Poiatti
Raid fascista a Roma
Da Liberazione
Squadristi in città
con spranghe e coltelli
Paolo Persichetti
Allarmi siam fascisti... Era negli anni venti lo slogan delle squadracce nere all'attacco delle case del popolo, delle camere del lavoro, delle sedi dei partiti del movimento operaio e della lega delle cooperative, devastate, bruciate, chiuse con la forza. Qualcosa del genere sta tornando in Italia?
La domanda ha raggiunto recentemente l'onore delle cronache grazie ad un articolo di Asor Rosa che ha fatto scorrere un po' d'inchiostro. Il professore però non si riferiva alla violenza squadristica. Il suo ragionamento era più complesso. Si trattava di un drastico giudizio di valore sulla destra politica attuale, da lui ritenuta peggiore del fascismo perchè priva del progetto di società che l'ideale "totalitario" fascista conteneva. Secondo Asor Rosa la destra attuale, sommatoria di spinte diverse e contraddittorie, offre uno spettacolo decadente. Nel fascismo c'era una risposta alla terribile crisi che aveva travolto il vecchio mondo liberale. Una modernizzazione autoritaria dell'economia, una nazionalizzazione totalitaria delle masse. Visione tragica, dittatoriale, ma pur sempre visione. Oggi forse presente, ma solo in rapidi squarci, in qualche trovata di Tremonti. Altri hanno preferito ricorrere a formule nuove: c'è chi ha scelto regime dolce.
Il filoso Alain Badiou ha parlato di petenismo trascendentale a proposito del sarkozismo. In realtà c'è che è venuto meno è l'antifascismo. L'effetto domino provocato dalla caduta del muro di Berlino ha ridato forza all'anticomunismo e reso evanescente l'antifascismo. A seppellire definitivamente "l'arco costituzionale", cioè quel complesso di forze politiche che avevano partecipato alla fondazione della repubblica e alla scrittura del compromesso costituzionale, è stato l'attacco delle procure della repubblica in nome di un giustizialismo populista e di un emergenzialismo penale che ha sdoganato la destra. La vecchia destra neofascista uscita definitivamente dall'angolo, liberata dai complessi del minoritarismo e del reducismo storico e "obbligata" così a divenire destra europea, destra di governo. Altre destre sono apparse dalle pieghe del territorio, dalle valli del Nord. Destre identitarie, rancorose.
Va detto che a questo bel risultato ha largamente contribuito il "partito storico dei giudici", cioè quel Pci-Pds-Ds-Pd che della via penale alla politica e dell'alleanza con le procure aveva fatto l'asse centrale della sua strategia. Ma questa è un'altra storia che andrà prima o poi raccontata.
La fine dell'antifascismo ha prodotto l'effetto "zoo liberato". Si sono aperte le gabbie, o forse scoperte le pattumiere, insomma sono riemersi dalla storia chincaglierie, cimeli, reliquie che sopravvivevano nelle catacombe del paese. Ma poi si è scoperto che tanto catacombe non erano. La costruzione del sistema politico bipolare, l'introduzione del maggioritario ha fatto il resto. Per vincere ogni voto era buono. Berlusconi è stato il più abile e spregiudicato. Ha messo insieme tutto ciò che esisteva a destra e alla sua destra comprando, finanziando apertamente o sottotraccia.
La destra ha persino messo fine ai suoi anni di piombo. Ha messo fuori tutti (meno due o tre) i militanti dei suoi gruppi eversivi, alcuni li ha arruolati, altri eletti. E' questo contesto politico che ha rilegittimato valori del passato prerepubblicano e preantifascista e ridato alla violenza politica proveniente da destra una nuova legittimazione sociale che si traduce in disattenzione, sottovalutazione se non comprensione e connivenza. Forse altri Novecento sono finiti ma quel Novecento là c'è ancora e ha superato il giro di boa, tanto che dal 2000 si registrano 2 morti, due giovani di sinistra uccisi da mani fasciste. Chi contesta queste etichette, lo fa in nome di una rappresentazione della politica che non c'è più. Nessuno tra gli aggressori, come tra gli aggrediti, ha più tessere politiche in tasca perchè le forme della partecipazione sono cambiate.
