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I servizi sociali dovranno decidere quanto prima se continuare a offrire sicurezza sociale alle persone attraverso funzioni di tipo materiale o razionale (prestazioni) o realizzare anche, opportunità di concreto benessere relazionale. Per benessere relazionale s’intende la necessità di sviluppare, per i cittadini/utenti, progetti base di tipo globale o multidimensionale in grado di migliorare la qualità di vita complessiva delle persone, tenendo conto dei loro desideri, attese, speranze e bisogni specifici.

E ciò sarà possibile se l’impegno pubblico dimostrerà di saper costruire, insieme alle iniziative dell’associazionismo e del volontariato, una nuova cultura della solidarietà e dell’aggregazione.

Tutti sappiamo ormai che scelte di politica sociale di tipo prevalentemente assistenzialistico o riparatorio comportano spese enormi e in continua espansione e rinforzano, nell’immaginario della gente, un comportamento di deresponsabilizzazione di fronte a qualsiasi tipo di problema. L’idea che prevale, infatti, è che debba essere sempre “qualcun altro” a farsi carico dei problemi.

In questi ultimi anni l'intervento pubblico è stato caratterizzato da risposte quasi prevalentemente dirette a categorie di bisogni, attraverso l’offerta di servizi specialistici, troppo spesso slegati dalla vera complessità e globalità delle problematiche sociali. All'interno di questa dimensione operativa tutto ciò è servito senz'altro per categorizzare le prestazioni, per offrire agli operatori sociali conoscenze professionali sempre più approfondite e per consentire anche alle persone portatrici di disagio di affidarsi con certezza e sicurezza alle cure di strutture molto specializzate e preparate professionalmente.

Queste dualità, "professionalità - metodologia" "fiducia - aspettative" e "specializzazione -

bisogno", hanno contraddistinto in tutti questi anni il rapporto delle istituzioni verso il mondo esterno e il tipo di scelta organizzativa centrata di più sulla netta separazione e specializzazione degli interventi, distinti tra loro per le risposte offerte e per le diverse progettualità affrontate, e frammentando così di fatto le risposte da dare a problemi diversi ma comunque simili o connessi tra loro.

Non si può assolutamente dire che risposte importanti non ve ne siano state. Anzi, tutt'altro. Ma bisogna avere il coraggio di affermare che questi modelli organizzativi, oltre che ad aver contribuito alla crisi finanziaria dello stato sociale per l'elevato costo delle prestazioni offerte dai servizi stessi, non è riuscita ad adattarsi fino in fondo alle caratteristiche e alle esigenze individuali e particolari del singolo soggetto portatore di bisogni. Tutto ciò ha generato nei servizi una propria autoreferenziale efficienza ed efficacia operativa, a scapito a volte dell'umanizzazione dell’intervento e della comprensione vera del problema. A un aumento di tecnicità negli interventi (comunque necessari) non sempre è corrisposto un adeguamento degli stessi alle esigenze, anch'esse sempre in crescita, di risposte più vicine agli aspetti emozionali, affettivi o socializzanti delle persone.

“Le organizzazioni mostrano nel tempo la tendenza a una diminuzione della sensibilità verso i bisogni dei fruitori, perché tendono a specializzare all’eccesso il loro personale e le loro attività per soddisfare in modo efficiente i vecchi bisogni”

Tutto ciò può essere migliorato attraverso un sostanziale lavoro di messa in rete e di

coinvolgimento delle varie risorse, formali ed informali, presenti sul territorio. Grazie alle loro attività, libere e spontanee, si possono offrire un maggior ventaglio di risposte, capire da più punti di vista il significato dell’emarginazione o del disagio, offrire quella giusta umanità necessaria per ridare dignità alle persone, offrire ulteriori risposte complementari a quelle già erogate dai servizi professionali. Questo modo nuovo di agire può servire per aiutare il cittadino a non dover solo chiedere aiuto e consumare prestazioni, ma a farlo diventare attore principale e produttore, per sé e per gli altri, di benessere sociale. Quindi non solo interventi sul disagio o sulla patologia, ma azioni di miglioramento generale delle condizioni di vita del cittadino e del suo ecosistema.

 

 

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Uploaded on March 11, 2009
Taken on March 7, 2009