siresim says:
Se fossi Marco che descrive a Kublai le città che ha incontrato nel suo viaggio, gli parlerei di quelle che, come questa, crescono in verticale per il desiderio dell’uomo di allontanarsi dalla terra.
Gli racconterei che ho visto spazi tutti uguali dentro i quali ognuno si chiude per la paura di essere diverso dal vicino; ma che però a volte qualche piccolo particolare tradisce il desiderio di un mondo che vive altrove. Così, a guardare bene lungo le facciate, l’ombra dei balconi rivela la presenza di una bicicletta pronta alla fuga, o la gabbia appesa in cui qualcuno alleva un uccello esotico …
siresim says:
Dice Marco a Kublai: - nelle terre che ho attraversato le città crescono come foreste e gli abitanti sono legati tra loro, nel bene e nel male, da un unico destino. Ogni edificio ripete la geometria dell’edificio vicino, come spinto dalla necessità di un preciso codice genetico, e la città si espande e cresce in verticale. Finestre tutte uguali si aggiungono l’una sull’altra, scale salgono a spirale e balconi si affacciano su altri balconi squadrati, guardando al di sopra dell’altezza dei lampioni.
Se mi chiedi il senso di tutto questo, non sono in grado di darti una risposta, ma penso che la chiave non sia da ricercarsi nel presente o nel futuro, perché piuttosto attiene a ciò che le città sono state un tempo e di cui si è perso il ricordo. Forse è per questo motivo che gli uomini danno più importanza a quanto giace sepolto negli strati più bassi degli edifici, anche se continuano incessanti a costruire il loro spazio verso l’alto.
siresim says:
Quando il viaggiatore arriva in una città all’ora dell’alba, si accorge che le cime dei palazzi più alti, volti ad oriente, si tingono di una luce pallida che ricorda il rosa mattutino delle montagne che ha lasciato. Cercando di indovinare la vita che si svolge dietro le finestre chiuse pensa che gli abitanti della città ancora nel sonno non si sono accorti del silenzio che li circonda, e avvolgendosi nel soprabito per l’aria troppo fredda torna col pensiero alla città da cui è partito immaginando se stesso dietro una finestra uguale a quelle che ha di fronte. Ed è allora che, improvvisamente, da una stradina che gli si apre di fronte, lo raggiunge il profumo di un forno dove per pochi centesimi potrà comprare una forma di pane ancora troppo calda e mangiarla a rapidi bocconi, scottandosi le dita.
siresim says:
Quando l’uomo che ha viaggiato a lungo per terreni selvaggi, finalmente giunge alla città che ha cercato nella memoria, la prima cosa che nota, e su cui s’interroga, è un alto muro scrostato, senza porte, al di sopra del quale la cima dei palazzi si staglia contro il cielo. Ha appena il tempo di rendersi conto che l’accesso sarà impossibile, che il suo desiderio è ormai rivolto alle finestre, dietro le quali qualcosa si muove. Allora ricorda che c’è stato un giorno, vissuto in quelle stanze, in cui ha scrutato l’orizzonte al di là di quel muro, in attesa di un viaggiatore che giungendo si perdesse a guardare verso la sua finestra.
siresim says:
Catturare il cielo nelle maglie delle proprie costruzioni è sempre stata una tenace ambizione dell’uomo. Nulla importa se a spingersi sempre più in alto le strutture sono costrette ad una fragilità che a malapena sfida il tempo e le leggi della natura. Ma del resto lo stesso azzurro del cielo che si cerca di catturare è solo un’illusione transiente come la vita stessa o, ciò che è lo stesso, come lo sguardo dell’uomo che permette a quell’azzurro di esistere.
siresim says:
… E quando il viaggiatore si addentra nel cuore di questa città, tanto silenziosa che ha il timore di turbare con i suoi passi il mistero di un equilibrio a lui estraneo, si aggira per ore nelle strade e nei vicoli racchiusi da alte mura, senza incontrare nessuno o vedere un accenno di luce alle finestre ...
siresim says:
... in numerosi altri punti del suo cammino gli sembra di sentire voci che lo chiamano, o vede una luce che si accende per poi spegnersi immediatamente.