Alla vecchie sedi si sono sostituiti i centri sociali, le occupazioni non conformi, le curve degli stadi. Sono cambiati i luoghi di aggregazione ed anche la fisionomia della partecipazione. Tutto è più confuso e approssimativo, le idee sono anche più rozze ma le coltellate sono vere, le lame di puro acciaio e il sangue non è pomodoro. Davide Cesare (Dax) e Renato Biagetti sono stati uccisi nel 2003 e nel 2006. Dal 2005 almeno 262 le aggressioni recensite attribuibili alla destra: 88 attacchi a sedi e centri sociali di sinistra; 76 aggressioni razziste e 98 gli atti vandalici. Senza dimenticare Carlo Giuliani e Federico Aldovrandi. Anch'essi da annoverare in questa tragica contabilità. Vittime di un clima di violenza che è tornata pratica diffusa negli apparati di polizia, come i fatti di Genova del 2001 hanno dimostrato al mondo intero.
L'Unità
Raid fascista a Roma, le famiglie: per noi non c'è giustizia
Rachele Gonnelli
Non hanno ancora sporto denuncia i tre ragazzi aggrediti a Roma nella notte tra venerdì e sabato al ritorno da una manifestazione in ricordo dell’uccisione di Renato Biagetti, ucciso da un gruppetto di fascisti all’uscita da una discoteca a Focene. Al centro sociale Pirateria di Porta, dove l'aggressione di venerdì scorso è avvenuta, c'è una grande scritta che ricorda proprio Renato. Ed è lì che i tre amici dopo la commemorazione si erano fermati a bere un bicchiere e parlare prima di tornare a casa. È lì che hanno rischiao di subire la stessa sorte. Aggrediti da dei fascistelli.
F.B., 28 anni, il ragazzo ricoverato con uno squarcio di 15 centimetri in una gamba, risultato di una delle tre coltellate ricevute, non è in grado ancora di ricordare bene l’accaduto. «Sta meglio ma non riesce a dormire quindi deve prendere qualche sedativo», spiega la madre che attende lunedì per avere conferma della prognosi dai medici.
L’aggressione, hanno raccontato anche i suoi compagni di quella notte, è durata pochi minuti, su una strada quasi buia e quasi deserta attorno alle quattro del mattino. F. B. ha raccontato di essere stato aggredito alle spalle: una botta in testa e poi di essersi trovato circondato da una decina di giovani che li apostrofavano come «zecche di merda». Erano coetanei, a viso scoperto, ma non è riuscito a riconoscere le facce tra le foto che i carabinieri gli hanno mostrato. E così nessuno dei tre ragazzi aggrediti finora ha sporto denuncia. «Non so perché hanno deciso per il momento almeno di non presentare denuncia – dice la madre – ma tanto credo che sia uguale, quando mai vengono presi questi qua? Forse che li hanno presi gli assassini di renato?».
Forse F. B. e gli altri sono ancora sotto choc, tra paura di esporsi e di rimetterci ancora e sfiducia nella giustizia. Nel frattempo sabato sera le famiglie degli aggrediti insieme ai giovani dei centri sociali della zona sud di Roma hanno voluto subito scendere in piazza, con un corteo. «Dovevamo rispondere subito – dice la madre di F. B. – per far capire qual è il problema a Roma». Secondo la rete di centri sociali e genitori che si occupa di queste aggressioni in un anno sono state 130 nella capitale le violenze fasciste. E del resto anche l'omicidio di Nicola Tommasoli a Verona pochi mesi fa, ucciso da neonazisti a pedate si è detto «per una sigaretta non data», non ha avuto -secondo le ricostruzioni ufficiali - un movente politico.
