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Riapre dopo 50 anni Chiesa Madre o Matrice - Sambuca di Sicilia:
Dopo oltre mezzo secolo dal terremoto che nel 1968 devastò la Valle del Belice viene riaperto uno dei gioielli architettonici più significativi di quel territorio: la Chiesa Madre di Sambuca di Sicilia, simbolo per tanti anni di una ricostruzione ancora incompiuta:
www.ansa.it/sicilia/notizie/2019/01/24/ansa-beni-cultural...
La Chiesa Madre, edificata intorno al 1420 su una parte dell’antico Castello arabo di Zabut, si trova nella parte piu’ antica di Sambuca, sulla rocca che domina il paese. L’attuale campanile, fu ricavato da una antica torre saracena di difesa dello stesso Castello.
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Albizia Durazz., 1772 è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Mimosaceae (o Fabaceae secondo la classificazione APG), comprendente un centinaio di specie tra alberi e arbusti, originari della zona tropicale di Africa, Asia e Australia. Il nome è un omaggio al naturalista fiorentino Filippo degli Albizzi, che per primo la introdusse in Europa nel 1740 da Costantinopoli.
Simile all'acacia se ne differenzia per gli stami riuniti alla base; le foglie decidue composte sono formate da molte coppie di foglioline, i fiori di varia foggia a volte simili a quelli delle mimose, profumati, in spighe o a forma di piumino, hanno colori che vanno dal bianco al giallo al rosato, e si possono ammirare da luglio a settembre. Le specie arboree possono raggiungere l'altezza di 4–10 m.:
Sambuca di Sicilia (Sammuca in siciliano) è un comune italiano di 5 792 abitant della provincia di Agrigento in Sicilia.
La cittadina è inclusa nel club de I borghi più belli d'Italia, l'associazione dei piccoli centri italiani che si distinguono per la grande rilevanza artistica, culturale e storica, per l'armonia del tessuto urbano, la vivibilità e i servizi ai cittadini.
Di origini arabe, per distinguerla dal comune omonimo toscano, nel 1864 venne aggiunto "Zabut" dal nome dell'antico castello così denominato dall'emiro Al Zabut; ma nel 1923 assunse la denominazione attuale.
PANORAMA DALLA PIEVE DI SAN PIETRO.
La Pieve Matrice di San Pietro a Zuglio, in Carnia, è una chiesa antichissima la cui storia è segnata dalle vicissitudini del luogo. L'antica Iulium Carnicum fu la città romana più settentrionale d'Italia e, situata strategicamente in prossimità della grande arteria stradale che da Aquileia portava ad Aguntum (centro del Norico meridionale), fu raggiunta ben presto dalle correnti evangelizzatrici partite da Aquileia.
La chiesa gotica attualmente esistente, fu voluta nel 1312 dal Patriarca di Aquileia, che la fece costruire con un'unica navata e tre altari.
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In un passato ormai lontano la chiesa principale di un paese in Sicilia veniva chiamata la Chiesa "Matrice". Questa via della vecchia Scicli (RG) porta alla antica chiesa di S. Matteo, una volta appunto la chiesa "Matrice" della cittadina. La Chiesa di S. Matteo, pur essendo un antico e pregevole monumento, fu poi abbandonata agli inizi del 900 e lasciata andare in rovina. Attualmente però è in corso un progetto di recupero e restauro con fondi dell'Unione Europea.
Quaranta quartine
Ancora: nero senza fine, nero
come nera matrice di ogni nero,
ma tutta luce, ancora, senza nero
materia della mente e spasmo nero.
La sento la mia vita, me la imparo,
fino al fegato adesso, fino al fiele;
oh nera un tempo enorme senza chiaro,
fedele della notte più infedele.
E’ lungo questo tempo senza fine
il mio cuore senza fine nel tempo.
E’ nero lungo un tempo senza fine
per non morire prima del suo tempo.
Vuota il tuo sacco, su, parla, poetessa:
io fiorisco e disfoglio e rigermoglio
per dare la procura di me stessa
a chi non può o non vuole quel che voglio.
Dicevo: Amore mio, vorrei annegare
nell’acqua chiara dei tuoi occhi chiari,
finire finalmente di aspettare
giovani giorni, cari giorni chiari.
Per me dentro di me oltre la mente
il suo corpo su me come una coltre
ma oltre il corpo in me furiosamente
in me fuori di me oltre per oltre…
Sta’ zitto, cuore. Taci, anima nera.
Ora so quel che c’era da sapere.
Principio di purpurea primavera?
Quattro colpi di cazzo e ho da godere?
Biancore di ossa… bianco dissolvente
grida nel nero… Grido che lo sento:
ma come una struttura della mente,
come la costrizione al godimento.
