Il Parco della Bessa - flora
Dagli storici Cassio Dione (155 - 235 d.C. ca) (1), Paolo Orosio (fine IV - inizio V sec. d.C.) (2) e dal geografo greco Strabone (64 a.C. - 21 d.C. ca) (3) abbiamo una serie di significative notizie sul giacimento della Bessa che brevemente riassumiamo (testi originali alle note 1/3). Nel 143 a.C. il console Romano Appio Claudio attaccò i Salassi prendendo a pretesto una contesa tra questi e le popolazioni insediate nella pianura (in cui i primi venivano accusati di privare i campi coltivati dell' acqua del fiume Duria, utilizzata per il lavaggio delle sabbie di un grande giacimento aurifero). Malgrado una disastrosa sconfitta iniziale, Appio Claudio si impadronì del territorio oggetto del contendere. Ritornato a Roma chiese al senato il "trionfo" ma gli fu rifiutato a causa dell'elevato numero di perdite. Appio Claudio se lo autoconcesse pagando di propria tasca le spese, ma la parata rischiò di finire in rissa e per evitare di essere assalito da alcuni tribuni il console fece salire sul proprio carro la sorella vestale per beneficiare della sua inviolabilità. Appio Claudio che apparteneva ad una dinastia che oltre a tramandarsi il nome si tramandava anche il consolato era suocero di Tiberio Gracco uno dei famosi “gioielli” di Cornelia, figlia di Scipione Africano vincitore della battaglia di Zama.
Il 140 a.C. è quindi il termine post quem i pubblicani romani poterono avere in appalto la miniera d'oro. Questa era di proprietà dello Stato ed un Procurator metallorum era posto a capo dell'amministrazione. Il testo di Strabone conferma anche che il metallo era già estratto dai Salassi (gli Ictimuli citati da Plinio erano probabilmente Salassi che avevano come centro di riferimento il villaggio omonimo), evidentemente su scala non semplicemente artigianale. Da Plinio (23 - 79 d.C.) abbiamo invece la prova della dimensione del cantiere poiché, a proposito della Bessa, cita una lex censoria (4) che, probabilmente per problemi di ordine pubblico, vietava l'utilizzo nelle aurifodinae di più di 5000 lavoratori, ciò significa che vi furono periodi in cui il loro numero dovette essere maggiore. E' probabile che questo numero non si riferisse ai soli addetti ai lavori minerari ma al totale dei lavoratori impiegati compresi quindi quelli coinvolti nelle attività che oggi sarebbero chiamate: "l'indotto".
L'apertura dei cantieri provocò certamente una imponente rilocazione di popolazioni di etnia salassa verso l'area della Bessa e una modifica alla loro struttura sociale ed economica (l'approvvigionamento in viveri e materiali doveva rappresentare un importante problema) dato che si ritiene che la mano d'opera fosse costituita da comunità di "dedicti" che, dopo la sconfitta, pagavano tributo a Roma con il lavoro. Inoltre in prossimità della miniera doveva essere necessaria la presenza dell'esercito dato che si trattava di zona di confine con popolazioni che furono totalmente sottomesse solo sotto Augusto.
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Il Parco della Bessa - flora
Dagli storici Cassio Dione (155 - 235 d.C. ca) (1), Paolo Orosio (fine IV - inizio V sec. d.C.) (2) e dal geografo greco Strabone (64 a.C. - 21 d.C. ca) (3) abbiamo una serie di significative notizie sul giacimento della Bessa che brevemente riassumiamo (testi originali alle note 1/3). Nel 143 a.C. il console Romano Appio Claudio attaccò i Salassi prendendo a pretesto una contesa tra questi e le popolazioni insediate nella pianura (in cui i primi venivano accusati di privare i campi coltivati dell' acqua del fiume Duria, utilizzata per il lavaggio delle sabbie di un grande giacimento aurifero). Malgrado una disastrosa sconfitta iniziale, Appio Claudio si impadronì del territorio oggetto del contendere. Ritornato a Roma chiese al senato il "trionfo" ma gli fu rifiutato a causa dell'elevato numero di perdite. Appio Claudio se lo autoconcesse pagando di propria tasca le spese, ma la parata rischiò di finire in rissa e per evitare di essere assalito da alcuni tribuni il console fece salire sul proprio carro la sorella vestale per beneficiare della sua inviolabilità. Appio Claudio che apparteneva ad una dinastia che oltre a tramandarsi il nome si tramandava anche il consolato era suocero di Tiberio Gracco uno dei famosi “gioielli” di Cornelia, figlia di Scipione Africano vincitore della battaglia di Zama.
Il 140 a.C. è quindi il termine post quem i pubblicani romani poterono avere in appalto la miniera d'oro. Questa era di proprietà dello Stato ed un Procurator metallorum era posto a capo dell'amministrazione. Il testo di Strabone conferma anche che il metallo era già estratto dai Salassi (gli Ictimuli citati da Plinio erano probabilmente Salassi che avevano come centro di riferimento il villaggio omonimo), evidentemente su scala non semplicemente artigianale. Da Plinio (23 - 79 d.C.) abbiamo invece la prova della dimensione del cantiere poiché, a proposito della Bessa, cita una lex censoria (4) che, probabilmente per problemi di ordine pubblico, vietava l'utilizzo nelle aurifodinae di più di 5000 lavoratori, ciò significa che vi furono periodi in cui il loro numero dovette essere maggiore. E' probabile che questo numero non si riferisse ai soli addetti ai lavori minerari ma al totale dei lavoratori impiegati compresi quindi quelli coinvolti nelle attività che oggi sarebbero chiamate: "l'indotto".
L'apertura dei cantieri provocò certamente una imponente rilocazione di popolazioni di etnia salassa verso l'area della Bessa e una modifica alla loro struttura sociale ed economica (l'approvvigionamento in viveri e materiali doveva rappresentare un importante problema) dato che si ritiene che la mano d'opera fosse costituita da comunità di "dedicti" che, dopo la sconfitta, pagavano tributo a Roma con il lavoro. Inoltre in prossimità della miniera doveva essere necessaria la presenza dell'esercito dato che si trattava di zona di confine con popolazioni che furono totalmente sottomesse solo sotto Augusto.
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