«Con l’aggressione di venerdì hanno firmato anche l'uccisione di mio figlio», ne è convinta Stefania Zuccari, la madre di Renato Biagetti ucciso due anni fa a Focene da due estremisti di destra, un delitto che però è stato rubricato con l’unica aggravante «per futili motivi», non un omicidio politico. Così come non politico ad una prima ricostruzione è stato descritto l’omicidio di Dax a Milano nella notte del 17 marzo del 2003. «Hanno voluto dimostrare di poter colpire in qualsiasi momento, perfino dopo un concerto come quello di ieri sera in cui non c'era odio».
La madre di Renato ha partecipato anche lei al «Corteo di comunicazione» organizzato dai centri sociali sabato sera per denunciare la matrice fascista dell'aggressione avvenuta fuori dal centro sociale Pirateria di Porta sull’Ostiense, vicino a parco Schuster dove si era tenuta fino a poche ore prima l’iniziativa in ricordo di Renato. Alcune centinaia di militanti dei centri sociali che si sono dati appuntamento di nuovo in piazza Schuster davanti alla Basilica di San Paolo per un corteo di risposta fino a Trastevere. Due gli striscioni di apertura. Uno recita «Pacchetto sicurezza - Sicuri di morire». L'altro «Agosto 06 - Agosto 08 stelle lame stesse trame». Tra i manifestanti anche il consigliere provinciale Gianluca Peciola della Sinistra Arcobaleno. «Chiedo un atteggiamento responsabile da parte della questura per la manifestazione di questa sera» ha detto.
Solidarietà è stata espressa ai tre giovani aggrediti anche dal deputato e coordinatore del Pd romano, Riccardo Milana. «Si tratta dell'ennesimo episodio di matrice neofascista - aggiunge Milana - un susseguirsi di violenze che testimoniano come questi delinquenti si sentano a casa loro, ospiti graditi di una città dove le bande di estrema destra si sentono difese e legittimate a compiere azioni di questa gravità. A nome del Pd di Roma esprimo la mia vicinanza ai giovani aggrediti - continua Milana - e mi auguro che le forze dell'ordine assicurino al più presto i responsabili alla giustizia». Mentre il consigliere comunale del Pd Enzo Foschi si dice «seriamente preoccupato per la violenza squadrista che è tornata a manifestarsi a Roma». «Se gli inquirenti confermeranno che si tratta di un pestaggio per motivi politici sarà ancora più grave, perchè ci riporterebbe ad anni che pensavamo di esserci lasciati alle spalle», ha detto in una nota, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo.
Anche il sindaco Gianni Alemanno ha condannato l’episodio dicendo che si augura «che gli inquirenti siano in grado di assicurare subito alla giustizia i responsabili di questo gesto criminale, verificando con assoluta certezza se dietro di esso esista una forma organizzata di estremismo di destra. Alle vittime dell'aggressione va la mia piena solidarietà e invito tutte le forze politiche cittadine a vigilare affinchè non si inneschi una nuova spirale di violenza politica in città». Lui quella violenza la conosce bene, fin da tenera età.
da Carta
Il coltello dalla parte del manico
Giuliano Santoro
[1 Settembre 2008]
«Le lame le usano gli infami, i fascisti usano le lame»: questo striscione esposto all’indomani dell’uccisione di Renato Biagetti, il giovane ucciso due anni fa all’uscita da una festa reggae sul litorale romano, raccoglie il senso del clima che si respira nelle strade della capitale dell’Italia berlusconiana. L’aggressione, con accoltellamento di tre giovani che tornavano a casa dopo aver partecipato a una serata in memoria di Renato, è l’ultimo passaggio dell’escalation di violenza fascista che da tempo ormai colpisce la città. Come una profezia che si autoavvera, la carica di rancore a cuor leggero sparso a piene mani da media e governanti si è spalmata sugli abitanti, gli stessi che il sindaco Alemanno ha illuso affermando, per estorcere loro un voto, che l’unico problema di Roma era «la sicurezza», termine quanto mai ambiguo e misterioso.