Poi una lancia di luce sulla faccia…
Chiudi gli occhi, non quelli azzurri!, gli altri,
se l’anello d’acciaio delle braccia
scaglia altro nero dentro gli occhi scaltri.
Superba mendicante dell’amore,
scongiuravo: Fa’ ammenda alla mia fame,
dammelo ogni mio oggi il pane amore,
liberami dai mali, amore. Amen.
Dove sei, gli chiedevo, col mio cuore?
Ho freddo e ho per amante la mia mano
E faccio sogni e sogni di terrore
e non ho tregua qui e invanisco in vano.
Cosa fai, gli chiedevo, col mio cuore?
Quanto disti da me, in linea retta?
Quanti chilometri di batticuore?
Quando mi dai l’amore che mi spetta?
Una boccata di buio? No. Meno.
Nemmeno. Abbocca, carne di carnaio!
Lecca le labbra, vieni, vieni almeno…
Io più in alto di te cado, scompaio…
Così: una e molteplice, infinita
negli insiemi infiniti della mente,
e cripta di reliquie in morte e in vita,
io solo questo so: che non so niente.
Ma l’estasi, ma l’io senza più io?
Da cinquant’anni ormai io chiedo ai cieli
un cuore perpendicolare al mio
e mi arrivano tutti paralleli.
Oh, l’inutilità di questi affanni
la conosco a memoria, inutilmente;
e nel peso degli utili e dei danni
connetto notte a notte e niente a niente.
Al terribile triste unico mondo
far fronte, sempre, fargli sempre guerra!
Seppelliti nel nero fino in fondo
noi nero delle ossa sottoterra…
E anche con lui era come masturbarmi,
mai matura, scentrata e senza centro.
Di grazia, gli chiedevo, vuoi insegnarmi
a venire assieme a te con te dentro?
Dài, maledetto! Amore, dài, sii buono,
rimetti insieme tutte le mie tessere
per farmi essere quella che sono
e che ancora non ho potuto essere.
E così, per la vita dei miei versi,
dagli occhi, dalla gola, dalle ascelle
io riverso su te, tu mi riversi
le nostre solitudini gemelle.
Dicevo: A conto loro, e di noi stessi,
che faremo della vita anteriore
noi insolvibilità con gli interessi
e sempre in credito verso l’amore?
Ci dava la prigione del destino
solo qualche ora d’aria per l’amore
che per destino ha solo il suo declino.
Si aspetta e si riaspetta e poi si muore.
Egoista dai teneri pensieri,
gli chiedevo: Stai bene di salute?
Le fai l’amore, assolvi i tuoi doveri?
Lo metto in conto delle trattenute.
Perché eravamo onesti, responsabili,
non volevamo dare sofferenza.
Pure fra noi e due stronzi, due contabili,
tu vedi forse qualche differenza?
Se amo, sono grande nel mio amore.
Ma lui lo era? Se amava era grande?
Oh scroscianti radiose e nere ore,
state eludendo tutte le domande!
E gli dicevo: Sì, sentire è tutto.
E tutto in me che sente sente te.
Ti sento in me, ti sento fin nel flutto
del tempo-sangue freddo in tutta me.
Guarda guarda, Patrizia la superba
ammette che la mente non è tutto.
Come erba, più umile dell’erba,
mi prema lui, mi falci lui-mio-tutto.
Osceno e sacro l’amore delibera
stessa sede per sé e per gli escrementi.
Se non mi leghi io non sarò mai libera,
né casta mai se tu non mi violenti.
E tu? Sì, grazie. Senti come piove!
Vuoi che ci amiamo in piedi come i cani?
Di qua. Proviamo. A destra. A destra, dove?
Ho freddo, ho fame. E tu? Grazie. A domani.
Ho fantasie auditive, non visive.
Avesse detto mai: Bambina mia,
adesso vedi… E dato direttive:
Apriti stronza, troia… e così via!
Oppure: Questa torta va finita,
ma devi bere… piena la vescica.
Oh, essere imboccata con le dita,
con altre due ficcate nella fica!
Vuoi che ti dica, dunque, tutto il vero?
Il nero se ne fotte che non viva,
che sia perimetro del mio pensiero.
Dimmi: sono una bambina cattiva?
Avrei finto di non avere voglia,
perché a forza mi facesse volere.
Io voglio che tu voglia che io non voglia:
questa è la verità del mio piacere.
Violentami, costringimi a godere,
fendendomi con tutta la tua forza,
e fa’ di me secondo il tuo volere,
sii il mio flagello, dammi fuoco e forza.
E sempre quella mano sulla fronte…
E l’altra lì, così, due dita sole…
E quando fica e testa sono pronte
Riempile di cazzo e di parole.
Poi chiudere anche gli occhi della mente,
mare del nero e faro del mio mare,
e infine via dal nero finalmente
che si dilata e mi lascia passare.
