guercio
nero come uno scolo
che corre mezzo vuoto, il gelo
autunnale vela il triste legno,
gli stracci bagnati: se fuori
è il paradiso, qui dentro è il regno
dei morti, passati da dolore
a dolore - senza averne sospetto.
nelle panche, nei corridoi,
eccoli con il mento sul petto,
con le spalle contro lo schienale,
con la bocca sopra un pezzetto
di pane unto, masticando male,
miseri e scuri come cani
su un boccone rubato: e gli sale
se li guardi negli occhi, le mani,
sugli zigomi un pietoso rossore,
in cui nemica gli si scorge l'anima.
ma anche chi non mangia o le sue storie
non dice al vicino attento,
se lo guardi, ti guarda con il cuore
negli occhi, quasi, con spavento,
a dirti che non ha fatto nulla
di male, che è un innocente.
viene una luce che scopre anime,
non corpi, all'occhio che più crudo
della luce, ne scopre la fame,
la servitù, la solitudine.
anime che riempiono il mondo,
come immagini fedeli e nude
della sua storia, benché affondino
in una storia che non è più nostra.
Con una vita di altri secoli, sono
vivi in questo: e nel mondo si mostrano
a chi del mondo ha conoscenza, gregge
di chi nient'altro che la miseria conosca.
sono sempre stati per loro unica legge
odio servile e servile allegria: eppure
nei loro occhi si poteva leggere
ormai un segno di diversa fame
(una pura ombra) Una pura
ombra che già prendeva nome
di speranza
gli è nemico chi straccia la bandiera
ormai rossa di assassinii,
e gli è nemico chi, fedele,
dai bianchi assassini la difende.
gli è nemico il padrone che spera
la loro resa, e il compagno che pretende
che lottino per una fede che ormai è negazione
della fede. Gli è nemico chi rende
grazie a Dio per la reazione
del vecchio popolo, e gli è nemico
chi perdona il sangue in nome
del nuovo popolo. Restituito
è così, in un giorno di sangue,
il mondo a un tempo che pareva finito
un tempo che pareva finito
pareva finito
finito
finito
[Pasolini]
nero come uno scolo
che corre mezzo vuoto, il gelo
autunnale vela il triste legno,
gli stracci bagnati: se fuori
è il paradiso, qui dentro è il regno
dei morti, passati da dolore
a dolore - senza averne sospetto.
nelle panche, nei corridoi,
eccoli con il mento sul petto,
con le spalle contro lo schienale,
con la bocca sopra un pezzetto
di pane unto, masticando male,
miseri e scuri come cani
su un boccone rubato: e gli sale
se li guardi negli occhi, le mani,
sugli zigomi un pietoso rossore,
in cui nemica gli si scorge l'anima.
ma anche chi non mangia o le sue storie
non dice al vicino attento,
se lo guardi, ti guarda con il cuore
negli occhi, quasi, con spavento,
a dirti che non ha fatto nulla
di male, che è un innocente.
viene una luce che scopre anime,
non corpi, all'occhio che più crudo
della luce, ne scopre la fame,
la servitù, la solitudine.
anime che riempiono il mondo,
come immagini fedeli e nude
della sua storia, benché affondino
in una storia che non è più nostra.
Con una vita di altri secoli, sono
vivi in questo: e nel mondo si mostrano
a chi del mondo ha conoscenza, gregge
di chi nient'altro che la miseria conosca.
sono sempre stati per loro unica legge
odio servile e servile allegria: eppure
nei loro occhi si poteva leggere
ormai un segno di diversa fame
(una pura ombra) Una pura
ombra che già prendeva nome
di speranza
gli è nemico chi straccia la bandiera
ormai rossa di assassinii,
e gli è nemico chi, fedele,
dai bianchi assassini la difende.
gli è nemico il padrone che spera
la loro resa, e il compagno che pretende
che lottino per una fede che ormai è negazione
della fede. Gli è nemico chi rende
grazie a Dio per la reazione
del vecchio popolo, e gli è nemico
chi perdona il sangue in nome
del nuovo popolo. Restituito
è così, in un giorno di sangue,
il mondo a un tempo che pareva finito
un tempo che pareva finito
pareva finito
finito
finito
[Pasolini]