orazio.mascioli
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Letizia
Lei faceva diversi lavori, ma quello più importante era di seguire, piangendo, i funerali. Raramente c’era un morto che non venisse accompagnato da Letizia e dalla sua schiera di donne addestrate al riguardo. Normalmente erano vecchie zitelle senza speranze, beghine o anche vedove, che avevano il compito di piangere ai funerali e, così facendo, passavano la loro modesta vita. Si riconoscevano dai loro fazzoletti neri sulle spalle e più ancora dai loro occhi gonfi dal tanto piangere.
Anche se Letizia significa “gioia”, non ha mai riso, durante tutta la sua vita, ma sempre solo pianto. Più piangeva e più contenta era perché guadagnava di più! Quando le domandavano come andavano gli affari, lei regolarmente rispondeva:
- Grazie a Dio, ho molto da piangere…
Durante il colera del 1911 Letizia dovette affrontare un duro scontro con le autorità che per questioni igieniche vollero vietare l’accompagnamento del morto. Letizia si ribellò a questa strana richiesta e tutto il paese era dalla sua parte. Già era un fatto doloroso morire di colera, ma ci si meritava almeno di essere compianti dal coro delle donne… Finalmente si giunse ad un accordo: Letizia e le vergini ottennero il permesso di accompagnare i morti, ma solo a una distanza di 50 metri.
Io la vidi per la penultima volta in un momento terribile, e cioè dopo il terremoto che aveva completamente distrutto il mio paese e tutti i paesi nei dintorni. Letizia stette pallida e come impazzita di disperazione in mezzo alle rovine.
- Guarda, guarda un po’ – mi disse e indicò le macerie – migliaia di morti ci stanno là sotto. Migliaia di morti e neanche un funerale!…
Negli ultimi anni credevo che fosse morta. Invece era la prima persona che incontrai quando ritornai al mio paese. Abbiamo scambiato alcune parole e ricordi. Naturalmente abbiamo anche parlato della crisi. Ma per Letizia la vera crisi era la crisi del pianto.
- Letizia, non ti sbagli? – le chiesi – non credi che le lacrime degli uomini che hanno amato il morto durante la sua vita, siano più efficaci del tuo pianto? Non credi che i singhiozzi della madre, della vedova o degli orfani siano più commoventi?...
- Non c’è pianto disinteressato – rispose Letizia con la sua logica inesorabile.
- Colui che piange ha sempre una ragione. Senza ragione solo i matti piangono o ridono. Per quanto ora concerne i familiari e gli eredi, puoi credere che il nostro pianto è più altruistico. È difficile che ci sia qualcosa di altrettanto interessato quanto il pianto dei parenti. Spesso il parente che singhiozza è la causa della morte, spesso impaziente aspetta il Falciatore per tradire il morto. Come fa Dio, che sa tutto, a credere a questo pianto? Era molto più nobile e più disinteressato il nostro pianto perché non avevamo un gran che da fare con il morto. Per Dio noi eravamo l’opinione pubblica…
- Letizia, non esagerare, hai pianto dietro a tutti i morti; come puoi pretendere che Dio prenda sul serio il tuo pianto? Dio ha ben capito il tuo fare…
Letizia mi guardò con commiserazione:
- Tu parli così perché non conosci Dio – rispose.
- In fondo Dio è un uomo buono. Non ha nessuna ragione per odiarci. Quando Dio ha un pretesto per fare del bene lo fa, non gli costa niente! Quando può chiudere un occhio, lo fa. Capito?
La logica di Letizia mi batté su tutti i fronti, non c’era senso di continuare a parlare.
Letizia mi chiese ancora:
- Là in Svizzera, dove ora vivi, come piangono le donne là?...
- Dipende. In alcune zone sono fiere e non vogliono far vedere le loro lacrime. Le mandano giù e di conseguenza devono singhiozzare…
Allora Letizia mi ha guardato una seconda volta con commiserazione:
- Ascolta – mi ha detto, dopo aver riflettuto un po’ – sono molto povera e non ti posso offrire niente. Ma promettimi una cosa: vieni a morire nel tuo paese. Sarebbe così bello piangere dietro alla tua salma…
Era la cosa più affettuosa che potesse dire.
Estratto da: Letizia, in Viaggio a Parigi (novelle inedite) di Ignazio Silone; Centro Studi Siloniani, Pescina 1993.
