Foto 1 - La fiesta de la vida
Capitolo 2: LA FIESTA DE LA VIDA
Album completo: www.flickr.com/photos/stefanoparadossi/sets/7215765104047...
Ricordi affiorano nella mente, ne sento i profumi dolci come nettare. Fotogrammi di vita scorrono davanti agli occhi socchiusi... mi cercano... mi parlano.
Corse nei campi, tra l'odore dell'erba al calar del sole. L'aria, immobile, aspetta la notte per addormentarsi serena.
Calura insopportabile... si sente una radio lontana... sogni da realizzare senza fretta.
Tutto torna a rivivere... velato... nello splendore di un languido bianco e nero.
Così, da una nube di polvere, ecco comparire il lattaio sul suo furgoncino grigio, quanti ramaioli ne ho bevuti di quel latte, Dio solo lo sa.
Mi diceva: “bimbo bevi, fa bono”! Era ancora tiepido, denso... una delizia.
E che dire del gelataio sul triciclo annunciato dal suono festoso della campanella. Che bello, che gioia per noi ragazzi. Tre, dicasi tre, erano i gusti, molto poco assortiti.
Ancora meno, le palline di gelato nel cono, solo due. Ora capisco... era una tattica raffinata, mannaggia a lui.
Tutte le volte, era uno struggersi dall'imbarazzo per scartarne uno di questi benedetti gusti.
Allora, oggi cioccolata e... e... crema... crema sì.
“Bene giovanotto” esclamava sorridendo sotto i baffi grigi.
Non ci crederete, un po' di pistacchio, magicamente, spuntava sempre, proprio come una ciliegina sulla torta. E via, strizzatina d'occhio con scappellotto annesso. Quanta paterna complicità nei suoi occhi umidi. Eravamo i suoi ragazzi, lui, in fondo, un po' nostro padre.
Ora è tutto chiaro, preciso. Il ricordo è improvvisamente sgorgato dalla mente, non c'è incertezza, i dettagli si materializzano con facilità, ed è un incedere impetuoso.
Provo un piacere indicibile, tutto è immerso in una luce accecante, irreale... che nostalgia. Volo, ed è un viaggio fantastico ai confini del tempo... un viaggio dentro me.
Sì, ecco, sull'angolo, una vecchina sbilenca impagliare sedie, più avanti, l'arrotino affilare coltelli, con la mola ad acqua. Cecco, era un uomo schivo, non voleva nessuno tra i piedi. “Pedala, pedala” gli urlavamo da dietro il muretto.
Ricordo, lavorava e cantava, cantava e imprecava. Ogni tanto rompeva gli indugi.
“Vado viaaa... vado viaaa”!
Una mattina di maggio lo fece, ma non fu proprio una sua decisione, se ne andò a pedalare in cielo, pace all'anima sua.
Sul terreno, macchie d'olio come lacrime lucenti, ci ricordarono per anni la sua presenza. E pensare che la mattina, su quel muretto, quasi sempre, c'erano dei dolcetti racchiusi con cura nella carta gialla, infiocchettata con un filo sottile di rafia. Erano per noi... che ingrati. Grazie Cecco... te lo devo.
Sere tiepide, piene di gioia, con complici amici, a parlare... a ridere... a sognare. In mano, un pugno di caramelle, nel cuore, la paura ed il fascino del domani, negli occhi, la scintilla della vita. Piccole cose svanite... distanti anni luce... eppure... eppure io, le rammento come fosse ieri.
Ricordo le scorrazzate in bici, a caso per le vie, con la carta da gioco a rombare nei raggi delle ruote. "Arrivo prima io"! La posta in palio era il primato, poi, alla prima difficoltà dell'altro... fermarsi di colpo. "Dai ti aspetto! Siamo insieme o no”?
Mi rivedo tra i banchi logori delle elementari, con il calamaio a destra, io che sono mancino, combinare, immaginatevelo, pastrocchi indicibili scrivendo paginate di noiosissime aste. Il tutto incorniciato, ovunque, da macchie d'inchiostro, nero come la pece. Credetemi, un bombardamento a tappeto.
Ricordo il grembiule, per fortuna, rigorosamente nero, con su un fiocco blu, quasi sempre sciolto, che penzolava come una bandiera in assenza di vento.
Tornar bambino è come addolcire tutte le delusioni che sto vivendo, cercarmi dentro, ricordare da dove vengo e saper cogliere il senso della vita.
Per questo, Cuba, mi ricorda così tanto la mia semplice e spensierata infanzia, dove, non importava "avere" ma "essere".
Dove le giornate scorrevano lente, piene di piccolissime e magnifiche cose insignificanti.
Adesso lotto contro i mostri, da bambino… non li ho nemmeno mai sognati.
Il senso della vita, per me, è questo.
Aiutarsi per raggiungere un obiettivo sostenibile, emozionarsi ancora per un tramonto struggente.
Trascorrere serate con amici, a raccontarsi, ascoltando buona musica. Vivere onestamente, ringraziando il Signore di esistere.
Queste cose io lo viste a Cuba, le ho fotografate con gli occhi di un bambino, curioso, entusiasta... instancabile, nella voglia di carpire fotogrammi significativi nel tentativo, spero riuscito, di far vedere, agli occhi di tutti, come si può vivere felici, con poco, e urlare, al mondo intero:
“Com’è bella la fiesta de la vida”.
