FOTO 1 - Buonanotte, L'Avana - la fiesta de la vida
Capitolo 4: BUONANOTTE, L'AVANA
Tela eseguita con colori acrilici - Habana vieja
Album completo: www.flickr.com/photos/stefanoparadossi/sets/7215765188719...
BUONA NOTTE L'AVANA
Si desta la città, mentre a occidente, ancora qualche stella punteggia il cielo.
Le flebili lampade, fanno a gara per resistere alla notte trascorsa.
Ho dormito poco... forse per il fuso orario, forse per l'eccitazione di essere qua. Ad essere sinceri sino in fondo, più che altro, la colpa è del letto, mi ricorda quei vecchi materassi in vegetale della nonna, non credevo esistessero ancora. Mi accorgo di vivere un'esperienza già vissuta, è un Déjà vu bello e buono... la cosa mi affascina e m'inquieta. Mi trovo in una "casa particular" all'Avana, insieme a mia moglie ed un’altra coppia di amici.
E' un appartamento signorile, di un medico, almeno credo, mi ricorda in modo impressionante, casa di zia Ultima, in via di Pratale, quando ero piccolo.
Ieri sera, non mi ero accorto di nulla, tanto ero frastornato dal viaggio... adesso gli occhi si aprono ed è... IERI... che dico ieri, anni fa... mooolti anni fa. Aprendo la finestra, l'odore intenso della strada, penetra tra le tende in lino, facendole dolcemente ondeggiare.
Il profumo del pane fresco, si mischia ad altri sconosciuti. Sogno o son desto, nel corridoio una pendola rintocca sette volte, è incredibile, l'ultima volta che ho sentito questo suono, ero proprio a casa di zia Ultima, non vi dico in che anno, diciamo, nell'altro secolo.
Mi affaccio, ed una sberla di salmastro mi sveglia del tutto. No, non sto sognando... li per li, un po' me ne dispiace... ma, per fortuna, quel ricciolo di mare la in fondo alla via, mi rincuora.
Poi, d'incanto, il sole inonda le strade logore, già pulsanti di vita brulicante.
Una bella colazione a casa, mi conferma, se ancora ce n'era bisogno, che qua, la musica, è decisamente diversa. Mi arrendo... beh... andiamolo a vedere questo mondo che scorre così fluido, così lento, come un cucchiaio di miele dolcissimo, giù per la gola.
Scendo i gradini a due a due, sbucando d'impeto sul marciapiede, per poco, non travolgo un passante. Non c'è male, cominciamo bene.
M'incammino, ed è come aprire un vecchio scrigno, ricolmo d'umanità.
Felice, vedo bambini giocare ovunque, permeando i vicoli scrostati, in oasi di felicità. I loro strilli gioiosi, mi sciolgono… come gelato al sole. Ma... tra quei piccoli... per caso, non è che ci sono anch'io? Magari... non ci crederete, per un attimo, mi son visto tra loro, sorridere e saltare, con i ginocchi sbucciati, e la maglietta sporca di fango.
Sono in estasi, e, come nulla, semino mia moglie tra i vicoli maleodoranti. Un classico, che mi contraddistingue, quando il reale, non lega col battito del cuore…
Proseguo, con la fotocamera, rubo sguardi dolci e remissivi di chi vive solo per arrivare alla sera... poi... poi si vedrà.
Volti pieni di rughe, volti intrisi di dolcezza, di candido, disincantato quieto vivere. L'orologio? E' un optional, l'importante è arrivare, non importa quando. Sono esterrefatto, tutto scivola via, disegnando quadretti tenerissimi, ormai, rari dalle nostre parti. Persino il respiro si adegua, ora è lieve, prolungato, come a voler sospendere per l'aria, attimi irripetibili.
L'architettura coloniale ti avvolge, come sa farlo una madre premurosa, niente ti opprime, anzi, ti culla, ti fa star bene, e vaghi senza meta, per il piacere di farlo. La gente che incontro, mi fa tenerezza. In un certo qual modo, mi stupisce.
Noi, così avanti, così emancipati, eppure, per strada, così soli, così spauriti... così fragili.
Qui, per contraltare, vedo gente aiutarsi, lottare, piangere e soprattutto ridere, cantare, con gli occhi pieni di luce.
Che strano, non provo più l'inquietudine che da mesi mi attanaglia, sono dall'altra parte del mondo, e mi sento a casa.
Tutto scorre immerso in un tempo che fu... m'inebria, mi allevia l'ansia, sino ad un fermo immagine, zeppo di sensazioni corroboranti.
Lo so, non è per nulla semplice descrivere cosa provo, comunque sia, sarà sempre poco, bisogna viverle queste emozioni, bisogna esserci.
Mi riavvio verso casa, con la mente che fluttua su una nuvola, ed i piedi, pesanti come pietre, non m'importa, qui, oggi, ho capito molte cose.
Saprò farne tesoro?
State tranquilli, credo proprio di sì, ho imparato da questa gente meravigliosa, così tanto, da riempire un sogno intero.
La sera giungerà di nuovo, e con essa, il torpore del sonno... Anche per oggi è andata, forse, senza infamia e senza lode, di sicuro, con grande dignità ed amore nei confronti della vita. Buona notte L'Avana... ti sognerò.