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Letizia
Lei faceva diversi lavori, ma quello più importante era di seguire, piangendo, i funerali. Raramente c’era un morto che non venisse accompagnato da Letizia e dalla sua schiera di donne addestrate al riguardo. Normalmente erano vecchie zitelle senza speranze, beghine o anche vedove, che avevano il compito di piangere ai funerali e, così facendo, passavano la loro modesta vita. Si riconoscevano dai loro fazzoletti neri sulle spalle e più ancora dai loro occhi gonfi dal tanto piangere.
Anche se Letizia significa “gioia”, non ha mai riso, durante tutta la sua vita, ma sempre solo pianto. Più piangeva e più contenta era perché guadagnava di più! Quando le domandavano come andavano gli affari, lei regolarmente rispondeva:
- Grazie a Dio, ho molto da piangere…
Durante il colera del 1911 Letizia dovette affrontare un duro scontro con le autorità che per questioni igieniche vollero vietare l’accompagnamento del morto. Letizia si ribellò a questa strana richiesta e tutto il paese era dalla sua parte. Già era un fatto doloroso morire di colera, ma ci si meritava almeno di essere compianti dal coro delle donne… Finalmente si giunse ad un accordo: Letizia e le vergini ottennero il permesso di accompagnare i morti, ma solo a una distanza di 50 metri.
Io la vidi per la penultima volta in un momento terribile, e cioè dopo il terremoto che aveva completamente distrutto il mio paese e tutti i paesi nei dintorni. Letizia stette pallida e come impazzita di disperazione in mezzo alle rovine.
- Guarda, guarda un po’ – mi disse e indicò le macerie – migliaia di morti ci stanno là sotto. Migliaia di morti e neanche un funerale!…
Negli ultimi anni credevo che fosse morta. Invece era la prima persona che incontrai quando ritornai al mio paese. Abbiamo scambiato alcune parole e ricordi. Naturalmente abbiamo anche parlato della crisi. Ma per Letizia la vera crisi era la crisi del pianto.
- Letizia, non ti sbagli? – le chiesi – non credi che le lacrime degli uomini che hanno amato il morto durante la sua vita, siano più efficaci del tuo pianto? Non credi che i singhiozzi della madre, della vedova o degli orfani siano più commoventi?...
- Non c’è pianto disinteressato – rispose Letizia con la sua logica inesorabile.
- Colui che piange ha sempre una ragione. Senza ragione solo i matti piangono o ridono. Per quanto ora concerne i familiari e gli eredi, puoi credere che il nostro pianto è più altruistico. È difficile che ci sia qualcosa di altrettanto interessato quanto il pianto dei parenti. Spesso il parente che singhiozza è la causa della morte, spesso impaziente aspetta il Falciatore per tradire il morto. Come fa Dio, che sa tutto, a credere a questo pianto? Era molto più nobile e più disinteressato il nostro pianto perché non avevamo un gran che da fare con il morto. Per Dio noi eravamo l’opinione pubblica…
- Letizia, non esagerare, hai pianto dietro a tutti i morti; come puoi pretendere che Dio prenda sul serio il tuo pianto? Dio ha ben capito il tuo fare…
Letizia mi guardò con commiserazione:
- Tu parli così perché non conosci Dio – rispose.
- In fondo Dio è un uomo buono. Non ha nessuna ragione per odiarci. Quando Dio ha un pretesto per fare del bene lo fa, non gli costa niente! Quando può chiudere un occhio, lo fa. Capito?
La logica di Letizia mi batté su tutti i fronti, non c’era senso di continuare a parlare.
Letizia mi chiese ancora:
- Là in Svizzera, dove ora vivi, come piangono le donne là?...
- Dipende. In alcune zone sono fiere e non vogliono far vedere le loro lacrime. Le mandano giù e di conseguenza devono singhiozzare…
Allora Letizia mi ha guardato una seconda volta con commiserazione:
- Ascolta – mi ha detto, dopo aver riflettuto un po’ – sono molto povera e non ti posso offrire niente. Ma promettimi una cosa: vieni a morire nel tuo paese. Sarebbe così bello piangere dietro alla tua salma…
Era la cosa più affettuosa che potesse dire.
Estratto da: Letizia, in Viaggio a Parigi (novelle inedite) di Ignazio Silone; Centro Studi Siloniani, Pescina 1993.