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Je suis Charlie

Intervista al redattore capo del settimanale francese che ha pubblicato le vignette su Maometto in questi giorni nell'occhio del ciclone.

 

lunedì 24 settembre 2012 00:18

Charlie Hebdo

 

La redazione di Charlie Hebdo, nel 19° arrondissement di Parigi, brulica di giornalisti di altre testate e Paesi. Il ridotto gruppo di 20 redattori e disegnatori del settimanale satirico non basta per rispondere a tutte le domande. La pubblicazione di alcune caricature di Maometto - la più provocatoria raffigura il Profeta che esce cadendo come Brigitte Bardot ne Il disprezzo di Godard - ha trasformato la rivista parigina nel nuovo epicentro della collera fondamentalista. Per telefono, il redattore capo incaricato dei testi, Gérard Biard, classe 1959, nega le accuse e afferma che si è limitato a compiere il suo dovere di giornalista.

 

(El Pais)Circolano cifre diverse sulla tiratura emessa il 19 settembre (giorno della pubblicazione delle vignette incriminate, ndr). Quanto avete venduto?

(Gérard Biard) La tiratura è stata quella di sempre, 70.000 copie, e le abbiamo vendute tutte. Questa è la prova delle falsità di certe affermazioni che sostengono che il nostro è un colpo pubblicitario. Ci hanno sorpreso molto le ripercussioni, questo impatto così sproporzionato.

 

Vi si accusa di essere opportunisti ed irresponsabili per aver alimentato i focolari, scatenati dal video del film "L'innocenza dei musulmani".

Abbiamo fatto quello che facciamo tutte le settimane: commentare l'attualità di un trailer di una pellicola stupida, distribuita su internet, che ha generato manifestazioni e attentati con diverse vittime. Siamo un giornale satirico di attualità e abbiamo fatto quello che facciamo sempre, niente di diverso dal nostro lavoro che svolgiamo da molto tempo.

 

Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, e la Casa Bianca hanno affermato che siete stati degli irresponsabili.

Qual è la responsabilità di un giornalista? Raccontare l'attualità o cedere alla violenza? Credo sia commentare quello che succede, soprattutto se entra nel pieno della linea editoriale come è successo in questo caso. Noi combattiamo le religioni, tutte, quando entrano nella sfera pubblica e politica. Come si può giustificare la proibizione ai giornalisti di trattare l'attualità? L'autocensura è il principio del totalitarismo. Non possiamo cedere alla violenza. La Francia è uno Stato di diritto laico e dobbiamo obbedire alla legge francese; abbiamo la stessa responsabilità del resto della stampa. Non abbiamo insultato nessuno. Ma se qualcuno la pensa così, può andare in tribunale.

 

Cosa pensa della reazione del governo francese?

Ci sembra che chiudere le ambasciate e le scuole rientra all'interno di un ruolo protettore. Se credono ci siano dei rischi è giusto che lo facciano. Un'altra cosa è che Fabius si permetta di criticare un giornale satirico e indipendente che fa il suo lavoro. Ci sono due linee nel governo. Una indietreggia davanti alla libertà di espressione, e altri come Manuel Valls (ministro degli interni) o Vincent Peillon (ministro dell'educazione) ci hanno appoggiati.

 

Gli imam hanno detto che le vignette denotano razzismo e islamofobia.

Criticare una religione non è razzista. Una democrazia non si definisce in base alla religione, ma per la libertà di espressione delle idee. La religione deve essere una questione privata. I musulmani non sono di una unica etnia: appartengono a più etnie. Le persone che si definiscono musulmani si lasciano manipolare esclusivamente dai loro leader religiosi che affermano che la loro identità è costituita dalla loro religione. In Francia, l'identità è costituita dalla cittadinanza; non è Dio che ci dà il diritto al voto. Rifiutiamo in toto le accuse di razzismo. E l'islamofobia è l'accusa che ha portato avanti il regime iraniano al tempo della fatwa a Rushdie, per legittimare il suo antisemitismo. Un giorno tireremo in ballo la cristianofobia.

 

Il papa parla proprio di quella.

Sì, lo accettiamo. Noi attacchiamo le religioni. Siamo un giornale laico. Quando le religioni invadono lo spazio della politica, devono accettare le critiche e le caricature esattamente i politici.

 

Quale pensa sia la vignetta che ha dato più fastidio?

Questo è il nocciolo della questione. Posso capire che qualcuno sia colpito da uno shock intimo vedendo una parodia di Maometto in copertina, ma non è il nostro caso. Sulla copertina ci sono un rabbino e un imam. Le caricature sono nella controcopertina e delle pagine interne. La maggior parte della gente che sta protestando non le ha viste, così come la famosa pellicola: in pochi l'hanno vista. Per scandalizzarsi è importante che si compia il tragitto per andare a comprare al chiosco la rivista! Siamo davanti ad una grande manipolazione: alcune persone hanno tanta voglia che certi si scandalizzino. A me non piacciono le religioni ma non per questo vado in chiesa o in moschea a protestare.

 

Miguel Mora

Articolo originale su El Pais, traduzione di Cristian Zinfolino

 

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