Perché, come ha giustamente sottolineato la mamma di Renato [che intervistiamo sul numero di Carta attualmente in edicola], troppo spesso circolare in alcuni quartieri è diventata una sorta di roulette russa. I fascisti non si limitano a intimidire o a pestare il malcapitato, come al solito eroicamente rapporto di almeno 5 a 1: colpiscono con i coltelli. Hanno introiettato il codice della teppa da stadio che ha sfidato, e per certi versi sconfitto, la cultura di strada degli ultrà. Qualcuno ha deciso che quelle nuove reclute, le schegge impazzite e spaesate della metropoli, le prime vittime del bombardamento semiotico della città postindustriale, sono gli squadristi del terzo millennio. Chi costruisce micro-formazioni e dichiara micro-guerre intruppando giovanissimi dagli occhi spenti risponde all’esigenza di fornire un «frame», un terribile e drammatico punto d’appiglio, fatto di odio e aggressività, alla deriva liquida in cui annegano in troppi.
Negli anni novanta, mentre i gruppi del tifo organizzato provarono a fermare le morti domenicali lanciando lo slogan «Basta infami basta lame», una sciagurata corrente sotterranea sfidò sul loro stesso terreno i «furiosi» della curva, riuscendo a creare una sorta di mitologia e forme di appartenenza attorno ai fenomeni delle bande di strada della violenza senza limiti.
È normale, a pensarci bene, che chi odi la vita veda come il fumo negli occhi i centri sociali, luoghi in cui centinaia, quando non migliaia, di persone si ritrovano, per produrre socialità e resistere all’egoismo imperante. Posti in cui, tra mille contraddizioni, si sperimenta la strada per puntare il dito accusatorio verso l’alto, e non scaricare vigliaccamente le colpe e le frustrazioni di una generazione precaria verso gli ultimi della terra. La lama dei fascisti postmoderni, insomma, sempre più spesso ha un obiettivo preciso: colpire i centri sociali, isole di socialità e solidarietà e luoghi di mutualismo nella città globale divorata dal micro-localismo e dall’esaltazione identitaria.
Evidentemente, ritrovarsi nelle piazze e far rivivere le periferie, è una spina nel fianco di chi vorrebbe risolvere tutto scagliandosi in una sciagurata lotta al poveraccio e al diverso. Grazie al cielo, stiamo parlando, di ultraminoranze silenziose, capaci di parlare solo di notte e a colpi di arma da taglio. La destra estrema, quella che non siede al governo, solo di recente ha provato a balbettare un minimo di discorso politico ma è già caduta nella frammentazione di cui ha sempre sofferto.
Ma il cerchio rischia di chiudersi, perché il clima di guerra civile è la diretta conseguenza dell’«emergenza sicurezza» che, non dimentichiamolo, venne dichiarata prorio da Roma, da Veltroni per scavalcare a destra Berlusconi e lanciare il Pd come blocco d’ordine: una genialata che ha finito per far trionfare le destre. Uno sciagurato tentativo di battere lo schieramento mediatico creando un’emergenza virtuale e «percepita».
Ora, l’odio contro il diverso delle politiche governative rischia di legittimare persino gli accoltellatori notturni, o quantomeno di farli passare sotto silenzio. Ecco perché chi tiene il coltello dalla parte del manico può coltivare persino la speranza di trovare sacche di consenso o comprensione. Per la gran parte dei media e persino per gli inquirenti, Renato è morto in una rissa tra balordi, e l’emergenza vera non è quella degli accoltellamenti ma quella dei lavavetri. Non è un caso che Roma sia diventata davvero un luogo pericoloso, da qualche tempo a questa parte, nonostante alcune centinaia di soldati sfidino il ridicolo presidiando alcune piazze. E nonostante questa pericolosità, tantissime persone continuano a sfidare i criminali accoltellatori e a riempire le piazze e ricordare a tutti che il problema non è la presenza di misteriosi «invasori», al limite il problema viene dalle stanzette borghesi di alcuni giovanissimi figli di questa città. «Vorrei che a Roma si respirasse un clima diverso–ha raccontato una delle «Mamme per Roma città aperta» in piazza del Campidoglio quest’oggi–Se invece dei militari si insegnassero ai ragazzi i valori, che sembrano caduti nel dimenticatoio, potremmo girare in città senza paura».
