circondato dalle tribune su cui poi si innesterà la Cupola.
Il progetto di Arnolfo era notevolmente diverso dalla struttura attuale della chiesa, come è possibile notare dall'esterno. Sui fianchi dell'edificio, infatti, a nord e a sud, notiamo che le prime quattro finestre sono più basse, più strette e più ravvicinate di quelle verso est, le quali corrispondono, invece, all'ampliamento operato da Francesco Talenti, capomastro a partire dalla metà del '300.
Arnolfo arriva a finire due campate e metà della nuova facciata.
La facciata fu smantellata nel 1587 quando il Granduca Francesco I de' Medici decise di costruirne una nuova modena e le statue superstiti che la decoravano sono oggi esposte nel Museo dell'Opera del Duomo.
Alla morte d'Arnolfo, avvenuta intorno al 1310, i lavori subirono un rallentamento, per riprendere certamente nel 1331 quando i magistrati dell'Arte della Lana si assunsero la cura della costruzione. Nel 1334 fu nominato capomastro dell'Opera Giotto che si occupò prevalentemente della costruzione del campanile e morì tre anni dopo. A Giotto subentrò Andrea Pisano fino al 1348, anno della terribile peste che decimò la popolazione cittadina da 90.000 a 45.000 abitanti.
I lavori proseguirono fra interruzioni e riprese fino a quando, in seguito al concorso bandito nel 1367, fu accettato il modello definitivo della chiesa proposto da quattro architetti e quattro pittori, tra i quali Andrea di Bonaiuto, Benci e Andrea di Cione, Taddeo Gaddi e Neri di Fioravante.
Dal 1349 al '59 la direzione tocca a Francesco Talenti, che completa il Campanile e prepara un nuovo progetto coadiuvato (dal 1360 al '69) da Giovanni di Lapo Ghini. Nel 1378 fu ultimata la volta della navata centrale, e nel 1380 furono terminate le navate minori. Tra il 1380 ed il 1421 furono costruite le tribune e forse anche il tamburo della Cupola.
The centre of Bardejov is a rectangular square with an area of 260 x 80 meters. It is therefore built on a sort of irregular chessboard plan.
The square is surrounded on three sides by a row of typical narrow burgher houses. On the northern side of the square, there is the dominant of the city - Basilicia minor of St. Giles, joined with the Renaissance building of the former Municipal Humanitarian School
The indescribable atmosphere of the Bardejov square is enhanced by its representative 16th century town hall building, built in Gothic-Renaissance style. It houses an exhibition of the Šariš Museum dedicated to the history of the town.
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Yup , another random car find and this time a Morris Minor convertible .
I think it is a 1961 948 cc model .
It looked in a very good condition from what I saw at a distance .
Plain-colored Seedeater, Catamenia inornata minor, 13.5cm / 5.25in. Fairly COMMON in scrubby open areas and paramo in the upper subtropics and temperate zones.
Laguna Negra, PNN Los Nevados, Departamento de Quindio, Colombia.
©bryanjsmith.
A Morris Minor car decaying in a forgotten corner of an industrial estate.
Meopta Flexaret Standard camera
Fomapan 400 film
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L'areale del fenicottero minore si estende dall'Africa subsahariana attraverso la penisola arabica sino al subcontinente indiano. Le principali aree di nidificazione si trovano in prossimità dei laghi della Rift Valley
Lake Amboseli
Amboseli National Park
"Originario dell’Asia Minore, l’albero del noce, appartiene alla famiglia delle Juglandacee, dal termine latino “Iovis glans”, ghianda di Giove, a testimonianza della sacralità e del legame con la divinità, probabilmente grazie alla sua maestosità ed alla peculiarità di crescere in luoghi isolati, lontani da altre specie arboree. Quest’ultima caratteristica, si deve alla presenza di una sostanza tossica, la juglandina, secreta dalle radici e dalle foglie, che provoca la morte delle altre piante nelle vicinanze. L’albero del noce è stato importato prima in Grecia e poi a Roma, attorno al 100 a.C, e si è diffuso, successivamente, in tutta Europa grazie alle proprietà nutrizionali dei suoi frutti, molto calorici (ben 650 calorie per 100 grammi), ma ricchi di vitamina B, sali minerali, potassio, fosforo, calcio, ferro e magnesio. Tutte caratteristiche ideali, che ne hanno fatto alimento principe dell’alimentazione rurale, soprattutto nei lunghi periodi di carestia. Testimonianze dell’uso delle noci nell’alimentazione dei romani sono state rinvenute durante gli scavi di Ercolano, grazie al ritrovamento di alcuni frutti carbonizzati, mentre nei dipinti della Villa dei Misteri di Pompei sono raffigurati alcuni frutti. Proprio nell’area vesuviana e sulla costiera Sorrentina, vengono ancora prodotte le Noci di Sorrento, una delle specie più pregiate, di cui esistono due varietà certificate: una più allungata e leggermente appuntita da un lato e smussata alla base ed una seconda, più piccola e tondeggiante.
Versatili, oleose e dal sapore sfizioso e gradevole, le noci sono state usate, e lo sono ancora oggi, come ingredienti per la preparazione di gustose ricette, dagli antipasti, ai primi piatti ai dolci, senza dimenticare il pregiato liquore, il Nocino, o Nocello, che si ricava dai malli acerbi, raccolti, come tradizione vuole, il 24 giugno, la Notte di San Giovanni, che coincide con il Solstizio d’Estate. Tuttavia, fin dai tempi più antichi, il noce ed i suoi frutti sono stati oggetto di storie e leggende, che, nei secoli, hanno contribuito ad attribuire a questo albero ed ai suoi frutti una nomea più o meno sinistra, al punto che, ancora oggi, si usa il termine “nocivo” per indicare qualcosa di dannoso per la salute. In particolare, l’albero del noce è legato all’elemento femminile ed alle storie nate attorno alle streghe. Ma come si è arrivati a questa fama sinistra? Indubbiamente, fin dai tempi più antichi, il noce è stato amato ed odiato: indispensabile dal punto di vista alimentare, da un lato, temuto per le leggende nate attorno alle sue fronde, dall’altro."
Dal libro : " Ti do una noce! Storia, leggende e ricette
del frutto più magico" di
Manuela Fiorini