Foto 1 - La fiesta de la vida
Capitolo 2: LA FIESTA DE LA VIDA
Album completo: www.flickr.com/photos/stefanoparadossi/sets/7215765104047...
Ricordi affiorano nella mente, ne sento i profumi dolci come nettare. Fotogrammi di vita scorrono davanti agli occhi socchiusi... mi cercano... mi parlano.
Corse nei campi, tra l'odore dell'erba al calar del sole. L'aria, immobile, aspetta la notte per addormentarsi serena.
Calura insopportabile... si sente una radio lontana... sogni da realizzare senza fretta.
Tutto torna a rivivere... velato... nello splendore di un languido bianco e nero.
Così, da una nube di polvere, ecco comparire il lattaio sul suo furgoncino grigio, quanti ramaioli ne ho bevuti di quel latte, Dio solo lo sa.
Mi diceva: “bimbo bevi, fa bono”! Era ancora tiepido, denso... una delizia.
E che dire del gelataio sul triciclo annunciato dal suono festoso della campanella. Che bello, che gioia per noi ragazzi. Tre, dicasi tre, erano i gusti, molto poco assortiti.
Ancora meno, le palline di gelato nel cono, solo due. Ora capisco... era una tattica raffinata, mannaggia a lui.
Tutte le volte, era uno struggersi dall'imbarazzo per scartarne uno di questi benedetti gusti.
Allora, oggi cioccolata e... e... crema... crema sì.
“Bene giovanotto” esclamava sorridendo sotto i baffi grigi.
Non ci crederete, un po' di pistacchio, magicamente, spuntava sempre, proprio come una ciliegina sulla torta. E via, strizzatina d'occhio con scappellotto annesso. Quanta paterna complicità nei suoi occhi umidi. Eravamo i suoi ragazzi, lui, in fondo, un po' nostro padre.
Ora è tutto chiaro, preciso. Il ricordo è improvvisamente sgorgato dalla mente, non c'è incertezza, i dettagli si materializzano con facilità, ed è un incedere impetuoso.
Provo un piacere indicibile, tutto è immerso in una luce accecante, irreale... che nostalgia. Volo, ed è un viaggio fantastico ai confini del tempo... un viaggio dentro me.
Sì, ecco, sull'angolo, una vecchina sbilenca impagliare sedie, più avanti, l'arrotino affilare coltelli, con la mola ad acqua. Cecco, era un uomo schivo, non voleva nessuno tra i piedi. “Pedala, pedala” gli urlavamo da dietro il muretto.
Ricordo, lavorava e cantava, cantava e imprecava. Ogni tanto rompeva gli indugi.
“Vado viaaa... vado viaaa”!
Una mattina di maggio lo fece, ma non fu proprio una sua decisione, se ne andò a pedalare in cielo, pace all'anima sua.
Sul terreno, macchie d'olio come lacrime lucenti, ci ricordarono per anni la sua presenza. E pensare che la mattina, su quel muretto, quasi sempre, c'erano dei dolcetti racchiusi con cura nella carta gialla, infiocchettata con un filo sottile di rafia. Erano per noi... che ingrati. Grazie Cecco... te lo devo.
Sere tiepide, piene di gioia, con complici amici, a parlare... a ridere... a sognare. In mano, un pugno di caramelle, nel cuore, la paura ed il fascino del domani, negli occhi, la scintilla della vita. Piccole cose svanite... distanti anni luce... eppure... eppure io, le rammento come fosse ieri.
Ricordo le scorrazzate in bici, a caso per le vie, con la carta da gioco a rombare nei raggi delle ruote. "Arrivo prima io"! La posta in palio era il primato, poi, alla prima difficoltà dell'altro... fermarsi di colpo. "Dai ti aspetto! Siamo insieme o no”?
Mi rivedo tra i banchi logori delle elementari, con il calamaio a destra, io che sono mancino, combinare, immaginatevelo, pastrocchi indicibili scrivendo paginate di noiosissime aste. Il tutto incorniciato, ovunque, da macchie d'inchiostro, nero come la pece. Credetemi, un bombardamento a tappeto.
Ricordo il grembiule, per fortuna, rigorosamente nero, con su un fiocco blu, quasi sempre sciolto, che penzolava come una bandiera in assenza di vento.
Tornar bambino è come addolcire tutte le delusioni che sto vivendo, cercarmi dentro, ricordare da dove vengo e saper cogliere il senso della vita.
Per questo, Cuba, mi ricorda così tanto la mia semplice e spensierata infanzia, dove, non importava "avere" ma "essere".
Dove le giornate scorrevano lente, piene di piccolissime e magnifiche cose insignificanti.
Adesso lotto contro i mostri, da bambino… non li ho nemmeno mai sognati.
Il senso della vita, per me, è questo.
Aiutarsi per raggiungere un obiettivo sostenibile, emozionarsi ancora per un tramonto struggente.
Trascorrere serate con amici, a raccontarsi, ascoltando buona musica. Vivere onestamente, ringraziando il Signore di esistere.
Queste cose io lo viste a Cuba, le ho fotografate con gli occhi di un bambino, curioso, entusiasta... instancabile, nella voglia di carpire fotogrammi significativi nel tentativo, spero riuscito, di far vedere, agli occhi di tutti, come si può vivere felici, con poco, e urlare, al mondo intero:
“Com’è bella la fiesta de la vida”.