Raid fascista a Roma
Da Liberazione
Squadristi in città
con spranghe e coltelli
Paolo Persichetti
Allarmi siam fascisti... Era negli anni venti lo slogan delle squadracce nere all'attacco delle case del popolo, delle camere del lavoro, delle sedi dei partiti del movimento operaio e della lega delle cooperative, devastate, bruciate, chiuse con la forza. Qualcosa del genere sta tornando in Italia?
La domanda ha raggiunto recentemente l'onore delle cronache grazie ad un articolo di Asor Rosa che ha fatto scorrere un po' d'inchiostro. Il professore però non si riferiva alla violenza squadristica. Il suo ragionamento era più complesso. Si trattava di un drastico giudizio di valore sulla destra politica attuale, da lui ritenuta peggiore del fascismo perchè priva del progetto di società che l'ideale "totalitario" fascista conteneva. Secondo Asor Rosa la destra attuale, sommatoria di spinte diverse e contraddittorie, offre uno spettacolo decadente. Nel fascismo c'era una risposta alla terribile crisi che aveva travolto il vecchio mondo liberale. Una modernizzazione autoritaria dell'economia, una nazionalizzazione totalitaria delle masse. Visione tragica, dittatoriale, ma pur sempre visione. Oggi forse presente, ma solo in rapidi squarci, in qualche trovata di Tremonti. Altri hanno preferito ricorrere a formule nuove: c'è chi ha scelto regime dolce.
Il filoso Alain Badiou ha parlato di petenismo trascendentale a proposito del sarkozismo. In realtà c'è che è venuto meno è l'antifascismo. L'effetto domino provocato dalla caduta del muro di Berlino ha ridato forza all'anticomunismo e reso evanescente l'antifascismo. A seppellire definitivamente "l'arco costituzionale", cioè quel complesso di forze politiche che avevano partecipato alla fondazione della repubblica e alla scrittura del compromesso costituzionale, è stato l'attacco delle procure della repubblica in nome di un giustizialismo populista e di un emergenzialismo penale che ha sdoganato la destra. La vecchia destra neofascista uscita definitivamente dall'angolo, liberata dai complessi del minoritarismo e del reducismo storico e "obbligata" così a divenire destra europea, destra di governo. Altre destre sono apparse dalle pieghe del territorio, dalle valli del Nord. Destre identitarie, rancorose.
Va detto che a questo bel risultato ha largamente contribuito il "partito storico dei giudici", cioè quel Pci-Pds-Ds-Pd che della via penale alla politica e dell'alleanza con le procure aveva fatto l'asse centrale della sua strategia. Ma questa è un'altra storia che andrà prima o poi raccontata.
La fine dell'antifascismo ha prodotto l'effetto "zoo liberato". Si sono aperte le gabbie, o forse scoperte le pattumiere, insomma sono riemersi dalla storia chincaglierie, cimeli, reliquie che sopravvivevano nelle catacombe del paese. Ma poi si è scoperto che tanto catacombe non erano. La costruzione del sistema politico bipolare, l'introduzione del maggioritario ha fatto il resto. Per vincere ogni voto era buono. Berlusconi è stato il più abile e spregiudicato. Ha messo insieme tutto ciò che esisteva a destra e alla sua destra comprando, finanziando apertamente o sottotraccia.
La destra ha persino messo fine ai suoi anni di piombo. Ha messo fuori tutti (meno due o tre) i militanti dei suoi gruppi eversivi, alcuni li ha arruolati, altri eletti. E' questo contesto politico che ha rilegittimato valori del passato prerepubblicano e preantifascista e ridato alla violenza politica proveniente da destra una nuova legittimazione sociale che si traduce in disattenzione, sottovalutazione se non comprensione e connivenza. Forse altri Novecento sono finiti ma quel Novecento là c'è ancora e ha superato il giro di boa, tanto che dal 2000 si registrano 2 morti, due giovani di sinistra uccisi da mani fasciste. Chi contesta queste etichette, lo fa in nome di una rappresentazione della politica che non c'è più. Nessuno tra gli aggressori, come tra gli aggrediti, ha più tessere politiche in tasca perchè le forme della partecipazione sono cambiate.