Nel mezzo della sua confusione il viaggiatore si accorge allora che quelle presenze inafferrabili sono, in fondo, a lui note perché emergono dal nucleo profondo della sua memoria … e a riprova di questo, nella persona che improvvisamente appare da una voluta delle mura riconosce se stesso, sporto a scattare una foto ricordo …
siresim says:
A Natale ogni città riflette se stessa nei giochi di specchio che luci e addobbi producono in ogni angolo di strada o nel chiuso di ogni casa. Il viaggiatore, dovunque si trovi, riconosce nelle mille città riflesse tutte le mille incontrate nel passato e ad ognuna collega un ricordo … anche solo di un volto incontrato per un attimo o di un bagliore improvviso che ha attratto la sua attenzione …
E tra le mille cerca l’immagine della città di cartone, forse un presepe, che da bambino aveva visto nascere dalle mani esperte di una persona cara …"
siresim says:
… Nessuno poi ricorda i nomi di chi ha lavorato a definire la linea dei tetti sul confine estremo delle città e ha creato quello spazio che permette di sfuggire alla logica del tempo e all’azione della natura. La cima degli edifici è una zona grigia e dimenticata, che ognuno crede vuota e senza misteri … Eppure sembra che ad esplorare quei luoghi si troverebbero le tracce della vita quotidiana di chi quei muri e quei tetti ha costruito. C’è sempre qualcuno, infatti, che dimentica una cosa insignificante: un foglio scritto, un arnese da lavoro … un pezzetto di tulle rosa che conteneva i confetti del battesimo della bambina nata pochi giorni prima …
siresim says:
Marco descrive a Kublai Istanbul, città delle città, dove le storie di molti popoli convergono e si dipartono. La storia di chi ci vive è ancora diversa dalle altre perché quotidiana ed invisibile. Così scopriamo che il turista fotografa una cupola che non cattura più l’attenzione di chi è nato nella Istanbul storica …
siresim says:
Tutto questo fa sì che Marco torni col pensiero a Venezia e gli rivela quello che in fondo ha sempre saputo: che i dettagli delle cose, che spesso attraggono la sua attenzione, nuovi o consueti, suggestivi o inquietanti, non sono altro che la copia di un originale che Istanbul o Venezia conservano e nascondono nel tempo.
siresim says:
- Domani,- dice Kublai a Marco, - lascerai la Città Proibita senza essere riuscito a raccontarmi di tutto ciò che hai visto nel tuo viaggio. Dimmi allora di un solo ricordo che conservi come il più importante e che non dimenticherai per la vita.-
- Ricorderò certamente, – risponde Marco a Kublai, - le carovane con cui ho viaggiato, o quelle incontrate nei luoghi di sosta, o semplicemente incrociate lungo le piste. E non dimenticherò i signori che mi hanno ospitato nei loro palazzi, i loro volti severi o ammiccanti, gli occhi delle ragazze velate sedute in circolo accanto a loro, gli intrighi di corte e i sofisticati giochi di illusionismo dei maghi di corte. Così come terrò in mente la meraviglia dei paesaggi attraversati nelle differenti stagioni con i cieli in tempesta o sereni e senza una nube.
Ma il ricordo che mi seguirà nei giorni, sul ritmo dei miei passi, è quello di una notte trascorsa ad osservare la facciata di un grande palazzo dalle mille finestre uguali, dietro alle quali cercai di indovinare la vita che vi si svolgeva nei giorni. E quando ripartii, sul farsi dell’alba, me ne andai tormentato dalla consapevolezza che non avrei mai potuto conoscere le storie che dietro quella facciata si celavano.
Così, quando mi chiedi di ciò che ho visto, io ti parlo dei ricchi palazzi che ho visitato, ma vorrei saperti dire di quelle mille finestre che sono rimaste chiuse di fronte alle mie domande.
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