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Non è facile parlare delle persone: condensare in poche righe quegli universi infiniti ed insondabili, dei quali siamo fatti, è arduo quasi come dipingere un paesaggio avendo a disposizione un solo colore. Eppure, a volte, si sente il bisogno di farlo. Le circostanze ce lo chiedono e non ci si può tirare indietro. … Read more
Non è facile parlare delle persone: condensare in poche righe quegli universi infiniti ed insondabili, dei quali siamo fatti, è arduo quasi come dipingere un paesaggio avendo a disposizione un solo colore. Eppure, a volte, si sente il bisogno di farlo. Le circostanze ce lo chiedono e non ci si può tirare indietro. Con questo spirito mi accingo a parlarvi di Ciccio, Skysurfer, come gli piace farsi chiamare, probabilmente per quel tanto di evocativo che questo nickname porta in sé: solcare il cielo ( su una nuvola aggiungo io ), volare su una semplice tavola, questo il suo spirito, quale occhieggia continuamente dalle immagini che ci regala. Il pudore della bellezza, la discrezione dei sentimenti, espressi visivamente e letterariamente, caratterizzano ogni sua intenzione: mai troppo, mai oltre. Egli si rivela sempre sussurrando, anche quando, semplicemente, parla di cose grandi, come la Bellezza, con la “B” maiuscola, o l’Amore. I colori sempre tenui, i paesaggi solitari, qualche ritratto sempre nascosto, come un sibilo, come un anelito mai manifesto, sempre abbozzato: queste le note meravigliose con le quali compone le sue sinfonie del sottobosco, i suoi arpeggi del silenzio; questi gli strumenti che egli orchestra sempre da dietro le quinte, con modestia ed umiltà, con la ferrea determinazione di non apparire, non essere di troppo, di non imporsi. Questi i colori con cui è impiastrata la tavolozza di questo artista inconsapevole, di quest’uomo che soltanto da poco ho avuto il privilegio di conoscere.
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