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Mare Amaro

Mi piace aggirarmi silenziosa tra reti stese al sole, pescatori chini a rammendare o raccolti insieme a giocare a carte e barche...barche colorate una accanto all'altra quasi a proteggersi, a raccontarsi storie.

Non mi avvicino mai troppo. Loro sono un gruppo compatto, hanno facce senza tempo ma di certo non sono giovani. I ragazzi disdegnano il lavoro duro dei padri, le loro facce striate di sale e di sole, i calli duri sulle mani.

Solo uomini. Questo è il mondo di uomini, quelli che quando sono alla guida della loro barca diventano eroici come novelli Ulisse.

Si lasciano fotografare senza nemmeno girare gli occhi.

I turisti portano soldi, bisogna sopportare.

Ma quando scende l'inverno e le barche si arenano sui ciottoli della riva, finalmente ritrovano il loro mare, quello che dà vita e morte.

E in quelle scene mi torna in mente Verga, i suoi personaggi, il vecchio 'Ntoni e il giovane 'Ntoni che va fuori a far fortuna e si perde.

E non posso non ricordare i passi della novella Fantasticheria, un dialogo tra una ricca signorina milanese e il narratore.

"Quel mucchio di casipole è abitato da pescatori, «gente di mare», dicono essi, come altri direbbe «gente di toga», i quali hanno la pelle più dura del pane che mangiano — quando ne mangiano — giacché il mare non è sempre gentile, come allora che baciava i vostri guanti... Nelle sue giornate nere, in cui brontola e sbuffa, bisogna contentarsi di stare a guardarlo dalla riva, colle mani in mano, o sdraiati bocconi, il che è meglio per chi non ha desinato. In quei giorni c’è folla sull’uscio dell’osteria, ma suonano pochi soldoni sulla latta del banco, e i monelli che pullulano nel paese, come se la miseria fosse un buon ingrasso, strillano e si graffiano quasi abbiano il diavolo in corpo.....

 

Vi ricordate anche di quel vecchietto che stava al timone della nostra barca? Voi gli dovete questo tributo di riconoscenza, perché egli vi ha impedito dieci volte di bagnarvi le vostre belle calze azzurre. Ora è morto laggiù, all’ospedale della città, il povero diavolo, in una gran corsìa tutta bianca, fra dei lenzuoli bianchi, masticando del pane bianco, servito dalle bianche mani delle suore di carità, le quali non avevano altro difetto che di non saper capire i meschini guai che il poveretto biascicava nel suo dialetto semibarbaro.

 

Ma se avesse potuto desiderare qualche cosa, egli avrebbe voluto morire in quel cantuccio nero, vicino al focolare, dove tanti anni era stata la sua cuccia «sotto le sue tegole», tanto che quando lo portarono via piangeva, guaiolando come fanno i vecchi.

 

Egli era vissuto sempre fra quei quattro sassi, e di faccia a quel mare bello e traditore, col quale dové lottare ogni giorno per trarre da esso tanto da campare la vita e non lasciargli le ossa; eppure in quei momenti in cui si godeva cheto cheto la sua «occhiata di sole» accoccolato sulla pedagna della barca, coi ginocchi fra le braccia, non avrebbe voltato la testa per vedervi, ed avreste cercato invano in quelli occhi attoniti il riflesso più superbo della vostra bellezza; come quando tante fronti altere s’inchinano a farvi ala nei saloni splendenti, e vi specchiate negli occhi invidiosi delle vostre migliori amiche."

 

Mare amaro.Si

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Uploaded on September 3, 2014
Taken on August 30, 2014