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Non so dove l'abbia scattata: un bosco, come sempre. Ma non so quale sia.

Non so quando: ci vado ogni giorno, nei boschi, od ogni notte.

Perché l'ho scattata? Perché la tavolozza dei colori era molto bella, come tante d'Autunno, anche se la conversione nella scala dei grigi non ne restituisce i contrasti cromatici. Ne rimangono le venature, la struttura. La trama, ed il bosco ne è colmo: ne regala di splendide nascondendole nelle ombre.

Al bosco, la gente, grata, regala tonnellate di rifiuti ed incuria, sacchi di plastica colmi ed elettrodomestici arrugginiti, divani dismessi sui quali succede d'incontrare, sedute, alacri, due guardie forestali. I sentieri profondi, scomodi per le persone pigre, milioni, son spesso salvi; non lo sono gl'altri sentieri, più vicini alle strade, ampi e comodi a sufficienza perché i cittadini di questo paese miserabile dentro, incapaci di scoprirsi invidiosi quando lamentano povertà, possano scaricare i simulacri delle loro coscienze addosso ad una Natura che di loro farebbe volentieri a meno.

Le volpi e le lepri si sono ormai trasferite, arrese, tra le case. Incontrarle nel folto del bosco, tra rifiuti e cacciatori, plastica e piombo, è diventato così difficile che perfino di notte, correndo, mi riesce di vederne. Abbandonati i sentieri, riprese le strade, riecco di notte le volpe, vicine alle case, riecco di giorno le lepri, dentro e fuori dalle tane che han scavate tra le siepi, ai margini di giardini privati.

Inacessibile alla pigrizia degli stolti, scomoda come una foresta, più grande del paese che l'ospita, il Bosco del Vallone, qui vicino, resiste a modo suo. I guadi, privi di ponti, non risparmiano di bagnare i piedi dei pochi uomini che li attraversano, bagandoli perfino nelle stagioni più secche. Ora, in questi mesi, attraversare il torrente vuol dire camminare con l'acqua alle ginocchia, poco più su, sentir la pelle ritemprarsene e l'acqua vendicare il bosco, e poi ancora, ancora e ancora. Quattro volte, ognuna più impetuosa, così forte il corso del torrente, ora, che mantenre l'equilibrio è fatica reale. E correre, poi, correre, camminare, continuare, andarsene, è invece pena, pena meritata perché qualcuno dovrà pur pagare, e si avanza in quell'ultimo tratto, prima della Fontana del Guercio, della sua palude, in una torbiera infame dove perfino restare in piedi è faticoso, in equilibrio su una distesa di fango dove tronchi e foglie han perso i colori dilavandoli nel limo denso e cinerino che il torrente produce mescolandosi alla terra argillosa, esondando. Miasmi mefitici, lento arrancare grigio, senza luce, è la terra di Gollum, avido infame ladro nudo , dove gl'infami ben vestiti non san venire.

Forse l'ho scattata qui, quella foto, sfilando dal fango piedi grigi, tra la torbiera e la palude, o forse nei boschi miei, quelli dall'altra parte della strada che tutti porta qui. A bestemmiare ridendo satolli tutta questa fortuna sprecata.

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Uploaded on November 23, 2014
Taken on November 13, 2014