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Libertà va cercando ch'è sì cara ( come sa chi per lei vita rifiuta ) D
Da una mail di mio padre...
Ricordo che tutte le volte che andavo da zio Vincenzo vivevo una realtà in cui mi
immergevo completamente e profondamente e dimenticavo Roma, mamma, papà e
vivevo delle nuove esperienze che facevo. Ero ammirato dagli uccelli che facevano i
nidi nelle siepi e con l'aiuto di mio cugino Sergio, cercavo di scoprire le loro
abitudini. Per me gli uccelli dovevano essere presi e messi in gabbia dove
avrei potuto portarli a Roma. Li avevo sempre visti in gabbia e ciò per me
era normale. Quando mio cugino mi fece vedere un nido di cardellini nascosto
all'interno di una fitta siepe ancorata ad una parete rocciosa lungo il
fosso, fui contentissimo. I cardellini hanno colori magnifici con rossi e
gialli sgargianti. Così pensai che quando le uova si sarebbero schiuse avrei
potuto prenderli per metterli in gabbia e portarli con me. Mio cugino però
mi disse: "Se li mettiamo in gabbia la madre li ucciderà". Non é che non gli
credessi ma pensavo di poter fare in modo d'averli vivi per poterli portare
a Roma. Pensai: io ci riuscirò. Così prendemmo il nido con le uova appena
schiuse e lo mettemmo in una gabbia appesa alla pergola all'ingresso della
casa, abbastanza alta perché i gatti non potessero raggiungerla. Lo
sportello della gabbia era aperto così che la madre entrava ed usciva
portando loro il cibo. Crescevano che era una bellezza e quando furono pieni
di piume e pronti a saltare dal nido chiusi lo sportello della gabbia. Misi
del mangime dentro la gabbia perché potessero cominciare a cibarsi da soli.
Vedevo la madre continuare a venire ed afferrarsi alle gabbia e dall'esterno
portare loro il cibo. Preferivano il cibo della madre. Poi una mattina
all'alba li trovai tutti morti all'interno della gabbia. Mio cugino mi
disse: "Vedi, quando sono pronti per volare e la madre vede che sono
rinchiusi in una gabbia, viene la mattina presto all'alba e dà loro per cibo
le bacche rosse di una pianta per loro velenosa che cresceva lungo il fosso
e preferisce ucciderli che lasciarli lì dentro. Li puoi portare dove ti pare
ma li trova e li uccide". La cosa non mi sembrava possibile, avrei voluto
provare ancora ed ancora sino a vincere io. Ma anche zia mi disse che non
sarei mai riuscito ad averli vivi. Così a malincuore desistetti perché non
sopportavo l'idea di vederli ancora una volta morti, ma dentro di me avrei
voluto povarci mille altre volte ancora. Presi atto che non potevo
sovvertire la natura. Ma non é facile capire le profonde leggi della natura
racchiuse in noi, scrostarle di tutto ciò che le inquina e vivere in accordo
a loro per essere vivi, gioiosi ed in pace con noi stessi ed il mondo. Non
possiamo stare fermi o rinchiusi, ma avere lo sportello della nostra gabbia
aperto per volare.
Libertà va cercando ch'è sì cara ( come sa chi per lei vita rifiuta ) D
Da una mail di mio padre...
Ricordo che tutte le volte che andavo da zio Vincenzo vivevo una realtà in cui mi
immergevo completamente e profondamente e dimenticavo Roma, mamma, papà e
vivevo delle nuove esperienze che facevo. Ero ammirato dagli uccelli che facevano i
nidi nelle siepi e con l'aiuto di mio cugino Sergio, cercavo di scoprire le loro
abitudini. Per me gli uccelli dovevano essere presi e messi in gabbia dove
avrei potuto portarli a Roma. Li avevo sempre visti in gabbia e ciò per me
era normale. Quando mio cugino mi fece vedere un nido di cardellini nascosto
all'interno di una fitta siepe ancorata ad una parete rocciosa lungo il
fosso, fui contentissimo. I cardellini hanno colori magnifici con rossi e
gialli sgargianti. Così pensai che quando le uova si sarebbero schiuse avrei
potuto prenderli per metterli in gabbia e portarli con me. Mio cugino però
mi disse: "Se li mettiamo in gabbia la madre li ucciderà". Non é che non gli
credessi ma pensavo di poter fare in modo d'averli vivi per poterli portare
a Roma. Pensai: io ci riuscirò. Così prendemmo il nido con le uova appena
schiuse e lo mettemmo in una gabbia appesa alla pergola all'ingresso della
casa, abbastanza alta perché i gatti non potessero raggiungerla. Lo
sportello della gabbia era aperto così che la madre entrava ed usciva
portando loro il cibo. Crescevano che era una bellezza e quando furono pieni
di piume e pronti a saltare dal nido chiusi lo sportello della gabbia. Misi
del mangime dentro la gabbia perché potessero cominciare a cibarsi da soli.
Vedevo la madre continuare a venire ed afferrarsi alle gabbia e dall'esterno
portare loro il cibo. Preferivano il cibo della madre. Poi una mattina
all'alba li trovai tutti morti all'interno della gabbia. Mio cugino mi
disse: "Vedi, quando sono pronti per volare e la madre vede che sono
rinchiusi in una gabbia, viene la mattina presto all'alba e dà loro per cibo
le bacche rosse di una pianta per loro velenosa che cresceva lungo il fosso
e preferisce ucciderli che lasciarli lì dentro. Li puoi portare dove ti pare
ma li trova e li uccide". La cosa non mi sembrava possibile, avrei voluto
provare ancora ed ancora sino a vincere io. Ma anche zia mi disse che non
sarei mai riuscito ad averli vivi. Così a malincuore desistetti perché non
sopportavo l'idea di vederli ancora una volta morti, ma dentro di me avrei
voluto povarci mille altre volte ancora. Presi atto che non potevo
sovvertire la natura. Ma non é facile capire le profonde leggi della natura
racchiuse in noi, scrostarle di tutto ciò che le inquina e vivere in accordo
a loro per essere vivi, gioiosi ed in pace con noi stessi ed il mondo. Non
possiamo stare fermi o rinchiusi, ma avere lo sportello della nostra gabbia
aperto per volare.