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Il pane del perdono

Oggi,

dopo tanto tempo (in pratica dalla scomparsa di papà),

son tornato in Chiesa ad ascoltare messa...

 

avevo tanto a cui pensare, da capire, da chiedere...

dovevo chiedere perdono...

 

e, come per un disegno imperscrutabile, il Vangelo di oggi era la pagina di Giovanni,

quella sul pane di vita ....

 

ascoltarlo ha richiamato alla mia memoria un brano dei Promessi Sposi ...

 

Lo confesso, quando al ginnasio ho studiato l'opera di Alessandro Manzoni, non l'ho trovata di mio gusto.

Tanto mi ha appassionato La Divina Commedia quanto mi aveva annoiato la storia di Renzo e Lucia.

 

Molti anni dopo ho ripreso in mano il romanzo e rileggendo alcuni brani ne ho scoperto il valore.

Un capitolo in particolare, in quella mia rilettura più matura, mi ha colpito e commosso

 

“Il Padre Cristoforo non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo”.

Il frate cappuccino, uno dei coprotagonisti del romanzo, si era convertito dopo un fatto drammatico; il suo vero nome era Ludovico ed era figlio di un ricco mercante.

 

“Sentiva un orrore spontaneo e sincero per le angherie e pei soprusi”, e il Manzoni ci racconta di come si batteva a difesa dei più deboli.

Questa sua indole lo avrebbe messo nei pasticci;

infatti accadde che per un banale diverbio sul diritto di passaggio in un vicolo, si trovò a duellare con un nobile arrogante.

 

Il duello prende una piega drammatica allorché il maggiordomo di Ludovico, di nome Cristoforo, intervenuto in sua difesa, viene ucciso dal nobile.

Ludovico, fuori di sé vedendo la morte del suo fedele servitore, uccide l’avversario e si rifugia in un convento di cappuccini.

 

Qui ha modo di meditare sull’orrore della vicenda e decide di abbracciare la vocazione religiosa alla quale già aveva pensato in passato.

 

Prende il nome di Cristoforo in ricordo del servo, morto per difenderlo.

Poi, per trovare la pace interiore, riconcialiarsi con se stesso e con chi ha offeso, decide di andare nel palazzo del fratello del nobiluomo che aveva ucciso, per chiedere perdono.

 

Per l’occasione, l’arrogante padrone di casa ha

invitato tutto il parentado, per mostrare pubblicamente il suo trionfo e l’umiliazione del frate.

 

Ma Padre Cristoforo si presenta con un atteggiamento così umile, esprimendo un così sincero pentimento, che tutti ne restarono toccati.

Il nobiluomo lo perdona, abbracciandolo commosso, tra l’emozione e la pietà dei presenti.

 

Ma che cosa c’entra il pane con tutto questo, chiederete voi?

 

Dopo la solenne riappacificazione, il nobile offre cibi prelibati al frate cappuccino. Questi rifiuta il banchetto raffinato ma formula una richiesta: «Ma tolga il cielo che io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire di aver goduto la sua carità, d’aver mangiato il suo pane, e tenuto un segno del suo perdono».

 

Giunge così un servitore con un pane su un vassoio d’argento... Padre Cristoforo lo mette nella sporta e si congeda.

Più tardi “egli mangiò con una specie di voluttà del pane del perdono: ma ne risparmiò un tozzo, e lo ripose nella sporta onde serbarlo come ricordo perpetuo”.

 

Alla fine del romanzo si scopre che il frate ha conservato quel pezzo di pane per tutta la vita: Padre Cristoforo, mentre a Milano infuria la peste, incontra Renzo e Lucia nel lazzaretto e dona loro “una scatola di legno ordinario ma tornita e lustrata con una certa finezza” dove è conservato quel pezzo di pane: “«Lo lascio a voi altri: serbatelo; fatelo vedere ai vostri figlioli. Verranno in un tristo mondo, in tristi tempi, in mezzo ai superbi e ai provocatori: dite loro che perdonino sempre, sempre! Tutto ! …»

E porge la scatola a Lucia, da cui viene presa con riverenza, come se si trattasse di una una reliquia.”

 

Ci vuole forza per perdonare, e ce ne vuole anche di più per chiedere perdono.

 

Buona Domenica !!!

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Uploaded on June 14, 2020
Taken on July 6, 2018