Alla vecchie sedi si sono sostituiti i centri sociali, le occupazioni non conformi, le curve degli stadi. Sono cambiati i luoghi di aggregazione ed anche la fisionomia della partecipazione. Tutto è più confuso e approssimativo, le idee sono anche più rozze ma le coltellate sono vere, le lame di puro acciaio e il sangue non è pomodoro. Davide Cesare (Dax) e Renato Biagetti sono stati uccisi nel 2003 e nel 2006. Dal 2005 almeno 262 le aggressioni recensite attribuibili alla destra: 88 attacchi a sedi e centri sociali di sinistra; 76 aggressioni razziste e 98 gli atti vandalici. Senza dimenticare Carlo Giuliani e Federico Aldovrandi. Anch'essi da annoverare in questa tragica contabilità. Vittime di un clima di violenza che è tornata pratica diffusa negli apparati di polizia, come i fatti di Genova del 2001 hanno dimostrato al mondo intero.
L'Unità
Raid fascista a Roma, le famiglie: per noi non c'è giustizia
Rachele Gonnelli
Non hanno ancora sporto denuncia i tre ragazzi aggrediti a Roma nella notte tra venerdì e sabato al ritorno da una manifestazione in ricordo dell’uccisione di Renato Biagetti, ucciso da un gruppetto di fascisti all’uscita da una discoteca a Focene. Al centro sociale Pirateria di Porta, dove l'aggressione di venerdì scorso è avvenuta, c'è una grande scritta che ricorda proprio Renato. Ed è lì che i tre amici dopo la commemorazione si erano fermati a bere un bicchiere e parlare prima di tornare a casa. È lì che hanno rischiao di subire la stessa sorte. Aggrediti da dei fascistelli.
F.B., 28 anni, il ragazzo ricoverato con uno squarcio di 15 centimetri in una gamba, risultato di una delle tre coltellate ricevute, non è in grado ancora di ricordare bene l’accaduto. «Sta meglio ma non riesce a dormire quindi deve prendere qualche sedativo», spiega la madre che attende lunedì per avere conferma della prognosi dai medici.
L’aggressione, hanno raccontato anche i suoi compagni di quella notte, è durata pochi minuti, su una strada quasi buia e quasi deserta attorno alle quattro del mattino. F. B. ha raccontato di essere stato aggredito alle spalle: una botta in testa e poi di essersi trovato circondato da una decina di giovani che li apostrofavano come «zecche di merda». Erano coetanei, a viso scoperto, ma non è riuscito a riconoscere le facce tra le foto che i carabinieri gli hanno mostrato. E così nessuno dei tre ragazzi aggrediti finora ha sporto denuncia. «Non so perché hanno deciso per il momento almeno di non presentare denuncia – dice la madre – ma tanto credo che sia uguale, quando mai vengono presi questi qua? Forse che li hanno presi gli assassini di renato?».
Forse F. B. e gli altri sono ancora sotto choc, tra paura di esporsi e di rimetterci ancora e sfiducia nella giustizia. Nel frattempo sabato sera le famiglie degli aggrediti insieme ai giovani dei centri sociali della zona sud di Roma hanno voluto subito scendere in piazza, con un corteo. «Dovevamo rispondere subito – dice la madre di F. B. – per far capire qual è il problema a Roma». Secondo la rete di centri sociali e genitori che si occupa di queste aggressioni in un anno sono state 130 nella capitale le violenze fasciste. E del resto anche l'omicidio di Nicola Tommasoli a Verona pochi mesi fa, ucciso da neonazisti a pedate si è detto «per una sigaretta non data», non ha avuto -secondo le ricostruzioni ufficiali - un movente politico.
