IO,Marina.
dal passato, parole.
Ero distratta più del solito quel giorno.
La ressa al centro Commerciale aveva portato il mio mal di testa a livelli quasi intollerabili.
Eri davanti a me, sulla scala mobile che ci trasportava come merce da stivare. Non ti avevo nemmeno riconosciuto, non ti avevo nemmeno sfiorato con lo sguardo.
Fu alla fine di quella discesa lenta che ti voltasti come richiamato da qualcosa e mi fissasti come si fissa un fantasma.
- " Ciao... come stai?"-
Come vuoi che stia, coglione, pensai in uno scintillio di rabbia. Sono a pezzi, frantumata, distrutta, squilibrata, disarcionata...
Ma non dissi nulla di tutto questo. Inforcai il mio sorriso da salotto buono e cinguettai...." Bene. E tu, cosa ci fai nella mia terra?"
Iniziasti un discorso confuso mentre ti guardavo fissa.
Non eri cambiato molto forse qualche segno di vita in più.
E tu parlavi e parlavi di non so cosa.
Qualcosa nel mio sguardo ti fece capire che non seguivo il discorso.
- "Ce l'hai con me vero?"-
E all'improvviso mi scese addosso un macigno di tristezza, non riuscivo a dire nulla, temevo di piangere e non volevo, non avrei saputo spiegare.
Tristezza per te e per me e per tutti quelli che si tirano la croce addosso. Intelligenze spese a soffrire e far soffrire. Senzi di colpa senza senso. E dolore, continuo, costante come linea guida di vite ai margini.
Come spiegare quel groviglio. Non era chiaro nemmeno a me.
E tu parlavi ma a pezzi, quasi sussurravi, ti uscivano dalla bocca spezzoni di parole stranamente frante, spezzate, slegate.
-" Volevo scriverti, sai. Ma non ho avuto il coraggio"-
Il coraggio...ma di cosa? Di essere pietosi? Di saper condividere? Di mostrarsi umano?
- "Non fa nulla. capisco."
In realtà non c'era nulla da capire e nulla di cui scusarsi ma non aveva importanza discuterne.
Era tutto offuscato da una strana nebbia di imbarazzo.
Posai piano la mano sul tuo braccio, quasi senza sfiorarti.
" Mi ha fatto piacere vederti- dissi.
" Allora, buona vita"
Era un addio.
Ed erano ancora mancate le parole giuste.
dal passato, parole.
Ero distratta più del solito quel giorno.
La ressa al centro Commerciale aveva portato il mio mal di testa a livelli quasi intollerabili.
Eri davanti a me, sulla scala mobile che ci trasportava come merce da stivare. Non ti avevo nemmeno riconosciuto, non ti avevo nemmeno sfiorato con lo sguardo.
Fu alla fine di quella discesa lenta che ti voltasti come richiamato da qualcosa e mi fissasti come si fissa un fantasma.
- " Ciao... come stai?"-
Come vuoi che stia, coglione, pensai in uno scintillio di rabbia. Sono a pezzi, frantumata, distrutta, squilibrata, disarcionata...
Ma non dissi nulla di tutto questo. Inforcai il mio sorriso da salotto buono e cinguettai...." Bene. E tu, cosa ci fai nella mia terra?"
Iniziasti un discorso confuso mentre ti guardavo fissa.
Non eri cambiato molto forse qualche segno di vita in più.
E tu parlavi e parlavi di non so cosa.
Qualcosa nel mio sguardo ti fece capire che non seguivo il discorso.
- "Ce l'hai con me vero?"-
E all'improvviso mi scese addosso un macigno di tristezza, non riuscivo a dire nulla, temevo di piangere e non volevo, non avrei saputo spiegare.
Tristezza per te e per me e per tutti quelli che si tirano la croce addosso. Intelligenze spese a soffrire e far soffrire. Senzi di colpa senza senso. E dolore, continuo, costante come linea guida di vite ai margini.
Come spiegare quel groviglio. Non era chiaro nemmeno a me.
E tu parlavi ma a pezzi, quasi sussurravi, ti uscivano dalla bocca spezzoni di parole stranamente frante, spezzate, slegate.
-" Volevo scriverti, sai. Ma non ho avuto il coraggio"-
Il coraggio...ma di cosa? Di essere pietosi? Di saper condividere? Di mostrarsi umano?
- "Non fa nulla. capisco."
In realtà non c'era nulla da capire e nulla di cui scusarsi ma non aveva importanza discuterne.
Era tutto offuscato da una strana nebbia di imbarazzo.
Posai piano la mano sul tuo braccio, quasi senza sfiorarti.
" Mi ha fatto piacere vederti- dissi.
" Allora, buona vita"
Era un addio.
Ed erano ancora mancate le parole giuste.