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A te che a me ritorni

Per capire questa fotografia occorre un breve racconto.

Questo è il grido pietrificato del monumentale pino loricato della Grande Porta del Pollino, simbolo stesso del Parco, Virgilio arboreo che introduceva il visitatore alle meraviglie della corona di cime di cui era guardiano prima che mano ignota lo desse alle fiamme.

 

Era un albero fiero, bellissimo, possente, un guerriero delle vette che da secoli combatteva, vincendola, ogni battaglia con gli elementi. Un enorme ramo, il più basso, giaceva spezzato e bruciato dal fulmine, sbiancato dai decenni ma ancora saldamente aggrappato al tronco.

Un pomeriggio di novembre mi addormentai sotto questo albero al calore del sole dell'estate di San Martino. Fu un sonno breve e ristoratore, cullato dalla voce cupa del vento tra gli aghi corti e fitti, un suono che in nessun altro bosco né foresta ho mai ascoltato, ancestrale, profondo.

Ricevetti qualcosa dall'albero in quella occasione, ma lo seppi soltanto molti anni dopo, quando tornai a visitarne i resti.

 

Maggio, pioggia.

I Piani di Pollino sembrano il campo di lotta dove alberi e meteorologia si sfidano. La nebbia è lenta, il paesaggio cambia continuamente.

Come altre volte vivo la sensazione, oggi acuminata, che il Genius Loci mi stia osservando. C'è, mi segue, giudica. E' guardingo. Dopo quel che è accaduto, ha ragioni da vendere.

 

La nebbia lo rivela come l'aprirsi di un sipario sulla cattiveria umana. La vista dell'albero sfigurato dall'assassino mi paralizza. Rabbia, incredulità e odio.

Pioviggina, lo sento, ma non qui. Sembra che una tenda invisibile sia stata aperta per darmi modo di scattare fotografie.

Contorcendosi tra le fiamme, l'albero si è accasciato al suolo come una creatura preistorica, consegnando all'eternità il suo grido ammutolito.

Sono confuso, scatto foto alla rinfusa tra le lacrime, sento aumentare il fruscio della pioggia, non vorrei separarmi dall'albero ma devo, lo abbraccio forte per dargli l'addio, dicendogli addio.

Torno sui miei passi, singhiozzando. Non mi volto, troppo dolore.

 

Ogni volta che la malinconia mi avvolge, è come quel giorno la nebbia con l'albero. E questa fotografia prende corpo sulla parete vuota della mente.

Ogni volta sento ricambiato quell'ultimo abbraccio, e avverto vicino lo spirito guida arboreo.

 

 

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Uploaded on May 27, 2022
Taken on May 21, 2008