Oh baciami, biancore di tramonto,
fratello senza pace nella fine,
baciami gli occhi chiusi, chiudi il conto
per l’alba della morte senza fine.
Io mi arrendo, congedo i miei soldati,
la mia legione di sogni e di versi.
Combattete per altri disarmati,
vincete in verità, miei sogni in versi.
No, non ancora. Ancora pochi istanti:
per approssimazioni millimetriche
sempre spietatamente equidistanti
le mani buie, le braccia scheletriche…
Eccomi, ancora. Prendimi per mano:
occorre che mi fermi e mi conforti
perché non posso andare più lontano
perché dopo ci sono solo i morti.
Patrizia Valduga
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matrices rojos que vivió por 10 minutos en el cielo y una eternidad en un disparo. #atardecer #cielo #rojo Curanilahue #chile #lateafternoon
Appena entro mi innamoro. Queste lastre di pietra sono appoggiate in terra, in fila, come un lapidario leggerissimo di segni. Chiedo che cosa sono, di chi sono. A Giancarlo si accendono gli occhi mentre mi racconta di Tono Zancanaro che con suo nonno iniziò una colaborazione per una serie infinita di litografie, una più bella dell'altra. Queste sono le matrici.
Qui la biografia di Tono Zancanaro, dove è citata la stamperia.
Ii mio primo video commentato da Totò RIZZUTI:
Praticamente ti trovi in Piazzale Ruggero Lauria per tutti i caltabellottesi: “chianu di la matrici “ da sempre.
In questo ampio spazio si svolge, da sempre, “lu ‘ncontru “ cioè l’incontro, tra la madonna e il crocifisso per la “festa di la madonna”, che un tempo si svolgeva a fine maggio e che da una ventina d’anni si svolge a fine luglio per permettere la partecipazione degli emigranti che tornano per le vacanze;
video.sky.it/news/cronaca/caltabellotta-il-rito-per-la-ma... (Caltabellotta, il rito per la Madonna dei miracoli - 31 luglio 2019)
e a Pasqua, tra la madonna, il cristo risorto e L’arcangelo Michele, che fanno ballare come un invasato per la gioia che cristo è risorto e per essere lui il mediatore dell’incontro. Dopo detto incontro avviene la processione lungo tutto il paese, che si svolge dalla sera fino a quasi l’indomani mattina, con la classica conclusione dei fuochi d’artificio.
www.youtube.com/watch?v=5IpuAtCogyA&list=PL9DD76BEE97... ('Ncontru di Pasqua - 5 Aprile 2010)
Quella pietra particolare dell’inizio del video non ha un nome preciso ma è diventata il simbolo del paese per la sua particolare bellezza, anche del paesaggio in cui si staglia.
La grande valle nello sfondo comprende diverse contrade, ma noi la intendiamo coma “lavanchi” o “mancusi”, dove per lavanchi si intende valanghe, per i terreni molto scoscesi anche se fertili, e per mancusi si intende che tutta la vallata è esposta a nord, non “‘nfacci suli”, cioè non esposta a sud.
Il costolone roccioso che si eleva in alto a destra della cattedrale (a sinistra per chi guarda), lo intendiamo come “lu casteddu vecchiu”, cioè il castello vecchio, poiché vi si trovano resti di mura antichissime.
A sinistra della cattedrale (per noi matrici) si trovavano resti di basi di casa scavate nella roccia, che alcuni fanno risalire al medioevo, altri a periodi più antichi, per i quali potrebbe essere il sito della mitica kamico, la città del re Kokalos, dove si sarebbe rifugiato Dedalo dopo essere fuggito da Creta.
Infine, al termine del vero, inquadri il caratteristico “pizzu”, che i caltabellottesi intendiamo più come “lu casteddu”, infatti si può ammirare ancora la torre diroccata con il bel portale d’ingresso.
Non so se tu l’hai già fatto, ma si può salire anche in cima al pizzo, da dove si può ammirare un paesaggio mozza fiato a 360 gradi, dal quale, con giornate particolarmente terse, si vede persino l’Etna.
La chiesetta in basso rispetto al pizzo è la chiesa (sconsacrata) del Salvatore, col bellissimo portale del ‘400, che avrai sicuramente ammirato e fotografato.
Ma voglio concludere con una piccola chicca che ti incuriosirà sicuramente: nel punto preciso da cui hai fatto la ripresa si affacciavano, fino a una settantina di anni fa, le vecchie madri, le mogli, le sorelle e le congiunte varie, di persone scomparse (in guerra o per altre deducibili cause), che tardavano a ritornare o non tornavano più per sempre. Queste donne, ammantate nei loro vestiti a lutto, gridavano rivolte verso la valle, chiamando il loro congiunto e chiedendogli se e quando tornava. A volte tornavano a casa rincuorate per aver sentito una voce lontana che le prometteva il ritorno. Voci che, ovviamente, provenivano da qualche contadino, che dalla grande vallata sottostante le illudeva di qualche speranza. Un gioco che le stesse richiedenti accettavano, quando erano più smaliziate; ma la maggior parte si illudevano davvero che a rispondere fosse la voce dello scomparso. Tutto questo veniva inteso come “li segni di Santa Marta”.