«Con l’aggressione di venerdì hanno firmato anche l'uccisione di mio figlio», ne è convinta Stefania Zuccari, la madre di Renato Biagetti ucciso due anni fa a Focene da due estremisti di destra, un delitto che però è stato rubricato con l’unica aggravante «per futili motivi», non un omicidio politico. Così come non politico ad una prima ricostruzione è stato descritto l’omicidio di Dax a Milano nella notte del 17 marzo del 2003. «Hanno voluto dimostrare di poter colpire in qualsiasi momento, perfino dopo un concerto come quello di ieri sera in cui non c'era odio».
La madre di Renato ha partecipato anche lei al «Corteo di comunicazione» organizzato dai centri sociali sabato sera per denunciare la matrice fascista dell'aggressione avvenuta fuori dal centro sociale Pirateria di Porta sull’Ostiense, vicino a parco Schuster dove si era tenuta fino a poche ore prima l’iniziativa in ricordo di Renato. Alcune centinaia di militanti dei centri sociali che si sono dati appuntamento di nuovo in piazza Schuster davanti alla Basilica di San Paolo per un corteo di risposta fino a Trastevere. Due gli striscioni di apertura. Uno recita «Pacchetto sicurezza - Sicuri di morire». L'altro «Agosto 06 - Agosto 08 stelle lame stesse trame». Tra i manifestanti anche il consigliere provinciale Gianluca Peciola della Sinistra Arcobaleno. «Chiedo un atteggiamento responsabile da parte della questura per la manifestazione di questa sera» ha detto.
Solidarietà è stata espressa ai tre giovani aggrediti anche dal deputato e coordinatore del Pd romano, Riccardo Milana. «Si tratta dell'ennesimo episodio di matrice neofascista - aggiunge Milana - un susseguirsi di violenze che testimoniano come questi delinquenti si sentano a casa loro, ospiti graditi di una città dove le bande di estrema destra si sentono difese e legittimate a compiere azioni di questa gravità. A nome del Pd di Roma esprimo la mia vicinanza ai giovani aggrediti - continua Milana - e mi auguro che le forze dell'ordine assicurino al più presto i responsabili alla giustizia». Mentre il consigliere comunale del Pd Enzo Foschi si dice «seriamente preoccupato per la violenza squadrista che è tornata a manifestarsi a Roma». «Se gli inquirenti confermeranno che si tratta di un pestaggio per motivi politici sarà ancora più grave, perchè ci riporterebbe ad anni che pensavamo di esserci lasciati alle spalle», ha detto in una nota, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo.
Anche il sindaco Gianni Alemanno ha condannato l’episodio dicendo che si augura «che gli inquirenti siano in grado di assicurare subito alla giustizia i responsabili di questo gesto criminale, verificando con assoluta certezza se dietro di esso esista una forma organizzata di estremismo di destra. Alle vittime dell'aggressione va la mia piena solidarietà e invito tutte le forze politiche cittadine a vigilare affinchè non si inneschi una nuova spirale di violenza politica in città». Lui quella violenza la conosce bene, fin da tenera età.
da Carta
Il coltello dalla parte del manico
Giuliano Santoro
[1 Settembre 2008]
«Le lame le usano gli infami, i fascisti usano le lame»: questo striscione esposto all’indomani dell’uccisione di Renato Biagetti, il giovane ucciso due anni fa all’uscita da una festa reggae sul litorale romano, raccoglie il senso del clima che si respira nelle strade della capitale dell’Italia berlusconiana. L’aggressione, con accoltellamento di tre giovani che tornavano a casa dopo aver partecipato a una serata in memoria di Renato, è l’ultimo passaggio dell’escalation di violenza fascista che da tempo ormai colpisce la città. Come una profezia che si autoavvera, la carica di rancore a cuor leggero sparso a piene mani da media e governanti si è spalmata sugli abitanti, gli stessi che il sindaco Alemanno ha illuso affermando, per estorcere loro un voto, che l’unico problema di Roma era «la sicurezza», termine quanto mai ambiguo e misterioso.