FOTO 1 - Buonanotte, L'Avana - la fiesta de la vida
Capitolo 4: BUONANOTTE, L'AVANA
Tela eseguita con colori acrilici - Habana vieja
Album completo: www.flickr.com/photos/stefanoparadossi/sets/7215765188719...
BUONA NOTTE L'AVANA
Si desta la città, mentre a occidente, ancora qualche stella punteggia il cielo.
Le flebili lampade, fanno a gara per resistere alla notte trascorsa.
Ho dormito poco... forse per il fuso orario, forse per l'eccitazione di essere qua. Ad essere sinceri sino in fondo, più che altro, la colpa è del letto, mi ricorda quei vecchi materassi in vegetale della nonna, non credevo esistessero ancora. Mi accorgo di vivere un'esperienza già vissuta, è un Déjà vu bello e buono... la cosa mi affascina e m'inquieta. Mi trovo in una "casa particular" all'Avana, insieme a mia moglie ed un’altra coppia di amici.
E' un appartamento signorile, di un medico, almeno credo, mi ricorda in modo impressionante, casa di zia Ultima, in via di Pratale, quando ero piccolo.
Ieri sera, non mi ero accorto di nulla, tanto ero frastornato dal viaggio... adesso gli occhi si aprono ed è... IERI... che dico ieri, anni fa... mooolti anni fa. Aprendo la finestra, l'odore intenso della strada, penetra tra le tende in lino, facendole dolcemente ondeggiare.
Il profumo del pane fresco, si mischia ad altri sconosciuti. Sogno o son desto, nel corridoio una pendola rintocca sette volte, è incredibile, l'ultima volta che ho sentito questo suono, ero proprio a casa di zia Ultima, non vi dico in che anno, diciamo, nell'altro secolo.
Mi affaccio, ed una sberla di salmastro mi sveglia del tutto. No, non sto sognando... li per li, un po' me ne dispiace... ma, per fortuna, quel ricciolo di mare la in fondo alla via, mi rincuora.
Poi, d'incanto, il sole inonda le strade logore, già pulsanti di vita brulicante.
Una bella colazione a casa, mi conferma, se ancora ce n'era bisogno, che qua, la musica, è decisamente diversa. Mi arrendo... beh... andiamolo a vedere questo mondo che scorre così fluido, così lento, come un cucchiaio di miele dolcissimo, giù per la gola.
Scendo i gradini a due a due, sbucando d'impeto sul marciapiede, per poco, non travolgo un passante. Non c'è male, cominciamo bene.
M'incammino, ed è come aprire un vecchio scrigno, ricolmo d'umanità.
Felice, vedo bambini giocare ovunque, permeando i vicoli scrostati, in oasi di felicità. I loro strilli gioiosi, mi sciolgono… come gelato al sole. Ma... tra quei piccoli... per caso, non è che ci sono anch'io? Magari... non ci crederete, per un attimo, mi son visto tra loro, sorridere e saltare, con i ginocchi sbucciati, e la maglietta sporca di fango.
Sono in estasi, e, come nulla, semino mia moglie tra i vicoli maleodoranti. Un classico, che mi contraddistingue, quando il reale, non lega col battito del cuore…
Proseguo, con la fotocamera, rubo sguardi dolci e remissivi di chi vive solo per arrivare alla sera... poi... poi si vedrà.
Volti pieni di rughe, volti intrisi di dolcezza, di candido, disincantato quieto vivere. L'orologio? E' un optional, l'importante è arrivare, non importa quando. Sono esterrefatto, tutto scivola via, disegnando quadretti tenerissimi, ormai, rari dalle nostre parti. Persino il respiro si adegua, ora è lieve, prolungato, come a voler sospendere per l'aria, attimi irripetibili.
L'architettura coloniale ti avvolge, come sa farlo una madre premurosa, niente ti opprime, anzi, ti culla, ti fa star bene, e vaghi senza meta, per il piacere di farlo. La gente che incontro, mi fa tenerezza. In un certo qual modo, mi stupisce.
Noi, così avanti, così emancipati, eppure, per strada, così soli, così spauriti... così fragili.
Qui, per contraltare, vedo gente aiutarsi, lottare, piangere e soprattutto ridere, cantare, con gli occhi pieni di luce.
Che strano, non provo più l'inquietudine che da mesi mi attanaglia, sono dall'altra parte del mondo, e mi sento a casa.
Tutto scorre immerso in un tempo che fu... m'inebria, mi allevia l'ansia, sino ad un fermo immagine, zeppo di sensazioni corroboranti.
Lo so, non è per nulla semplice descrivere cosa provo, comunque sia, sarà sempre poco, bisogna viverle queste emozioni, bisogna esserci.
Mi riavvio verso casa, con la mente che fluttua su una nuvola, ed i piedi, pesanti come pietre, non m'importa, qui, oggi, ho capito molte cose.
Saprò farne tesoro?
State tranquilli, credo proprio di sì, ho imparato da questa gente meravigliosa, così tanto, da riempire un sogno intero.
La sera giungerà di nuovo, e con essa, il torpore del sonno... Anche per oggi è andata, forse, senza infamia e senza lode, di sicuro, con grande dignità ed amore nei confronti della vita. Buona notte L'Avana... ti sognerò.