Un rituale, comunque, di grande suggestione e di grande drammaticità, suggestionava anche i più scettici, come me.
Dico questo perché ho provato davvero una grande emozione quando, per la prima volta, una trentina di anni fa, mi è capitato di vedere uno straordinario documentario sul tema, fatto dal grande Sergio Zavoli, credo verso la fine degli anni cinquanta.
Se cerchi su “Rai Storia” può darsi che lo trovi, più volte mi è capitato di vederlo su quel canale, e ogni volta è stata una grande emozione. "
Avevo già visto il servizio di Zavoli e lo trovai davvero emozionante.
Oggi purtroppo il servizio non è più in rete ma ho trovato questo video:
"Cantu pi tìa, uno dei brani di Disìu, testo e musica di Ezio Noto. Il dialetto siciliano, caltabellottese incontra le musiche del mondo. Le immagini scelte sono dell'archivio Rai, e sono state realizzate a Caltabellotta nei primi anni sessanta, un servizio di Sergio Zavoli "Li Signi di Santa Marta". Le donne che gridano, invocano, interrogano dalla rupe Gogala di Caltabellotta e chiedono notizie che loro interpretano, traducono attraverso segni, rumori. Vogliono sapere dei loro cari, emigrati, partiti per cercare pane, lavoro o per la guerra e mai più tornati. Cantano per loro."
THE MATRICAL FLIGHT OF LUMINOUS SPHERES / THE FINAL / CHRISTELLE GEISER & AEON VON ZARK / NAKED EYE PROJECT BIENNE / ALTERED STATE SERIE / THE WEIRD DREAM / PORTRAIT.
This pic was taken a high school farewell event. This portrait captures her poise very well and wish I could have taken more but time was an issue. D810 and Zeiss apo sonnar T 2/135
Matrice des oeufs. : Ils sont pondus en groupes de 50 à 200 sur la face inférieure de feuilles d’ortie dioïque. Ils sont verts avec 8 cotes longitudinales et mesurent environ 1 mm de diamètre. La chenille à l’éclosion mesure 3 mm, elle est blanc verdâtre avec la capsule céphalique noir-brillant.
TRIVIA
--mine..
--my pic there was terrible..!
--it has been with me for like 2 years already..
--most students change the lanyard for the colorful and fancy ones..
--have to pay RM30 (if im not mistaken) if u lost it..
--the most important thing to have if ure UTPian..why?
1,cuz u will kena saman by the pak guard if u forgot to bring it when entering UTP compound.
2,u wont be able to get into IRC(library).
3, u cant sit final exam without it!!
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La Matrice (Assunta) Erice Sicilia eretta nel 1314.
Il protiro gotico davanti allo straordinario portale ogivale.
L'esterno è stato più volte rimaneggiato e, dello stile originario, sono rimasti soltanto i due portali. Il bel rosone è oggi parzialmente nascosto da un portico gotico aggiunto un secolo più tardi.
Secondo me le matrici sono la cosa più bella nelle tecniche di stampa. È un lavoro che passa più volte dalla testa, alle mani, agli occhi, al disegno che viene fuori sempre un po' diverso. Acquista un andamento proprio, forse una vita sua.
Il segno è la base di tutta la pittura, di qualsiasi genere e tipo, di qualsiasi momento, serale o mattutino, arcaico o recente. E al tempo stesso è completamente diverso dalla pittura.
Senza segni non siamo.
Ha ragione Giancarlo Busato, la matrice non si cancella. Basta fidarsi tutti: artista, stampatore, compratore. Un po' più umano.
Nella xilografia il segno è anche una bella fatica. Bella. Con il linoleum è un po' più facile.
Qui a destra la matrice del secondo e ultimo passaggio, quello con l'inchiostro nero.
A sinistra la matrice del primo passaggio, con l'inchiostro rosso.
Ah, anche i rulli e gli inchiostri sono bellissimi, viene voglia di leccarli.
Scusate la lunghezza, ma quando ce vo' ce vo'.
√ Matrice CB - Chiesa di S. Maria della Strada, terza domenica di novembre. Il tempo fugge più veloce del solito oggi, mentre tutt'intorno il silenzio sembra avvolgere qualunque cosa, anche il sole che se ne sta appartato.
My son's Matric Farewell tonight. Not sure what it is in other parts of the world, but it is the school-leaving celebration.
In september they write their final exams and then they are let loose to the world..
Leaving for Switzerland tomorrow, until later..
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