Perché, come ha giustamente sottolineato la mamma di Renato [che intervistiamo sul numero di Carta attualmente in edicola], troppo spesso circolare in alcuni quartieri è diventata una sorta di roulette russa. I fascisti non si limitano a intimidire o a pestare il malcapitato, come al solito eroicamente rapporto di almeno 5 a 1: colpiscono con i coltelli. Hanno introiettato il codice della teppa da stadio che ha sfidato, e per certi versi sconfitto, la cultura di strada degli ultrà. Qualcuno ha deciso che quelle nuove reclute, le schegge impazzite e spaesate della metropoli, le prime vittime del bombardamento semiotico della città postindustriale, sono gli squadristi del terzo millennio. Chi costruisce micro-formazioni e dichiara micro-guerre intruppando giovanissimi dagli occhi spenti risponde all’esigenza di fornire un «frame», un terribile e drammatico punto d’appiglio, fatto di odio e aggressività, alla deriva liquida in cui annegano in troppi.
Negli anni novanta, mentre i gruppi del tifo organizzato provarono a fermare le morti domenicali lanciando lo slogan «Basta infami basta lame», una sciagurata corrente sotterranea sfidò sul loro stesso terreno i «furiosi» della curva, riuscendo a creare una sorta di mitologia e forme di appartenenza attorno ai fenomeni delle bande di strada della violenza senza limiti.
È normale, a pensarci bene, che chi odi la vita veda come il fumo negli occhi i centri sociali, luoghi in cui centinaia, quando non migliaia, di persone si ritrovano, per produrre socialità e resistere all’egoismo imperante. Posti in cui, tra mille contraddizioni, si sperimenta la strada per puntare il dito accusatorio verso l’alto, e non scaricare vigliaccamente le colpe e le frustrazioni di una generazione precaria verso gli ultimi della terra. La lama dei fascisti postmoderni, insomma, sempre più spesso ha un obiettivo preciso: colpire i centri sociali, isole di socialità e solidarietà e luoghi di mutualismo nella città globale divorata dal micro-localismo e dall’esaltazione identitaria.
Evidentemente, ritrovarsi nelle piazze e far rivivere le periferie, è una spina nel fianco di chi vorrebbe risolvere tutto scagliandosi in una sciagurata lotta al poveraccio e al diverso. Grazie al cielo, stiamo parlando, di ultraminoranze silenziose, capaci di parlare solo di notte e a colpi di arma da taglio. La destra estrema, quella che non siede al governo, solo di recente ha provato a balbettare un minimo di discorso politico ma è già caduta nella frammentazione di cui ha sempre sofferto.
Ma il cerchio rischia di chiudersi, perché il clima di guerra civile è la diretta conseguenza dell’«emergenza sicurezza» che, non dimentichiamolo, venne dichiarata prorio da Roma, da Veltroni per scavalcare a destra Berlusconi e lanciare il Pd come blocco d’ordine: una genialata che ha finito per far trionfare le destre. Uno sciagurato tentativo di battere lo schieramento mediatico creando un’emergenza virtuale e «percepita».
Ora, l’odio contro il diverso delle politiche governative rischia di legittimare persino gli accoltellatori notturni, o quantomeno di farli passare sotto silenzio. Ecco perché chi tiene il coltello dalla parte del manico può coltivare persino la speranza di trovare sacche di consenso o comprensione. Per la gran parte dei media e persino per gli inquirenti, Renato è morto in una rissa tra balordi, e l’emergenza vera non è quella degli accoltellamenti ma quella dei lavavetri. Non è un caso che Roma sia diventata davvero un luogo pericoloso, da qualche tempo a questa parte, nonostante alcune centinaia di soldati sfidino il ridicolo presidiando alcune piazze. E nonostante questa pericolosità, tantissime persone continuano a sfidare i criminali accoltellatori e a riempire le piazze e ricordare a tutti che il problema non è la presenza di misteriosi «invasori», al limite il problema viene dalle stanzette borghesi di alcuni giovanissimi figli di questa città. «Vorrei che a Roma si respirasse un clima diverso–ha raccontato una delle «Mamme per Roma città aperta» in piazza del Campidoglio quest’oggi–Se invece dei militari si insegnassero ai ragazzi i valori, che sembrano caduti nel dimenticatoio, potremmo girare in città senza paura».